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Autore: Wait    10/06/2013    2 recensioni
Se ogni goccia di pioggia fosse stata una lacrima, allora il cielo inglese doveva essere davvero stanco di guardare la gente vivere sotto di sé.
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2.

                              

Oggi, in quest'ozio incerto
senza gioia né ragione,
come un tumulo aperto
chiudo il mio cuore.
 
Nell'inutile coscienza
che tutto inutile sia,
lo chiudo, contro la violenza
del mondo, aspro e rude.
 
Ma, che male soffre un morto?
Contro cosa difenderlo?
Lo chiudo, nel chiuderlo assorto,
e senza desiderio di saperlo.
 
(Pessoa, da "L'enigma e le maschere", poesie inedite)

Quando la luce nella stanza si fece troppo insistente, Gale fu obbligata a chiudere gli occhi, cosa che non era accaduta durante tutta la notte.
Sentiva le gambe formicolare a causa della posizione rannicchiata che non cambiava da ore, e la testa le scoppiava -rimanere sul pavimento non era stata esattamente un'idea brillante- .
Fece forza sulle braccia per alzare il busto mentre dovette faticare di più per avere la collaborazione degli arti inferiori e riuscire a mettersi in piedi. Sbuffò sentendo le palpebre pesanti e gli occhi gonfi, sarebbe mai riuscita a dormire decentemente?.
Se il buon giorno doveva vedersi dal mattino, allora quella sarebbe stata un'altra pessima giornata.
Si spinse fino alla cucina con lentezza esasperante tentando di minimizzare qualsiasi rumore per non svegliare la dottoressa, ma l'inutilità di quel gesto le si palesò quando scorse Mrs. O'Gan vestita di tutto punto mentre armeggiava ai fornelli  - " Buongiorno Gale " - pronunciò dolcemente mentre la ragazza si accasciava su uno degli sgabelli costeggianti il bancone della cucina. L'espressione tranquilla della donna mutò in disappunto quando si girò per la prima volta a guardare la sua ospite - " Hai un aspetto orribile! Scommetto che non hai chiuso occhio tutta la notte " - asserì con espressione corrucciata -se c'era un lato positivo di Mrs. O'Gan era quella sua sincerità in qualsiasi occasione-.
La padrona di casa fece scivolare una tazza di caffè caldo fino a Gale che la prese tra le mani piccole e bianche beandosi del calore che emanava. Aveva sempre preferito del buon tea di prima mattina ma, per quel giorno, avrebbe fatto un'eccezione. Doveva cercare di riscuotersi assolutamente, e quella bevanda l'avrebbe aiutata.
Nel silenzio che si era venuto a creare, la ragazza, poté percepire chiaramente il pensiero che la tormentava da ore trapanandole la testa. Aveva bisogno di sapere.
- " Ha chiamato? " - se ne uscì all'improvviso spezzando la sua assenza di parole personale.
La dottoressa sobbalzò colta di sorpresa ma, dopo pochi secondi di perplessità, comprese a cosa alludesse con quella domanda e - " Chi? " - pronunciò sperando che la sua intuizione fosse completamente errata.
Gale si strinse nelle spalle " - Carson. - " mormorò assaporando il gusto amaro di quel nome che non pronunciava da tempo.
Mrs. O'Gan sospirò voltandosi verso la figura seduta -sarebbe stato tutto più difficile di quanto prevedeva-.
- “ Gale." - iniziò incerta sulla possibile reazione della ragazza  - “ pensavo ne avessimo già parlato e risolto questa questione. Lui non esiste, è frutto della tua immaginazione. " - e dopo quella affermazione il cervello di Gale si spense rifiutando di ascoltare il discorso della donna dagli occhi blu. Come una stupida aveva sperato di poter ricevere una risposta diversa dalla solita. Non poteva essere vero, lui era reale. Ma perché era sparito? Perché non la cercava? Quelle maledette domande sembravano non trovare un responso, ma lei non si era immaginata tutto, non poteva, non voleva crederci. I discorsi, le uscite, le litigate, i suoi sentimenti, erano stati tutto uno scherzo perverso della sua mente? No, lei non era pazza. Erano tutti bugiardi, e Carson l'avrebbe trovata.
- " A proposito Gale volevo avvertirti che a pranzo avremo un ospite, un ragazzo, siete più o meno coetanei. Doveva arrivare verso le 4.00 ma è molto impegnato con il lavoro ed abbiamo dovuto anticipare il nostro incontro. Spero che per te non sia un problema… " - esordì la donna una volta terminato il discorso.
Gale, forse troppo stanca, forse troppo assorta nei suoi pensieri per discutere anche di quell'ultimo imprevisto,  annuì impercettibilmente all'ennesima decisione presa senza interpellarla, perché continuare a chiedere il suo consenso a cose già fatte?
I muscoli di Olive si rilassarono all'unisono una volta rassicurata dall'approvazione della sua nuova coinquilina. - Non era sicura che la ragazza avesse ascoltato il discorso fatto in precedenza, ma non voleva irritarla ripetendolo una seconda volta. Avrebbe affrontato la " questione Carson " più avanti-.
Respirò profondamente e riprese a parlare  - “ Ora devo uscire per delle commissioni, tu intanto potresti disfare la valigia, e prendere confidenza con la casa ,tornerò presto, ciao Gale " -.
Non avrebbe mai voluto lasciarla sola, specialmente dopo aver percepito qualche suo singhiozzo durante la notte, eppure Mrs. O'Gan si costrinse ad ingoiare quel nodo di sensi di colpa formatosi alla gola: gli impegni di lavoro erano troppi per poterli ignorare.
La conversazione di quella mattina si era conclusa così: la porta d'entrata che si chiudeva alle spalle della donna dagli occhi blu, e la figura esile e sconsolata di Gale che si dirigeva verso il mobile della dispensa cercando di allontanare i pensieri.  
Una volta scelta una scatola di biscotti la appoggiò sul tavolo, poi la sua attenzione fu catturata dalla vista della città in tutto lo splendore di una mattina di metà Luglio.
Lasciando perplessa perfino se stessa, Gale, afferrò la sua colazione, socchiuse la porta d'entrata e quasi senza rendersene conto era fuori, nessuna meta, nessun fine, se non quello di respirare la fredda aria appartenente ad una vita a cui non era più abituata.
° ° °
Non aveva mai amato la confusione ed il chiacchiericcio delle persone sui marciapiedi. La capitale era più caotica della sua città e Gale non poteva che sentire l’aria mancarle in quel puzzle di gente che camminava –a differenza sua- con uno scopo. Si guardava intorno improvvisamente spaesata e pentita della sua impulsività, quando una figura troppo familiare spiccò fra le altre spingendo la ragazza ad avvicinarsi a passo svelto.
- “ Carson " - mormorò affiancandosi  - “ Dove sei stato?  Perché non hai risposto alle mie chiamate? Pensavo mi avresti cercata, ed invece non ti sei fatto più vedere, mi hai abbandonata anche tu?... ” - quella sequenza di domande fatta in fretta e con troppa sicurezza venne bloccata dal ragazzo che , dopo aver tentato invano di ignorare Gale, le afferrò il polso sentendola ammutolirsi e la spinse in un vicolo.
 - “ Io non so chi tu sia, ma stai proprio sbagliando persona… " -  asserì serio.
Dal basso della sua statura Gale guardava con occhi sgranati il volto del giovane farsi sempre meno conosciuto, mentre strattonava il polso spaventata da quel contatto non calcolato. Si immobilizzò incontrando gli occhi dell'individuo: quelli non erano gli occhi di Carson.
Non c'era quell'aleggiare di indifferenza, freddezza, apatia e cattiveria che caratterizzavano lo sguardo di quell'ultimo. Quelli erano semplicemente verdi, anzi, verde speranza, chiari, limpidi, troppo belli in ogni sfumatura, dalle pagliuzze screziate al colore prato in certi punti.
Eppure sentiva di averli già visti.
Il ragazzo non proferiva parola oramai da qualche minuto dopo aver fermato il suo discorso senza un motivo preciso. Anzi ,un motivo c’era ,le occhiate confuse e sconnesse delle ragazza davanti a lui gli avevano fatto morire le parole in gola.
   La sconosciuta lo fissava assente, in un misto di paura e risentimento che probabilmente non erano diretti a lui. – “ I-io…s-scusa, che idiota che sono, cioè p-perdonami " – balbettò abbassando lo sguardo per poi correre fuori dal vicolo sparendo dal campo visivo del riccio. 
° ° °
Quando Gale chiuse con forza la porta dell’appartamento aveva il fiatone per la corsa appena fatta. Stupida, stupida, stupida che era stata! Quello doveva essere Carson, doveva dimostrare che lui era vero, ma l’unica cosa che era riuscita a far vedere era la sua pateticità. Perché le cose non andavano mai per il verso giusto?  Represse un grido di rabbia calciando il divano imprecando successivamente tra i denti per il dolore al piede.- Non le sembrava di chiedere tanto, voleva solo sparire! -                                            
Si sedette sul divano senza curarsi delle lacrime che non smettevano di solcarle le guance e si estraniò ancora una volta dal mondo esterno fissando il vuoto con rabbia mentre la consapevolezza di un’ennesima sconfitta le spaccava lo stomaco.

 Allora,anche se con un aggiornamento fatto di fretta ed in ritardo rispetto a ciò che pensavamo siamo ancora quì. Speriamo davvero che la storia possa piacervi - nei limiti di due miseri capitoli- Abbiamo notato che le visualizzazioni non mancano,ma ci piacerebbe maggiormente ricevere recensioni e critiche per sapere se facciamo pietà e dobbiamo accantonare questa storia in partenza,o magari non siamo così tremende...Non facciamo promesse sugli aggiornamenti ma ci impegneremo per non farvi aspettare troppo. Promettiamo solennemente di non mordervi se recensite. Grazie ancora in partenza (per la cronaca quest'ultimo scritto è penoso)
-Wait
  
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