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Autore: Strega_Mogana    27/12/2007    2 recensioni
Non è facile vivere la mia vita.
Soprattutto se fin dal giorno della tua nascita sei continuamente paragonata al fratello che tutti ritengono perfetto.
Non è facile portare il mio nome.
Attenzione postato il capitolo 17 e l'epilogo!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Serpeverde, Severus Piton
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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La musica usciva dal grammofono ad un livello assordante.
Sotto la doccia cantavo fuori tempo e stonata come una campana rotta.
Spinner’s End era un quartiere ormai isolato e quasi del tutto abbandonato, i pochi vicini che avevamo erano vecchi maghi moribondi, mezzi sordi e ciechi.
Non si lamentavano per la musica.
Anzi non si lamentavano proprio mai.
Quando misi piede nella casa di Severus per la prima volta mi resi conto che aveva un disperato bisogno di una donna. La casa era un disastro, i vestiti erano ammucchiati sul pavimento della sala e della camera, la cucina era un ammasso di piatti sporchi ed era meglio stendere un velo pietoso sullo stato del bagno.
- Severus… tu non hai bisogno di una donna. – esclamai mentre mi aggiravo per la stanza in punta di piedi per non schiacciare qualche indumento che, sicuramente, aveva visto giorni migliori – Tu hai bisogno di un elfo domestico!
- Hai ragione…- ammise imbarazzato – ma ti avevo avvisato che potevi trovare un po’ di disordine.
- Io questo non lo chiamo disordine. La chiamo assoluta anarchia! Tu sei sempre così preciso…
- Non ho tempo per pensare alla casa.
- E’ per questo che mi hai chiesto di venire a vivere con te? – domandai divertita mentre cercavo il punto meno polveroso del divano.
- No. – rispose sedendosi accanto a me, ignorando la camicia una volta bianca sulla quale si era seduto – Ti ho chiesto di vivere con me semplicemente perché ti amo.
Mi sentii avvampare, sorrisi fissando la punta dei miei stivaletti. Era strano sentirgli dire quelle cose dolci. Mi faceva piacere, ma non ero ancora abituata a pensare a me e Severus come una coppia.
Da quel primo giorno erano passati sei mesi.
La casa brillava sotto il tocco della mia bacchetta, ero diventata una perfetta donna di casa senza però smettere di cercare un piccolo lavoretto. Nulla di troppo impegnativo, qualcosa per incrementare le entrate. Di quello che Severus faceva non volevo saperne nulla, io vivevo nel mio mondo. Nella mia sfera di cristallo lontana dalla guerra e dall’Oscuro Signore.
Ero felice nella mia ignoranza.
Severus invece non lo era.
Lo vedevo, ma facevo finta di niente. Ogni sera lui tornava a casa sempre più stanco, sempre più pallido e triste.
In certi momenti era così lontano da me da farmi paura.
Lui diceva che quella casa era diventata la sua oasi di tranquillità, che si sentiva sereno ogni volta che varcava la soglia.
E io cercavo di non fargli mai mancare quella serenità.
Non sapevo cosa faceva in quelle ore, non volevo saperlo.
Quel pomeriggio faceva freddo, c’erano nubi grigi all’orizzonte che preannunciavano neve e freddo. Il mio tempo preferito. La casa era stata pulita da cima a fondo, la cena cuoceva nel forno babbano e io stavo sotto la doccia a cantare a squarciagola come se fossi stata una cantate rock.
Spensi l’acqua e uscii lasciandomi alle spalle le orme bagnate, il mio corpo fumava per l’acqua calda, il bagno era invaso dal vapore acqueo uscito dalla doccia, mi avvolsi in un caldo asciugamano blu e frugai in un cassetto alla ricerca della biancheria intima.
Il disco girava senza interruzioni nel giradischi posto nel piccolo salottino, la musica arrivava a tutte le stanze grazie ad un incantesimo che avevo imparato ad usare a dieci anni. Il disco era di un complesso rock molto in voga in quegli anni. Era un gruppo americano. Un gruppo di giovani musicisti che urlavano le loro canzoni, erano parole graffianti, arrabbiate, i loro testi andavano contro il mondo, contro tutto quello che c’era di marcio nella società ai quei tempi. I giovani li adoravano come degli dei; io ascoltavo ogni genere di musica, l’importante era che fosse a tutto volume.
Urlavo le poche parole che conoscevo del testo, muovendo la testa ancora bagnata e schizzando acqua ovunque. Biascicavo le frasi che ricordavo cercando di imitare l’accento americano per me irriconoscibile. Scesi le scale. Indossavo solo un maglione nero di Severus e un paio di calzini bianchi.
Continuavo a cantare usando la spazzola come microfono e muovendomi come se mi avesse mordo una tarantola gigante.
Non ero certo una ballerina.
La mia danza assomigliava molto ad un rituale africano per scacciare i demoni maligni. Sembravo un’invasata, muovevo il corpo cercando di seguire il ritmo, urlavo parole senza senso e in una lingua sconosciuta nel mondo umano. Ma stavo bene, soprattutto con me stessa. Lasciavo che la musica mi entrasse dentro, che mi riempisse ogni angolo della mia anima. Perdevo il controllo del mio corpo, andavo dove voleva lui, faceva quello che voleva lui.
Mi sentivo libera.
In quei momenti potevo anche esser rapita da un branco di centauri infuriati che non me ne sarei mai accorta.
Alzai le braccia al cielo con la bocca spalancata nel goffo tentativo di emulare la cantante e il suo poderoso acuto. Le maniche del maglione caddero all’indietro, era grande almeno due taglie in più. Ma mi era sempre piaciuto indossare qualche vestito di Severus; era un modo, forse un po’ infantile, per tenerlo sempre accanto a me. Quando lui era fuori per il lavoro io indossavo una sua camicia o un suo maglione, per sentirne meno al mancanza.
Mi misi a girare su me stessa mentre la batteria e la chitarra elettrica facevano un duetto da mozzare il fiato. Saltellavo su un piede solo suonando una chitarra fatta d’aria.
Mi bloccai solo quando scorsi due occhi scuri che mi guardavano curiosi e beffardi dalla finestra che dava sulla strada. Mi fermai con il fiato corto, la bocca ancora semi spalancata e la spazzola in mano. Presi la bacchetta che avevo lasciato accanto ai giradischi e spensi la musica.
Sentii, solo allora, che qualcuno stava bussando alla porta.
Sbuffai infastidita e andai ad aprire.
- Devo dire che sei proprio uno spettacolo interessante Jo. – disse immediatamente una voce fastidiosa.
Rimasi ferma sulla soglia, il freddo aveva congelato rapidamente le mie gambe nude. Avevo i capelli ancora bagnati e tenevo in mano una spazzola.
- Fottiti Black. – sibilai maligna spostando immediatamente lo sguardo sulla persona che aveva accompagnato.
Di tutta la gente che poteva venirmi a trovare lei era l’ultimo nome della mia lista. Indossava un lungo cappotto rosso con i bordi bianchi, il solito sorriso gentile incurvava le sue labbra.
Semplicemente da prendere a pugni.
- Posso entrare o mi lasci qui fuori?
La osservai ancora qualche istante poi mi feci di lato permettendole di entrare in casa. Sirius tentò di seguirla ma gli bloccai la strada.
- Tu qui non entri. – gli dissi prima di chiudere la porta alle spalle.
Sicuramente mi aveva insultato, ma appena chiusi la porta non sentii più nulla. Sospirai alla porta chiusa, agitata da quella presenza in casa mia.
Mi voltai. Lei fissava il salotto interessata.
- L’ultima volta che ho visto questa casa cadeva quasi a pezzi. E’ incredibile il lavoro che hai fatto.
- Grazie. – risposi restando comunque sulla difensiva – Posso offrirti qualcosa?
- Un bicchier d’acqua, grazie.
Le indicai la cucina, mi seguiva con passo svelto, guardandosi attorno.
- Quando mi hanno detto che ti eri trasferita qui non potevo crederci. – mi disse sedendosi su una sedia della cucina aprendo il cappotto rosso – Non credevo che tra te e Severus potesse nascere qualcosa. Per Sirius era inevitabile, invece.
- Sirius delizia il mondo con molte cazzate. – risposi in modo ironico versando l’acqua in un bicchiere trasparente e passandoglielo – Perché sei qui Evans?
Lily prese il bicchiere, bevve un sorso e lo posò sul tavolo.
- Puoi chiamarmi Lily.
- Ripeto. Perché sei qui Evans?
Per un attimo rividi lo sguardo deciso che l’aveva caratterizzata a scuola.
- Sono Potter, ora. – precisò socchiudendo gli occhi nel tentativo di esser minacciosa.
Quello sguardo poteva funzionare sui decerebrati che le sbavavano dietro a scuola, ma, ci certo, non potevano funzionare su un ex-Serpeverde ripudiata dalla sua famiglia e cresciuta in casa Black.
- Come preferisci… - risposi semplicemente appoggiandomi al lavandino ed incrociando le braccia.
Lily sospirò mutando immediatamente lo sguardo.
- Non sei venuta al matrimonio.
- Credevi sul serio che sarei venuta? Magari indossando uno stupido vestito e facendoti da damigella?
- James c’è rimasto male.
- Balle. – risposi prendo il bicchiere e sistemandolo nel lavabo dando le spalle alla neo signora Potter – Perché è venuto Sirius con te e non lui?
- Avreste litigato… ho pensato che era meglio affrontare il discorso da donna a donna. Sirius mi ha solo accompagnato… i tempi richiedono cautela... - restai in silenzio osservando una goccia d’acqua ingrossarsi sul bordo del rubinetto di metallo opaco – James è preoccupato per te, Alice.
- Chi è preoccupato per me?– dissi poco prima che la goccia cadesse proprio nel bicchiere che aveva posato prima. - Silente o James?
- Beh… entrambi lo sono. Silente ha riferito a James che frequenti dei Mangiamorte e così…
Feci un mezzo ghigno.
- In parole povere James è preoccupato per me solo perché Silente glielo dice. Vedo che ha sostituito la figura di nostro padre con quello di Albus Silente. Quel ragazzo non avrà mai una personalità sua.
- Non è così. – mi rispose dura l’altra – James sa che frequenti gente poco raccomandabile.
- Come Severus?
Lei non rispose, mi voltai per guardarla meglio, per farle capire che io non avevo bisogno di loro, della loro falsità e, soprattutto, della loro pietà.
- Severus è cambiato molto…
- Stronzate. – risposi arrabbiata – Sei tu che non l’hai mai capito fino in fondo.
- Alice…
- Evans… - la interruppi bruscamente dimenticandomi di chiamarla con il mio stesso cognome – James potrà anche avere avuto una crisi mistica dopo la morte di nostra madre ma la cosa non mi riguarda. Non voglio avere nulla a che fare con lui o con la sua vita.
- Lui ti vuole bene.
- Non mi interessa.
La giovane Potter si alzò dalla sedia, aveva uno sguardo triste, rassegnato.
- Arriverà il giorno che dovrai scegliere da cha parte stare, Alice.- mi disse seriamente mentre si avvicinava alla porta – Non potrai più stare in questa situazione di stallo. Non potrai più fingere che non sta succedendo nulla.
- Io non abbandonerò Severus. Non farò il tuo stesso errore.
Serrò la mascella senza ribattere e uscì, sentii Sirius borbottare qualcosa quando la porta era ancora aperta. Nel momento in cui si richiuse, ogni rumore esterno fu isolato.
Agitai la bacchetta quasi con rabbia, la musica invase la casa.
Chiusi gli occhi e mi lasciai andare.

***
Da un giorno all’altro le cose peggiorarono.
Severus restava fuori per giorni, tornava sempre più emaciato e terribilmente scosso.
Non mi diceva mai nulla, più chiedevo spiegazioni, più gli dicevo di sfogarsi, più mi diceva che erano argomenti che non dovevo sentire.
Cercava di proteggermi, anche dal suo stesso animo nero, come lo definiva lui.
Io non ne potevo più.
Stavo male per lui, per quello sguardo vuoto che aveva quando tornava a casa e per i suoi silenzi.
Il buio della camera da letto mi avvolgeva come una coperta confortante e calda. Severus dormiva accanto a me, non faceva sogni, era un sonno tranquillo.
Una vera rarità.
Ero stesa su un lato, il suo braccio mi avvolgeva in modo protettivo e mi stringeva al suo corpo nudo. Osservavo il serpente che strisciava sulla sua pelle, quel Marchio che io avevo sempre considerato solo un tatuaggio di pessimo gusto, anche se avevo sempre saputo cosa significava.
Mi sentivo egoista. E molto stupida.
Mi addormentai all’alba, decisa a fare qualcosa per lui. Ad aiutarlo ad alleviare le sue sofferenze.
Era un Mercoledì, il sole era tiepido e non scaldava già da qualche settimana; da quell’incontro con Lily erano passati solo dieci giorni. Avevo aspettato che Severus uscisse come un qualsiasi marito che si reca al lavoro, mi ero vestita e avevo preso il sacchetto di Metropolvere che usavo per i casi d’emergenza.
Mi ritrovai al Ministero in pochi attimi.
Mi registrai all’ufficio interno, lasciai che esaminassero la mia bacchetta, mi feci dare il cartellino con l’orrenda scritta Ospite e mi diressi vero i piani alti.
Girai per quasi un’ora cercando l’ufficio giusto. Quando lo trovai mi accolse una segretaria molto giovane, dai capelli castani chiari legati in uno stretto chignon.
- Lucius Malfoy è in ufficio?
La ragazza alzò gli occhi dal foglio che stava leggendo.
- Il signor Malfoy riceve solo su appuntamento…- mi disse con fare fin troppo arrogante per i miei gusti – e in questo momento è in riunione con il Ministro. Lei è?
- Alice Potter. – rispose per me una voce suadente provenire dall’entrata dell’ufficio.
Mi voltai sorridendo alla persona che era apparsa sulla soglia.
- Signor Malfoy.
- Va tutto bene Anya. – fece Lucius guardando la sua segretaria – Alice è una vecchia amica.
Lanciai uno sguardo vittorioso alla ragazza che, in fin dei conti, stava solo facendo il suo lavoro ed entrai nell’ufficio di Malfoy.
- Perdona la mia assistente. – mi disse lui chiudendo la porta alle sue spalle – Le ho dato ordine di non disturbarmi e di dire che sono in riunione con Caramell, così nessuno mi interrompe.
L’ufficio era sobrio, elegante.
- Perfino nel tuo ufficio dimostri a tutti quanto sei ricco, Malfoy. – dissi sedendomi sulla poltrona davanti alla scrivania.
- Lo prendo come un complimento. – sorrise lui – Gradisci qualcosa da bere?
- No, grazie. E’ solo una visita veloce.
Sorrise divertito versandosi del liquore nero in un calice di cristallo:
- Ora mi dirai che stavi passando per caso da queste parti?
- No, - sorrisi – sono venuta per vedere te.
- E cosa posso fare per un’ex compagna di scuola?
Feci un bel respiro, il sorriso sparì dalle mie labbra.
- Voglio che mi presenti.
Un sopracciglio biondo di Lucius si incurvò verso l’alto.
- A chi dovrei presentarti?
- Hai capito perfettamente a chi. – risposi calma come se gli avessi appena chiesto di indicarmi il bagno più vicino.
Il sorriso beffardo sparì immediatamente, assunse un’aria seria, quasi minacciosa, bevve un sorso e si sedette alla sua scrivania.
- Hai una bella faccia tosta a venirlo a dire qui. – disse con un filo di voce.
- Non vedo perché… tu qui ci lavori. O, almeno, fingi di lavorarci.
- Perché vorresti essere una di noi?
- Questa è una risposta che darò solo ad una persona. – risposi toccando appena un fermacarte che aveva la forma di una mano di scimmia.
Lucius rimase in silenzio per alcuni minuti osservandomi attentamente, al mano destra girava distrattamente il liquore nel bicchiere.
- Non credo che tu vada bene per il nostro club.
- Non sta a te deciderlo.
- Perché non lo chiedi a Regulus?
- Regulus non é nella posizione ideale per questo genere di cose.
- E perché credi che io lo sia?
- Perché tu sei un Malfoy. – sembravo molto tranquilla, come se quella fosse la risposta a tutte le domande del mondo.
- Potrebbe presentarti Severus.
- Severus non lo farebbe mai.
- E perché io dovrei?
- Perché tu hai qualcosa da perdere.
Appoggiò il calice alla scrivania, in un gesto molto raffinato:
- Illuminami… - disse suadente con un sorriso falso.
- Ricordo molto bene il modo in cui tu e Bellatrix vi guardavate alla tua festa di fidanzamento.
Il sorriso scivolò dalla sua faccia mentre si rizzava sulla sedia.
- Narcissa fingerà di non vedere perché ti ama, ma io miro a ben altro.
- Tu non…
- Io posso invece! Se non sbaglio mi è giunta voce che stai per diventare padre… - continuai fingendomi pensierosa – come potrebbe prendere la notizia la futura mammina?
- Non oserai…
- Oh si invece. – ribattei convinta.
Mi alzai decida ad andare fino in fondo. Era rischioso minacciare un Malfoy, lo sapevo fin troppo bene, ma dovevo farlo per Severus.
- Non hai prove. – fece Lucius alzandosi dalla sedia.
- Non mi servono. – risposi sicura di me – A noi donne basta solo il sospetto. E conosci bene tua moglie, sai come potrebbe reagire a questa insinuazione. Dicono che le donne incinte siano anche più aggressive… sai…- continuai divertita – per via degli ormoni…
Lo vidi socchiudere gli occhi minaccioso.
- Attenta Potter… - disse con lo stesso tono che usava a scuola – non mi piace quando qualcuno mi minaccia.
- E a me non piace quando non ho quello che voglio. – ribattei pronta – Fammi questo favore, Lucius e ti prometto che non mi ricorderò neppure che tua moglie ha una sorella.
- Potrei fermarti in questo momento. – mi minacciò prendendo la bacchetta.
- Sì, potresti…- risposi andando alla porta – ma non lo farai.
- Ne sei certa?
- Tu hai paura di Severus.
Lui non rispose, dando una muta conferma alle mie parole, sorrisi vittoriosa. Mi avvicinai la porta, avevo paura a dargli le spalle ma non potevo permettermi nessuna mossa sbagliata. Misi la mano sul pomello della porta e l’aprii leggermente.
- Aspetto presto tue notizie, Malfoy.
Non aspettai la sua risposta e uscii dall’ufficio, salutai con aria superiore quell’insulsa segretaria e mi avviai all’uscita del Ministero.
Arrivata a casa ricominciai a respirare normalmente.

   
 
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