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Autore: Waterproof    07/06/2013    13 recensioni
Dal XII capitolo:
"Harry, vaffanculo." Borbottai, voltandomi per andarmene.
"Ci andrei, ma ci vai spesso tu. Mi toccherebbe condividere con te anche quel posto."
Ora gli spacco la faccia.
*
"
Mi stai toccando il sedere, Styles? " Domandai, scostando violentemente la sua mano.
" Io posso. "
" Ah, sì? E chi lo dice? " Incrociai le braccia al petto, aspettandomi una risposta esauriente.
" Questo. " Sussurrò, indicando il segno rosso sul collo.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 18.


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Stanno perdendo contro l’Amoroso, su.
Se vedo una rimonta pubblico prima il prossimo capitolo!










Mentre sfogliavo le pagine del libro di letteratura, cercavo di non pensare al protagonista dei miei, di romanzi mentali.
Era già la quindicesima volta che sbuffavo, e qualche compagno di corso se n’era reso conto. Con un’occhiataccia torva lo avevo minacciato, sicché aveva raccattato tutte le sue cose e aveva cambiato tavolo.
Stavo diventando troppo scontrosa, e le riflessioni sulla notte precedente, all’enorme errore che avevo commesso, non aiutavano affatto. Anzi.
Harry aveva ragione, era stato tutto uno sbaglio. Sapevo che prima o poi mi sarei sentita uno schifo, e purtroppo per me quel momento era già arrivato e poi… Con che coraggio lo avrei guardato in faccia senza diventare un peperone cotto a puntino?
 C’era di peggio, inoltre. Sentivo una morsa ferrea all’altezza dello stomaco, mista alle parole sussurratemi con veemenza dal ragazzo durante l’amplesso, e una sola paura si fece spazio in me quasi fosse un’enorme ondata di vento gelido nato direttamente dalle viscere.
 
Voleva togliersi lo sfizio?
 
Non riuscii a frenare il moto di disgusto che si impossessò di me in quel momento, verso la sottoscritta, ma soprattutto nei confronti di lui. Potevo benissimo mettere in conto il fatto che non gli importasse minimamente di me, che non avesse della suddetta persona la stessa considerazione che io avevo iniziato in modo masochista ad avere di lui, che forse neanche aveva pensato a cosa potessi pensare dopo quello che era successo, ma non mi andava di credere che lui mi avesse solo usata.
Quella mutilata consapevolezza si era fatta spazio quando aveva reclamato il suo possesso di fronte a Zayn, un’ora prima.
Quello, d’altronde, mi confondeva ancora di più.
Se da un lato c’era l’idea che a lui non avesse fatto né caldo né freddo avermi avuta, dall’altro un’immagine distorta di noi due insieme si era propinata nella mia mente, proprio a causa del suo tentativo di allontanare il moro da me.
Se avessi continuato a rimuginarci sopra, sarei impazzita, ne ero certa. Poi lui con i suoi continui tentativi di sfuggire a dei chiarimenti, non mi veniva per niente incontro. Sapevo bene cosa significasse per lui essere attratto proprio da me, eppure non riuscivo per niente a credere che mi avrebbe ferita dopo quello che avevamo fatto.
Lo aveva fatto in precedenza, gli avevo dimostrato l’esatto contrario. Ma c’era sempre quella confusione tale, tra me e lui, che risultava difficile capirci qualcosa. Aveva ragione, era tutto dannatamente assurdo.
Da una parte avrei voluto dire “basta” e chiuderla lì, ma dall’altra c’era il desiderio. Un desiderio troppo devastante, ma parimenti dissetante. Quando ci eravamo uniti, mi ero sentita completa, quasi protetta dalla stazza del suo corpo, dall’alto del suo metro e ottanta. Ma non era stato tanto quello, quanto la sensazione che in quel momento fosse solo mio, come lo era stato in quei giorni in cui ci sedevamo sotto il solito albero mentre lui si addormentava sotto l’influsso delle mie carezze.
Quasi mi mancavano istanti di tale innocenza.
Era andata completamente perduta il giorno in cui lo avevo baciato, perché da lì avevo dato inizio ad una catena di eventi disastrosi che presentava solo anelli deboli. Dovevo andarmene da Londra e tornarmene a casa, che, in quel momento, mi parve il luogo più sicuro sulla faccia della Terra.
 
<< Ciao, Louise >> salutai la ragazza che si era seduta al mio tavolo.
Non mi riusciva mettermi a sedere sul prato con Josh e Harry, ai quali si erano uniti un paio di ragazzi, loro vicini di stanza.
Chiusi il libro che stavo leggendo e morsi il panino, cercando di evitare gli sguardi indagatori di Harry. Probabilmente si stava chiedendo perché non li avessi raggiunti.
<< E quello? >>
Vidi la ragazza indicare il mio collo ed istintivamente sospirai, sfiorandomi il succhiotto, delicatamente. Se avesse saputo, se tutti avessero saputo… Ci avrebbero definiti pazzi. Ma loro non potevo neanche immaginare cosa stessi passando. Harry, in verità, era ancora un mistero su quello che sentiva.
<< Non vale il “sono caduta”, vero? >> tentai, e la sentii ridacchiare del mio tentativo misero.
<< No, direi di no >> affermò, mordendo una mela. << Però puoi ritentare. >>
<< E’ complicato >> spiegai, per cercare di sviare il discorso, ma non servì poi a molto.
Con tutto il bene che potevo volere a Louise, non me la sentivo di raccontarle tutto.
<< Diciamo che quando ieri sera sono tornata dal pub, ho incontrato… >> mi guardai intorno alla ricerca di un ragazzo, fino a quando non lo vidi seduto sulle gradinate, con lo sguardo ammiccante rivolto verso di me - inquietante << …Edward. Sì, Edward. Mi sono detta “che male c’è se mi offre un caffè?” Una cosa tira l’altra e mi ha baciata… >>
Dio, quant’ero negata a mentire.
<< Sei un’attrice pessima, Lewis, ma capisco se non vuoi parlarne. Solo che ieri sera abbiamo fatto tutti due più due, dato che anche Harry tre secondi dopo di te è andato via >> spiegò.
<< Immagino >> affermai, guardandola. << Riusciresti a zittire queste voci, Louise? >>
La stavo quasi implorando di farlo. Non volevo che qualcuno pensasse che tra me e Harry ci fosse qualcosa, o lui avrebbe potuto prendersela con me. Anche se era stata colpa sua e della sua scarsa discrezione.
<< Vuoi che lo faccia? >>
Annuii, e lei mi sorrise, per poi iniziare a parlare d’altro. La ringraziai mentalmente, ricordandomi improvvisamente che il giorno dopo ci saremmo lasciate.
Mi dispiaceva tantissimo, soprattutto per Josh, che avrebbe dovuto vedere la sua ragazza andare via, in Irlanda. Un momento. Non mi ero neanche resa conto che la sera prima Niall e Louise si erano incontrati!
Quella maledetta assuefazione da Styles mi stava rovinando.
Quel minuscolo, insignificante particolare mi servì per capire cos’avrei dovuto fare. Mi scusai con Louise e mi alzai, portando con me la mia roba e cercai Harry con lo sguardo, ma non lo riuscii a vedere. Probabilmente era andato via.
Mi avvicinai a Josh e gli chiesi di lui, e l’espressione che fece non mi piacque per niente.
<< Era abbastanza agitato, non ha voluto che lo seguissimo >> mormorò, chiedendomi tacitamente di farlo.
Mi avviai all’entrata dell’edificio e, frettolosa, mi diressi verso il dormitorio maschile intenta a parlare con il ragazzo. Gli avrei detto basta, che ero stanca e che non mi andava di essere usata e che non mi andava di prenderla come veniva.
Non appena fui di fronte alla porta della sua stanza, ebbi un attimo di esitazione dovuto probabilmente al fatto che non fossi mai stata in grado di metter fine a qualcosa che mi faceva stare male, figurarsi con lui che, in un modo totalmente inusuale mi faceva sentire da un lato benissimo e dall’altro uno schifo.
Inspirai ed espirai, chiudendo poi gli occhi prima di bussare.
<< Harry? >> lo chiamai, non ricevendo risposta.
Immediatamente le immagini di lui con una mano sanguinante mi fecero andare nel panico, tanto che mi vidi spingere forte la maniglia e mandare al diavolo le buone maniere.
Fortunatamente, non chiudeva a chiave la porta, o avrei dovuto chiamare Josh dato che era così pratico con la tattica delle spallate.
Mi guardai intorno e ciò che vidi mi fece male. Harry si teneva la testa tra le mani, seduto sul bordo del letto, e neanche sembrava aver fatto caso alla mia presenza. Lì per lì mi sentii a disagio, ma non fuori luogo.
Qualcosa mi diceva che aveva bisogno di qualcuno con cui restare in silenzio.
Mi avvicinai cautamente, lasciando cadere la borsa accanto alla scrivania. Mi inginocchiai di fronte a lui e cercai di guardarlo, cosa resa abbastanza difficile dal fatto che il suo volto fosse completamente oscurato dalle mani.
<< Stai bene? Cos’è successo? >>
Gli sfiorai un braccio con le dita, preoccupata per lui. Praticamente il vero motivo per cui ero andata lì era sfumato con tutta la rabbia.
Lo sentivo, stava cercando di parlare, ma qualcosa lo bloccava. Improvvisamente il presentimento che non volesse mostrarmi che stava piangendo mi fece quasi perdere le forze. Dovevo sapere cosa diavolo gli stesse succedendo, o avrei iniziato a costringerlo. Non mi andava di vederlo così.
<< Harry. Ti prego. Parlami… >> Mormorai, senza smettere di guardarlo.
Strinsi forte la mano sul suo ginocchio, e solo in quel momento lo vidi rivolgermi un’occhiata veloce. Perché quel verde meraviglioso era immerso in un mare rosso?
Sussultai appena alla vista della lucidità dei suoi occhi e sentii la morsa allo stomaco farsi più forte. Mi sembrava di sentire un dolore acuto all’altezza del seno sinistro.
Con un gesto secco scostai le sue braccia e avvolsi le mie intorno alla sua vita, poggiando la testa sul suo petto. Sentii chiaramente il suo mento poggiarsi sulla mia testa, poi le sue labbra.
Quando si fosse sentito pronto, mi avrebbe detto tutto.
Restammo in quella posizione per qualche minuto, e addirittura pensai che potesse essersi addormentato. Improbabile, dato che sentivo di tanto in tanto i suoi muscoli irrigidirsi, forse per reprimere un singhiozzo. Improvvisamente mi lasciò andare e si alzò dal letto, spalancando le ante dell’armadio. Tirò fuori la sua valigia e iniziò a metter dentro le sue cose, alla rinfusa.
Ma che stava facendo?
Silenziosamente mi avvicinai a lui e gli poggiai una mano sul braccio; stava per scostarla sgarbatamente, ma poi, una volta toccata la mia pelle, strinse forte le mie dita. Si voltò finalmente a guardarmi, senza maschere, senza finzione. Era disperato.
<< Gemma ha avuto un incidente >> mormorò.
Il mio cuore perse un battito, i miei polmoni rimasero privi d’aria per secondi interminabili.
 
Gemma.
Ha avuto.
Un incidente.
 
<< Devo tornare a casa >> la follia che albergava nei suoi occhi mi spaventò quasi più della situazione in cui ci trovavamo.
<< Come lo hai saputo? Tua madre? Come sta? >> domandai alla rinfusa, agitatissima per la mia amica. Poco importava se sia lei che sua madre non mi rivolgevano la parola, non potevo accettare che Gemma stesse male.
<< Mi ha chiamato prima, era tranquilla, ma… Devo tornare. Devo tornare >> si ripeté, quasi fosse un mantra.
Se Anne era serena, allora volevasi dire che non era poi così grave. Ma sapevo cosa legava Harry e Gemma, e se lui stava così era perché le parole sorella e incidente per lui non dovevano stare nella stessa frase.
Facendo leva su quel poco di coraggio che avevo, lo feci voltare verso di me e lo abbracciai. Dapprima le sue mani cercarono di scostarmi, debolmente, ma poi le avevo sentite allacciarsi dietro la mia schiena.
 
E’ tutto malsano, ma mi fa, ci fa bene.
 
Lentamente mi avvicinai materasso e lo feci stendere poggiando la testa sul mio ventre, fregandomene altamente della valigia ai piedi del letto e dell’armadio messa a soqquadro.
Tracciai il profilo delle sue forti braccia, per poi arrivare al collo e infine ai suoi capelli che presi a carezzare come sempre, per calmarlo. Speravo funzionasse, perché avevo bisogno che lui stesse bene.
Quella sensazione mi impaurì più del dovuto, e il presentimento che ormai per me fosse già troppo tardi mi devastò.
Come potevo dire “basta” ad Harry se farlo voleva dire rinunciare a stargli accanto? Il fatto era che volevo essere il motivo della sua serenità, dei suoi sorrisi per la mia goffaggine, per i miei tentativi di essere fredda e distaccata quando per prima sentivo come miei i problemi degli altri; per i miei scatti di nervosismo, per le sue frecciatine che mi facevano arrabbiare.
 
Voglio essere il suo tutto.
 
Sospirai, e quando lui mi chiese perché lo avessi fatto scossi semplicemente il capo, continuando ad accarezzarlo. Avevo paura, di stare male, di soffrire perché lui non ricambiava quello che sentivo io. Era nato tutto così improvvisamente e io non ero pronta.
Forse mai lo sarei stata.
Fatto stava che sapevo bene quella fosse più di un’attrazione. Il fuoco era divampato, non c’erano possibilità né volontà di spegnerlo.
Furono minuti interminabili quelli che trascorsero prima che sentissi il suo respiro farsi regolare e le sue labbra schiudersi: si era addormentato.
Istintivamente sorrisi e mi beai di quella sensazione di pienezza. Chiusi gli occhi anch’io, ma non riuscii a riposare come lui stava facendo.
 
A risvegliarmi fu la vibrazione di un telefono. Sul comodino accanto al letto sul quale eravamo stesi io ed Harry, sentivo chiaramente un ronzio fastidioso che cercai di zittire tastando alla cieca, ma alla fine fui costretta a sciogliere l’abbraccio del ragazzo per cercare la fonte di quel rumore.
Quando la trovai, scoprii che era il suo cellulare; sullo schermo appariva a chiare lettere: Mamma.
Non sapevo se avrei dovuto rispondere o meno, ma se quel coso avesse continuato a vibrare avrebbe svegliato Harry che sembrava molto più tranquillo. Ma d’altronde, io stessa volevo sapere Gemma come stesse, quindi feci scorrere il pollice per accettare la chiamata.
<< Harry? >> lo chiamò Anne dall’altra parte.
Deglutii, lanciando uno sguardo verso la persona citata prima di prendere coraggio e parlare.
<< Sono Abbey… Harry dorme, quindi… Se vuoi lo sveglio >> balbettai, dandomi della stupida.
Non mi era mai successo, non con lei che consideravo una madre, ma nella situazione in cui ci trovavamo era normale. Almeno credevo.
<< Ah, ciao Abbey >> rispose tranquilla, facendomi sussultare. << No, non svegliarlo. Appena quel dormiglione si riprende digli che Gemma sta bene, ha solo un braccio fasciato. Stiamo già tornando a casa. >>
Sospirai di sollievo, sia per Gemma che per il fatto che Anne mi parlava con tranquillità. Forse avrei dovuto chiederle scusa di persona, quindi lasciai perdere sin da subito l’idea di farlo in quel momento.
<< Glielo riferirò, Anne. Grazie >> affermai, sorridendo.
Chiusi la chiamata e posai l’apparecchio sul mobile, fissando il vuoto. Certo, avrei dovuto chiamare subito Harry e dirglielo, o al suo risveglio mi avrebbe praticamente uccisa per averlo lasciato dormire mentre sua madre mi diceva che Gemma stava bene e che lui non aveva motivo di preoccuparsi.
Che poi, per Harry, preoccuparsi era un eufemismo.
Il fatto che avesse trattenuto le lacrime era una prova di quanto fosse legato a sua sorella, e che la sola idea che si fosse fatta del male era straziante per lui. In fondo, era così… Sentimentale.
Ma più che altro credevo fosse dovuto alla paura di perderla. Lo comprendevo.
Con una mano lo scossi leggermente, chiamandolo a voce bassa per far sì che mi sentisse. Mugugnò qualcosa e si voltò dall’altra parte, borbottando un “lasciami dormire”. Ridacchiai, divertita, e continuai a scuoterlo.
Lo vidi aprire gli occhi e poi scattare a sedere come se si fosse improvvisamente reso conto di qualcosa e si guardò intorno, spaesato.
<< Harry >> risi, mentre lui lanciava uno sguardo prima a me e poi alle valige, con occhi stralunati. Dio, se era strano appena desto.
<< E’ successo qualcosa? >> biascicò, facendomi ridere ancora di più, tanto che mi accasciai sul letto seguita dalle sue occhiatacce assassine.
<< Ha chiamato tua madre, e dato che dormivi ho risposto >> iniziai, e gli spiegai tutto, vedendo man mano comparire sul suo volto un bellissimo sorriso che ricambiai.
Si lasciò andare accanto a me e socchiuse gli occhi, rilassandosi, finalmente, e io pensai che ormai il mio aiuto non serviva più.
 
Aiuto.
 
No, non era questione di “aiutare”. Il mio era quasi un bisogno impellente di stargli accanto.
Facendo forza sulle braccia mi alzai e feci per allontanarmi, ma qualcosa – o meglio, qualcuno – mi trattenne per un polso, costringendomi a tornare indietro.
Caddi vicinissima al suo corpo, e mi sarebbe bastato sollevare il capo per avere le mie labbra all’altezza delle sue.
<< Resta >> mormorò, poggiando la sua fronte sulla mia testa.
Sarebbe stato un suicidio emotivo farlo, ma non mi importava. Dovevo, volevo sentirlo.
Lentamente inclinai il capo all’indietro, ritrovandomi la sua bocca dinanzi agli occhi. Istintivamente mi torturai il labbro inferiore, mordendolo per resistere alla tentazione di afferrare il suo, tra i miei denti.
Lui, probabilmente intuendo i miei pensieri, mi carezzò il naso con il suo, facendomi perdere totalmente il controllo. Non ci pensai più di un secondo e mi avventai delicatamente sulle sue labbra, temendo di aver fatto la mossa sbagliata.
Mi allontanai quasi subito, distogliendo lo sguardo, ma lui, facendo scorrere una mano dietro la mia schiena, mi tirò più vicino a sé e riprese da dove io avevo lasciato.
Non era come i baci che ci eravamo dati in precedenza, era così calmo, dolce. Passò la sua lingua sui miei denti, chiedendomi il permesso di entrare. Glielo concessi volentieri.
La mia mano corse subito a cercare il suo collo che spinsi per approfondire quel bacio che stava abbandonando tutto ciò che aveva di casto per trasformarsi in qualcosa di decisamente erotico.
Stava mettendo a duro esame i miei già provati ormoni, tanto che fu naturale per me stringere in una presa possessiva i suoi ricci e lasciare che le sue labbra si trasferissero sul mio collo. Lasciò una scia di baci umidi lungo tutta la pelle, ormai bollente, della mia gola, facendomi sussultare quando lo sentii mordicchiarmi un lobo.
Inserì una gamba tra le mie, prima che me lo ritrovassi su di me.
Fu in quel momento che aprii gli occhi e cercai flebilmente di spingerlo via.
 
Non posso commettere ancora lo stesso errore, noi dobbiamo parlare.
 
Immaginando quello che avevo intenzione di fare, fece accidentalmente finire una mano sulla mia coscia, costringendomi a piegarla e accarezzandola per tutta la sua lunghezza. Gemetti in approvazione quando strinse forte in prossimità del gluteo.
 
Dio, quanto lo voglio.
 
Che fosse sbagliato, che non fosse giusto nei miei confronti, non mi importava più. Mandai al diavolo tutto e lasciai che mi spogliasse mentre anche lui si privava dei suoi vestiti; lasciai che mi baciasse, che ridacchiasse ogni qualvolta mi lasciavo sfuggire un gridolino soffocato dal pudore, che mi facesse prendere il comando per un po’ prima di decidere che era abbastanza ed entrare in me.
Ci andava piano, questa volta. Non c’era istinto di possesso, non c’era gelosia.
 
C’eravamo noi due. E il mondo fuori.
 
Prima di uscire lo sentii mormorare qualcosa. E il mio cuore non volle saperne di fermarsi.
Forse avevo udito male, forse stavo iniziando a farneticare, ma nella mia mente Harry aveva appena detto: << Mi fai stare così bene… >>
Sì, forse me l’ero sognato.
 
Harry’s p.o.v
 
Lo avevo detto davvero? Diamine, odiavo quando il sesso con lei mi portava ad essere così sincero.
 
Sincero.
 
Era vero che con lei stavo bene, e il fatto che si fosse presa cura di me a quel modo prima, mi aveva fatto sentire accettato. Sereno.
Ma un conto era tenerselo per sé, un altro spifferarlo al mondo intero. Così, decisi di cambiare discorso e farlo vertere su altro. Perlomeno mi sarei risparmiato scusanti banali. Probabilmente lei neanche mi aveva sentito.
Aggrappatomi a quella speranza, la strinsi al mio torace, facendo aderire perfettamente la sua schiena nuda.
Si rilassò immediatamente, mentre prendeva a carezzarmi il dorso della mano.
<< Che sei venuta a fare, prima? >> chiesi, lasciandomi cullare dalle sue mani.
Piccola e indifesa pretendeva di proteggere me? Quell’idea mi fece mancare il respiro.
Nessuna lo aveva mai fatto, eppure nei suoi più piccoli gesti si sentiva chiara quell’intenzione, così come il sospiro seguito alla mia domanda.
Che cosa le prendeva?
<< Per lo stesso motivo per cui ho cercato di fuggire prima >> mormorò in risposta, fermando le dita non appena avvertì i miei muscoli tendersi.
Rotolai su un fianco e mi allontanai da lei, quasi scottato.
Non era possibile, forse avevo sbagliato qualcosa. Fatto stava che in un lampo raccattai i miei vestiti e li indossai, senza guardarla in faccia.
Forse vederla nello stato in cui si era mostrata anche la notte prima, mi avrebbe frenato dall’andare via e non potevo farlo.
<< Non era mia intenzione crearti delle aspettative >> borbottai, infilando la maglia.
Era camera mia, ma mi sembrava di doverla lasciare lì e fuggire.
 
Come un codardo.
 
<< E’ questo il problema, Harry. Tu non mi hai mai “illusa”, anzi >> spiegò, portandosi le ginocchia per potersi difendere dal mio sguardo.
<< E allora cosa vuoi da me? >>
Quella domanda mi uscì con un tono più cattivo di quanto volessi, e difatti la vidi sgranare gli occhi e chinare il capo.
Cosa le stavo facendo? Lei non abbassava mai la testa!
<< Ora? Niente. Non mi sono mai aspettata niente >> confessò, con voce tremante. Più tardi si sarebbe sicuramente rimproverata quest’insicurezza, che a poco a poco affiorò anche in me.
Non si aspettava niente da me?
Probabilmente sapeva avrei deluso tutte le sue aspettative. Come sempre, con tutti, e per quello iniziavo ad odiare me stesso. Come detestavo la mia persona quando ero con lei, perché mi faceva sentire pieno, consapevole di essere Harold Edward Styles, e non Styles dell’ultimo anno che si portava a letto tutto l’istituto.
La sua venerazione era rivolta a me, non al mio… Amico.   
Tutto quello che sentivo, quella situazione mi stavano togliendo il respiro. Dovevo andarmene.
<< Solo una cosa non credevo potessi fare >> continuò, fermandomi prima che arrivassi alla porta, costringendomi a voltarmi per incontrare questa volta un paio d’occhi scuri, arrabbiati.
<< Trattarmi alla stregua di un oggetto. >>
A quell’affermazione trasalii, cercando di ribattere, ma lei fermò ogni mio tentativo sul nascere.
<< No, fammi finire >> disse, più sicura. << Non voglio diventare una di quelle che accettano di sotterrare orgoglio e personalità solo per poterti avere. Tutto questo è assurdo, noi lo siamo. Io… Io non sono come te, Harry, non mi passa facilmente e se continuiamo su questa strada potrei finire davvero male, quindi… >>
Mi stava chiedendo di smetterla lì. E chi ero io per negarle quel favore sebbene non fossi minimamente d’accordo con l’idea di vederla allontanarsi?
<< D’accordo >> mi ritrovai a dire, cercando di apparire freddo come sempre. Cosa che mi riuscì dato che lei sembrò abbassare tutte le difese per cercarne una esterna, trovandola poi nel lenzuolo col quale si coprì fin sulle spalle.
La vidi scuotere il capo, prima di alzarsi, tirandosi dietro tutto il corredo del letto per non mostrarsi nuda. Come se non conoscessi ogni fibra del suo corpo.
Raccolse il suo intimo e lo indossò velocemente, prima di lasciar cadere il lenzuolo per infilare i jeans e la maglietta.
Senza neanche degnarmi di uno sguardo, mi scansò con poca grazia e uscì dalla stanza.
Se n’era andata.
Probabilmente non sarebbe tornata.
Perché mi sentivo quasi male?
 
 






*coff coff*
Scusate, non vi ho avvisate prima di questa..ehm..scena.
Mi serviva, in verità, sì. Per chiarire le cose, perché Abbey ha finalmente trovato la forza di dire tutto, e Harry ha capito che lei non è un semplice passatempo. La frase << Mi fai stare così bene >> l’ha detta, ragazze. Il nostro amato e tenebroso Hazza si è lasciato sfuggire una confessione ;)
Ora cosa succederà? Si sono detti definitivamente “addio”? Il ritorno a Holmes Chapel si avvicina, i due non sembreranno mai essere così distanti…
Non vi anticipo nulla, ma sappiate che da questo momento in poi la storia inizia a movimentarsi un po’ ;)
A proposito, c’è qualcuno che mi ha chiesto se avessi un account FB… Ebbene, resto nell’anonimato. Però, non è che posso nascondermi, quindi ho creato un account “Ask.fm” solo per voi u.u Questo è il mio profilo: Angerproof

BOMBARDATEMI DI DOMANDE, BABES.
 
P.s Il prossimo capitolo l’ho scritto un po’ nervosa, quindi è pieno di… rabbia.
 

 
  
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