Vacanze di Natale: Santo Stefano.
(Pov
Draco)
Erano trascorse tre settimane da quando, ai primi di
Dicembre, ero stato umiliato da quella assurda grassona.
Ero
ancora molto arrabbiato ma fortunatamente non ero dovuto intervenire
dato che c’erano già Pansy e le altre che avevano
preso a
tormentarla.
Il mio unico scopo ora era quello di trovare la
Angels, perché era lei la mia ossessione: negli ultimi mesi
mi aveva
evitato e adesso mi camminava davanti senza paura.
No, non la
sopportavo, volevo darle una lezione e sopratutto.... la volevo: era
una questione d’onore .
Nessuna ragazza a cui rivolgevo le mie
attenzioni si era mai tirata indietro: non avrei permesso a quella
Corvonero insignificante di farmi andare in bianco.
Approfittai
della pausa natalizia e, il giorno dopo la grande festa natalizia
alla mia villa, decisi di fare una passeggiata a Diagon Alley per
scovare quella vipera.
La mia preda.
Bastò quel pensiero a
farmi lambire le labbra.
Quasi affamato.
Di lei e solo di
lei.
Per qualche assurda ragione che ancora non potevo
comprendere.
(Pov
Sara)
Gli ultimi giorni di scuola scivolarono pacati e silenziosi
come i fiocchi di neve: eravamo tutti molto impegnati per la grande
mole di compiti che i professori ci avevano assegnato per le vacanze
di Natale, cosi trascorrevo le giornate in Sala Comune o in
biblioteca.
Soprattutto di fronte al camino acceso, leggendo
qualche romanzo nei ritagli di tempo.
Non avevo mancato a quanto
avevo detto ad Amanda ed avevo deciso di potenziare le mie
capacità,
così avevo chiesto al professor Vitius – con la
scusa di
approfondire l’argomento degli incantesimi di difesa e di
attacco –
una lettura supplementare e mi allenavo in disparte in
un’aula
vuota, di tanto in tanto. Per lo più sfruttavo i Sabati in
cui vi
erano partite del campionato di Quidditch o la gita a Hogsmeade o i
week-end dove la scolaresca preferiva pattinare sul lago, fare a
pallate di neve o semplicemente starsene in Sala Comune.
Avevo
salutato Amanda alla stazione e avevo fatto ritorno coi miei genitori
nella nostra villetta nella city di Londra.
Con mio gran
dispiacere, mio padre, a causa del suo lavoro al Ministero, aveva
dovuto annullare la nostra vacanza in Francia e avevo accolto
tristemente la notizia. Sarei stata davvero felice di potermi
rifugiare oltre Manica per almeno due settimane ma c’era di
positivo che la corrispondenza via gufo con Amanda era molto
più
rapida e avremmo anche potuto incontrarci.
Sorseggiai un po’ di
cioccolata calda di fronte al camino, continuando a leggere il mio
romanzo, fino a quando mia madre non mi chiese di fare una
commissione per lei a Diagon Alley.
Mi coprii maggiormente con il
cappuccio e mi diressi alla farmacia.
Decisi di fermarmi al
Ghirigoro, la biblioteca del paesino, prima di tornare a casa.
(Pov
Draco)
Camminavo da ore per le vie illuminate di Diagon Alley
sbirciando in tutte le vetrine ma non avevo trovato traccia della
Angels.
Sapevo con certezza fosse rimasta a Londra e quindi non mi
sarei arreso fin quando non l’avessi trovata.
Mi sedetti su una
panchina con le mani in tasca e il viso inclinato da un lato,
guardando e criticando tra me chiunque passava.
Era ormai
pomeriggio tardi quando finalmente vidi la Corvonero tutta
imbacuccata uscire dalla farmacia, ed entrare nella biblioteca di
fronte.
Mi alzai e andai ad aspettarla fuori dalla vetrina, stando
bene attento a non farmi scorgere.
Appena uscì, alzai la
bacchetta e con un incantesimo di appello attirai tutte le sue cose
che le sgusciarono dalle mani.
Sbatté le palpebre, non capendo
subito cosa fosse successo.
Mi vide e i suoi occhi si spalancarono
di disappunto.
Le sorrisi quando mi chiese di restituirle il
maltolto.
“Vieni a prendertelo”. Le sussurrai indolente,
correndo verso Nocturn Alley con lei alle calcagna.
(Pov
Sara) Uscii fuori dalla biblioteca dopo aver comprato un nuovo libro
della mia scrittrice preferita e rabbrividii istintivamente per la
fredda folata di vento che sembrò insinuarsi fin nelle ossa.
Non
vedevo l’ora di tornare a casa e rilassarmi dentro una vasca
piena
d’acqua calda e bollicine, di bagnoschiuma profumato.
Sgranai
gli occhi e trasalii quando il libro e gli altri oggetti mi
fluttuarono dalle mani e l’attimo dopo mi voltai e scorsi
quel
volto tra la folla.
I miei pugni si strinsero lungo i fianchi,
emisi un gemito di disappunto e di sorpresa mentre quegli occhi
perlati mi fissavano con quel sorrisetto malizioso e impudente.
Non
feci in tempo a reagire perché lo vidi correre in direzione
di
Nocturn Alley: imprecai tra i denti e presi a seguirlo, infilandomi
nel vicolo oscuro e stretto.
Mi feci largo tra la folla, cercando
di accelerare il passo e stando attenta a non scivolare per il
ghiaccio presente, mentre il ragazzo spariva dietro
l’angolo.
“Malfoy… vieni subito fuori”. Ringhiai
tra i
denti, sguainando la bacchetta e guardando a destra e sinistra, non
vedendolo e imprecando.
(Pov
Draco)
Mi ero nascosto
in vicolo stretto dietro a Magie Sinister: lei non poteva vedermi ma
io sì. Le puntai la bacchetta contro.
“Imperius”. Si
immobilizzò e il suo corpo si fece rigido, quasi una lastra
di
ghiaccio mentre ne prendevo il controllo grazie al maleficio.
“Vieni
qua, bambina, vieni da Draco, da brava”. Sussurrai quasi mi
stessi
rivolgendo ad un cucciolo mansueto e sorrisi quando la vidi
avvicinarsi, incapace di sottrarsi dal mio ordine.
Sogghignai
malignamente.
“Inchinati e baciami le scarpe”. Commentai,
quasi volendo tastare la potenza dell’incantesimo oscuro e
sorrisi
quando si chinò docile e arrendevole, eseguendo quel comando
più
umiliante.
“Alzati
e togliti il cappotto: voglio guardarti”.
La mia voce era
divenuta più roca e il mio sguardo perlato aveva osservato
quell’esile corpicino che si mostrava con le vesti leggere,
sotto
il cappotto pesante.
“Fai un giro su te stessa”. Continuai con
lo stesso tono e lei, un burattino tra le mie mani, obbedì
senza
battere ciglio e continuai la mia silenziosa contemplazione,
lambendomi il labbro.
“Ora abbracciami”. Sussurrai con voce
più roca e morbida: sentii la pressione del suo corpicino
morbido,
quale l’avevo ricordato e sognato in segreto.
Il suo cuore
scalpitava furioso ma intrecciò le braccia al mio corpo e mi
persi
nel suo profumo, sfiorandole i capelli.
Sciolsi, infine,
l’incantesimo, trattenendola stretta a me.
(Pov
Sara) Continuai ad occhieggiare il vicolo guardandomi attorno
salvo trasalire quando sentii il suono dell’incantesimo e
l’attimo
dopo era completamente svuotata. La mia mente era priva di qualsiasi
capacità di giudizio e di pensiero, galleggiavo nel mio
corpo di cui
non avevo più controllo.
La sua voce mi intimò, nel fondo della
mia mente, di avvicinarmi e così feci specchiandomi nel suo
sguardo
di madreperla e in quel sorrisetto beffardo e malizioso. Imprecai
mentalmente: avrebbe potuto farmi di tutto, realizzai e
l’antica e
sorda rabbia e timore sembrarono immobilizzarmi le membra.
Ti farò
pagare quest’umiliazione. Pensai sentendo lacrime di rabbia
prudermi gli angoli degli occhi mentre ero costretta a prostrami ai
suoi piedi e poi privarmi del cappotti.
Rabbrividii per il gelo e
per le vesti non adatte a stare fuori senza alcuna fonte di calore
ma, soprattutto, per il dolore di una simile umiliazione.
Poi mi
ordinò di abbracciarlo ma la sua voce era apparsa
più roca,
vellutata, quasi soffice mentre le mie braccia gli cingevano il collo
e il mio corpo si accostava a suo.
Malgrado il disagio, la rabbia
e l’umiliazione di quel momento, non potei negare
l’afflusso di
calore che quel contatto procurò.
Trasalii e le sue dita mi
sfiorarono i capelli ma non c’era arroganza o cattiveria in
quel
gesto: una carezza soffice, tenera, come quella di un amante e quel
pensiero mi fece trasalire.
Sciolse l’incantesimo e rimasi ad
osservarlo senza fiato, prima che la consapevolezza di quanto mi
aveva appena fatto si insinuasse nella mia mente.
Strinsi i pugni
lungo i fianchi e sguainai la bacchetta, puntandogliela alla gola,
dopo averlo schiaffeggiato.
“Come… hai… osato? Viscido
verme… non ti azzardare mai più ad avvicinarti o
giuro che non
solo ti faccio sospendere ma ti spedisco ad Azkaban,
bastardo!”.
Mi
sentii dire con voce roca per la rabbia e il timore di quegli istanti
eterni in cui avevo perso completamente il controllo del mio corpo e
della mia mente.
(Pov
Draco)
“Pietrificus
Totalus”. La immobilizzai di nuovo.
“Stavi dicendo?”.
Sogghignai avvicinandomi e guardandomi furtivamente attorno, notando
che a quel gesto era impallidita terrorizzata, ben consapevole di
ciò
che avrebbe potuto succedere.
“Siamo di nuovo soli – sussurrai
con voce morbida e roca – era tanto che aspettavo questo
momento:
spediscimi pure ad Azkaban, fai quel che credi”.
Mi avvicinai
ulteriormente e sorrisi del terrore che le riempì lo sguardo
mentre
alzavo una mano a sfiorarle il viso.
La cinsi con forza a me e le
afferrai la nuca, soffiandole su quelle labbra scarlatte che
sembravano richiamare le mie in una lasciva provocazione.
“Posso
farti ciò che voglio: se volessi potrei toglierti i vestiti
e
prenderti qui, ora”. Sussurrai sfiorandole il contorno del
viso e
mi parve di percepire il battito convulso e disperato del suo cuore
mentre le sorridevo maligno.
“Oppure potrei costringerti a
seguirmi in un motel di tua iniziativa”.
Sogghignai ancora
quasi a soppesare quell’idea salvo farmi serio e continuare a
sfiorarne il volto, sentendo la morbida purezza della sua pelle sotto
le mie dita.
“Non farò nulla di tutto ciò: ma voglio
tu abbia
ben presente che sono io a manovrare il gioco… le minacce
non
servono a nulla”. Le sussurrai a fior di labbra salvo
sciogliere
l’incantesimo e tornare a guardarla, abbassando il braccio
che la
reggeva e scrollando le spalle.
“Ora puoi anche picchiarmi, se
vuoi”.
(Pov
Sara)
Sgranai gli occhi quando il mio corpo fu di nuovo
immobilizzato e quelle parole maligne e lascive sembrarono incidermi
direttamente l’animo.
Lo sentii stringermi a sé e percepii di
nuovo il calore e la compostezza del suo corpo mentre quel tepore
naturale strideva con il gelo dell’incantesimo e al contempo
il
terrore che mi aveva di nuovo invaso la mente, rendendomi conto che
ero di nuovo in una situazione da cui avrei dovuto fuggire.
Tra le
sue braccia ed incapace di difendermi.
Avrei voluto boccheggiare o
rilasciare un gemito, lo sentii afferrarmi la nuca e l’attimo
dopo
mi soffiò sulle labbra: il mio cuore, malgrado il gelo
dell’incanto,
scalpitò furioso e quel calore quasi mi sopraffò.
Poi di nuovo
la luce maligna del suo sguardo, quelle minacce insidiose e sentii
quei brividi attraversarmi la spina dorsale e la mia mente svuotarsi
mentre lo sentivo alludere alla possibilità di profittarsi
di me in
modo così subdolo e meschino.
Lo guardai terrorizzata ed
impietrita prima che pronunciasse quell’affermazione finale e
mi
sciogliesse dall’incantesimo.
Rimasi ad osservarlo incredula,
sulle labbra ancora la sensazione delle sue, il cuore che scalpitava
furioso e la mente uno sfarfallio di pensieri confusi e
assordanti.
“Cosa… – cercai di controllare il
tremore della
mia voce – cosa vuoi da me?”. Domandai, guardandolo
negli occhi e
cercando di capire quale fosse il suo scopo finale o se fosse solo un
divertimento gratuito e perverso.
Perché proprio IO?!
(Pov
Draco)
Risi quasi di quella domanda innocente ed ingenua malgrado
le mie allusioni ben più che accennate.
Inclinai il viso di un
lato e la guardai con le sopracciglia inarcate: quasi nella sua
domanda ci fosse una silenziosa provocazione a cui stentavo a
resistere.
“Intelligente come sei, dovresti capirlo –
sussurrai scoccandole un’occhiata divertita e sardonica
– oppure
ti occorre un’altra dimostrazione?”.
(Pov
Sara)
Boccheggiai in risposta e sgranai gli occhi salvo deglutire
a fatica. Indietreggiai e mi morsicai il labbro.
Mi guardai
attorno rendendomi conto della situazione tutt’altro che
favorevole: nel buio di quel vicolo, sola con Malfoy che non aveva
fatto il minimo sforzo per celare le sue reali intenzioni.
“E’
così, allora?”. Sussurrai con voce tremula
stringendo i pugni e
sentendo brividi di freddo farmi irrigidire.
“Mi useresti anche
violenza, se necessario”.
Lo guardai negli occhi e deglutii a
fatica.
(Pov
Draco)
“Non
hai capito”. Sorrisi di nuovo e la guardai con le
sopracciglia
inarcate.
“Non è questa la mia intenzione –
scrollai le
spalle – voglio solo che tu sappia che non puoi
respingermi”.
Le
sorrisi divertito per l’espressione sgomenta che le si
aprì su
quel volto e su quegli occhi che non riuscivano a nascondere le sue
reali emozioni.
Controllai l’orologio e scrollai le spalle.
“Si
è fatto tardi: ti saluto, Angels, buon anno,
bambola”.
Le
sorrisi e le strizzai l’occhio prima di allontanarmi,
lasciandola
sola in quel vicolo, senza aspettare che mi raggiungesse o
altro.
(Pov
Sara)
Ascoltai
quelle parole con crescente sgomento ed incredulità, mentre
in modo
saccente ed arrogante, decantava apertamente che tutto questo non si
sarebbe sbloccato sino a quando non avessi… ceduto, come
qualsiasi
altra.
Lo seguii con lo sguardo mentre mi voltava le spalle dopo
quel saluto enigmatico e rimasi ad osservarlo finché non
scomparve
dalla mia vista.
Mi portai la mano sulle labbra: ancora sentivo il
calore del suo respiro e il tono roco di quando mi aveva ordinato di
abbracciarlo.
Continuai ad osservare l’angolo da cui era appena
scomparso e mi morsicai nervosamente le labbra salvo passarmi una
mano tra i capelli e sospirare.
Chi sei, Draco Malfoy?
Un
mostro o un ragazzo solo?
Sospirai, recuperai il libro e i miei
oggetti e tornai rapidamente a casa.
(pov
Amanda)
Avevo
festeggiato il Natale con la mia famiglia: mi ero divertita
moltissimo a stare tra parenti e amici babbani.
Non vedevo l’ora,
però, di tornare a Hogwarts: sentivo la mancanza di Sarah e,
sopratutto, di Harry.
Poco mi importava se da qualche settimana le
lezioni assieme ai Serpeverde erano un inferno: non mi interessavano
gli insulti di Pansy e le continue angherie a cui venivo
sottoposta.
Normalmente le avrei strozzate ma mi limitai ad
ignorarle.
Nonostante tutto, il mio umore era alle stelle: avevo
visto Harry con indosso la sciarpa che avevo fatto per lui.
Non la
toglieva mai e anche se non ci parlavamo, se mi evitava, sapevo che
aveva gradito i regali della sua misteriosa ammiratrice.
(Pov
Harry)
Aveva
accolto con gran sollievo il termine delle lezioni: la
rivalità tra
Serpeverde e Grifondoro sembrava aver raggiunto i picchi storici
visto che erano entrambe prime classificate con un dislivello di
pochi punti.
Spesso scoppiavano piccole scaramucce nei corridoi e
l’unica distrazione anche dallo stress scolastico era potersi
allenare a Quidditch, malgrado il gelo e il tempo sempre più
umido.
Quell’anno non aveva voluto ascoltare ragioni: alla
stazione di Londra si era congedato dai Weasley e da Ron e aveva
preso in affitto una camera al Paiolo Magico: lì sarebbe
rimasto per
quei quindici giorni di vacanza.
Le
attenzioni di Ginny erano divenute sempre più lascive e
languide e
si era confidato con Hermione – lei naturalmente non avrebbe
detto
nulla a Ron! – e avevano convenuto che la situazione per lui
sarebbe stata ancora più pesante se avessero coabitato alla
Tana per
il periodo delle vacanze.
Tom, il gestore del locale, era stato
gentile e discreto come sempre e Harry accolse con piacere la
novità:
incontrava gli amici a Diagon Alley nei pomeriggi oppure si rifugiava
nella Londra babbana dove nessuno lo conosceva e additava la sua
stupida cicatrice.
Aveva sempre con sé un po’ di quel dolce
–
un incantesimo impediva andasse a male! – e quella sciarpa
era
morbida e vaporosa ed intrisa di un piacevole profumo
femminile.
Forse lo aveva già percepito ma non ricordava
dove.
Quella sera osservò il cielo stellato e decise di uscire
per prendere una boccata d’aria: attraversò la
Londra babbana e
notturna, fino a quando non giunse in una piazzetta adibita al
pattinaggio.
Sorrise osservando i ragazzi che erano in pista,
pensando tra sé di unirsi a loro, fino a quando non scorse
un volto
familiare.
Amanda Rubens.
Indossava un cappotto lungo con
sciarpa e cappello abbinati , e stava pattinando in compagnia di due
amiche, probabilmente babbane, a cui sorrideva con gli occhi lucenti
di gioia.
Lo colpì quell’immagine, perfettamente antitetica
a
quella cui era abituato.
(pov
Amanda)
Dopo
i pasti abbondanti delle feste decisi con Rosy e Benny, le mie amiche
di sempre, di andare a pattinare sul ghiaccio.
Era una splendida
sera: la pista gremita di gente ,le luci dei lampioni e
dell’albero
di Natale gigante illuminavano la lastra di ghiaccio e già
questo mi
mise di buon umore.
Non appena infilai i pattini e mi buttai nella
pista ,dimenticai tutti i miei problemi: mi sembrava di volare
,volteggiando su me stessa. Ridevo e mi beavo mentre le mie amiche
ruzzolavano sul ghiaccio non essendo esperte come me.
Io andavo a
pattinare fin da bambina e, quindi, i miei movimenti erano
più
sciolti e sicuri di loro.
Mentre la mia amica si spostava sul
bordo della pista, per reggersi al muretto, i miei occhi si
incontrarono con quelli di Harry.
Il mio cuore fece un balzo:
indossava la mia sciarpa.
Avrei dato non so cosa per corrergli
incontro ma lui ignorava i miei sentimenti, ignorava che ero io
l’ammiratrice segreta ovvero Amanda Melody Rubens.
Lui mi odiava
perché io lo avevo spinto a farlo.
Mi avvicinai a lui e, con tono
velenoso, lo apostrofai:
“Mi avevi detto di starti alla larga e
invece sei tu che mi stai sempre tra i piedi… come mai non
sei
dalla tua amichetta alla Tana?”.
(Pov
Harry)
Avrebbe
avuto tutto il tempo del mondo per voltarsi ed andarsene ed invece,
per qualche motivo, continuò ad osservarla mentre rideva e
pattinava
con le sue amiche.
Sembrava completamente rilassata e sprizzante
di gioia e di entusiasmo, tutt’altra Rubens rispetto a quella
che
lo aveva apostrofato per due volte con tono burbero e lo sguardo
torvo.
Fu in quella che la giovane lo scorse a sua volta: dapprima
lo sguardo era sorpreso ed
evidentemente
spiazzato.
L’attimo dopo le sue sopracciglia si aggrottarono e
la vide avanzare in sua direzione con espressione battagliera, prima
di rivolgersi in quel modo, ancora arrogante e sfacciato.
La fissò
di sbieco e aggrottò le sopracciglia, stringendo i pugni.
“Per
tua informazione, Rubens, questo è un territorio pubblico
–
rispose con voce velata di sarcasmo – e di certo non
è affar tuo
ciò che faccio e dove vado nel mio tempo libero”.
Le si era
rivolto con altrettanta freddezza e ostilità, prima di
affondare le
mani nelle tasche del cappotto.
“E ora se vuoi scusarmi, voglio
andare a divertirmi”.
Non attese risposta e si avvicinò al
responsabile della pista di pattinaggio: pagò un biglietto e
prese a
noleggio dei pattini e cominciò a scivolare sul ghiaccio.
Non era
appassionante come stare in sella ad una scopa ma era rilassante e
liberatorio, pensò sospirando e lasciando la mente libera da
pensieri, scivolando con movimenti agili e sciolti.
(pov
Amanda)
Ascoltai
la rispostaccia di Harry ma non replicai e quando le mie amiche mi
domandarono chi fosse, risposi loro che era un mio compagno di classe
senza però raccontargli dei miei sentimenti per lui.
Ripresi a
pattinare ma senza staccargli gli occhi di dosso.
“Accidenti se
se la cava”. Borbottai tra me.
Per continuare a studiarlo, finii
per andare a sbattere contro le mie amiche.
Ruzzolammo tutte a
terra e loro mi caddero sopra.
(Pov
Harry)
Continuò
a scivolare sul ghiaccio incurante di tutto e di tutti: finalmente
era libero dai soliti tormenti e non voleva curarsi di nulla e di
nessuno.
Neppure della Rubens e del suo comportamento arrogante e
sferzante.
Si lasciò avvolgere da una bolla di sapone
immaginaria, creata dalla sciarpa che gli copriva il viso: ne
inspirò
ancora una volta il profumo di cui sembrava essere impegnata. Sorrise
al pensiero di quella misteriosa MR e si domandò se anche
lei non
fosse da qualche parte così vicino, dopotutto aveva una
parente
babbana ed era probabile abitasse in un quartiere nelle
vicinanze.
Sospirò impercettibilmente al pensiero di poter
incontrare chi aveva saputo scaldarlo con un semplice gesto, senza
neppure conoscerlo. Si riscosse quando sentì un lieve tonfo
e notò
la Rubens a terra con le sue amiche che erano cadute una sopra
l’altra.
Sorrise appena, vagamente divertito, passando lì
vicino e scoccandole appena un’occhiata sorniona e divertita.
Bel
capitombolo, pensò tra sé e sé ma la
ignorò e continuò a
scivolare sul ghiaccio.
(pov
Amanda)
Mi
ritrovai sul ghiaccio, pressata dal peso delle mie amiche cadute
sopra di me.
Vidi Harry passarmi vicino e sorridermi di scherno:
sapevo che fuori dalla scuola era proibito fare incantesimi
però
morivo dalla voglia di farlo cadere.
Mi alzai e lo inseguii sulla
pista e, quando lo raggiunsi, allungai la gamba e gli feci lo
sgambetto.
“Ops, scusami non l’ho fatto apposta”.
La voce
atteggiata ad uno stoico dispiacere del tutto falso e
stucchevole.
Gli sorrisi maligna e lo sorpassai.
(Pov
Harry)
Continuò
a scivolare sul ghiaccio, confondendosi tra gli altri pattinatori
senza più guardarsi alle spalle: fu così che fu
colto completamente
di sorpresa e si ritrovò a cadere sulla lastra di ghiaccio.
Imprecò
tra i denti, sollevandosi e sentendo dolore al ginocchio, ben
immaginando il livido che sarebbe comparso, mentre si
rialzava.
Guardò in direzione della giovane con furia e fu lesto
a raggiungerla, dopo una rapida rincorsa, salvo frenare bruscamente
così da schizzarla con il ghiaccio che sollevò
per aver puntato il
ferro sulla lastra.
“Perdonami… ma io l’ho fatto di
proposito”. Rispose ironico e riprese a pattinare senza
curarsi
della sua reazione.
(pov
Amanda)
Vuoi
la guerra? E guerra sia.
Lo raggiunsi e quando fui a pochi metri
da lui, lanciai la mia borsa sul ghiaccio facendocelo inciampare e
cadere nuovamente.
Mi avvicinai.
“Ops! – lo stesso tono
canzonatorio e beffardo – perdonami, mi è caduta
la
borsa!”.
Sorrisi maligna, la raccolsi e ripresi a
pattinare.
Come nulla fosse.
Senza più voltarmi.
(Pov
Harry)
Imprecò
tra i denti quando pochi istanti dopo si ritrovò con la
faccia a
terra e fissò il volto maligno della ragazza che lo fece
irritare
ulteriormente.
Il ginocchio pulsò dolorosamente: doveva essersi
procurato una bella ammaccatura, considerò serrando i denti.
Si
alzò in piedi con sguardo truce.
La inseguì nuovamente fino a
quando non l’afferrò per la vita e, prendendola
per il braccio, le
fece fare una giravolta, per poi farla piroettare.
La fece chinare
in una sorta di casqué e la lasciò cadere
malamente.
“Oh, non
è niente, figurati… ci si vede a
Hogwarts”.
Sorrise appena e
uscì dalla pista per rimettersi le scarpe e tornare al
Paiolo
magico.
(pov
Amanda)
“Maledetto,
me la paghi!”. Gli gridai dietro mentre usciva dalla pista.
Le
mie amiche mi vennero incontro e mi fecero un mucchio di domande.
Io
continuavo a seguirlo con lo sguardo trasognato e il cuore a mille
per quel contatto seppur brevissimo tra inostri corpi, mentre con la
mente proiettavo quegli ultimi istanti.
Era stata una vendetta
alle cadute che gli avevo procurato, ne ero consapevole.
Ma non
potei fare a meno di sorridere al ricordo di quel calore che mi aveva
ustionato dentro e quella vicinanza senza precedenti che ancora mi
faceva scalpitare il cuore al solo ricordo.
“Ti
amo, Harry”. Sussurrai tra me.
Quella sera fui molto distratta,
pensai continuamente a lui, Quella notte lo sognai, sperando di
rivederlo.
Continua...
Bene
bene bene, finalmente stiamo entrando nel vivo della storia.
Mi
sono divertita moltissimo a scrivere questo capitolo con Kiki87, ed a
distanza di tre anni – seppur ho ampliato i miei orizzonti in
fatto
di maschi – devo dire che mi sono emozionata non poco a
rileggere
queste pagine.
É stato eccitante interpretare Draco e i suoi
comportamenti mascalzoni, nonché ambigui nei confronti della
povera
Sara.
Ed è solo l'inizio di quello che le farà
effettivamente
passare. (niente cose sconce o criminali, però, intendo
ribadirlo
).
Comunque poverina non sa quel che l'aspetta, se fossi in lei mi
darei alla macchia.
E che dire di Harry e Amanda.
La sfida
sulla pista di pattinaggio è stata del tutto improvvisata ma
per
questo ancora più esilarante, con quel brivido finale che mi
ha
fatto battere il cuore.
Ok, modestie a parte, spero che il
capitolo vi abbia coinvolto quanto me.
Ringrazio chi mi sta
seguendo e ancor di più chi mi ha lasciato delle splendide
recensioni.
Un grande abbraccio alla mia Kiki87 e un saluto a
tutti voi. Arrivederci alla prossima settimana :)