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Autore: HisLovelyVoice    08/06/2013    6 recensioni
Molti bambini li guardavano scioccati, e spaventati chiedevano ai genitori perché si stessero rincorrendo. Sono innamorati, tesoro. Rispondevano con aria sognante le mamme, volendo anche loro una relazione del genere.
Sono innamorati. Quella era la pura e semplice verità.
Alcuni signori anziani li guardavano malinconici, ricordando la loro gioventù ormai passata, ma senza rimpianti.
Alcuni uomini li osservavano invidiosi dell’amore che li univa.
Un amore che andava oltre le apparenze.
Un amore che aveva scavato nel profondo, fino a toccare il centro del cuore.
Un amore che nessuno avrebbe mai potuto definire passeggero.
Perché si amavano da otto anni, ogni istante di più. Ogni giorno si sorprendevano avvicenda con una premura, una frase, un semplice gesto.
Erano definiti da tutti due anime gemelle.
Erano destinati a stare insieme.
Se fossero stati divisi, si sarebbero ritrovati, a qualsiasi costo.
Perché si amavano. Il loro amore era puro, come quello dei bambini.
Perché si erano accettati con tutti i pregi, ma anche con tutti i difetti e tutti i problemi.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I need happiness'
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2 Everythig is so perfect
 
Erano le otto e i miei genitori non erano ancora tornati. Ero spaventata, che gli fosse successo qualcosa? Scossi la testa, cacciando via quel pensiero. No, non gli era successo nulla, dovevo stare tranquilla. Dopo poco sentii il cellulare squillare. Mi era arrivato un messaggio.
 
Mia cara Camilla, ho una sorpresa per te. Apri la porta di casa. Federico.
 
Curiosa di sapere di cosa si trattasse, uscii dalla mia stanza e scesi velocemente le scale, rischiando anche di cadere. Aprii la porta. Era tutto molto silenzioso, sembrava che tutto si fosse fermato.
Le macchine non passavano.
Gli uccelli non cantavano.
Non c'era nessuno a passeggiare e le luci delle case erano perlopiù spente.
Sulla soglia di casa, c'era una scatolina di cartone. Sopra c'era un foglio, su cui scritto aprimi. Raccolsi la scatola e entrai dentro casa, chiudendomi alle spalle la porta. La posai sul tavolo e l'aprii. Dentro c'erano un paio di cuffiette bianche. Le avevo già viste, ne ero sicura. Ma non ricordavo dove. Notai solo poco dopo che c'era un altro foglietto. Lo presi e lo aprii.
Wow, fai ancora quello che ti chiedo! Mi sento realizzato. Comunque, non è questo l'importante. Hai visto il paio di cuffiette? Cosa ti ricorda? Sono sicuro che capirai cosa voglio dirti e che andrai proprio dove ti aspetta una persona con un altro pacco. Si, è una sorta di caccia al tesoro. Un bacio.
Sorrisi. Federico era impazzito, non ne avevo dubbi. Ma alla fine non avevo nulla da fare e i miei non c'erano. Salii in camera cercando di collegare quelle cuffiette ad un luogo che conoscessimo entrambi. Mi cambiai, mettendomi una maglietta a mezze maniche azzurra e un paio di jeans neri. Continuai a pensare a quelle cuffiette, fino a quando non ebbi l'illuminazione...
 
- forza Camilla, sbrigati! - mi esortò Federico. Stavamo a casa mia, e mi stavo preparando per andare con lui al parco vicino casa mia.
- ecco, ecco. Mi metto solo un filo di matita, altrimenti farò veramente paura a qualcuno. - presi in mano la matita, ma Federico mi bloccò.
- come, scusa? Tu dovresti far paura a qualcuno? - mi tolse i trucchi di mano e li posò sul mobiletto del bagno. Poi mi guardò negli occhi. - tu non puoi far paura a nessuno, sei la ragazza più bella che abbia mai visto. - abbassai lo sguardo.
- Damiano non la pensava così... -
- Damiano è uno stupido. E poi è passato un anno! Sono sicuro che si è pentito di averlo detto. Magari era solo innamorato di te e voleva farsi notare. - scoppiai a ridere.
- impossibile. - mormorai. Stava per ribattere, ma mi misi in punta di piedi e lo zittii con un bacio. - grazie. - dissi. Lui mi prese la mano e, dopo aver preso il mio mp3, uscimmo di casa. Infilai immediatamente una cuffietta e diedi l'altra a Federico. Ormai era diventata un'abitudine. Arrivati al parco ci sedemmo su una panchina. Posai la testa sulla sua spalla, continuando ad ascoltare la musica. Lui mi circondò delicatamente la vita con il braccio, stando attento a non premere troppo sulle ferite.
- mi piace veramente molto stare qui, lo sai? - dissi posando una mano sulla sua gamba.
- piace anche a me. -
- dovremmo venirci più spesso. Invece di fare passeggiate lunghissime potremmo rimanere qui. - proposi.
- mi sembra un'ottima idea. - rispose lui, dandomi un leggero bacio tra i capelli.
Rimanemmo per un bel po' al parco in silenzio. Non servivano a nulla le parole, avrebbero solo rovinato tutto. Perché alla fine bastava stare insieme. Dopo un paio d'ore, decidemmo di tornare a casa. Federico mi accompagnò, mentre continuavamo ad ascoltare la musica che ci faceva da sottofondo musicale. Arrivammo velocemente a casa mia e Federico mi porse la cuffietta.
- sai che queste cuffie sono fantastiche? Si sente tutto perfettamente. - constatò. Annuii. Si, quelle cuffiette erano veramente belle. Ci pensai un po', poi spensi l'mp3 e staccai le cuffiette.
- tienile. - dissi porgendogliele. Federico sbatté più volte le palpebre.
- cosa? No, no, sono le tue! -
- e io voglio darle a te. -
- non le posso accettare. -
- si che puoi. E se non lo fai mi offendo. Io ho tante cose tue, non ricordi? Ad esempio quella camicia enorme che indossavo ogni volta che venivo da te. Alla fine me l'hai regalata. Adesso sono io che voglio regalarti qualcosa. - Federico ci pensò un po' su.
- sei sicura? - chiese dopo un po'. Annuii convinta. - grazie. - disse prendendole. Le arrotolò e le infilò in tasca. Poi mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
- ci vediamo domani. - dissi.
- certo bellissima. - gli diedi un altro bacio, poi lo lasciai andare. Quando non fu più nel mio campo visivo, salii su casa. Si, avevo fatto la cosa migliore dandogli le mie cuffiette. Ero felice che adesso lui avesse qualcosa di mio…
 
Dopo sette anni aveva ancora quelle cuffiette. Capii immediatamente di dover andare al parco, non c’erano altri posti collegati a quelle cuffiette.
Scesi giù nell’ingresso e, dopo aver preso le chiavi, uscii di casa.
In dieci minuti ero lì. Tutto era rimasto identico a sette anni prima. Gli alberi erano diventati più grandi, ma il sentiero che univa ogni angolo del parco era sempre lo stesso. Il laghetto con i pesci era ancora lì, anche se ricoperto di foglie. Anche le panchine erano rimaste le stesse, e mi avvicinai proprio a quella dove sette anni prima avevo passato quel pomeriggio con Federico. Lì avevamo scritto i nostri nomi con del bianchetto. Non li avevamo uniti con quei “più” stupidi, e non li avevamo circondati da un cuore. No, nulla di tutto questo. Era come se avessimo lasciato una semplice firma.
Arrivata alla panchina notai che c’era una persona in ombra seduta sopra. Teneva in mano una scatola.
- ce l’hai fatta! - esclamò, e riconobbi immediatamente la voce di Simone. Scoppiai a ridere.
- che ti aspettavi, che arrivassi subito? Mi faccio attendere, io! - dissi, ricordando le sue parole di qualche sera prima, quando io e Federico eravamo andati a prenderlo per andare ad una festa e lui non era ancora pronto.
- ah. Ah. Ah. Molto. Molto. Divertente. - disse, scandendo bene ogni parola. Poi si alzò in piedi e mi porse la scatola. - non ho idea di quello che questa cosa possa contenere. Per ragioni di sicurezza, la mia sicurezza, ti chiedo di aprirlo quando sarò lontano. Non voglio vedere che magari ci ha messo dentro un preser… - gli diedi una gomitata.
- hei! Ma cosa sta dicendo? - esclamai indignata, non riuscendo però a non ridere.
- conosco Federico da più tempo di te. E ne sarebbe capace. Oh, se ne sarebbe capace. - alzai gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
- sei tu quello che farebbe una cosa del genere. - Simone scrollò le spalle.
- senti, io vado che Francesca mi aspetta. Ci vediamo! -
- oh, salutami Francesca. -
- certo! -
Francesca e Simone si erano fidanzati l’ultimo giorno del liceo. Avevano avuto alti e bassi, ma erano una bella coppia. Si vedeva già dal terzo che erano cotti uno dell’altra.
Lo guardai allontanarsi, poi mi sedetti sulla panchina. Anche se c’era poca luce riuscii ad intravedere i nostri nomi.
Camilla  e Federico 
Federico non era proprio bravo a scrivere. Mi ricordai che lui voleva che scrivessi io il suo nome, per non rendere tutto quanto un obbrobrio.
Ma dai! Mi ricordai che gli dissi. Non importa come scrivi, l’importante è che ci siano i nostri nomi.
E quei nomi erano ancora lì.
Mi riscossi da quei ricordi e aprii la scatola. Dentro questa volta c’era una penna e sempre un foglio. ‘una penna? Mi spieghi cosa ci faccio con una penna?!’ avrei voluto chiedergli. Aprii il foglio, forse leggendo quelle righe avrei trovato qualche collegamento.
Heilà amore, vedo che sei arrivata al parco! Spero solo che Simone non ti abbia trattato male. Altrimenti se la vedrà con me, non c’è nessun problema.
Comunque, hai visto? Ho ancora quelle cuffiette dopo ben sette anni! Scommetto che ti eri dimenticata di avermele regalate.Sorrisi. aveva proprio ragione. Ma ovviamente, lui non lo avrebbe mai saputo.
Sono sicuro che adesso non sai che fartene di quella penna e che stai cercando un qualche possibile collegamento da fare per trovare il luogo dove dovrai andare. Se fossi crudele, non ti direi nulla. Ma dato che ti amo tanto, ti dirò alcune cose. Questa penna (cioè, non proprio quella che hai trovato nella scatola, però il senso è quello) appartiene ad un passato più recente rispetto a quello delle cuffiette. Ti dice niente?‘no, non mi dice nulla.’ Sicuramente no. E se ti dicessi: “ma io lo ammazzo quel piccione maledetto! Userò questa penna!”?
Sono sicuro che adesso ricordi.
Un bacio.
PS: sei vicina alla meta.
Appena lessi quella frase scoppiai a ridere e piano piano i ricordi riaffiorarono nella mia mente…
 
Quinto anno di liceo.
Ultimo giorno.
Ultima ora.
Inglese.
- ragazzi, siete pronti per gli esami? - ci chiese la professoressa. Metà classe annuì tranquilla, mentre l’altra metà negò energicamente, facendo ridere gli altri. Io e Federico eravamo seduti all’ultimo banco a parlare tranquillamente, tanto la professoressa non ci avrebbe detto nulla.
- allora, che farai dopo gli esami? - mi chiese Federico prendendomi la mano. Scrollai le spalle.
- non lo so, credo rimarrò in città. E te? -
- andrò al mare come ogni anno. - disse sorridendo.
- mmm… così farai conquiste? - chiesi, invidiosa di tutte le ragazze che lo avrebbero visto in costume.
- sai, se fossi venuta te, avrei provato a conquistarti, ma dato che tu rimarrai qui, credo che cercherò di non farmi notare da nessuna. - gli sorrisi.
- ma te mi hai già conquistato. - gli feci notare, ma lui scosse la testa.
- no, non mi basterà una vita intera per conquistarti come si deve. -
Okay, ogni volta che apriva bocca mi faceva sciogliere. Gli accarezzai il volto.
- sei veramente molto dolce, lo sai? - lui mi sorrise, per poi darmi un bacio sulla guancia. - mi piacerebbe molto venire al mare, non è giusto che ancora non posso. - mormorai abbassando lo sguardo. Federico mi fece alzare il volto con l’indice.
- manca poco, vedrai. L’anno prossimo verrai con me. -
- lo spero. - dissi poggiando la mia testa sulla sua spalla.
Rimanemmo per un quarto d’ora in silenzio, poi Federico mi guardò.
- ma lo sai che… - iniziò a dire, ma un rumore proveniente da fuori fece sobbalzare tutti. Ci girammo verso la finestra e vedemmo un qualcosa scivolare sul vetro.
- un piccione ha tentato il suicidio! - esclamò qualcuno, facendo scoppiare a ridere tutta la classe. Federico si mise una mano sul cuore.
- ma io lo ammazzo quel piccione maledetto! Userò questa penna! - esclamò, prendendo la prima penna che trovò sul banco. Risi ancora di più, mentre Federico mi guardava con un sopracciglio alzato. - ma che ti ridi? - chiese.
- sei proprio matto! - esclamai sempre ridendo.
- mmmm…però ti piace questo matto. - constatò.
- oh, si, e anche molto. - dissi sorridendo.
In quel momento suonò la campanella e, tra le grida di gioia, uscimmo dalla classe mano nella mano.
Una volta fuori, Federico si mise a cercare il piccione, senza però risultati.
- andiamo, Federico, sembri un bambino piccolo! Non credi che forse sia volato via? - chiesi ridendo.
- ma quel piccione deve morire! - esclamò.
- non pensi che invece di inseguire un piccione, potremmo andare a mangiare un boccone? Sto morendo di fame! - appena pronunciai quelle parole, gli si illuminarono gli occhi.
- cosa? Hai fame? - solo in quel momento mi resi conto che per la prima volta dopo tanto avevo veramente molta fame. Annuii. - allora il piccione può anche andare a farsi fo…a farsi un giro! - si corresse all’ultimo dopo aver visto il mio sguardo. Gli sorrisi. Lui mi si avvicinò e mi baciò. - andiamo, prima che tutti i posti si riempiano. -
 
Pensai che sarei dovuta andare davanti scuola. ‘Sicuramente troverò qualcuno lì.’
La scuola era un po’ distante e, anche se erano le otto e mezza, non avevo paura ad andare in giro da sola.
La scuola era messa veramente male. La tinta bianca era diventata grigia per la muffa ed erano presenti molte crepe. L’ingresso era pieno di erbacce e sigarette, anche se nella scuola era vietato fumare.
Difronte al cancello vidi una ragazza con un pacchetto in mano. Sorrisi, riconoscendo i capelli ricci di Giulia.
- ma allora siete tutti convolti, eh? - dissi, facendola saltare.
- mio Dio, Camilla, mi hai spaventato. - disse, portandosi una mano al petto.
- scusa. -
- dai, su, prendi questa scatola e sbrigati, ti sta aspettando. - le sorrisi, mentre prendevo il pacchetto.
- grazie mille. -
- di nulla. Ci vediamo domani, okay? - annuii.
- a domani. -
Quando fu abbastanza lontana, aprii la scatola. Questa volta c’era una conchiglia e il solito foglietto.
Wow, sei proprio brava mia cara! Vedo che ti sei ricordata del piccione kamikaze! Quel giorno ero proprio fuso. Questo foglio non sarà lungo, la conchiglia dice tutto da sola! Non vedo l’ora di vederti.
A tra poco, amore mio.
Collegai subito la conchiglia alla spiaggia.
Dovevo andare sulla spiaggia.
Chissà, forse adesso lui si trovava là e mi stava aspettando. Con un sorriso sulle labbra, mi incamminai verso la spiaggia. Solo dopo mi ricordai che la spiaggia era immensa. Dove dovevo andare?
Istintivamente decisi di andare dove avevamo incontrato Martina.
E lì rimasi a bocca aperta. Non c’era nessuno, ma la sabbia era ricoperta da dei petali di rosa. Lì vicino c’era un tavolo apparecchiato per due con sopra due candele e al centro un bouquet di rose.
- non vedevo l’ora che arrivassi. - sentii mormorare alle mie spalle. Mi girai e quasi sbattei contro il petto di Federico. Lui mi prese per i fianchi e mi abbracciò.
- è…è…è tutto così bello! - riuscii a dire.
- e non ho ancora finito. - disse per poi allontanarsi.
- come? - chiesi curiosa.
Quando vidi che aveva in mano una piccola scatola blu e che si stava inginocchiando mi portai una mano alla bocca, non riuscendo a smettere di sorridere.
 
FEDERICO
 - sai, quando sorridi sei ancora più bella. La mia giornata cambia, mi sembra tutto perfetto, perché tu lo sei. Sei perfetta nella tua imperfezione ed io ti amo proprio per questo. Al tuo fianco mi sento invincibile, sento che tutto è perfetto. Quando ti sono lontano mi sento morire. Vorrei che tu mi prendessi la mano, e a quel punto mi lascerei guidare in questo vortice immenso di emozioni chiamato vita. Con te non avrei paura di perdermi: sei la mia stella polare che mi indica sempre casa. Tu sei la mia csa, il mio tutto, la mia ragione di vita. Ti devo tutto, è solo grazie a te se sono la persona di adesso. Se te ne andassi, non saprei cosa fare. È solo grazie a te se le mie giornate non sono più grigie e monotone. Tu le hai colorate con i colori dell’arcobaleno. Le hai colorate di rosso con le tue labbra carnose che amo baciare, hai dato loro un tocco di arancione con la tua allegria. Le hai donato il giallo dei tuoi meravigliosi capelli ed la tua speranza ha portato un po’ di verde nella mia vita ormai piena di sconforto. Ed ora è presente anche del blu, perché da quando ci sei tu il mio cielo non è più coperto da nuvole, ma è limpido. Infine il viola. Questo colore indica sacrificio. Ed io sarei disposto a sacrificarmi per te, qualsiasi cosa questo comporti. Perché ti amo. Ti amo più della mia stessa vita. Non so cosa ho fatto per meritarmi una simile fortuna. Sono veramente felice come non lo sono mai stato. Ma allo stesso tempo ho paura. Paura di perderti. Perché magari tu non te ne rendi conto, ma ci sono molti ragazzi che ti muoiono dietro. La mia paura più grande è quella di svegliarmi solo, senza te al mio fianco. Ho bisogno di te. Senza di te non sono nulla, tu sei una parte di me. Sei ciò che mi rende migliore, mi completi. Grazie a te ho scoperto cosa vuol dire amare: rinascere. Tu mi hai fatto rinascere la prima volta che i miei occhi incontrarono i tuoi. Mi hai fatto sentire vivo non appena ti ho sentito ridere. E più ti sentivo ridere, più ti amavo. Più ti amavo, più volevo farti ridere. Per questo adesso voglio chiederti di sposarmi. Voglio passare il resto della mia vita con te al mio fianco. Voglio svegliarmi la mattina con il profumo dei tuoi capelli che durante la notte sono finiti sul mio viso. Voglio addormentarmi abbracciato a te, perché così mi sentirei l’uomo più fortunato del mondo. Lo so che abbiamo solo ventiquattro anni, ma sposarti è ciò che desidero, da sempre. Voglio crescere con te, invecchiare con te. Voglio poter andare in giro e dire: “lei è mia moglie, e io sono l’uomo più fortunato del mondo proprio per questo.” Voglio che tutti ci invidino e ci reputino la coppia più bella che abbiano mai visto. Voglio sigillare il nostro amore con questo patto, rendendoci ancora più affiatati. Quando avevamo sedici anni, ti promisi più volte che non ti avrei più fatto soffrire,  che non me ne sarei mai andato, ma che sarei rimasto per sempre al tuo fianco. Allora sposami. Sposami e mi avrai per sempre vicino; torneremo a casa insieme, vivremo insieme. Passeremo le serate estive in veranda o sul balcone guardando le stelle e amandoci, perché è quello che conta. D’inverno prepareremo la cioccolata calda e ci accoccoleremo sul divano per guardare un film. Non voglio una vita complessa. Voglio una vita semplice, resa perfetta da te e dal nostro amore. Sposami, e sarò veramente l’uomo più fortunato del mondo. Sposami, e non ti lascerò nemmeno respirare per tutti i baci che ti darò. Sposami anche se spesso sono insopportabile e vorresti mandarmi via. Sposami perché ti amo. Ti amo veramente troppo per rimanere solo il tuo fidanzato. -
Camilla aveva gli occhi lucidi. Era scossa, ma riuscì comunque ad annuire. Felice più che mai le presi delicatamente la mano e, tremando, le infilai l’anello. Poi mi alzai in piedi e la baciai con trasporto.
- si, si, si e altre mille volte si. - mormorò allontanandosi un attimo, per poi ribaciarmi. La sollevai e feci un giro su me stesso, poi la posai a terra. Feci combaciare le nostre fonti. - non ci credo. - sussurrò poco dopo.
- se devo essere sincero, nemmeno io. - ammisi, facendola ridere.
- ti amo. - mi sorrise.
- ti amo anche io. -
Rimanemmo per un po’ di tempo abbracciati, poi la feci sedere su una sedia e iniziammo a mangiare.
Quella, fu la serata più bella di tutta la mia vita.







HEI!!!!
devo ammettere che per scrivere questo capitolo mi è venuto il diabete lol
però sono molto soddisfatta, si si!
cosa ne pensate di Federico? io lo amo sempre di più :D
sarei felice di sentire, o meglio, leggere le vostre opinioni c:
grazie a tutti coloro che hanno recensito, coloro che hanno inserito la storia tra le seguite e preferite e i lettori silenziosi
alla prossima
un bacio
Giulia xxx
  
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