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Autore: loulo    07/06/2013    1 recensioni
Si dice che bastino pochi secondi per capire se una persona sarà quella che ti cambierà la vita o meno. Uno sguardo, zero parole e l’amore dovrebbe sbocciare da sé come un qualsiasi fiore primaverile.
Questa almeno è l’opinione comune di molti poeti che incantano con le loro storielle.
[...]
Ed io lo sapevo in quel momento.
Lo sapevo che, da qualche parte, una di quelle vocette fastidiose ed ostinate a somigliare al narratore esterno di una qualche favola, contava quei famosi tre secondi che sarebbero stati la mia più atroce congiura.
[…]
“I’ll make your pet”
“What?”
“From now..I’m your dog.”
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Usciti dall’ascensore fui sommersa dall’abbraccio soffocante di Esmeralda - contattata precedentemente in camera-, le domande preoccupate dei responsabili dell’hotel e dei soccorsi. Louis d’altro canto lo intravidi appena a causa dei suoi amici di cui ne intravidi uno con i riccioli ed un altro con i capelli color miele ed abbastanza corti. Ma niente più, mi lasciai trascinare via dalla mia migliore amica seppur sentivo e lo sapevo: Lui non mi aveva staccato gli occhi di dosso nemmeno un istante.
Dopo varie spiegazioni alla mia assistente e domande sviate, alla fine si arrese nell’ottenere informazioni un più su Louis che, sì, aveva notato a sua volta il modo in cui si ostinava a fissarmi. Il resto della giornata riuscii a passarlo in tranquillità; mi spostavo da una parte all’altra di quella montagna innevata per fare le varie foto che dovevo e la sera potei tornarmene in camera senza problemi. Di Louis, nemmeno l’ombra.
Fu il giorno seguente, in pieno pomeriggio ed a shoot fotografico terminato, che Esme mi incastrò dentro al Suv quando ancora il resto della troup era intenta a mettere apposto gli ultimi strumenti da lavoro.
 
“Cosa mi sono persa?” Domandò.
 
Per quanto aspettassi quella domanda, sobbalzai lo stesso quando ruppe il silenzio rilassante in cui ero immersa, scostando di poco il volto dalla mandritta con cui lo sostenevo così da poterla guardare in faccia.
 
“Come?”
 
Era stupido il modo in cui mi ostinavo a fare finta di nulla, soprattutto con Esmeralda a cui avevo raccontato praticamente tutta la mia vita; l’unica che mi era rimasta vicina da quando sono partita dall’Irlanda. Lei costituiva per me una sorella che non avevo ed io per lei una famiglia che non possedeva più.
 
“Il tipo. In ascensore, Ella”
 
“Ha provato a..sedurmi?” Provai a spiegare quando in realtà nemmeno io sapevo cosa fosse successo per l’esattezza in quell’ascensore. Per quanto cercassi di capire, era inutile: non riuscivo a trovare un senso ai gesti di Louis Tomlinson.
Seguirono attimi di silenzio in cui mi perdevo nelle pieghe del sedile davanti a me in cui – per una qualche ragione assurda e senza senso – vi raffiguravo gli occhi di Louis nella mia testa. Il modo in cui mi osservava dentro a quel spazio ristretto.
 
“COOSA?!”
 
Ecco, ero tanto assorta che nuovamente sobbalzai ma questa volta mi ritrovai anche a sbattere la testa contro il soffitto della macchina.
 
“Shhhhh” Le intimai con l’indice poggiato sulle labbra e lo sguardo che vagava furtivamente fuori dai finestrini per osservare i ragazzi che terminavano di sistemare le ultime cose. “Era un gioco, credo. Non ci è riuscito ma io l’ho fatto rimanere di stucco.”
 
Lei annuii sinceramente sconcertata e potevo leggerglielo negli occhi che non capiva nulla di questa storia. Il che era normale calcolando che ancora non le avevo spiegato chi fosse Louis.
Ma in effetti, se ci pensavo, non lo sapevo nemmeno io.
 
Chi era Louis Tomlinson?
 
“Non hai idea di chi io stia parlando. E’ un amico di mio fratello e…” Mi passai la lingua tra le labbra per prendermi una pausa e capire come proseguire nella mia spiegazione, arricciando perfino il naso in una smorfia. “E lo ha fatto rimanere a casa per un po’ ma ora l’ho cacciato..”
 
Eppure nemmeno io ero sicura sull’ultima parte. Non perché lo volessi in casa MIA, ma semplicemente perché avevo un brutto, bruttissimo presentimento. Ed intanto la domanda su chi fosse continuava a gironzolarmi in testa. Un amico di mio fratello che sbucava fuori dal nulla e di cui io ignoravo totalmente l’identità.  
La cosa era totalmente assurda in effetti.
 
“Sembra roba da film sai?” Snocciolò.
 
La guardai leggermente sorpresa per quella uscita ma poi scoppiai a ridere, piegandomi leggermente su me stessa mentre i ragazzi rientravano sia nel mio che nell’altro Suv. Allungai la mancina verso una sua spalla e le diedi due colpetti su di essa, scuotendo lentamente la testa tanto per fare l’esasperata di turno.
 
 
 
 
 
Salii le scale del condominio che mi conducevano all’ultimo piano, ossia quello dove vi era il mio di appartamento. La borsa di cuoio marrone abbandonata a penzolare da una spalla mentre sfogliavo il book delle foto eseguite in quei due giorni in montagna. Il rumore della serratura fu il primo ad annunciare il mio ingresso nell’appartamento che, teoricamente, doveva essere totalmente vuoto ed al buio.
Quello che invece mi fece bloccare sulla soglia, una volta richiusa la porta dietro le mie spalle, era quella luce soffusa che illuminava l’ingresso,proveniente dal salone dove sentivo anche il rumore della televisione.
 
Subito abbandonai la borsa al suolo e richiusi il book per sfruttarlo come una chissà quale arma temibile, avanzando silenziosamente lungo il corridoio, il cuore che man mano accelerava il ritmo e la paura di chi avrei potuto trovare che s’impossessava di me passo dopo passo.
Niente però, e preciso niente, di quel che mi stava passando per la mente in quel momento poteva corrispondere a quello che vidi realmente:
 
Louis Tomlinson scalzo nella mia cucina con un pantalone da ginnastica grigio che risaltava il suo culo da Dio Greco ed una maglietta bianca capace di far risaltare le spalle da uomo fin troppo invitanti.
Louis Tomlinson con il mio grembiule da cucina legato alla vita intento a cucinare qualcosa ai fornelli con un odore davvero invitante mentre muoveva i fianchi al ritmo di una canzone decisamente trash da quel che potevo sentire.
 
“Cosa stai facendo?”
 
La mia voce risuonava fin troppo calma per una che avrebbe potuto saltargli addosso in quel momento e staccargli gli arti uno dopo l’altro. Di fatti si gelò all’istante sul posto, girandosi molto lentamente con una padella in una mano ed un mestolo nell’altra, mostrando del riso saltato in padella con carne e verdure che stava tentando seriamente al mio appetito. Maledizione.
 
“Oh! Ciao Ella!” Mi salutò con uno dei suoi soliti sorrisoni alla Peter Pan, riprendendosi praticamente subito allo spavento iniziale e tornando a cuocere il riso sul fuoco come se niente fosse.
 
Come se non fosse entrato in casa mia senza il mio permesso.
Come se quella fosse casa sua.
Come se io non lo stessi per uccidere.
 
“LOUIS TOMLINSON IO TI UCCIDO”
 
Poche volte perdevo la calma in vita mia. Ok, non poche effettivamente ma non urlavo praticamente mai.
Subito avanzai verso di lui che intanto indietreggiava con una risatina nervosa ed il mestolo in mano. Il faccino da cucciolo però non bastava ed una volta giunta nelle sue vicinanze, sfruttai il book per dargli due colpi sulla testa prima che il ragazzino potesse sfuggirmi. Gli rivolsi una di quelle occhiate assassine che mi facevano sembrare una vecchia mestruata mentre andai verso i fornelli per spegnere il fuoco.
 
“Si può sapere che ci fai in casa mia?! COME SEI ENTRATO?!” Sbottai.
 
“Ho le chiavi!”
 
“Oh certo, hai le chiav- TU HAI COSA?!”
 
La situazione mi sembrava man mano più ridicola e spalancai totalmente le palpebre al sentirne quella risposta che dava dell’assurdo da ogni angolazione. Poggiai comunque il libro sul ripiano da lavoro della cucina ed avanzai verso di lui con l’indice puntato per esprimere quanto fossi sul punto di fargli una ramanzina in quel momento.
D’altro canto il castano sembrava totalmente spaesato, come se non comprendesse la natura di quella discussione. Eppure mi sembrava di esser stata chiara il giorno prima.
 
“Ok, calmati, credo che a te sfugga qualcosa..” Cercò di sdrammatizzare lui.
 
Maledetto.
 
“Vai, spiega.” Acconsentii mentre andavo a sedermi sulla poltrona, gambe accavallate e braccia strette al petto. Il che mi faceva tanto da deja-vu.
Prese posto sul divano posto di lato rispetto a dove stavo io ed intanto slacciò il grembiule per poggiarlo al suo fianco.
 
“Vivevo con degli amici qui a New York solo che Harry, uno di questi, ha invitato la ragazza a vivere a casa sua e quindi decidi di trasferirmi. Tuo fratello, Niall, si è offerto per ospitarmi qui..Per un paio di mesi.”
 
“Frena..frena..frena..” Ero sconvolta. Un giorno dovrò ricordarmi che mio fratello merita di essere brutalmente torturato. “Un paio di mesi?”
 
“Sì. Gli ho dato i soldi per l’affitto di sei mesi esatti”. Confermò con una faccia seria come richiedeva il caso. Almeno per una volta.
 
Dal canto mio elaborai le suo parole una dopo l’altra, fissando una macchia sul pavimento che non avevo mai notato. Magari era qualcosa impresso nel parquet da prima che mi trasferissi lì, chissà.
Ok, divagavo. Mi rialzai di scatto in piedi e cercai il cellulare nella borsa una volta raggiunta, cercando subito il numero di mio fratello che cliccai all’istante, attendendo che rispondesse.
 
“Cosa fai?” Domandò Louis, affacciandosi dal salone in corridoio dove ero io.
 
“Chiamo Niall e certo una fottuta soluzione!”
 
Un squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
Chiamata rifiutata.
Bastardo.
 
“Oh io lo uccido..” Borbottai, spingendo tasti a caso sul telefono in cerca di parole con un senso compiuto per scrivere un messaggio al biondo ma il mio tentativo fu bloccato da una mano che mi sfilò il cellulare prima che io potessi inviare qualsiasi cosa.
Osservai per qualche istante le mie mani vuote e poi la schiena del castano che ora sembrava intento a..togliere la batteria dal mio cellulare.
 
“Oh Tomlinson, dammi subito quel cellulare!”
 
Avanzai come una piccola furia verso di lui che subito gettò i pezzi del telefono sul divano per prendermi dalle spalle e costringermi a voltarmi ed indietreggiare fino a farmi sedere sulla poltrona di poco prima, come se fossi una bambola. Ed io, purtroppo, ero anche inerme sotto ad una forza che nemmeno immaginavo potesse avere.
 
“Ora calmati. In fin dei conti cosa sono sei mesi?” Nuovamente con il sorrisetto sulle labbra e con l’intento di scherzare; un intento che smorzò nell’esatto momento in cui incontrò la mia faccia seria. “Come non detto”
 
Alzò le mani in segno di resa e si allontanò per passeggiare in salotto mentre io rimanevo seduta al mio posto in cerca di una soluzione. Se solo la trovassi.
Piuttosto mi concentrai sulla sua figura slanciata che strisciava i calzini come se volesse pulirmi casa con essi, osservando senza problemi le foto sparse e facendosi comodamente i fatti miei. Moccioso.
Su una foto si soffermò, sempre quella del mio cane, che io fissai per qualche istante prima di incontrare due fanali azzurri ed un sorrisetto sghembo.
 
Questo non mi piaceva.
 
“Vuoi un cane?” Domandò.
 
Ed io corrucciai la fronte, osservandolo come se fosse pazzo, definitivamente uscito di senno oppure con una qualche malattia che gli faceva cambiare umore ogni tre secondi.
 
“Posso sapere cosa c’entra?”
 
“Rispondi.” Si girò completamente verso di me, questa volta era lui quello con le braccia al petto ed una qualche idea malsana per la testa che, lo sapevo, non mi sarebbe piaciuta.
 
“Sì ma..” Non mi lasciò finire.
 
“Farò il tuo animale”
 
“Cosa?”
 
“Da ora..Sarò il tuo cane.”
 
Ferma al mio posto e gli occhi immersi in quell’oceano altrui, totalmente serio e senza la minima traccia di uno scherzo in viso.
Dal canto mio però mi alzai ed agitai le mani davanti a me, respingendo qualcosa di invisibile che rappresentava, in questo caso, la sua proposta assurda.
 
“Scordatelo!” Decisi infine, tornando ad osservarlo.
 
“Pensaci. Tu vuoi un cane ma loro abbaiano, perdono il pelo.  Io invece sarò il tuo cane umano, che sa parlare e può tenerti compagnia. Dovrai darmi da mangiare, lavarmi, farmi giocare..” Fece qualche passo verso di me, un ghigno man mano crescente sulle sue labbra ed il terribile sesto sento che stavo combinando un guaio che nasceva dentro di me “..Portarmi a spasso. Sarò semplicemente il tuo cane. Ma più carino di un qualsiasi comune cane”
 
Si bloccò a metà strada per venire verso di me ed io rimasi ferma, con le natiche poggiate al bancone ed anche le mani, fissandolo totalmente sconvolta, le labbra schiuse e le palpebre più sbarrate del normale. Non sapevo cosa dire o fare; ma se proprio era giocare che volevo, allora non sarei stata la prima a tirarmi indietro.
 
“Bene.” Già vedevo come stava per sorridere ma subito lo bloccai continuando: “Se vuoi fare l’animale da compagnia potrai stare qui. Ti darò da mangiare quando avrai fame e se verrai quando ti chiamo.”
 
Avanzai ulteriormente e con una certa lentezza mentre vedevo quel suo ghigno sparire man mano e lui stesso indietreggiare un poco: stavo vincendo.
 
“Dovrai..Esibirti nei comandi dei cani quando te lo chiedo. Un cane da compagnia senza i diritti dell’uomo e se tu farai il bravo, allora mi prenderò cura di te” Terminai una volta tornata alla mia poltrona, sedendomi nuovamente su di essa e guardandolo con un sorriso da stregatto sulle labbra.
 
“Che ne dici? Non è questo che volevi?” Era troppo, lo sapevo perfino io, non poteva accettare qualcosa di simile ed ero certa che non lo avrebbe fatto. Non poteva essere talmente pazzo da dire di sì ad un compromesso tanto assurdo.
 
Eppure io l’avevo sempre detto che mi sarei cacciata nei guai prima o poi, lo sapevo.
 
Perché Louis Tomlinson non disse di no come mi aspettavo, bensì poggio le ginocchia al suolo e cominciò a gattonare per venire verso di me con un sorrisino dei suoi ed una convinzione nello sguardo che non mi piacque per niente.
 
Cosa stava facendo?
 
Man mano arrivò alle mie gambe dove poggiò le braccia, avvicinandosi ulteriormente a me che lo guardavo totalmente stralunata. Non poteva voler fare sul serio, sarebbe stato totalmente assurdo e senza senso.
 
“Mi affido alle tue mani, Padrona”
 
Fu tutto ciò che disse, strofinando poi la guancia contro le mie gambe mentre io, ormai sull’orlo di una crisi, alzai le mani per non sfiorarlo e da qualche parte lo sapevo che equivaleva anche ad una mia resa in quel momento.
 
“S-stai scherzando.” Provai a sfruttare un tono fermo, di chi sapeva a quale gioco stesse giocando ma non era così: io non avevo la minima idea di cosa avesse in mente il castano.
 
“Oh no”
 
Semplicemente disse questo, alzandosi per uscire poi fuori dal salone mentre io me ne restavo ferma sulla mia poltrona, dove mi aggrappavo con le mani per avere un qualche tipo di sostegno in quel momento.
 
“Dove vai?” Provai a chiedere.
 
E capii. Capii in quale guaio mi ero appena cacciata, capii cosa avevo combinato e dove mi ero lasciata coinvolgere solo quando ne sentii la risposta. Ma ancora non lo sapevo di che portata poteva essere quel guaio, lo avrei comunque capito a tempo debito.
 
“Nella camera dove dormirò con la mia padrona!”
 
Louis Tomlinson era diventato il mio animale domestico.



 
 
TAH TAH TAAAAAH
 
Un giorno di ritardo. Okey. Ma aggiornare tutti i giorni è stancante y.y
COMUNQUE. La storia inizia proprio adesso. Benvenuti (??).
IL BANNERINO. ABBIAMO IL BANNERINO.
Tanto amore a LostInParadise <3
 
Per il resto. Grazie delle recensioni ed ho detto io che Louis non è come sembrava. Meheheh u.u
Nuovamente grazie a chi recensisce o chi semplicemente legge ed alla prossima <3
  
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