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Autore: Layla    10/06/2013    1 recensioni
“Le cose vanno di merda a tutti, vedo, ma ho una soluzione.”
Io alzo un sopracciglio e bevo un bicchierino di whisky.
“Prego?”
“Una soluzione. Non fare la stronza gelida che con me non attacca!
Ho intenzione di restituire loro pan per focaccia per ricondurli alla ragione o meglio ricondurre Mark alla ragione, questa volta io da Jen ci divorzio venisse pure Cristo a dirmi di non farlo.”
“Qual è, Tom?”
“Io e te fingeremo di stare insieme, ci faremo paparazzare da qualche fotografo e porteremo avanti questa commedia fino a che qualcuno dei due si farà vivo.”

Tom/Skye.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Mark Hoppus, Tom DeLonge
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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9)Come on let me hold you, touch you, feel you. Always

 

La mattina dopo vengo svegliata dal suono del telefono.
Dall’altra parte del filo c’è Jack, lo sento felice e di conseguenza, anche se mi manca molto, mi sento felice anche io.
“Ciao mamma!”
“Ciao amore! Come stai?”
“Bene, sto imparando a fare surf e poi è venuto papà da zia Anne. Ha detto che si comprerà una cosa qui vicino e così potremo vivere insieme.”
“Sono felice, tesoro. Probabilmente anche io tornerò negli Stati Uniti, non posso stare troppo lontana dal mio ometto.”
“Papà mi ha detto tutto, stai con Tom, ora?”
“Io… sì.”
“Va bene. Passami Ava, per favore.”
Io lo accontento e chiamo la ragazzina, rimangono un po’ a parlottare tra di loro e poi lei mette giù il telefono sorridendo.
Cosa si siano detti rimane un mistero, ma dal sorriso di Ava deduco che abbiano tubato, se così si può dire per dei ragazzini di dieci anni.
Tom guarda sua figlia leggermente perplesso, immagino stia pensando a cosa fare con lei e a come valutare questa cotta che lei ha per Jack.
“Fra dieci anni mi ritroverò tuo figlio come genero.”
Borbotta alla fine, facendomi scoppiare a ridere.
Facciamo colazione tutti insieme e poi portiamo i  bambini a scuola, solo per un miracolo di una non ben specificata divinità riusciamo a fuggire dalla massa di mamme curiose.
Quelle della scuola elementare vogliono davvero sapere se sto con Tom, se è vero che io e Mark ci siamo lasciati e dove è Jack.
Quelle dell’asilo invece sono affamate di pettegolezzi su quello che è successo il giorno prima e vogliono sapere chi fosse quella donna. Solo una ragazza madre mostra un po’ di comprensione e forse ci riconosce perché distrae le altre arpie abbastanza a lungo da lasciarci il tempo di scappare.
Una volta arrivati in macchina ci sentiamo sicuri e ci dirigiamo verso il nostro solito bar, il barista ci sorride. Forse si è preoccupato perché non ci ha visto per così tanti giorni o forse era solo felice di avere dei clienti.
In ogni caso al nostro tavolo arriva anche la donna sdentata.
“Due cuori spezzati ne hanno formato uno nuovo?”
Io sorrido.
“Sì.”
“E lui è tornato?”
“Sì, è tornato, ma non era più lui la metà giusta del mio cuore.”
Lei sospira.
“Succede. Lasci un attimo la mano del tuo amore e quello si volta dall’altra parte e se ne va. La vita è mutevole. Vi auguro tanta felicità.”
“Grazie mille.”
Le rispondiamo in coro mentre arrivano le nostre ordinazioni.
Per fortuna c’è almeno una persona che non ci giudica a questo mondo.
Il cappuccino e le brioches sono buone come le ricordavo, fuori dal bar la ragazzina indiana e il ragazzo che avevamo visto baciarsi di nascosto al parco camminano tranquilli mano nella mano, segno che forse i genitori di lei non l’hanno né ammazzata né spedita in India.
Non posso fare a meno di sorridere, questo mi sembra l’inizio di una buona giornata.
È un presentimento giusto, la mattina trascorre tranquilla, a mezzogiorno mi metto a cucinare guardata a vista da vista da Tom che ha stampato in faccia un sorrisetto inesplicabile.
“Stasera mettiti carina, che ti porto fuori.”
“Oh, è un invito a cena ufficiale?”
Lui ride grattandosi la testa.
“Uhm, devo corteggiarti, no?”
“Sì, penso proprio che dovresti corteggiarmi.”
“Perfetto, allora aspettati di essere corteggiata da me e presto.”
Io sorrido e tra me e me mi dico che non ha alcun bisogno di corteggiarmi, mi ha già – sono qui con lui e non con Mark – ma mi piace che mi dedichi attenzioni, mi fa sentire bene.
Ho bisogno di qualcuno che mi faccia sentire bene dopo tutto il dolore di questo periodo e, anche se non pensavo che sarebbe stato lui quello che l’avrebbe dato, mi sento felice anche solo al pensiero della nostra cena insieme.
I miracoli dell’amore!
Come se avesse sentito i miei pensieri Tom si avvicina e mi abbraccia, baciandomi dolcemente il collo.
“Cosa stai preparando?”
“Pasta al pesto.”
“Il pesto sarebbe la roba verde?”
Indica scettica il pentolino in cui il pesto sta cuocendo tranquillo.
“Sì, è una ricetta italiana.”
“è buono?”
“Oh, sì!”
Lui sembra poco convinto, io lo bacio a tradimento e la questione pesto viene accantonata per il nostro bacio. Questa volta non c’è nulla di aggressivo, c’è solo dolcezza, in fondo ci conosciamo già e sappiamo che possiamo funzionare.
Mi stacco di malavoglia per controllare il cibo, fortunatamente lo faccio perché poco dopo arriva Ava.
“Sono a casa! Cosa c’è di buono?”
Urla dalla soglia.
“è tua figlia Tom.”
Lui ride.
“Sì. Pasta al pesto, tesoro!”
“Buona!”
Ava fa capolino in cucina e annusa l’aria come un cagnolino.
“Sì, ha un buon odore. Non è come quella che tentava di fare la mamma senza riuscirci, vado a preparare la tavola!”
Dice sorridendo, io invece scolo la pasta e preparo tre piatti, Tom decide di aiutare Ava e presto siamo a tavola tutti insieme.
Questo pranzo sa stranamente di famiglia e non di rovina famiglie, Ava mi ha accettato in pieno e subito. Jen deve essere stata una pessima madre, forse farcela non è poi così impossibile!

 

Il pomeriggio trascorre tranquillo se non per la mia ansia.
Non so cosa mettermi, mi sento impacciata come una ragazzina al primo appuntamento, voglio che Tom mi trovi attraente anche se non penso di avere bisogno di un bel vestito per quello.
In fondo mi ha visto in lacrime e con il trucco sfatto e non se ne è andato, al contrario è rimasto al mio fianco per asciugarmi le lacrime.
L’unica cosa da fare è rimanere calma.
Keep calm e andrà tutto bene, Skye!
Mi dico mentre respiro profondamente dopo aver fatto la doccia davanti al mio armadio straripante di vestiti, ma non di quello che io considero giusto.
Alla fine scelgo un tubino nero di seta senza maniche, molto semplice.
Mi lego i capelli in una semplice coda alta con i capelli che mi ricadono lisci sulle spalle e poi mi trucco. Scelgo un trucco smokey piuttosto elegante, ma con un po’ di personalità e alla fine un paio di scarpe a tacco altissimo con il cinturino e una pochette che contiene giusto le mie sigarette.
Quando esco Tom mi lancia un fischio di ammirazione.
“Stai benissimo!”
Anche lui sta benissimo nella sua semplice camicia bianca, nei sui jeans scuri e nelle Macbeth scure, anzi è perfetto.
Ava mi guarda e alza un pollice subito imitata da suo fratello.
“Allora, adesso vi portiamo da Alice e ci vediamo domani mattina, fate i bravi e non fatela arrabbiare!”
La voce di Tom è pacata, ma vagamente minacciosa, i suoi figli annuiscono. Alice è una compagna di classe di Ava che li ha invitati a dormire a casa sua, coincidenza assolutamente perfetta.
Usciamo tutti e quattro allegri e vocianti e saliamo in macchina, la prima tappa è la casa della ragazzina. Io e Tom scendiamo e accompagniamo i ragazzi, Tom raccomanda alla madre di non aprire a una donna dai capelli castani che dice di non essere la madre dei ragazzi.
La donna annuisce e noi ci rechiamo a un’elegante ristorante giapponese della city, una donna in chimono ci scorta fino al nostro tavolo nascosto alla vista degli altri da un’elegante separé di carta bianca con disegni di sakura in fiore.
Ordiamo del ramen e della carne alla piastra, la cameriera sorride e con un leggero inchino se ne va.
“Ti piace?”
“è bellissimo, è così di classe.”
“Per te solo il meglio o almeno quello che io penso sia il meglio.”
Io sorrido.
Mentre aspettiamo la cena lui mi racconta del divorzio dei suoi e di come lo abbia segnato, gli dispiace imporre lo stesso dolore ai suoi figli, ma purtroppo ci è stato costretto.
Io gli racconto dei miei, il loro matrimonio resiste, ma non è un segreto per nessuno che mio padre abbia un’amante da anni. Mamma sopporta e dice che va bene così, che l’importante è che lui non la lasci da sola nella vecchiaia.
Forse è per questo che io ho voluto lasciare subito Mark, ho visto troppe recite inutili nella mia adolescenza e non mi andava di riviverle in prima persona da adulta.
Quando arriva il ramen le chiacchiere lasciano posto al cibo, che è decisamente buono!
“Buonissimo!”
“Vero? L’ho scoperto la seconda sera dopo che me ne sono andato da casa tua e mi sono innamorato della cucina e del posto.”
“Hai abitudini costose.”
“Per ora posso permettermele!”
Dice lui ridacchiando.
Finito il primo la cameriera di prima ci prepara la griglia per la carne e poi ce ne lascia un quantitativo generoso. La mangiamo tutta con gusto, è buonissima anche questa, la serata sta procedendo da dio e io mi sento leggera e felice.
Finita la cena mi porta a vedere un horror, inutile dire che gli sto attaccata tutto il tempo, con la testa seppellita nell’incavo delle sue spalle. È un posto comodo e confortevole, perché mettere la testa fuori e trovarsi di fronte al perverso serial killer che sullo schermo sta mietendo vittime?
Finito il film passeggiamo lungo il Tamigi con le luci di Londra a farci compagnia e il rumore della città di sottofondo, chiatte pigre passano lungo il fiume.
Tra di noi c’è un silenzio complice e le nostre mani sono intrecciate, ogni tanto mi fa qualche carezza timida sul dorso quasi avesse paura di esagerare.
Dopo la nostra passeggiata torniamo a casa e non appena mi chiudo la porta alle spalle mi porto davanti a lui sorridendo.
“Grazie della meravigliosa serata!”
Lui sorride e mi attira a sé baciandomi.
Le nostre gambe si muovono da sole verso la camera da letto mentre ci baciamo e lasciamo una scia con i nostri vestiti. Il gancetto del reggiseno risulta particolarmente difficile da sganciare per lui, così ci penso io poco prima di stendermi sul letto.
Lui mi raggiunge immediatamente – in intimo – e continua a baciarmi e ad accarezzarmi, ricambiato da me. Traccio i contorni dei suoi pettorali e delle sua pancetta appena accennata, facendolo sospirare.
Lui scende piano dalla bocca lungo il collo fino ad arrivare al seno e baciarlo, le mie mani finiscono nei suoi capelli e dettano il ritmo.
Lo sento sorridere malizioso e poi scende ancora un po’, fino al confine segnato dalle mie mutandine, che volano via subito dopo.
Poi ci sono solo le sue mani e la sua bocca a farmi gemere, sospirare e urlare quando tocca certi punti. Il primo orgasmo arriva come una scarica elettrica e mi lascia senza fiato per almeno un minuto, nel frattempo qualcosa preme contro le mie cosce.
Io mi riprendo e comincio ad accarezzarlo e a prendere in mano la sua situazione, ben presto è lui che geme e grida il mio nome. Quando smetto ho solo il tempo di sorridere perché lui entra subito in me con spinte lunghe e dolci. Continuiamo così – spinta dopo spinta, gemito dopo gemito – fino a quando arriviamo all’orgasmo che ci lascia senza fiato uno sopra l’altra.
“Ti amo, Skye!”
Sussurra contro le mie spalle.
“Ti amo, Thomas.”
Sorridendo, ci fumiamo una sigaretta insieme e continuiamo a parlare di varie cose, delle nostre visioni politiche, degli alieni, del perché Atlantide dovrebbe trovarsi vicino alla Sicilia, dei tour e delle città che abbiamo visto.
Alla fine gli occhi ci si chiudono da soli e ci addormentiamo abbracciati.
La serata è stata perfetta.
La mattina dopo sono io la prima a svegliarmi, i timidi raggi del sole mattutino mi hanno infastidito al punto da costringermi ad aprire gli occhi.
Lui dorme ancora, le coperte sono tutte arrotolate e incasinate e i nostri vestiti tracciano un chiaro percorso dalla porta alla camera da letto facendomi sorridere.
Piano mi sposto e scendo dal letto, prendo le mie mutande e le sua camicia e vado in cucina a preparare la colazione.
Uova, bacon e pancakes.
Preparo tutto e poi lo metto su un vassoio, quando rientro Tom dorme ancora abbracciato al cuscino. Che tenerezza!
“Ehi, bell’addormentato! La colazione è pronta!”
Lui si sveglia e mette a fuoco me e poi il vassoio, infine sorride e si tira a sedere.
“Bacon e pancakes, sei tu la donna della mia vita!”
Io rido e mi siedo accanto a lui, c’è anche del caffelatte per me e c’è dello sciroppo d’acero.
“Non abituarti, non sarà sempre così.
Oggi è così perché è una giornata speciale.”
Lui sorride serafico mettendosi in bocca una generosa quantità di cibo.
“Lo so, ma so anche che tu ti prenderai sempre cura di me.”
Io arrossisco come una ragazzina.
“Certo.”
Finito di mangiare rendiamo di nuovo la casa presentabile in modo da non dar adito a domande da parte dei pargoli, essendo i figli di Tom penso che siano piuttosto svegli sull’argomento.
Ci rechiamo a casa di Alice e la madre ci riconsegna Ava e Jonas, quando stiamo uscendo Jen si lancia verso di noi con una faccia da pazza.
Tom mi fa cenno di entrare in macchina con i bambini e li guardiamo litigare dai vetri della macchina.
Questa donna sarà un problema. 

Il temuto lunedì in cui devo tornare al lavoro arriva.
La mattina mi sveglio di pessimo umore e brontolo tutto il tempo come una pentola di fagioli, non ho voglia di rivedere i miei colleghi, di sicuro vorranno sapere se è vero che ho divorziato da Mark e se sto con Tom e se non mi sento una groupie.
E se…Che palle!
Arrivo in ufficio e sulla mia scrivania c’è una bella montagna di carte, che bello tornare al lavoro!
“Bentornata, Hoppus! O dobbiamo chiamarti DeLonge?”
Mi chiede Doris, una delle colleghe che più mi sta antipatica.
“Chiamami Everly, così risolvi il problema alla base!”
Sputo acida prima di mettermi a lavorare.
Fortunatamente mi lasciano in pace tutta la mattina e qualcuno torna alla carica solo durante la pausa pranzo.
Che noia!
“Sentite, non lo ripeterò due volte. Mi sono separata da Mark Hoppus e adesso sto con Tom DeLonge. Se volete chiamarmi puttana siete liberi di farlo, ma smettetela di chiedermi dettagli su quello che è successo perché non ho voglia di parlarne e non sono fatti vostri, comunque!”
La mia predica spegne ogni desiderio di chiacchiere da parte dei colleghi, nessuno chiede più nulla, ognuno bisbiglia la versione che vuole.
In una sono una puttana, nell’altra una donna.
Io mi sento solo Skye.
Lavoro fino alle cinque e mezza e poi mi immetto nel traffico della city, direzione casa mia e affetti che lì risiedono.
Quando arrivo Ava sta facendo i compiti sul tavolo, alternando il fare matematica con il messaggiare con qualcuno, io butto un’ occhiata distratta e mi accorgo che il mittente è mio figlio.
Jonas invece guarda la tv con Tom, che sonnecchia, la testa che ciondola di qua e di là.
“Buonasera a tutti!”
“Buonasera Skye, come è andata al lavorio?”
Mi chiede Tom stiracchiandosi.
“Bene, li ho zittiti tutti.
Quanto pensi di rimanere ancora?”
“Non so, perché?”
Io mi siedo accanto a lui, scalciando via gli stivali e mettendo i piedi sul tavolino basso del salotto.
“Oggi il mio capo mi ha detto che c’è un posto vagante a Mtv America, sede di Los Angeles/San Diego e vuole sapere se sono interessata, data la mia situazione.”
“In effetti mi piacerebbe tornare a San Diego, anche perché le udienze per il divorzio si terranno lì.”
“Anche a me manca San Diego, potremmo rimanere qui ancora un mese e partire quando quel posto sarà libero.”
“Mi sembra una buona idea.”
“Mi manca Jack, spero che questo mese passi in fretta così rivedrò il mio ometto. Scommetto che sarà cresciuto e sarà abbronzato.”
“Spero non mi odi più così tanto.”
Io non dico nulla perché non ho idea di come mio figlio potrebbe accogliere Tom, è un tipo imprevedibile come suo padre.
Subito dopo mi alzo per preparare la cena, Ava è ancora immersa nei suoi compiti di mate quando le chiedo gentilmente se può sgombrarmi il tavolo visto che devo apparecchiare, lei annuisce.
“Devo chiedere a papà un mano, non ci capisco niente di questa roba.”
Borbotta, fortuna che non l’ha chiesta a me perché anche io non ci capisco niente di questa roba.
Io apparecchio e poi chiamo tutti a cena, anche se oggi ho cucinato solo un minestrone pare che nessuno lo insulti e dica che faccia schifo.
Dopo cena Tom aiuta Ava con i compiti e in qualche modo li finiscono, poi ci guardiamo un po’ di tv tutti insieme fino alle dieci.
A quell’ora spediamo tassativamente a letto i pargoli e poi ci godiamo il silenzio della casa, io esco a fumare una sigaretta e Tom mi fa compagnia, sedendosi comodamente su una delle sedie del terrazzo.
Fuori Londra parla per noi, c’è il rumore incessante del traffico, qualche colpo di clacson, gente che urla, gente che chiacchiera e qualche sirena lontana.
Dopo tutto non è una brutta città, ci sono un sacco di musei, di quartieri interessanti e di negozietti bellini; ma manca di una cosa: il sole.
Il sole che batte amico su tutto e dirada le ombre si vede poco e per due californiani come noi è quasi un trauma, da qui il desiderio di tornare a casa.
“Un po’ mi mancherà questa città.”
Commenta Tom.
“Anche a me, ma non vedo l’ora di tornare a casa, qui mi sono sempre sentita solo come un’ospite di passaggio, non so se capisci.”
Lui annuisce.
“Sì, anche io. E poi a casa mia ci sono gli Ava e i blink.”
“E il sole.”
“E il sole, effettivamente qui si vede molto poco.”
“Ci puoi giurare!”
Dopo questo scambio di battute rientriamo in casa e ci ficchiamo a letto, io mi fiondo subito tra le sue braccia.
Tra di noi cala il silenzio, ma Tom è pensieroso, sembra stia covando qualcosa nel suo cervellino.
“Vuoi davvero andartene da Londra o lo fai per compiacermi?”
“Voglio davvero andarmene, Tom. Io qui non ho più nulla, voi ve ne tornerete in California e Jack vive già là, non ha senso rimanere qui.
E poi davvero qui mi sono sempre sentita come un’ospite, certo un’ospite trattata in modo meraviglioso, ma pur sempre un’estranea.”
Lui annuisce e chiude gli occhi sorridendo, la questione è chiusa e ora si può dormire.
Sono abbastanza stanca da crollare subito tra le braccia di Morfeo.
Buonanotte a tutti.
Buonanotte Londra, un po’ mi mancherai, ma nulla può battere la mia California sul piano affettivo.
Buonanotte, Tom.

Angolo di Layla

Ringrazio fraVIOLENCE  per la recensione. Tra due capitoli sarà finita.

   
 
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