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Autore: _echo of lost voices    06/06/2013    3 recensioni
Un nuovo messaggio. Da: Anonimo.
“Ciao, ragazza lego.”
Risposta.
Legogirl: “Ciao, Anon.”
Un nuovo messaggio. Da: Anonimo.
“Chiamami pure Solitudine.”
Legogirl: “Come stai, Solitudine?”
Anonimo: “Come se non mi fosse rimasto più niente. Tu, ragazza lego?”
Legogirl: “Persa, credo.”
Anonimo: “Persa dove?”
Legogirl: “Dentro te.”
Anonimo: “Dentro me?”
Legogirl: “Si, dentro te.”
Anonimo: “Cosa intendi?”
Legogirl: “Sono persa nella solitudine, Anon.”
Anonimo: “Posso aiutarti?”
Legogirl: “Aiutarmi a fare cosa?”
Anonimo: “Aiutarti a ritrovare la strada.”
Legogirl: “Sei una specie di angelo custode?”
Anonimo: “Una specie, si.”
Legogirl: “Hai le ali e tutte quelle cose da angelo custode?”
Anonimo: “No, non ho le ali. Ho un cuore.”
Legogirl: “Un cuore?”
Anonimo: “Si, un cuore.”
Legogirl: “E a cosa ti serve, un cuore?”
Anonimo: “Ad amare, è ovvio no?”
Legogirl: “Amare chi?”
Anonimo: “Qualcuno.”
Legogirl: “Tu non puoi amare qualcuno.”
Anonimo: “Perché non posso?”
Legogirl: “Perché tu sei la Solitudine, e nessuno può amare se è solo.”
Anonimo: “Qualcuno da amare io ce l’ho.”
Legogirl: “Si?”
Anonimo: “Si.”
Legogirl: “E chi è?”
Anonimo: “La ragazza lego.”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tumblr love.

Chapter one.

 
«Jane, alza quel tuo maledetto culo da quel letto di merda!» Urla mio padre, facendomi sobbalzare. Mi stropiccio gli occhi cercando di svegliarmi del tutto, ma le urla di mio padre tornano a farsi sentire.
«Jane, vieni subito giù o giuro che vengo io lì e ti rovino quel tuo bel faccino del cazzo!» Sbuffo pesantemente prima di alzarmi di scatto dal letto e correre al piano di sotto. Entro tremante in cucina e mi dirigo verso il frigo, ignorando la figura di mio padre decisamente ubriaca accasciata sul tavolo della cucina.
«Buongiorno papà.» Dico tranquilla, ormai abituata a questa routine quotidiana.
«Fottiti.» Ricevo come risposta, e scrollo le spalle come per sminuire la cosa.
Bè, ecco a voi mio padre: l’ennesimo scarto vivente di una scopata andata a male. Peccato che poi da quello scarto vivente ci sia nata io, ma questi son dettagli.
Prendo la tazza del latte e ne verso un po’ dentro, cominciando a sorseggiarlo lentamente. Improvvisamente mio padre si alza in piedi, e, barcollando un po’, si avvicina a me. Istintivamente faccio un passo indietro, incastrandomi tra il ripiano della cucina ed il corpo di mio padre.
«Perché diavolo la mattina non ti vuoi mai alzare?» Mi alita in faccia, e subito l’odore dell’alcool mi arriva fino al cervello. Faccio una smorfia disgustata.
«S-scusa, non lo farò più.» Dico balbettando, e il mio sguardo si sposta sulle sue mani chiuse a pugno. Chiudo gli occhi rassegnata.
«”Scusa, non lo farò più”» Ripete scimmiottandomi ed imitando il mio tono di voce, ed una lacrima comincia a scendere lungo la mia guancia.
E poi succede tutto in un attimo: il pugno di mio padre si sposta sulla mia guancia, seguito da un altro, ed un altro ancora, fino a che mi ritrovo a terra con il viso dolorante e l’orgoglio a pezzi. Lo vedo uscire dalla cucina senza un minimo di rimorso nel viso, la bottiglia di birra in mano e i vestiti sudici della sera prima addosso. Mi rialzo traballante e mi passo una mano sul volto: è rossa, è sporca del mio sangue. Trattengo l’ennesimo singhiozzo e corro in bagno a sciacquarmi la faccia. Lavo via il sangue e osservo il mio riflesso nello specchio: lividi, lividi ovunque. Osservo il mio labbro gonfio, il mio zigomo destro spaccato e il piccolo taglio appena sopra l’occhio sinistro. Il tutto circondato da una miriade di lividi, alcuni vecchi, altri appena usciti. Sospiro, coprendomi il volto dolorante con le mani.
Sono stanca, stanca di tutto. Sono stanca di andare a scuola con il volto coperto per paura che qualcuno noti i lividi, sono stanca di allontanare le persone per paura che mi facciano del male, sono stanca di essere sola, sono stanca di rimanere in silenzio senza poter urlare, sono stanca di immergere il mio corpo nel ghiaccio ogni sera per alleviare il dolore inflittomi dal mio stesso padre, sono stanca di rimanere sveglia ogni santa notte perché i miei pensieri mi impediscono di dormire. Sono stanca, di tutto. Sono stanca persino di essere stanca.
Sospiro per l’ennesima volta, prima di camminare lentamente verso la mia stanza, i piedi nudi a contatto con il pavimento freddo. Apro un’anta del mio armadio, e faccio scorrere lo sguardo fra i pochi vestiti che lo riempiono.
Prendo una felpa rossa con il cappuccio ed un jeans chiaro con le Vans nere.
Mi vesto facendo passare delicatamente gli indumenti sul mio corpo, evitando di premere sui lividi sparsi lungo di esso.
Mi pettino i capelli guardandomi un’ultima volta allo specchio, prima di tirare su il cappuccio e prendere al volo lo zaino poggiato sul letto.
Scendo frettolosamente le scale, e sto per aprire la porta d’ingresso quando una mano si poggia sul mio braccio, impedendomi di uscire fuori.
Mi giro tremante, incontrando gli occhi di mio padre.
«Parla con qualcuno di questa storia, e giuro che ti ritroverai sotto terra nel giro di un attimo.» Sputa con odio queste parole, prima di spingermi fuori casa sbattendomi la porta alle spalle. Asciugo velocemente una lacrima scesa giù lungo la mia guancia, scuotendo la testa.
“Smettila, dovresti esserci abituata ormai.” Mi rimprovero da sola.
Mi aggiusto meglio il cappuccio sulla testa, in modo che possa oscurare perfettamente il mio volto e che nessuno riesca a vedere in che condizioni sono.
Comincio a camminare in direzione della scuola e quando arrivo davanti ai cancelli, vengo sommersa da centinaia di ragazzi assonnati e desiderosi di ritornare a casa.
«Quello stronzo mi ha lasciata tramite uno stupido messaggio, me la pagherà cara.» Sbotta una ragazza alla mia destra, rivolta ad una sua amica.
«Oh mio dio, oggi ho l’interrogazione di Filosofia e non ho studiato una beata minchia!» Si lamenta un ragazzo dietro di me, probabilmente rimpiangendo di aver passato il pomeriggio davanti al pc.
«Ho dimenticato il quaderno a casa, mi fai copiare Geometria?» Sussurra agitata una ragazzina di secondo ad una sua compagna di classe.
Li guardo sconcertata, pensando a quanto differenti siano le nostre vite. Per loro i problemi più grandi sono un messaggio, un’interrogazione e degli stupidi compiti per casa, mentre io devo vivere ogni giorno con la paura di non arrivare a quello successivo a causa di mio padre. Loro hanno degli amici, una famiglia, un ragazzo o una ragazza, dei sogni, mentre io non ho assolutamente niente.
Continuo a guardarmi intorno, quando noto un ragazzo dalla chioma riccia circondato dal vuoto: anche lui è solo, come me. Per un attimo i nostri occhi si incrociano, i miei color caramello nei suoi simili a smeraldi. Mi sorride timidamente, mostrando due tenere fossette. Ricambio il sorriso, ricordandomi poi che lui non può vederlo a causa del mio volto nascosto. Sospiro rassegnata abbassando lo sguardo, e la campanella suona riportandomi alla realtà.
Ed eccomi quì, pronta ad affrontare l’ennesima giornata vuota ed insignificante della mia vita.
 

 
 
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Legogirl: “Non ce la faccio più.”
 
Un nuovo messaggio. Da: Anonimo.
“Cosa è successo, ragazza lego?”
 
Risposta.
Legogirl: “Sei tu, Solitudine?”
 
Un nuovo messaggio. Da: Anonimo.
“Si, sono io.”
 
Legogirl: “Perché t’interessa di me?”
 
Anonimo: “Perché sono il tuo angelo custode, ricordi?”
 
Legogirl: “E allora salvami.”
 
Anonimo: “Non posso.”
 
Legogirl:“Perché?”
 
Anonimo: “Perché prima devo salvare me stesso.”
 
Legogirl: “Quindi hai bisogno anche tu di un angelo custode?”
 
Anonimo:“Si, credo.”
 
Legogirl:“Solitudine, posso essere il tuo angelo custode?”
 
Anonimo:“Vuoi dire che dobbiamo salvarci a vicenda?”
 
Legogirl: “Forse.”
 
Anonimo: “Sei felice, ragazza lego?”
 
Legogirl: “No, non lo sono.”
 
Anonimo: “Perché?”
 
Legogirl: “Perché sono stanca e non ce la faccio più. Sono fragile, credo.”
 
Anonimo: “Dici che sei fragile ma non cedi. Non cadi. Non molli. Dici che sei una fallita ma non ti ho mai vista chiedere pietà. Non ti ho mai vista supplicare qualcuno, metterti in ginocchio a pregare davanti a quello che ti vuole abbandonare. Non ti ho mai vista piangere davanti a qualcuno che voleva ferirti. Non ti ho mai vista arrenderti, non ti ho mai vista mollare. Ho sentito spesso “non ce la faccio” e ce l’hai fatta; “mi arrendo” e non ti sei arresa."
 
Legogirl: “L’ho appena fatto, mi sono appena arresa.”
 
Anonimo: “No, non finché sei qui.”
 
Legogirl: “Buonanotte, Anon.”
 
Anonimo: “Sogni d’oro, ragazza lego.”

 

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Holaaa chicas! :)
Okay dài, quì già si capisce qualcosa in più del capitolo scorso uu
Ricapitolando:
la protagonista si chiama Jane,
è maltrattata dal padre ed è sola.
Non ha amici, familiari o un ragazzo pronto a difenderla.
E' sola, e, come ripete molte volte nel capitolo, stanca di esserlo.
Secondo voi, chi è quel bel ragazzo riccio e dagli occhi verdi anche lui solo come Jane? u.u
Una domanda da un milione di dollari, davvero. lollino
Anyway, nell'ultima parte troviamo un'altra conversazione su Tumblr fra la ragazza lego e Solitudine c:
Più o meno la struttura dei capitoli è questa:
capitolo ed infine conversazione su Tumblr. :)
Va beeeeene, io ho finito.
Fatemi sapere che ne pensate kfjghfkg
A presto,
-zia rob.

  
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