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Autore: ValeA    10/06/2013    6 recensioni
Quattro mesi.
Oggi erano quattro mesi dalla morte di Cassie, la mia migliore amica.
Quattro mesi fa è iniziato il mio incubo, quell'incubo non ancora finito.
Sono viva, è vero. Ma l'essere viva è diverso dal vivere, io non vivo più. Sopravvivevo. La mia non la si può neanche più definire vita.
La gente mi crede pazza, crede che sia stata io ad uccidere Cassie. Crede che io l'abbia attirata in quella casa abbandonata solo per ucciderla, sicura che non l'avrebbe trovata nessuno.
Ma la gente parla senza sapere davvero come andarono le cose quella sera.
Jess e Vic hanno testimoniato che non fu mia l'iniziativa di inoltrarmi lì, che io la stavo solo accompagnando per non lasciarla da sola, ma chi davvero credeva a loro?
Pensavano che mi stessero coprendo, che fossero mie complici.
*Seguito della One-shot "Revenge".
Per comprendere meglio questa, è meglio dare prima un'occhiata a quell'altra ;)
ATTENZIONE: con questo mio scritto, pubblicato senza alcun scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle persone presenti, né di offenderle in alcun modo.
Ci tengo inoltre a precisare che i loro comportamenti non sono assolutamente da prendere come esempio.
Genere: Dark, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Revenge'
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(3) In mad's mind
 
Un altro giorno scolastico era finito, l'ultimo di questa settimana.
Era venerdì e così mi diressi verso il cimitero. Ci andavo nonostante ci fossi stata già due giorni prima.
Ero per strada, stava piovigginando e così tirai su il cappuccio della mia felpa, misi le cuffie e iniziai ad ascoltare un po' di musica.
Ci misi poco ad arrivare, circa dieci minuti.
Non avevo nessun ombrello con me, dovevo far un po' di fretta o mi sarei ammalata sul serio.
Arrivai lì, davanti a quella lastra di marmo con inciso il nome della persona che una volta era la mia migliore amica, delle goccioline d'acqua ricadevano per tutta la superficie e arrivavano dritte sul terreno.
Alzai la testa verso il cielo. Grigio. Nuvoloso. Triste. Questi erano i tre aggettivi più adatti per descriverlo, quel cielo sembrava tanto simile al mio cuore.
Non avevo nulla da dirle, le avevo già detto tutto quello che pensavo mercoledì. Cosa potevo aggiungere?
Aspettai, era inutile ripeterle quanto le volevo bene e quanto mi mancava, lo sapeva già. Glielo ripetevo ogni volta che andavo lì.
La pioggia iniziava ad abbattersi sul terreno sempre più forte, i miei indumenti erano quasi tutti bagnati. 
Con lo sguardo cercai un qualsiasi posto dove ripararmi, sarebbe andato bene anche un albero. 
Poco più lontano da me, nel solito posto di sempre, scorsi quell'anziano signore che portava tre rose bianche e una rossa, quello stesso signore che andava ogni giorno lì per stare vicino alla moglie defunta.
Era seduto su una panchina, di fronte a sè c'era la lapide della consorte. La fissava senza però guardarla realmente, il suo pensiero era sicuramente rivolto ad altro.
L'acqua piovana gli scivolava addosso e si spargeva per tutti i suoi vestiti. Teneva stretto a sè il suo bastone, attento a non farlo cadere.
Non so esattamente per quale motivo ma decisi di avvicinarmi e per la prima volta di parlargli. Quell'uomo col viso segnato dalla vecchiaia mi incuriosiva.
Senza chiedere se fosse libero o meno il posto, mi sedetti. «Ti manca, vero?» non ero stata io a parlare, aveva iniziato lui la conversazione.
«Da morire...» risposi, penso che fosse molto più che evidente. Cassie era diventata il mio punto di riferimento, adesso che non c'era più e come se avessi perso qualcosa che manteneva un certo equilibrio nella mia vita. «A lei?» era ovvio che io intendessi sua moglie.
«Sì, era il mio unico e grande amore...» rispose, vidi solcare dai suoi occhi delle piccole e quasi invisibili lacrime che si confondevano con la pioggia. «Oltre le mie figlie...» gli sorrisi, ero incapace di dargli una qualsiasi risposta.
Era un uomo rispettabile, da quel che faceva trasparire allo sguardo esterno era che non aveva mai amato nessun'altra donna oltre sua moglie e continuava a farlo nonostante lei non ci fosse più.
«Posso chiederle una cosa?» chiesi. 
«Certamente.» era dalla prima volta che lo avevo notato che mi frullava per la testa una domanda e volevo approfittarne per fargliela oggi.
«Perchè porta sempre tre rose bianche e una rossa?» semplice e concisa. Dritta al punto.
Mi fissò per un periodo di tempo che mi parve interminabile e poi con una naturalezza inaudita rispose «Le tre rose bianche indicano le nostre figlie, sono state tutte frutto del nostro amore puro...» interruppe il suo discorso, portò una mano dentro il taschino della giacca che indossava e ne uscì un fazzoletto di cotone bianco, lo portò verso gli occhi e inizio a strofinarli lentamente, sicuramente li stava ripulendo dalle lacrime. «Mi prenderai per un vecchio pazzo e rimbambito...» lo bloccai prima che continuasse.
«No, no... anzi è il contrario.» penso che quello che fa è la cosa più bella e giusta al mondo.
Dimostrava che il vero amore esisteva e quando lo si trovava, era per sempre. E niente e nessuno avrebbe potuto dividere due persone da questo sentimento profondo.
«Quella rosa rossa rappresenta voi?» ero arrivata a quella conclusione. «Cioè intendo... rappresenta il vostro amore?» 
Mi sorrise, era un sorriso sincero e annuì. «Farai molta strada...» lasciò la frase in sospeso non sapendo come mi chiamassi.
«Alice.» dissi semplicemente. «Mi chiamo Alice.»
«Farai molta strada, Alice.» stava per rialzarsi, lo aiutai e mi ringraziò. «Forse è meglio che tu vada prima che inizi a piovere molto di più.» annuì, aveva ragione. «E io pure, la mia nipotina oggi compie otto anni e ci tiene che io sia lì.» 
Non aggiunsi nulla, mi allontanai cautamente non avendo fretta per nulla e lo salutai con un cenno con la mano che ricambiò prontamente.
Il mio turno al bar iniziava fra un'ora,
 
 
Quell'ora senza far nulla di particolare era appena terminata e io ero appena arrivata al bar, pronta per incominciare a lavorare.
Salutai come al solito Laura e Chloe, salutai anche Ben, fidanzato di Chloe da ormai un anno, tornato dal suo viaggio per trovare la famiglia a Durham. Studiava qui a Londra e per mantenersi gli studi lavorava al bar, aveva conosciuto in questo posto la sua attuale ragazza e dopo qualche mese in cui si erano frequentati, erano diventati una coppia.
«Bellezza, come va?» era sempre il solito ruffiano e farfallone.
«Come sempre, Ben.» senza che gli chiesi come andasse a lui, lui rispose. «Anche a me, grazie per averlo chiesto.»
Era un tipo particolare, quasi strano ma in senso buono e in quel posto riusciva a mantenere una certa allegria.
La sua presenza faceva bene a Chloe, faceva bene a Laura e faceva bene anche a me.
«Di nulla.» e col sorriso andai in cucina per lavare le stoviglie, il venerdì c'era molta confusione e venivano prese molte ordinazioni.
Speravo solamente che da un momento all'altro non comparisse nè Louis, nè Niall, nè chiunque altro. 
Volevo stare tranquilla, almeno per un giorno. 
Era forse chiedere troppo? Evidentemente sì, sentivo la presenza di qualcuno dietro le mie spalle.
Prima di fare previsione azzardate, mi accertai di vedere chi ci fosse. Stranamente non era Louis ma Niall.
«Ancora tu...» sospirai e sbuffai pesantemente. «Siete una persecuzione.»
Scrollò le spalle e senza fare troppi complimenti, si sedette sul bancone della cucina.
«Ti ricordi il "ti aiuterò a liberarti di Louis"?» e virgolettò con le mani una parte della sua frase, io annuì. Certo che me ne ricordavo! «Bene, sono qui per questo motivo. Dovresti esserne felice...» non si notava la mia gioia? Ero tutto un fremito, mi veniva quasi voglia di urlarlo al mondo. Ok, no. Non era assolutamente vero.
Ero troppo stanca di quella situazione che ormai non avevo neanche più la forza necessaria per reagire nel giusto modo, anzi non reagivo in nessun modo.
«Mi dirai qualcosa di più o appena ti farò una domanda scomoda, sparirai?» ieri non era stato molto educato sparendo nel nulla senza preavviso, solo perchè il discorso non gli conveniva più.
«Tu non fare domande scomode e io non sparisco.» e fece un occhiolino.
Era tremendamente fastidioso ma nello stesso tempo bello.
Mi porse una mano come se dovessimo stringere un accordo, non volevo ricambiarla ma ero curiosa di sapere se potevo avere un contatto anche con lui e dopo vari attimi di indecisione, la ricambiai.
Non era fredda come quella di Louis, aveva quasi la temperatura di un corpo normale qualsiasi.
La sua mano era leggermente più grande rispetto a quella di Louis, le dita di quest'ultimo erano più sottili e lo avevo potuto notare ogni volta che aveva accarezzato le mie guancie o che avevo preso la sua mano tra le mie.
Non capivo il motivo per cui facevo tutti quei paragoni con Louis. 
Niall era diverso, Niall non era come Louis. Mi voleva aiutare, non voleva farmi soffrire.
E allora perchè il mio pensiero era rivolto sempre ad un'alta persona?
Mi stava influenzando troppo in questo periodo, ecco perchè lo pensavo sempre.
«Quindi?» domandai dopo vari attimi di silenzio mentre aspettavo che esponesse il suo piano o che parlasse sempre di qualcosa di attinente a tutto ciò. Era inutile, non accennava neanche a dire una vocale.
«Quindi invece di chiacchierare pacificamente sul letto di camera tua come in uno di quei romanzetti rosa che piacciono tanto alle ragazze, cerca di scoprire dove nasconde l'arma così da liberarti di lui al più presto come accade in quei romanzi gialli.» ero sbalordita, non pensavo che potesse venir a conoscenza di quello che facevo, questo stava a significare che la mia privacy era andata a farsi benedire una volta e per sempre.
«Hai qualcosa contro i film?» la mia domanda era indubbiamente fuori luogo, ma nella sua risposta aveva citato solo generi di libri e mi aveva fatto venire questo dubbio e oltretutto volevo smorzare un po' la tensione che si stava creando. 
«No, ma che c'entra?» era confuso, non ne capiva il senso. 
«Lascia stare...» era meglio chiuderla lì. «Hai idea dove posso trovare l'arma?» 
«Se lo sapessi, ti chiederei di cercarla?» si stava alterando. Ok, avevo fatto una domanda stupida.
Scossi la testa, ma dove si poteva nascondere un coltello da macellaio? Sopratutto dove lo poteva nascondere un fantasma?
«Sta arrivando.» ma chi? «Devo andare, ciao.» non ebbi neanche il tempo di chiedere spiegazioni, lui era già sparito dalla mia visuale, da quella stanza. Ma chi stava per arrivare?
Lascia perdere, meno pensieri si affollavano nella mia mente e più stavo tranquilla. 
Ritornai a lavare i bicchieri e cercai di distrarmi pensando ad altro.
«Dovresti leggerlo.» mi voltai verso la voce di Louis, aveva tra le mani un libro di cui non riuscivo a leggerne il titolo. «è un classico, tutti lo conoscono e lo apprezzano.» perchè un fantasma mi stava consigliando cosa leggere?
«Eh?» non sapevo che altro dire. Avevo capito perchè Niall era sparito, Louis era qui e non doveva farsi vedere o tutto il piano saltava.
«Romeo e Giulietta.» rispose sventolando il libro davanti i miei occhi. «Dai un'occasione a Shakespeare.» disse facendomi gli occhi da cane bastonato.
Ora stavo iniziando a capire, ieri avevo ammesso di non essere particolarmente ammiratrice di William Shakespeare mentre lui lo reputava geniale e adesso stava provando un modo per farmi cambiare idea.
«Conosco la storia. Le famiglie nemiche, loro si annamoraro e poi muoiono.» l'avevo riassunto molto brevemente ma il succo della storia era quello. «Non cambierò idea.» non volevo dargliela vinta.
«Dovresti.» cercò di convincermi, scossi prontamente la testa. 
Continuai a dedicarmi a ciò che stavo facendo senza degnare Louis di uno sguardo, poggiò il libro sul bancone accanto al lavello e si posizionò poco più lontano da me e mi fissavva senza dire nulla, stava in religioso silenzio.
Sentivo i suoi occhi addosso come se potesse trafiggermi con una semplice occhiata, era annoiato e arrabbiato sicuramente perchè gli stavo negando una qualsiasi attenzione.
Per alleviare la tensione riempì la mia mano piena d'acqua per tirargliela ma non appena mi voltai non lo trovai, al suo posto c'era Ben sull'uscio della porta che mi guardava confuso e non ebbe neanche il tempo di spostarsi per non essere preso in pieno che si bagnò tutto.
«Ma che ti ho fatto?» scoppiai a ridere, il suo enorme ciuffo era sparito e aveva lasciato posto a un'infinità di capelli appiccicati per tutto il viso.
«Nulla.» riuscì a dire tra una risata e un'altra. 
«Era il tuo modo per darmi il bentornato?» io annuì e mi avvicinai a lui e istintivamente lo abbracciai. 
La mia vita era uno schifo, lui riusciva a non farmici pensare anche solo per pochi secondi.
«Ti voglio bene.» ero poggiata tra le sue spalle e mettevo in dubbio se avesse capito o meno ciò che avevo detto in un sussurro.
«Anch'io.» sì, avevo avuto la certezza che aveva sentito.
 
 
Ero appena tornata dal lavoro, casa mia come al solito era avvolta nell'assoluto silenzio. 
Non ero sicura se ci fosse qualcuno o meno ma non mi importava, tanto con i miei genitori non avevo più nessun dialogo e la solitudine ormai era la mia routine. 
Voglio bene ai miei genitori ma soffro ogni volta che li vedo guardarmi con quegli occhi velati dalla delusione di non aver una figlia perfetta ma invece piena di problemi.
Salì le scale e mi diressi in camera mia, posai il mio zaino sulla scrivania e mi sedetti lì, dovevo finire un compito di biologia così tirai fuori i libri per completarlo. Ai miei occhi risaltò un libro, quel libro.
Non so bene per quale motivo avevo deciso di prenderlo e magari di dargli una possibilità, in fondo la storia non l'avevo mai letta e oltre una trama generale non sapevo nulla. Forse era questo il motivo che mi aveva convinta.
Lasciai perdere la biologia, non riuscivo a capirla. Era del tutto inutile perderci ancora del tempo, avrei preso uno dei tanti impreparati che ero abituata a ricevere.
Mi stesi sul letto e iniziai a sfogliare le prime pagine di Romeo e Giulietta.
«Lo sapevo, lo sapevo!» esultò euforico Louis, possibile che ero priva di aver qualche secondo libero senza che ci fosse lui attorno a me?
Si avvicinò senza che gliel'avessi chiesto e prese posto sul mio letto. «Ti sei convinta!» sembrava un bambino.
Un bambino a cui era stato fatto il regalo che tanto desiderava da molto tempo.
«Sono solo alla prima pagina, non cantar vittoria.» rovinai con quelle poche e semplici parole il suo entusiasmo.
«Ti piacerà.» era molto sicuro di quello che diceva. «A chi non piacciono le storie d'amore?» 
«Non sapevo che fossi un romanticone.» constatai prendendolo in giro, lui spostò il libro dalle mie mani e lo poggiò sul comò.
Poi si distese sul letto e «Anche io una volta sono stato innamorato.» mi ricordò.
Già, Angela Kelton. La sorella della nonna di Cassie, per questo motivo era stata anche uccisa la mia migliore amica.
Era stata uccisa perchè la sua antenata non ricambiava l'amore di Louis e in un impeto di follia si era trovata vittima di una serie di omicidi.
Io e lui parlavamo più civilmente ma questo non stava a significare che io ho dimenticato ciò che lui ha fatto.
Ha avuto un passato difficile, il suo presente non dovrebbe esistere e invece è qui a rovinare il mio.
«Tu non sei stata mai innamorata?» era una domanda difficile a cui rispondere. 
Avevo avuto centinaia di cotte, un ragazzo solo mi era piaciuto sul serio ma per lui non esistevo. 
Questo ragazzo era sempre stato innamorato di Cassie, quest'ultima non ne sapeva nulla di quello che provavo io e lei era diventata la sua ragazza dopo qualche mese in cui si frequentarono. Era ancora fidanzata con Jack, così si chiama lui, quando quattro mesi fa morì.
Lui, come il resto dei miei coetani, pensa che sia stata io e quindi non mi rivolge neanche la parola. Mi evita. Per lui sono inesistente, una povera pazza irrecuperabile.
Ma nonostante tutto, penso che quello che io provavo o provo tutt'ora per Jack non è amore. Non mi definirei innamorata di lui. 
Sono sicura che l'amore è tutt'altro.
«Non proprio. Mi piaceva un ragazzo ma ora penso sia acqua passata...» quando lo incrocio per i corridoi, non mi fa lo stesso effetto che mi faceva prima.
Il mio cuore non batte più all'impazzata, la gola non mi si secca, le gambe non mi diventano di gelatina e non divento rossa in volto. 
Forse l'ho superata o forse non c'è mai stato nulla di serio.
Sapevo che mi stava per fare qualche domanda su chi fosse o qualcosa del genere, non mi andava di riportare a galla vecchi ricordi e così decisi di anticiparlo con un'altra domanda. «Oltre Angela, sei mai stato innamorato di qualcuno?» forse non si aspettava quella domanda, si alzò di scatto dal letto e si mise seduto, mi fisso per svariati secondi e iniziò a grattarsi la testa convulsamente.
«No, però sono consapevole di essermi innamorato della persona sbagliata.» la sua risposta era enigmatica, che significava?
Mi aveva dato una risposta diversa da ciò che pensavo avrei ricevuto.
«In che senso?» c'era una cosa positiva in tutto quello, si stava aprendo con me. Stava riponendo un minimo di fiducia nei miei confronti.
«C'era una ragazza che era follemente innamorata di me ma io non l'ho mai considerata sotto quel punto di vista, per me esisteva solo Angela.» chi era questa ragazza? Che cosa era per lui?
Ricordare sicuramente lo rendeva triste, lo si capiva dai suoi occhi. Nonostante non lo volesse mostrare, sarebbe potuto scoppiare a piangere da un momento all'altro.
«Chi era questa ragazza?» l'unica domanda che ero in grado di fare era quella. 
Ero curiosa di sapere più cose possibili del suo passato proprio adesso che mi era stata offerta questa occasione.
«Basta, troppe domande.» si alzò del tutto dal letto, si mise in piedi. «Non voglio parlarne.» era sparita ogni emozione "buona e giusta" e aveva appena dato spazio ad altro. Il suo volto si era riempito di rabbia, dolore e menefreghismo.
Il discorso si poteva considerare concluso lì, dovevo portare avanti un altro discorso però.
Dovevo scoprire il più presto possibile dove si trovasse quel maledetto coltello.
«Ehm ieri...» non sapevo se fosse il modo più adatto per cominciare una conversazione «h-ho  l-let-to...» mi schiarì la gola, dovevo essere più sicura di me stessa. «Ieri ho letto un articolo di giornale sulla morte di Cassie.» gli comunicai, sembrò farsi attento.
Almeno avevo ottenuto la sua attenzione, era già un passo avanti, no?
«È il primo che ho letto dopo quella sera...» dalla sua espressione sembrava quasi che gli dispiacesse ciò che aveva commesso. «C'era scritta una cosa, oltre al fatto che quel giornalista ha fatto esplicitamente capire quanto fossi pazza...» alzò gli occhi al cielo per farmi capire che lo sapeva di che pasta fossero i giornalisti. Io stavo guadagnando tempo, avevo paura di una qualsiasi reazione e volevo cercare di farlo arrabbiare più tardi possibile.
«Cosa?» domandò. 
«C'era scritto che non è mai stata trovata l'arma del delitto.» ogni parola che fuoriusciva dalla mia bocca lo rendeva sempre più interessato a quella conversazione piuttosto sconveniente. «Dove l'hai nascosta?» rise.
«Credi davvero che te lo dica?» no, non credevo ma devo ammettere che ci speravo. «Tranquilla, è in un posto sicuro.» quanti posti sicuri potevano esserci? Questo non restringeva le ipotesi dei luoghi in cui poteva trovarsi. 
Ero sicura che non si trovasse in quella casa o nel giardino che l'attornava, i cani poliziotto l'avrebbero già fiutato.
«Perchè l'hai nascosto?» cosa speravo di ottenere con tutte quelle domande? Era inutile, non mi avrebbe detto dove lo avrei potuto trovare.
Non disse nulla, si avvalse della facoltà di non rispondere e ne approfittò per guardarmi insistentemente.
Si avvicinò al mio viso, non mi piaceva la piega che stava prendendo la situazione. 
Volevo spostare il mio viso verso un'altra direzione ma qualcosa me lo impediva, non so bene cosa. Tirai un sospiro di sollievo quando le sue labbra toccarono la mia guancia e non la mia bocca, dopo avermi scoccato un bacio disse «Mi annoio, continua a leggere e poi fammi sapere.» evidentemente non voleva più tornare sul discorso.
Incapace di rispondere concretamente, feci solo un semplice cenno con la mano per salutarlo.
 
 
Avevo appena finito di leggere quasi la metà del libro, non mi ero presa neanche una pausa da quando Louis se n'era andato e adesso sentivo gli occhi bruciare, chiedevano un attimo di tregua. Gliela concessi.
Mi misi in piedi e mi avvicinai alla scrivania per posare "Romeo e Giulietta".
Mi ributtai sul letto e chiusi gli occhi, era tardi anche se domani non avevo scuola, era sabato.
 
Aprì gli occhi, cercai di focalizzare il luogo in cui mi trovavo. Tutto verde.
Pian piano riuscì a distinguere degli alberi e dei cespugli, alzai gli occhi verso il cielo e notai delle rondini volare sopra la mia testa e un sole accecante. Era una bella giornata ma non capivo come ero arrivata in quel posto a me sconosciuto.
Cercai di orientarmi, di distinguere quelle poche persone che si ritrovavano lì con me, notai una ragazza bionda di spalle, era abbastanza vicina e decisi di chiederle che posto fosse quello.
Le bussai sulla spalla ma sembrava non sentirmi, riprovai.
A seconda volta si girò e non potei credere ai miei occhi. Non poteva essere lei.
Era morta, quattro mesi fa. 
Ma quei capelli biondi, quegli occhi castani, quel naso all'insù, quelle labbra sottili, quelle guance rosee, quello sguardo furbo appartenevano proprio a Cassie.
«C-cassie?» domandai titubante.
«Sì.» sorrise. Sì, quello era il suo sorriso. Era davvero lei.
«Cosa ci fai tu qui? Dove mi trovo?» mi prese per mano e mi trascinò con sè, arrivammo davanti una panchina nascosta sotto un albero che non avevo notato prima e mi invitò a sedermi, stessa cosa fece lei.
«Stai sognando. Non è reale.» precisò, era troppo bello per essere vera una cosa del genere. «Non ti fidare di nessuno, fidati solamente di te stessa.» la sua espressione in pochi secondi diventò seria.
«Che intendi?» non mi aspettavo una sua affermazione del genere, non capivo cosa intendesse.
«Non fidarti neanche di chi si mostra più buono con te, potrebbe finire male.» mi stava confondendo ancora di più le idee, mi stava spaventando. «Sta' attenta.»
Non ebbi il tempo di chiederle spiegazioni, pronunciò quella sua ultima frase e poi sparì. Era svanita nel nulla.
Aveva detto che non mi dovevo fidare neanche di chi si mostrava più buono, in questo caso si riferiva sicuramente a Niall. Si è comportato sempre bene con me, perchè non dovevo fidarmi? Cosa sapeva lei che io non ero tenuta a conoscere?
 
 
Purtroppo parlare con Cassie, vederla anche solo per pochi minuti era stato un sogno. Non era successo realmente ma qualcosa mi diceva che dovevo credere alle sue parole. 
Controllai l'orario ed erano le due, come al solito mi sono svegliata a notte fonda.
Non avevo nulla da fare, decisi di alzarmi e di accendere il mio portatile. Perchè non mi sarei addormentata molto facilmente.
Era da tanto che non navigavo su internet, che non entravo su nessun social network tipo facebook o twitter. Penso di trovarmi senza più nessun amico o seguace dopo quello che è successo, oppure solo richieste di persone curiose.
Cambiai subito idea, avevo paura di trovare insulti rivolti a me e non avevo la forza giusta per provare a difendermi, avrei peggiorato la situazione. Dovevo anche ricordare che ogni cosa poteva essere usata contro di me.
Optai per una ricerca su google, scrissi 'Louis Tomlinson' per vedere cosa ne verrebbe fuori. 
La ricerca portò varie pagine ma una risaltò ai miei occhi. Era un articolo di giornale del 1956, l'anno in cui morirono lui, i suoi amici e la zia di Cassie, Angela.
Lui mi aveva raccontato la sua versione, gli credevo ma volevo sapere anche cosa i giornalisti avevano riportato. Di solito non dicevano quasi mai la verità, solo ciò che conveniva loro.
Man mano che andavo avanti con la lettura mi accorgevo di quanto la realtà poteva anche essere distorta. 
Louis non era innamorato di Harry, però l'articolo diceva questo.
Non aveva ucciso Angela perchè sfortunatamente quella sera lei si trovava in quella casa, la uccise perchè lei non ricambiava i suoi sentimenti.
Non aveva ucciso Harry perchè sapeva che non c'era nessuna speranza per loro, lo aveva ucciso perchè sapeva che avrebbe raccontato tutto e Louis aveva paura, non voleva trovarsi dietro le sbarre di una prigione.
L'unica cosa vera che era scritto nell'articolo, era che gli altri tre ragazzi tra cui Niall gli andavano contro, si comportavano male con lui, lo prendevano in giro.
Ritornai indietro cercando qualcosa che riportasse almeno un po' di verità. Trovai un altro articolo, erano le dichiarazione di gente che lo conosceva.
La madre, una zia, le sorelle, il padre, un suo amico di Doncaster e Ruth Dawson, la sua migliore amica londinese.
No, aspetta... Ruth Dawson?! La stessa Ruth che io conosco e chiamo "nonna"? Quella donna di settantasei anni, arzilla e madre di mia madre?
Ma quante possibilità c'erano che fosse mia nonna? Al mondo ci sono tante persone che hanno lo stesso nome e cognome, potrebbe essere sicuramente un'altra persona. Un'omonima.
All'articolo c'era allegata un'immagine, l'aprì e ne rimasi sorpresa. Quella donna era davvero mia nonna molti anni fa, poteva avere circa vent'anni a quell'epoca.
Ora però riuscivo a spiegarmi un po' di cose, era forse lei che impediva a Louis di farmi del male?
Dalle parole che leggevo, lei non aveva detto nulla contro di lui, lo aveva difeso dicendo che non era una persona cattiva e che non era innamorato del suo migliore amico.
Avevo bisogno di spiegazioni, soprattutto non riuscivo a capire perchè mia nonna nonostante sapesse cosa fosse successo quattro mesi fa, nonostante sapesse che io riuscivo a vedere Louis, non aveva detto nulla.
La vedevo poche volte anche se vivevamo nella stessa città, ma questo non le impediva di essere almeno lei sincera con me.
Volevo parlarle, chiederle spiegazioni. Avevo bisogno di vederla al più presto.
Presi la mia tracolla glicine, misi dentro delle cose a caso, presi anche un po' di soldi e li infilai in tasca. Indossai la mia giacca nera, ero pronta per andare da lei. Ma che le avrei detto?
Uscì fuori casa, era un orario indecente per farsi una passeggiata per arrivare dall'altro lato della città. Ma mi urgevano delle spiegazioni al più presto.
I miei genitori stavano dormendo, non si sarebbero accorti di nulla. O almeno lo speravo. 
Mi incappucciai per bene, c'era freddo. Dalla tracolla tirai fuori una sciarpa che tenevo lì per le emergenze di gelo improvviso e la attorcigliai al mio collo. 
Camminai e cercai di prepararmi un discorso, dovevo pur dirle qualcosa di sensato.
Per le strade di Londra non c'era nessuno, eravamo solo io e qualche grillo che friniva ininterrottamente.
 
Erano passati venti minuti, mi trovavo solo a metà strada. 
Sentì dei passi alle mie spalle, mi stavo spaventando. Un maniaco o un ubriaco non avrebbe fatto la differenza, io non sapevo come difendermi. Ero pur sempre una ragazza. 
Accellerai il passo, sapevo che non ci risolvevo molto. Feci finta di nulla, non mi voltai. 
Mai mostrare la propria paura al proprio agressore, gli avrebbe reso il compito molto più semplice.
«Tranquilla, sono io.» sbuffai e iniziai a rallentare. Possibile che me lo trovassi ovunque? «Che fai da sola in giro alle due e mezza di notte?» mi voltai verso la sua direzione e stavo riflettendo se dirgli o no le mie intenzioni. 
Optai per il sì, se mi segue lo scoprirebbe anche da solo. 
Magari se glielo dico, riuscirei a farmi dire qualcosa di più da lui.
«La ragazza che era follemente innamorata di te...» mi interruppe.
«Pensavo fosse chiaro che non ho intenzione di parlarne.» gli feci cenno di stare zitto e di farmi parlare per una buona volta.
«Dicevo... quella ragazza era mia nonna?» lo sorpresi, la sua bocca prese la forma di una O. 
Ero riuscita a scoprire ciò che Niall e Louis non mi avevano voluto dire.
«Come fai a sapere che io e Ruth ci conoscevamo?» domandò, senza però rispondere alla mia domanda.
«Ho fatto delle ricerce, non riuscivo ad addormentarmi ma rispondi adesso alla mia domanda... era mia nonna quella ragazza?» si trovò costretto a rispondere a quella domanda e infatti fece cenno di sì con il capo. «Perchè non me l'hai voluto dire?»
«Non mi piace rivangare il passato...» accellerò il passo, evidentemente voleva chiudere il discorso lì.
Io però non ne avevo nessuna intenzione. 
«Le vuoi bene dopo tutti questi anni... per questo non vuoi farmi del male?» esigevo delle risposte, già per troppo tempo ero rimasta all'oscuro di tutto. Faceva finta di non sentirmi. Lo tirai per un braccio e riuscì a fermarlo. «Rispondi, ho bisogno di sapere.»
«Anche se lo fosse, cosa cambierebbe?» cambiava molte cose, perchè si era dimostrato sempre un mostro.
Lo vedevo come la persona che aveva fatto un omicidio di massa, che aveva ucciso Cassie ingiustamente, che mi rendeva la vita un inferno ma venire a sapere che ci teneva a mia nonna, nonostante fossero passati più di cinquant'anni, lo rendeva meno spregevole. Più umano.
Io sapevo che aveva dei sentimenti, anche se lui non voleva mostrarli.
Si comportava in quel modo perchè durante la sua vita ne aveva subite tante ma la verità era che forse il vero Louis, quello che nemmeno io conoscevo, poche persone sapevano chi fosse. E una di queste a quanto pare era sicuramente mia nonna.
«Sto andando da lei...» lo informai. «Voglio delle spiegazioni, voglio sapere perchè non mi ha detto nulla.» ripresi a camminare ma fui interrotta subito dopo da lui. 
«Non è colpa sua, lei voleva farlo ma le è stato impedito.» da chi? Diedi voce ai miei pensieri ma non ottenni risposta se non «Sarà lei a dirti tutto.»
Non me ne preoccupai, mancavano solo gli ultimi cinque minuti per arrivare e il momento della verità era sempre più vicino.
Un po' mi dispiaceva svegliarla a quest'ora.
Gli ultimi metri di strada io e Louis li facemmo in religioso silenzio, ero arrivata alla porta della casa di mia nonna. Mi avvicinai cautamente e suonai il campanello e aspettai. Nessuno venne ad aprire.
Riprovai, ma neanche questa volta ricevetti risposta. 
Tentai una terza volta e sentì dei passi all'interno, l'aveva sentito. Aprì la porta e si ritrovò me, era sorpresa.
Ma lo era di più quando vide la figura dietro di me, gli occhi era diventati lucidi. «Louis.» sussurò incredula, anche lui rivolse il suo sguardo verso di lei. 
«Nonna, vorrei delle spiegazioni...» ero riuscita a ottenere l'attenzione verso di me.
Era riusciuta a vederlo, almeno lei ora avrebbe capito che io non ero pazza, che dicevo la verità.
Ero curiosa di sapere quali erano i pensieri che adesso si affollavano nella mente del pazzo. Prima aveva istinti omicidi e poi si scopriva che voleva bene ancora a una nuova vecchia amica.



Note dell'autrice:
Buonanotte (?), è un'ora indecente per aggiornare ma ho avuto una giornata troppo piena e ho dovuto anche studiare storia per l'ultima interrogazione di quest'anno scolastico, gli ultimi tre giorni finalmente *-* 
Comunque sono tornata anche se in ritardo ma la scuola mi ha impegnato assai, prometto di farvi aspettare di meno al prossimo capitolo, qualcosina l'ho già scritta, ci sto lavorando :)
Chi si aspettava che fosse la nonna? C'è chi pensava che fosse Cassie, non è lei ma è comparsa lo stesso nel capitolo :)
Ora vado a dormire, domani ho scuola :S
Buonanotte, vi adoro tutte/i quante/i *-*

 
Al prossimo!
Valentina <3
  
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