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Autore: barbabietoladazucchero    10/06/2013    2 recensioni
- Ehi, splendore!- mormora con la sua voce roca. Ora, se una voce potesse ingravidare, sarei già incinta di 3 figli.
- Mr. Styles… - replico, in modo leggermente lascivo. Le sue labbra si fiondano sulle mie e mi bacia come se fossimo sul set di “9 settimane e mezzo”: orgasmo raggiunto in meno di 5 secondi.
Essere la compagna di Phil Styles ha i suoi vantaggi.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note autore: come dice il titolo, il capitolo è introspettivo, quindi analisi dei sentimenti e del pensiero dei protagonisti.  Capitolo corto perché sto studiando per un esame e ho poco tempo. Se riesco aggiorno mercoledì!
Un GRAZIE particolare a Love13Blue che mi invoglia a continuare a scrivere! (:
Enjoy my story
B.
 
 


A quattro anni, da quello che ricordo, è stata la prima volta in cui ho giocato alla mamma. Avevo due figli.
A sette anni, i miei figli da due sono diventati tre.
A dieci anni, decisi che mia figlia si sarebbe chiamata Mara, costi quel che costi.
A quindici anni, ero certa che avrei avuto almeno quattro figli.
A sedici anni, decisi che i loro nomi sarebbero stati: Sophie, Lucia, Tom e Leonardo.
A diciotto anni, pregai più e più volte di non rimanere incinta dopo qualche nottata movimentata.
A venticinque anni, ho sognato un figlio che fosse bello almeno la metà di Phil.
A venticinque anni, ho scoperto di essere sterile.
 
Nella nostra società esistono corsi di preparazione per qualsiasi cosa: preparazione di torte, preparazione al parto, preparazione per sposarti, per adottare figli, per adottare animali, preparazione al lutto.
Quello che manca è la preparazione alla notizia peggiore che una donna possa ricevere.
“Non puoi avere figli”, “hai l’utero ostile”, “non sei fertile”, “forse il destino ha in serbo altro per te”.
Bè Signor Destino, posso chiederti cosa mai puoi avere in mente per me da rendermi incapace di avere figli biologicamente miei per il resto della vita?
Mi sposerò con Brad Pitt? Diventerò la donna più ricca sulla Terra? Riceverò il Nobel per la Pace?
Cosa cazzo può esserci di così grandioso nel mio destino da farmi rinunciare a ciò che le donne sono portare a fare naturalmente, da milioni di anni a questa parte?
-Se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa: parlare, sfogarti, piangere, puoi chiamarmi. Sono disponibile lo sai Elizabeth?- mi dice la dottoressa Amelia; ma non ha capito che da quando ha pronunciato le fatidiche parole, non la sto più ascoltando.
Certo che ho bisogno di qualcosa.
Di un utero.
O di un destino diverso.
-Hai bisogno di sostegno per dirlo al tuo compagno?-
-NO.- rispondo rapidamente. -Scusi, volevo dire no, grazie. Ora è meglio che vada.- mi alzo dalla sedia e con molta lentezza mi avvio fuori dallo studio.
Nei film, in questi momenti, il meteo rispecchia lo stato d’animo della protagonista. Temporali, bufere e acquazzoni si sprecano, così che la protagonista possa piangere a testa alta.
Bene.
A Londra c’è un sole spacca-pietre che mai si è visto a fine ottobre.
Indosso gli occhiali da sole e con la sensazione di essere completamente vuota me ne torno a casa.
 
Dal vialetto si sentono le grida e gli schiamazzi delle famose direzioni. Ci mancava solo un party in casa.
Entro pregando di non essere sentita, in modo da potermi andare a nascondere sotto le coperte in camera per il resto dei miei giorni.
Sento come se mi avessero infilato una pietra pomice tra i due polmoni; un dolore atroce che si mescola con la mancanza di aria. Come se una mano stringesse i due polmoni, in modo che non possano gonfiarsi e far entrare l’aria. Poi è come se oltre ad avere la pietra pomice, avessi un mattone, di quelli arancioni con cui si costruivano le case una volta, posizionato al centro esatto dello stomaco. Che sta lì, e pesa. E ti attira verso terra. Ti viene voglia di abbandonarti al suolo e restarci finché anche tu non diventi parte del pavimento. Poi senti il dolore pungente alle dita. Ed è un campanello d’allarme, perché so, che quando sento il dolore alle dita delle mani, sto per scoppiare in un pianto liberatorio e doloroso.
Per cui cerco di raccogliere i pezzi della mia anima e andare di sopra, ma appare Harry.
-Ehi- gelido, come la fitta che provoca all’altezza del cuore.
-Ciao- stento a sentire io quello che è uscito dalla mia bocca, mi immagino lui che, infatti, fa una faccia stranita.
-Tutto ok?- il gelo è sparito dalla sua voce, per lasciare posto a… preoccupazione?
-Sì, certo. Tutto normale, tutto a posto- rispondo ancora con un velo di voce, senza guardarlo.
Solo quando sento la sua mano sul mio viso mi accorgo di aver cominciato a piangere. Sono solo due lacrime che mi solcano il viso e che scendono così lentamente che sembra che qualcuno abbia premuto il pulsante dello slow-motion.
Alzo lo sguardo e incrocio quei perfetti smeraldi che mi guardano terrorizzati.
Mi allontano di scatto e corro su per le scale, mentre la sua voce -Beth! BETH!- mi rincorre.
 
POV Harry.
Gli altri sono corsi in corridoio non appena mi hanno sentito urlare il suo nome.
-Che è successo? Dov’è Beth?- mi chiede Niall sorridente.
-Di sopra, è-è andata di sopra.- non so perché ma mi sento un nodo in gola che mi rende difficile deglutire.
-Tutto a posto?- dice Liam.
-Vorrei saperlo anch’io. È-è scappata. E piangeva.-
-Come piangeva? E tu non gli sei andato dietro per scoprire perché? Cazzo Harry- mi riprende Niall andando verso le scale.
-No, aspetta. Vado io.- deglutisco e mi faccio strada.
La porta della camera è chiusa, ma si sentono distintamente i singhiozzi che provengono da dentro. Ogni suo singhiozzo è un pugno al petto che sento. Fa male, e fa incazzare. L’istinto omicida si impossessa di me al pensiero che una persona l’abbia ridotta così. Chi cazzo si è permesso? Chi ha osato farla piangere? Chi ha reso i suoi occhi vuoti e disperati, quando un tempo erano pieni di energia?
Busso piano alla porta.
-Vai via- sento che mi dice tra i singhiozzi.
Ignoro la sua richiesta ed entro, piano piano, richiudendo la porta dietro di me.
È seduta sul letto, con le spalle alla porta e guarda fuori dalla finestra.
Mi avvicino e alza lo sguardo.
Disperazione, tristezza, confusione e ingiustizia.
Questo è quello che trasmettono i suoi occhi nocciola.
Si alza in piedi.
-Ti prego, Harry…- non la lascio finire che l’abbraccio.
È stato un impulso. Qualcosa che sentivo di dover fare. Di voler fare.
E lei si lascia andare all’abbraccio; sento i muscoli tesi che piano piano si rilassano, le sue braccia intorno ai miei fianchi, e le sue lacrime bagnarmi la maglietta. Si lascia andare ad un pianto disperato, i suoi muscoli tornano in tensione mentre con le unghie si aggrappa alla mia schiena, è un pianto disperato e pieno di odio. Sento le sue unghie che vogliono conficcarsi nella mia pelle, vogliono farmi male, lasciare un segno. I suoi singhiozzi sembrano le urla di un condannato a morte. Ma io non ho paura, non sento male, non mi voglio allontanare. Urla, mentre porta una mano sul mio petto e inizia a darmi pugni, ma le manca la forza.
La abbraccio ancora più stretta, una mano sulla sua schiena e una tra i capelli.
-Fai quello che vuoi. Ma io non me ne vado.- gli sussurro nell’orecchio –Graffiami, picchiami, urlami contro. Ma da qui non mi muovo. Io resto qui. Con te.- le do un bacio sui capelli e lei si blocca.
Le mani non graffiano più, i singhiozzi sono cessati.
Però non si sposta, rimane ancora abbracciata a me, aspettando che il suo respiro torni regolare.
Appena si riprende, si allontana quel poco che basta per guardarmi in faccia.
Rimaniamo così per secondi interminabili, come se il tempo si fosse fermato.
Ci sono solo i mie occhi che sono incatenati ai suoi.
Il verde che si fonde con il marrone.
-Che cos…- cerco di chiederle, ma lei mi ferma e prende una busta sul letto.
Senza dire una parola me la porge.
La busta viene dalla clinica ginecologica in centro a Londra. Quasi mi sento male al pensiero che possa essere incinta. Sento una morsa di gelosia che mi stringe la gola. Faccio un bel respiro, apro la busta e inizio a leggere.
Cristo Santo.
 
Siamo seduti sul letto da quella che mi pare un’eternità. Lei ha lo sguardo assente, guarda fuori dalla finestra senza però vedere davvero cosa c’è fuori. Io leggo per la quinta volta quel pezzo di carta, in grado di spezzare in due una vita.
Perché?
Perché  Dio?
Come si può togliere il potere di procreare a una donna di venticinque anni?
“La vita è ingiusta”. Bè, sarebbe più appropriato “la vita è una merda”.
Siamo seduti da un tempo pari a due ore come pure due minuti, mentre io cerco di trovare un senso a quello che ho letto. O almeno una spiegazione.
Ho bisogno di avere un motivo. Voglio sapere perché.
-Ti- si schiarisce la voce- ti pregherei di non dire niente a Phil. Devo dirglielo io.- interrompe il silenzio Beth.
La sua voce è ancora un sussurro, ma siamo talmente vicini che posso sentire anche i suoi pensieri. E il battito del suo cuore. È lento, normale. Come se non fosse successo niente. Ma io posso solo immaginare cosa le sta succedendo dentro. I vortici di pensieri senza uscita che affollano la sua mente.
Vorrei essere un super eroe. Una mente geniale, in grado di entrare dentro di lei e accarezzare il suo cuore. Sento il bisogno di stringerla a me, di toccarla, di baciarla.
Di dire che io sono qua, e lo sarò per sempre. Che andrà tutto bene.
Ma chi voglio prendere in giro? Come si può dire a una donna che andrà tutto bene, dopo quello che è venuta a sapere?
Voglio sentire il suo corpo stretto al mio, le sue mani intrecciate alle mie, le sue gambe intorno alle mie.
Voglio farle sentire il calore. Perché tutto quello che sta sentendo ora è gelo, freddo acuto e pungente.
-Ha-hai capito?- mi chiede guardandomi.
-Sì, si certo.- ora sono io a parlare sussurrando, mentre mi perdo nella nocciola dei suoi occhi. Ancora.
Occhi banali.
Occhi che vorrei mi guardassero per tutta la vita.
-Grazie- appoggia la sua testa sulla mia spalla, mentre altre lacrime silenziose scivolano sulle sue guance.
Senza trovare niente da dire la abbraccio.
Dio, se esisti, dimmi solo: perché?
 
  
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