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Autore: VenerediRimmel    08/06/2013    2 recensioni
Harry e Louis sono migliori amici che vivono insieme. Hanno una casa, insieme.
Ecco, soltanto a questa notizia non vi vengono in mente tanti piccoli flash sulla loro vita quotidiana?
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“Andiamo a vivere insieme?” Aveva chiesto con voce roca, stupito dai suoi stessi pensieri.
“Perché?” Louis sorrise. Si accoccolò maggiormente sul petto di Harry e poi “Perché voglio dormire così bene come sono riuscito a fare soltanto questa notte” rispose, mentre sentiva il cuore dell’altro battere inquieto.
Harry aveva abbracciato Louis con entrambe le braccia e aveva sorriso, carico di dolcezza. “Approfittatore” soffiò tra i capelli dell’amico.
“Sei tu quello che mi ha obbligato a spogliarmi” Specificò, sarcastico, Louis.
“Harry?” Continuò Louis, poco dopo.
“Mh?” Mugugnò, socchiudendo gli occhi e respirando l’odore che Louis emanava e che sapeva terribilmente di buono.
“Lo prendo per un sì” Continuò, pacato.
“Mh, mh” Assentì, sorridendo sulla pelle di Louis.

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E allora Louis capisce.
Capisce che non è tanto un tetto a fare una casa, ma la persona che ti fa sentire a casa a esserlo.
E Harry è la casa di Louis.
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Fluff!Larry - 26k
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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At Home
All about my interpretation.

 

 

 











I Tacos. I Tacos sono il rimedio dopo essersi svegliati troppo presto – e per presto si intende: mezzogiorno meno dieci o giù di lì.
I Tacos sono il rimedio giusto per qualsiasi problema, per Harry Styles. Soprattutto se Harry non riesce a dormire perché lo stomaco gli brontola rumorosamente.
Così il ragazzo si alza dal letto, mandando al diavolo ogni presupposto di passare l’intera mattinata a dormire, scosta le coperte e si infila un paio di boxer. Si arruffa i capelli, tentando di dargli un senso – che, purtroppo, non avranno mai – e guardandosi allo specchio, Harry nota che i suoi capelli sono particolarmente lisci, quella mattina, lisci e leggermente arruffati sulle punte.
Quella è una brutta giornata, pensa, glielo dicono i suoi capelli, mentre esce dalla sua stanza e si dirige in cucina.
La casa è silenziosa, Louis deve essere già uscito ma non si chiede, affatto, dove sia. Non gli interessa.
Ciò che importa in quel momento è soltanto una cosa: il suo stomaco deve smetterla di brontolare, così potrà tornarsene a dormire.
Li prepara velocemente, i Tacos, perché è abituato a cucinare.
Harry Styles, però, non ha calcolato una cosa: la sua capacità di addormentarsi – anche quando ha sonno, nonostante la fame – ovunque e in qualsiasi posizione.
Pertanto, quando, tutto sporco di farina, getta il risultato dei suoi sforzi nella padella, prende una sedia, dal tavolo della cucina, e se lo avvicina ai fornelli; poi si siede e attende.
Ogni tanto smuove, svogliato, la padella e con lo sguardo assente, sebbene per i Tacos – in realtà – non ci sia bisogno di aspettare molto affinché siano pronti, Harry ci riesce. Sì, ci riesce ad addormentarsi con il cibo sul fuoco e con il rischio di mandare l’intera casa in cenere.
 
 
 
 
 
“HARRY!”
Al terzo tentativo, Louis era riuscito a far scattare in piedi il suo coinquilino che, accidentalmente, stava garantendo affinché la cucina andasse a fuoco.
“Ma che diavolo?! I miei TACOS!” Aveva piagnucolato, a quel punto, Harry, mettendo a fuoco – nel vero senso della parola – la situazione, mentre Louis con un panno e una brocca d’acqua tentava di spengere il piccolo incendio.
“Certo, preoccupati del cibo! Ottimo spirito d’osservazione, zuccone” Disse, tagliente, mentre lo fulminava con lo sguardo e gettava l’acqua sull’ultimo piccolo fuocherello.
“I Tacos…” Ripeté, lagnandosi e avvicinandosi in fretta al frigorifero.
L’altro sbuffò mentre l’idea di non poter lasciare quella casa nemmeno per poche ore, perché altrimenti questa sarebbe finita in cenere, balenava nella sua testa senza esclusioni di colpi.
“Si può sapere come fai ad addormentarti ovunque? Se non fossi arrivato in tempo…” Aveva iniziato Louis, mentre Harry osservava con sguardo vacuo all’interno del frigorifero.
“Sei arrivato, perciò smettila” Rispose Harry, burbero e rassegnato. Louis strabuzzò gli occhi.
“Forse non ti rendi conto della gravità, zucca vuota” Tentò Louis, avvicinandosi al ragazzo per afferrargli un polso e girarlo, così, verso di lui.
Due cose Louis aveva l’abitudine di fare quando parlava con una persona, ma soprattutto con Harry: toccarlo, ovunque e sempre – anche quando la situazione quasi lo proibiva – e guardarlo negli occhi con sincerità – troppa sincerità.
Due cose Harry, puntualmente, detestava di Louis, che lo toccasse quando lo obbligava a osservarlo e che Louis non capisse quando non era giornata per discutere.
Così, quando Harry si voltò, obbligato dalla presa del migliore amico, lo fece seccato e di malavoglia e Louis se ne accorse, immediatamente.
Perché Harry, per lui, era un libro aperto.
“Dobbiamo andare a fare la spesa” Disse atono Harry, chiudendo di scatto il frigorifero con il braccio libero.
“Potevi farti male sul serio se non fossi arrivato…” Aveva insistito Louis, preoccupato, cercando le iridi di Harry che, quella mattina, erano tendenti al grigio.
Mentre aspettava che l’altro rispondesse lo osservò: occhi grigi, capelli lisci – più del solito – e scompigliati – come al solito – e viso imbronciato. Da ciò dedusse velocemente che quella fosse una giornata “no” per il suo migliore amico.
D’altra parte per Harry il mondo era così, o bianco o nero. Spesso rideva, lanciava frecciatine maliziose a sfondo erotico, altre era con il morale a terra, burbero e diffidente. Louis ci era abituato, sebbene fosse sempre difficile trattare con lui quando la Luna era storta.
“Appunto, dov’eri? Magari nemmeno sarebbe successo se fossi stato a casa…” Aveva risposto, accusandolo, mentre deviava lo sguardo attento di Louis.
A volte Harry parlava in modo avventato, dicendo cose senza pensarci più del dovuto. A volte.
Quest’ultimo rise, incredulo; risata che fece girare Harry dalla sua parte con sguardo ancora più ostile – se possibile.
“Ora mi stai dando la colpa per essere uscito?” Chiese, stringendo la presa sul braccio.
“Dobbiamo andare a fare la spesa” Ripeté Harry, che forse non aveva voglia di litigare e non sapeva nemmeno cosa stesse dicendo.
“Bene, visto che parliamo di assurdità: se non avessi mandato a fuoco i tuoi Tacos non ci sarebbe stato bisogno di fare la spesa!”
Quella discussione, dopotutto, non aveva poi molto senso. Eppure Harry e Louis litigavano spesso per motivi assurdi e senza senso.
“Ah sì? Perfino se la tua scorte di carote è finita?” Lo provocò, tagliente.
Louis strabuzzò gli occhi e allargò la bocca, lasciando la presa sul braccio di Harry.
“COSA? LE MIE CAROTE, HARRY? Ti avevo detto che erano offlimits per i tuoi stramaledetti Tacos!” Urlò, spintonando il ragazzo e aprendo con furia il frigorifero.
Alla costatazione che le parole di Harry fossero la verità, sbuffò indispettito e si girò verso il migliore amico – tendente all’ex – con sguardo omicida.
“Sono l’ingrediente perfetto per i Tacos” Rispose Harry con lo sguardo da cucciolo indifeso, mentre si grattava il capo, esitante; questa era la tattica che utilizzava sempre quando, al limite dell’esasperazione di Louis, si rendeva conto che usandola evitava molti guai.
“No, non attacca quello sguardo da cane bastonato! Non solo hai usato le MIE carote, le hai anche bruciate!” Aveva continuato Louis, avvicinandosi a Harry con l’indice puntato verso di lui. “MAI, mai, fare spreco delle carote” Affermò, serio, nonostante trattenesse a stento – perfino lui – le risate; perché anche per Louis quella situazione, vista da occhi esterni, sarebbe apparsa assurda ed esilarante.
Quando gli fu vicino, però, quell’indice andò contro il petto di Harry, al centro del petto, tra le rondini, con tutta la forza e la cattiveria che Louis possedeva in circolo. “Tu. Fuori. Spesa. Carote. ORA.”
Si osservarono, attenti e sconcertati.
Si studiarono, seri, e rimasero in silenzio. Troppo vicini.
 
 
 
 
 
E, nella tacita osservazione di entrambi, si fissano le labbra. Perché sia Louis che Harry, quando discutono, non fanno altro che osservarsi le labbra.
Il motivo è semplice, la passione è un istinto emozionale che ti travolge senza esitazione; ed è così anche per la rabbia.
Sono adolescenti, Louis e Harry, che travolti da un momento di rabbia come quello, vengono trascinati dalla passione – e che sia rabbiosa è poco importante, sempre di passione si parla.
Quindi, arrabbiati e frustati, si osservano le labbra, sempre. Come se da un momento all’altro dovessero baciarsi.
Però non si baciano mai, perché Louis e Harry sono soltanto migliori amici.
 
 
 
 
 
“Non…” si schiarì la voce, spostando lo sguardo altrove “dovremmo fare una lista, prima?” Continuò, quasi con costrizione, Harry, tornando esitante sulle iridi azzurre di Louis e interrompendo quell’idilliaco – sotto certi punti di vista – momento.
‘Non. Guardare. Le. Labbra. Non. Guardarle.’ Si ripetevano entrambi.
Come se osservare quegli occhi fosse più semplice, poi.
“Lo sai che tendo a dimenticarmi le cose…” Continuò mantenendo lo stesso sguardo da cucciolo di Labrador in piena crisi d’abbandono e  facendo un passo indietro.  
Louis lo osservò ancora, bieco, e con il respiro affannato. Nessuno doveva toccargli le carote. Ma, poi, nonostante ce la avesse messa tutta per non scoppiare in una risata isterica, non resistette e rise.
Perché era questo che Harry provocava in lui: rabbia inverosimile e risate nei momenti meno opportuni.
Quello sguardo, poi, era stato così carico di emozioni inespresse che Louis non ce la faceva proprio a mantenere il broncio per più di due minuti.
All’insicurezza di non sapere come avrebbe reagito, qualora Harry si fosse avvicinato piuttosto che distanziato, rideva e osservava il cucciolo indifeso, stupito; il quale ricambiava lo sguardo con sgomento, prima, e in un accenno appena percettibile d’ilarità, poi.
Perché Harry era così, vedeva bianco o nero. Tuttavia nelle giornate nere a mantenersi bianco era soltanto Louis. Louis, che era capace di fargli passare via il peggiore dei malumori.
E poi se il modo di vedere la vita di Harry, in bianco o nero, cedeva in un grigio con sguardi come quelli – e risate come quelle – allora Louis poteva cambiare per Harry, per il suo migliore amico. Sebbene fosse arrabbiato e in collera per il pasticcio, con quello sguardo, con quell’ammenda taciuta, poteva dimenticare e ridere.
Così dopo un po’ di esitazione, risero entrambi, guardando il disastro che Harry aveva combinato.
Dopo di che, stilarono la lista della spesa. “Scrivi le carote” Aveva detto Louis, fingendo di essere ancora seccato, mentre buttava il panno nero e sporco nella spazzatura e asciugava velocemente la cucina.
 
 
 
 
 
Perché un altro difetto di Louis, come avrete avuto modo di intuire, e come naturalmente già saprete, sono le carote.
Un difetto perché sono un’ossessione; perché Louis è arrivato a volere una scorta in casa per evitare che finiscano prima del tempo.
E Harry, per dispetto, spesso si applica nel finirla, quella scorta, nonostante lui non ci vada pazzo per le carote. Anzi, Harry giura che è arrivato a odiarle, le maledettissime carote, perché se Louis compilasse una lista delle cose che ama di più metterebbe senza dubbio queste al primo posto e poi, forse, forse verrebbe lui, il suo migliore amico.
È sempre stata una lotta impari, quella tra Harry e le carote. Una lotta che avrebbe sempre portato avanti, speranzoso di vincere almeno una volta.
 
 
 
 
 
“Farina, uova, pollo, guanciale, spaghetti…” Iniziò Harry, rileggendo la lista per vedere se nel carrello ci fosse tutto, mentre si dirigevano verso l’auto.
Louis si girò a guardarlo con gli occhi sbarrati e agghiacciato da un’idea folgorante, bloccando perfino il carrello che aveva trascinato svogliato verso la macchina.
“Le carote!” Aveva urlato, ricordandosi, come il pessimo dei traditori che dimentica l’anniversario della moglie, di essersi scordato la sua scorta infinita di carote.
“Ops” Rispose Harry, avvicinandosi la mano alla bocca, che già si era aperta in un sorriso beffardo. “Ho dimenticato di scriverle sulla lista” Mentì spudoratamente, facendo spallucce con disinvoltura.
Harry Styles vs Carote 1 a 0. Per la prima volta Harry aveva un vantaggio sulle maledette rivali.
Era insolitamente riuscito a far dimenticare a Louis, per tutto il tempo della spesa, la passione immortale per le carote e quella notizia rendeva bianco tutto ciò che, aprendo gli occhi, quella mattina, ad Harry era parso completamente nero.
Perché Harry Styles era fatto così, o tutti bianco o tutto nero. Però con Louis era diverso.
Louis era l’unica persona capace di trasformare quel suo ‘essere bianco o nero’ in un grigio rassicurante.
E Harry aveva sempre odiato il grigio.
Louis lo trapassò con lo sguardo, prima di incamminarsi di nuovo verso l’alimentari. A quanto pareva, però, a Louis la giornata si era inverosimilmente colorata di nero.
Perché per Louis era sempre stato così: amare o odiare il suo migliore amico.
“Dove vai, Carrot?” Lo derise Harry, voltandosi verso il ragazzo.
Ma Louis non rispose, perché dopotutto Harry non aveva poi così tanto bisogno di riceverla, quella risposta.
E Harry non aveva mai adorato il grigio come in quel momento.
 
 
 
 
 
Harry e Louis si preoccupano a vicenda l’uno per l’altro.
Così quando Louis ci mette troppo per tornare alla macchina, Harry attende dieci minuti, un quarto d’ora, mezz’ora; sbuffa, mentre i surgelati iniziano a scongelarsi e l’istinto di addormentarsi gli fa desiderare di accasciarsi sul sedile e chiudere gli occhi.
Eppure è preoccupato, Harry, perciò non riesce nemmeno a stare fermo.
Canticchia, gesticola, afferra il telefono e spulcia ovunque, tentando di distrarsi.
Sbuffa, puntella con il piede sul tappetino della macchina. Poi scende e fa qualche passo, avanti e indietro.
Ma di Louis nessuna traccia. “Dove cazzo è finito?” Sbotta, scusandosi poi con una vecchietta che passa di lì, in quel momento, per la volgarità e lo spavento che le ha fatto prendere.
Sì, Harry è capace di mandare una cucina a fuoco senza la minima preoccupazione per la  sua incolumità, ma quando si tratta di Louis è tutta un’altra storia. L’agitazione è tutta un’altra storia.
Perciò si guarda attorno, verso l’entrata del supermercato, l’orologio al polso e le buste che ha riposto nei sedili posteriori. Sbuffa e chiude lo sportello con vigore, fin troppo, poi si incammina verso il market.
“Che fine ha fatto Louis Tomlinson?” Pensa. “Sarà scappato con le carote?” Continua a pensare, ridendo divertito –e preoccupato dal fatto che i suoi pensieri possano essere reali.
Ciò che Harry Styles dimentica è l’inclinazione di Louis verso i bambini di età inferiore ai due anni.
Ciò che Harry dimentica è l’incoscienza di Louis nel perdere tempo a fare lo stupido con i bambini.
Ciò che Harry dimentica è che Louis è un bambino nonostante i suoi venti anni d’età.
 
 
 
 

Quando le porte automatiche gli si spalancarono davanti, Harry non ebbe più dubbi: Louis Tomlinson aveva dei problemi.
E non perché avesse in mano ben cinque confezioni di carote, no, bensì perché Louis stava gloriosamente giocando con un bambino di almeno un anno che, a sua volta, lo fissava meravigliato. Harry si fermò sul posto, incrociò le braccia al petto e attese, permettendosi il lusso di osservarlo da lontano con ingordigia.
D’altronde in quell’assurda inclinazione di Louis, c’erano dei lati positivi. Louis era un incredibile spettacolo da vedere, assolutamente.
“Non so proprio come tu ci riesca, Louis, mio figlio non è mai stato così contento di vederti!” Aveva esclamato la madre, entusiasta, guardando il ragazzo pieno di gratitudine.
Louis aveva sorriso e allungato un dito verso il piccolo all’altezza della bocca. “Cos’è questo broncio? Devo farti ridere con le cattive?” Aveva detto, sorridendo.
Il bambino aveva semplicemente negato con la testa e sorriso, arrossendo.
“Oh sì, invece! I musi lunghi non sono ammessi!” Aveva replicato, prima di prenderlo in braccio di peso – come se fosse un sacco – per fargli il solletico. A quel punto il bambino non si era più trattenuto.
E nemmeno Louis.
Harry sorrise a quella scena.
Dopotutto quell’inclinazione di Louis non era poi così male, anche perché per prendere il piccolo in braccio Louis aveva dovuto buttare a terra le sue carote.
Le sue preziosissime carote.
 
 


 
 
Sorride Harry, nonostante i suoi capelli siano lisci e le sue iridi incredibilmente grigie. Questo perché grazie a Louis riesce a stare meglio, perché Louis lo fa stare bene.
Eppure, forse per orgoglio - o per altri motivi a noi sconosciuti – Harry non glielo mostra mai cosa Louis è capace di fare al suo umore; né gli mostra i suoi dubbi, le sue incertezze… Semplicemente vive e sopravvive, perché quando la giornata è ‘no’, Harry vede tutto nero e mai bianco.
Anche se Louis, nella sua vita, è luce e bianco. Sempre.
Louis, invece, è sempre solare. E quando si arrabbia non passa molto tempo prima che torni a sorridere e a vivere. È entrato nel supermercato scazzato con Harry, ma si è già dimenticato.
E non per le carote.
 
 
 
 


A quel punto Harry si avvicinò, eliminando la distanza che lo separava dal migliore amico.
Louis lo notò subito, con ancora in braccio il bambino sopra la sua spalla, il quale rideva come un ossesso per le attenzioni che il più grande – tra i due bambini – gli stava concedendo.
La madre del bimbo, invece, osservò Harry con un sorriso sereno stampato in volto.
“Ehi, guarda chi ho incontrato?” Lo aveva salutato Louis, con uno dei sorrisi più belli sul suo viso. Difatti, l’ombra dell’arrabbiatura nei confronti del migliore amico era completamente dissolta. Harry annuì e sorrise.
“Salve signora Taylor, come sta?” La salutò Harry con un sorriso di circostanza.
“Oh, Harry, continui a darmi del ‘lei’, mi fai sentire così vecchia!” Borbottò quest’ultima, afferrandolo velocemente per una spalla, sorridendogli infine. Harry abbassò lo sguardo e sorrise.
Louis, intanto, continuava ad avere occhi soltanto per il piccolo. “Louis, abbiamo i surgelati in macchina, vogliamo andare?” Lo rimproverò poco dopo Harry, grattandosi goffamente la testa.
La signora Taylor guizzò i suoi occhi scuri sul proprio figlio e si incupì. Era sempre un piacere incontrare Louis Tomlinson per il quartiere, perché suo figlio non rideva mai così tanto come quando era in compagnia di quel ragazzo.
“Sì, devo ancora pagare” Aveva risposto Louis, rimettendo a terra il piccolo e afferrando velocemente le sue adoratecarote. “E tu, Michael, non farmi tornare a farti ridere con le cattive maniere, eh?”
Il bambino aveva annuito con più vigore e afferrato velocemente la mano della madre. “S-sì, Lou” Aveva, poi, risposto Michael, puntando gli enormi occhi nocciola sul suo amichetto Louis.
“Arrivederci signora Taylor” Aveva continuato Louis, seguito da Harry.
“Arrivederci cari, ogni tanto passate per il the, mi farebbe veramente piacere”
Entrambi annuirono e si avvicinarono velocemente alle casse.
 
 



D’altronde come si può resistere al fascino del ‘cucciolo’?
E non sto parlando di Michael, eh. E nemmeno di Harry.
Eh no, ora la scena è di Louis. Louis e la sua inclinazione ad adorare qualsiasi tipo di bambino: capriccioso, timido, esagitato, depresso… Insomma, Louis ha la capacità di divertirsi e di far divertire qualsiasi bambino.
Li adora e lo dimostra. Come dimostra i suoi sentimenti a qualsiasi persona abbia a cuore. Perché Louis è così: ama. Ama sempre e lo dimostra.
E Louis a causa di questa sua inclinazione, secondo me, a volte ha fatto anche delle proposte indecenti a quel povero Harry Styles.
 
 
 



“Voglio un bambino” Aveva affermato Louis, dopo un breve silenzio. Harry scoppiò a ridere, schiaffeggiandosi velocemente il viso, esterrefatto – anche se non più del solito.
“Prima dovresti trovarti una donna” Aveva risposto l’altro, gettandogli un’occhiata carica di sottointesi.
Louis aveva fatto spallucce.
“Cosa me ne faccio di una donna, quando ho te, Harry?” Rispose di slancio Louis, allungando le labbra all’insù in un sorriso felice, prima di gettare le mani sui capelli ricci di Harry per scompigliarli più di quanto già non fossero.
Harry sbuffò, allontanandosi dalla presa del migliore amico.
“Io sono inutile sotto quel punto di vista” Borbottò Harry, tentando di sistemarsi i capelli – inutilmente – mentre procedevano di qualche passo nella fila. “Puoi sempre sfruttarmi per il sesso, però, quello non mi dispiacerebbe…” Aveva ironizzato con un sorriso malizioso rivolto verso Louis, che aveva sorriso – imbarazzato? – glissando velocemente quel discorso – imbarazzante?
“Perché? Non ti piacciono i bambini?” Harry si schiaffeggiò nuovamente.
Possibile che Louis fosse così tardo, alle volte?
“No, non so se sai come funziona il sesso ma, sai, per fare un bambino c’è bisogno di un uomo e una donna” Continuò, a bassa voce, Harry, sarcastico.
Louis alzò gli occhi al cielo. “Se sono questi i problemi, allora non c’è da preoccuparsi, lo adottiamo” Rispose con sincerità, mentre posava le confezioni sulla cassa e sorrideva alla cassiera.
Harry Styles l’aveva semplicemente osservato con la bocca leggermente aperta, senza parole. Poi Louis aveva iniziato a ridere; cosa che gli fece intuire che il suo migliore amico stesse semplicemente scherzando.
Il solito, insomma. Harry sbuffò seccato.
Dopo aver pagato, infine, si diressero velocemente verso l’uscita e, quindi, verso la macchina.
“Un gatto?” Chiese Louis, salendo al posto di guida.
Sia Harry che Louis avevano un ascendente per i felini e questo Louis lo sapeva troppo bene.
Si guardarono in silenzio. “Almeno un gatto possiamo prenderlo?” Continuò, quasi lagnandosi.
Harry pensò inconsciamente che, dopotutto, Louis non aveva poi dovuto scherzare molto riguardo all’adozione. Poi si riscosse, impazientito dai suoi stessi pensieri idioti.
“Sì” Rispose atono, poggiando immediatamente la testa sul sedile e sbuffando seccato. In realtà fingeva, perché Harry aveva sempre desiderato avere un gattino.
“E come lo chiamiamo?” Riprese poco dopo Louis, fomentato. L’idea di avere un animale domestico, probabilmente, doveva entusiasmarlo alla sola idea.
“Perché dovrei stabilirlo io? Sei tu che lo vuoi…” Borbottò Harry, osservando fuori dal finestrino.
Nonostante tutto, quella era ancora una giornata ‘no’.
Harry, però, si riscosse pochi secondi dopo perché Louis lo afferrò per una coscia, con prepotenza, facendolo scattare sul posto.
Harry osservò il migliore amico, bieco: “Che vuoi?”
“Ho detto: sei tu che sei bravo con i nomi. Non per niente ci chiamiamo “One Direction”, dai! Un nome per il  nostro gattino, Harry” Riprese, gettando di tanto in tanto i suoi occhi incredibilmente azzurri sul volto di Harry, mentre camminavano lungo la strada che li avrebbe riportati a casa.
Harry osservò la mano di Louis poggiata sulla sua coscia, per poi sbuffare e allacciare le braccia al petto.
Anche il modo di dire il suo nome, il tono delicato di voce di Louis mentre diceva semplicemente “Harry” riuscivano a dissuaderlo, stenderlo e confonderlo.
Cosa gli stava succedendo? Ma, soprattutto, perché a lui?
“Prima di tutto, maschio o femmina?” Chiese sperando che Louis dicesse ciò che stava pensando.
“Femmina” Rispose, annuendo convinto e facendo sorridere l’altro inconsapevolmente.
“Eccolo, il musone che mi sorride! Hello, my Sunshine” Lo sfotté Louis, guardandolo – fermi al semaforo – con un sorriso a esprimere tutta la gioia di vederlo sereno.
Erano quasi arrivati a casa.
Harry lo fissò per qualche secondo, estasiato.
No, non sapeva proprio cosa gli stesse succedendo.
“Che ne pensi di ‘Darcy’?” Chiese, scoccando poi la bocca e girandosi a guardare fuori dal finestrino.
Louis rimase in silenzio, forse riflettendo su quel nome mentre Harry faceva finta di non essere impaziente.
“Quando andiamo a prenderla?” Sbottò a quel punto Louis, mentre parcheggiava.
“Chi?” Chiese attonito Harry, girando il volto a guardarlo e incontrando le iridi chiare di Louis fisse verso di lui.
L’auto era ferma come i loro respiri.
Poi Louis sorrise, magnetico e felice. “Darcy, no? Sennò chi altro, zuccone!”
 


 
Il tempo della cucina e della spesa, ahimè, è terminato.
Ahimè un cavolo!
Finalmente si va avanti, sebbene… No, no, non voglio spoilerarvi nulla.
Dunque, passiamo alla camera di Harry.
Però vi avverto, sarà un po’ triste. Giusto un po’.
 
 
 

 
 
“Ah, meno male! Almeno per un po’ non sarò costretto ad avere davanti le tue chiappe al vento, Harry” Aveva ironizzato Louis, con un sorriso derisorio, mentre osservava le spalle di Harry, intento nel fare la valigia.
L’altro socchiuse gli occhi, estasiato e tremante. Perché doveva aggiungere sempre il suo nome, Louis, quando gli parlava? Perché, se poi provocava in lui tanti inspiegabili effetti collaterali?
Poi, però, si trattenne, calmandosi.
Sorrise e negò, evitando di farsi accorgere triste e – già – malinconico all’idea di abbandonare quella casa e il suo migliore amico.
Louis però lo capì, senza nemmeno la necessità di studiarlo a fondo. Si ricompose e si avvicinò al letto, sfatto, dell’amico, dove si sedette placido e attento a ogni sfumatura che imporporava il viso di Harry. “E quant’è che starai via?” Chiese con improvviso tono serio.
“Per un po’ ” Aveva risposto Harry, sorridendo e girandosi a guardare di sfuggita gli occhi verdi e pensierosi di Louis.
 
 
 


 
 
Louis spesso pensa di odiare Harry perché il suo migliore amico è sempre capace di prenderlo in contropiede.
Appena conosciuto, Louis ha pensato di Harry che fosse troppo taciturno, lunatico e con la testa da un’altra parte; ma Louis ora lo sa di essersi sbagliato di grosso.
Harry va a periodi. È scontroso, pensieroso e scostante, certo. Ma è anche malizioso, divertente e solare – sì, perfino solare – sebbene sia un privilegio che pochissime persone possono avere la fortuna di vedere.
E Louis pensa di odiare Harry perché, adesso, lui è perfino troppo solare. Quando si rabbuia e Louis se ne accorge, Harry si sforza di cambiare umore. Lo nasconde, facendo pensare a Louis che lo faccia a causa sua.
 
Harry pensa di odiare Louis, a volte.
Perché di Louis, invece, è riconosciuta la sua indole all’espansività, come un Peter Pan che non ha nessuna intenzione di crescere e come il ragazzo con addosso sempre la voglia di scherzare, giocare e fare scherzi.
Eppure Harry sa che Louis spesso è pensieroso, a volte anche taciturno e che, piuttosto che parlarne con il migliore amico, preferisce fischiettare e uscire per delle lunghe e solitarie passeggiate. Oppure sa, Harry, che se gli chiede cosa abbia che non va, Louis risponde con un’alzata di spalle, buttandola sullo scherzo.
Louis pensa di odiare Harry, perché il suo migliore amico non gli mostra mai i problemi che lo turbano.
E Harry, d’altra parte, pensa di odiare Louis perché il suo migliore amico preferisce i silenzi e la solitudine rispetto alla sua compagnia e alla sua amicizia.
In realtà Harry e Louis pensano soltanto di odiarsi. In realtà, non si odiano affatto.
Al contrario si vogliono troppo bene, ed è questo il loro unico problema.
Perché pur di non ferirsi, fingono.
 



Harry e Louis sono una bomba a orologeria pronta a esplodere, manca soltanto qualcuno che la disattivi.
Perciò… BOOM.
 
 
 
 
 
“È successo qualcosa?” Aveva chiesto ancora Louis, ora preoccupato.
“No” Aveva risposto semplicemente Harry, evitando di guardarlo.
“Non ti starai pentendo di essere venuto ad abitare con me, vero?” Chiese Louis, dispiaciuto, come se glielo stesse leggendo negli occhi.
“No, Boo Bear!” Rispose, tentando di sorridere sinceramente. Louis alzò gli occhi al cielo, forse ancora seccato dal nomignolo attribuitogli.
 
 
 
 

 
Non è successo che Harry, alla fine, sia andato oltre al semplice affetto.
Non è successo che Harry, alla fine, abbia bisogno di staccare la spina da quella casa prima di uscire pazzo.
Non è successo che Harry, alla fine, non veda più come semplice amico Louis Tomlinson.
Non è successo che Harry stia male perché il suo migliore amico preferisce la solitudine e il silenzio piuttosto che parlare dei suoi problemi con lui.
No, non è successo nulla di tutto questo.
 
 
 
 
BOOM.
 
 
 
 

“Perché fingi? Pensi che non capisca che c’è qualcosa che non va? Non ti sopporto, Harry, quando fai così” Sbottò Louis, alzandosi dal letto e incamminandosi velocemente verso la porta, con tutta l’intenzione di salutarlo in quel modo e sapendo già che poi se ne sarebbe pentito.
 
 
 
 

La verità è che Harry Styles si è semplicemente innamorato. Innamorato del suo migliore amico, Louis Tomlinson. Ed è sicuramente un problema, quello. Dopo tutto ciò che tacitamente accade in quella casa.
 
 
 
 

“No, aspetta…”

 
 
 
 
È arrabbiato Louis, ma non sa spiegarsi il motivo. Anzi, non vuole spiegarselo.
Perché ammettere che ciò che fa stare male Harry, ferisce anche lui è… troppo.
Perché ammettere che se Harry ride, anche in lui si apre un sorriso sincero è… difficile.
Perché ammettere che Harry sia soltanto il suo migliore amico è… una menzogna.
Perché ammettere che Louis sia andato oltre all’amicizia con Harry è… una stronzata.
 
 
 

 
BOOM
“Oh, bullshit!” pensa Louis.

 
 
 
 
 
Poi, però, alcune circostanze esterne avevano fatto serrare al suolo Louis, già sul ciglio della porta.
Un abbraccio, per la precisione, era stata la circostanza esterna.
“Non fingo” mentì Harry, sussurrando quelle parole sul collo di Louis. “E lo so che tu mi conosci meglio di chiunque altro. Ma in questo caso ti stai sbagliando.” Continuò a mentire Harry.
Era facile per lui, dopotutto, nascondere per bene ciò che provava. “E poi anche tu hai i tuoi problemi e non vuoi parlarmene…no?” Aveva detto, questa volta sincero.
Louis, a quel punto, era semplicemente rabbrividito a quel contatto e a quelle parole.
Poi, senza proferire parola, si era girato verso il migliore amico e l’aveva abbracciato a sua volta, respirando l’odore di Harry a pieni polmoni.
Gli sarebbe mancato ogni cosa di quel ragazzo – sì, perfino le chiappe al vento – e Harry poteva dire qualsiasi cosa, ma Louis sapeva che c’era qualcosa che non quadrava in quella casa.
“D’accordo, sbrigati ora, altrimenti farai tardi per il treno” Aveva detto semplicemente il ragazzo, tentando di sciogliere quell’abbraccio, seppur con malavoglia e costrizione.
Harry però lo aveva avvolto con più forza, perché non era ancora pronto a lasciarlo andare.
E Louis glielo aveva lasciato fare, cingendolo con vigore e socchiudendo gli occhi appena. Inspirò nuovamente l’odore del migliore amico, infondendosi l’idea che, per tutto il tempo che l’avrebbe visti distanti, il suo odore sarebbe rimasto con lui a tenergli compagnia.
Sì, gli sarebbe mancato da morire Harry Styles.
“Ora me lo dici quanto stai via?” Chiese in un sussurro. Harry negò.
Dopotutto lo sapevano entrambi che non sarebbero stati lontani per molto.
Perché qualunque fosse il motivo, Harry e Louis non sapevano mancarsi, non sapevano stare lontani l’uno dall’altro.
 
 
 
 

 
 
La bomba, però, non ha iniziato a ticchettare con la partenza di Harry; no, affatto, tutto è accaduto ben prima e molto lentamente.
Purtroppo, però, la bomba ha ancora un po’ di tempo prima di scoppiare…
 
 
 


BOOM.
 


 
 
 
O forse no?
Vabbè, in ogni caso noi ci ‘vediamo’ nel prossimo capitolo, forse.
   
 
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