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Autore: LazyMe    11/06/2013    1 recensioni
L’Auror Potter indaga con un insolito collaboratore del Ministero per scoprire l’oscura causa alla base di allarmanti paradossi temporali. Tra molteplici viaggi nel tempo e ritorni al passato, più o meno remoto, battibecchi, avventure tragicomiche, ovvie incomprensioni e sconvolgenti rivelazioni.
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Note del capitolo :
Buongiorno a tutti!! Meglio tardi che mai, giusto? ^^
Chiedo venia per la latitanza ma questa sessione d'esame è senza pietà... e ahimè siamo solo all'inizio, vi dovrò chiedere di essere molto pazienti almeno fino a metà luglio. :( Conto di rifarmi con le vacanze estive e tra agosto-settembre avanzare decisamente più spedita senza l'acqua alla gola (facciamo almeno all'ombelico, dai).

Spero che il capitolo di oggi valga l'attesa... i pareri sono richiesti a maggior ragione, dato che Harry e Draco ultimamente hanno poco spazio a disposizione nella mia testolina.

Disclamer, avvertimenti, ecc ecc (mi sto annoiando da sola) al primo capitolo.

Grazie a Moony e grazie ad Irish, alla quale dedico il capitolo perchè ha compiuto gli anni! Auguriiiiii!!! :* Beh, in realtà, li ha compiuti ormai più di una settmana fa ma la puntualità non è esattamente il mio forte...

Basta chiacchere!
Buona lettura, LazyMe




 

Capitolo 11

 
 
Caraibi – 1718
 

 
“Sai cos'è bello, qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un'orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. È come se non fosse mai passato nessuno. È come se noi non fossimo mai esistiti. Se c'è un luogo, al mondo, in cui puoi non pensare a nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. È tempo. Tempo che passa. E basta...”
 
Oceanomare – Baricco     

 
 
 
 

Harry aveva fatto pochissimi viaggi di piacere, in vita sua. Da bambino andava in vacanza con i Dursley tutte le estati, trascorrevano due settimane in una casetta affittata a Littlehampton e, per quanto si divertisse a giocare sul bagnasciuga con formine di plastica a biglie, c’era sempre Dudley che non lo lasciava in pace. Nonostante tutto aveva serbato bei ricordi di quel posto e solo quando ad anni di distanza vi era tornato con Ginny si era accorto di quanto li avesse indorati e di quanto, in realtà, la piccola stazione balneare fosse triste e dozzinale agli occhi di un mago adulto. Ora ricordava bene anche le alghe verdi ammassate sulla riva dalle onde rabbiose, i detriti e i pezzi di conchiglie che si conficcavano dolorosamente nelle piante dei piedi, i troppi gabbiani attirati dal pungente odore di pesce che si mischiava all’odore di fritto proveniente dai baracchini affacciati sulla strada. Non vi era più tornato.
Comunque, quando lui e Ginny si lasciarono, si buttò capofitto nel lavoro e le vacanze – di qualunque tipo – smisero di importargli. Ed ora non erano certo in vacanza, erano in missione.
 
Non appena ripreso dallo stupore per la meraviglia che lo circondava, dieci minuti buoni dopo il loro arrivo, si tolse le scarpe. Sentire la sabbia morbida e calda tra le dita dei piedi scalzi era una sensazione insolita e bellissima. La spiaggia era lunga ma non molto larga, la rena finissima, bianca e impalpabile come farina luccicava sotto il sole facendosi confine tra la vegetazione all’interno dell’isola e il mare azzurro – di un colore che Harry non aveva mai visto prima – che l’accerchiava. Il fondale s’inabissava gradualmente, solo a una ventina di metri si vedeva il mare cambiare tonalità e passare dal turchese al blu cangiante dell’orizzonte. Non sapeva se fosse per via della luce abbacinante, ma ogni cosa riverberava di toni luminosi e nitidi a cui non era abituato. Sembrava un paradiso in cui poter camminare verso il mare per sempre.
Si lasciò lambire le caviglie dalle onde tiepide mentre un paio di gabbiani garrivano nel cielo altrettanto azzurro, si tolse la maglietta con un gesto fluido e distratto e si arrotolò i jeans fino al ginocchio. Avanzò cauto nell’acqua cristallina, rabbrividendo e affondando nelle minuscole dune formate dalla risacca, sentendosi eccitato come se avesse dieci anni e fosse il suo primo bagno in mare. Quando una serie di pesciolini colorati gli si aggirarono tra le gambe gettò un urletto esaltato – ahimè, davvero poco virile – e si chinò per osservarli più da vicino. A una spanna dalla superficie limpida e placidamente increspata decise che avrebbe fatto una nuotata.
 
Tornò veloce a riva, recuperò la maglietta da terra e raggiunse Malfoy, rimasto per tutto il tempo imbronciato all’ombra delle palme in compagnia delle sue sneakers e dei suoi calzini.
Harry sentì un nodo serrarsi nello stomaco, per quanto ancora il biondo si sarebbe comportato così freddamente con lui? Una vocina non molto rincuorante gli ricordò che si era comportato così per anni: l’incostanza non era un suo problema. Ma non sarebbe stato Harry a scusarsi, non ne aveva motivo, non aveva cercato lui di scaricarlo.
 
“Questa scena non mi è nuova, tu scazzato, le palme, il caldo, il sole…” Scherzò ignorando quella sottospecie di assurda malinconia che provava nel rievocare la loro primo incarico come colleghi.
 
“Sto facendo la guardia alle Scarpe-che-erano-sopravvissute. Dall’aspetto si direbbe che ne hanno passate davvero tante, non meritano di essere abbandonate alla mercé di predoni e bucanieri.”
 
“Malfoy, seriamente, siamo finiti in una specie di paradiso terrestre e tutto quello che vuoi fare è startene lì a pensare battutine sarcastiche?” Chiese appallottolando la maglietta sulle tennis e iniziando a slacciarsi la cintura.
 
Il biondo inarcò le sopracciglia sprezzante. “Per tutti i buoi muschiati, che diamine stai facendo?!”
 
Il ragazzo si bloccò con le mani sulla patta dei jeans mezza aperta. “Ti sto dedicando uno spogliarello, c’è gente che pagherebbe per essere al tuo posto.”
 
Malfoy lo fissò sconvolto per un nanosecondo – e il nodo che Harry aveva sempre lì si strinse un altro po’ – prima di aprirsi in uno dei suoi ghigni migliori. “C’è gente veramente idiota al mondo, io sono disposto a pagare perché tu ti rivesta.”
 
Il moro ghignò in risposta e si levò i pantaloni rimanendo in boxer. Rigorosamente rossi e oro.
 
“Vorrei essere cieco.” Sospirò l’ex Serpeverde con pathos.
 
“Fa’ come ti pare, io vado a nuotare.” Continuò lui sfilandosi gli occhiali e mettendoli nella tasca dei pantaloni in cima al mucchietto dei vestiti.
 
Professionalità, ti dice niente? Siamo in missione, non in vacanza.”
 
Fece spallucce. “Fifa, ti dice niente? Se non sai nuotare puoi dirlo.”
 
“Sono un abile nuotatore da quando avevo sei anni.” Replicò facendo il sostenuto.
 
“Aha. E a Qudditch vinci sempre ligio al regolamento.” Lo stuzzicò. “Credo che siano tutte palle, da quando i furetti sanno nuotare?”
 
“E’ una sfida?”
 
“Se pensi di poterla affrontare…” Lasciò in sospeso la frase per dargli le spalle con falsa indifferenza.
 
Il sole sulla pelle nuda era una carezza bollente e l’acqua fresca un’invitante promessa. A metà strada Malfoy lo superò correndo in mutande. Essendo senza occhiali Harry non lo vedeva per niente bene, eppure non riusciva a smettere di fissarlo. Era così pallido da sembrare fatto di sabbia: la linea delle spalle, il busto asciutto, le gambe lunghe, tutto sembrava eccessivamente definito, come se la sua sagoma fosse stata ritagliata e incollata sulla copertina plasticata di un dépliant turistico.
 
“Allora bella statuina, non starai mica sperando che lasci perdere il vantaggio appena ottenuto?” Lo provocò il pozionista voltandosi indietro in quella luce abbagliante.
 
Il sorriso di sollievo se lo tenne per sé. “Ti piacerebbe!”
 
L’ex Serpeverde entrò in acqua e tentennò, Harry ne approfittò per raggiungerlo e infradiciarlo con schizzi e balzi entusiasti, tuffandosi prima che potesse vendicarsi a sua volta.
Immergersi tra le onde fu magnifico esattamente come aveva immaginato. Tornò a galla senza sforzo e si guardò attorno, vide Malfoy emergere un paio di metri più avanti e scuotere la testa spargendo una corona di gocce tutt’intorno.
 
“Potty così è troppo facile, facciamo a chi arriva prima allo scoglio.”
 
Harry strinse gli occhi brucianti per il sale cercando di mettere a fuoco la massa scura che affiorava in lontananza, più che vedere lo scoglio doveva immaginarlo.
 
“Non importa se lo distingui o no, puoi seguire la mia scia!” Disse l’altro prima di iniziare a nuotare al largo.
 
Lo inseguì, bracciata dopo bracciata, i muscoli contratti per la fatica, immerso nell’indistinto, infinito azzurro e sollevando la testa solo per prendere avide boccate d’aria.
Quasi ci andò a sbattere, contro lo scoglio. E Malfoy era già accanto a lui.
 
“Allora chi ha vinto?” Chiese senza fiato, allargando le braccia per galleggiare a pancia il su.
 
La voce del compagno gli arrivò attutita dal liquido. “Considerando le volte in cui mi hai tagliato la strada e lo scoglio contro cui ti sei schiantato, direi che ho vinto io.”
 
Chiuse gli occhi, rilassandosi e lasciandosi cullare dal mare, avvolto nel suo intimo abbraccio in grado di isolare da tutto il resto. Li riaprì e studiò le sporadiche nubi schiumose che attraversavano il cielo. Chissà Malfoy
Si mise dritto e lo vide abbarbicato sullo scoglio. Le ciocche bagnate sembravano più scure e più lunghe di quanto fossero in realtà, forse aveva gli occhi chiusi anche lui e si stava godendo a suo modo quell’improbabile momento di pace; ma Harry non poteva saperlo, ammirare i dettagli della sua pelle bagnata che si asciugava al sole gli era negato. Scosse la testa e si lasciò affondare frustrato, doveva avere dell’acqua al posto del cervello per fare pensieri del genere proprio su Malfoy! Era senz’altro perché trascorrevano troppo tempo insieme, si giustificò, e perché il suo subconscio aveva un gusto sadico nel riportare l’attenzione sulla sua scadente vita privata.
 
“Potty non farmi più questi scherzi.” Si sentì rimproverare dal ragazzo, che nel frattempo era scivolato nuovamente in acqua, una volta tornato in superficie. “Mi ero illuso che fossi affogato davvero!”
 
La sua risata si trasformò in bolle.
 
“Hey! Sono loro?” Esclamò il mago.
 
Harry non vedeva a dieci metri di distanza, figurarsi a centinaia, e la sua bacchetta era a riva assieme agli occhiali e a tutti i suoi vestiti.
 
“Giusto, non ci vedi una mazza. Fondamentale anche oggi il tuo contributo all’indagine.” Si rispose l’altro con sdegno e sufficienza, come se la miopia se la fosse andata a cercare. “Un veliero si sta avvicinando, torniamo indietro e diamo un senso a questa scampagnata.”
 
Malfoy stava già iniziando a nuotare verso riva quando ci ripensò e si fece vicino, incredibilmente vicino. Così vicino che Harry riusciva a vedere gli occhi grigi – la pupilla una capocchia di spillo nel mare grigio dell’iride.
 
“Pensi di riuscire a tornare a riva da solo o rischio di trovarti all’altro capo dell’isola?”
 
Il moro indietreggiò, l’effetto che gli stava facendo Malfoy non gli piaceva per niente e rendere il suo viso una macchia sfocata gli sembrò l’unico salvagente abbordabile per evitare il naufragio.
 
“Riesco benissimo a tornare alla spiaggia, datti una mossa!” Ribatté sbrigativo prima di iniziare a nuotare a sua volta e mettere più acqua possibile tra sé e il collega.
 
Era stanco – non essendo abituato a nuotare – ma non vi fece caso e giunto a riva corse sulla battigia fino al limitare della vegetazione rigogliosa. Per prima cosa inforcò gli occhiali, senza preoccuparsi di bagnarli con l’acqua che ancora gocciolava dai capelli inzuppati, poi tentò di asciugarsi i boxer con un paio di incantesimi frettolosi e si infilò i jeans alla velocità della luce. Si stava frizionando i capelli quando Malfoy lo raggiunse, altero e tranquillo nonostante gli slip scandalosamente aderenti sui quali Harry cercò di non soffermarsi.
 
“Adesso non esagerare Potter, ci metteranno ore prima di ormeggiare in rada e non sbarcheranno prima del tramonto.” Malfoy pronunciò le parole annoiato, sollevando la faccia verso il sole e lasciando che rivoletti d’acqua solcassero il profilo dei muscoli compatti e gli avvallamenti molli tra essi.
 
Aveva la pelle d’oca, era magro, slavato e difficilmente poteva essere definito bello. Aveva piccoli nei sparsi su tutto il corpo e, man mano che si asciugava, il sale rimasto sulla pelle vi ricamava attorno delle specie di fiori impigliati tra la peluria bionda.
Merlino, Harry! Piagnucolò con se stesso, Come se non avessi mai visto un uomo nudo prima d’ora!
Ecco come lo riduceva l’astinenza, se iniziava a pensare che Malferret fosse attraente significava che la sua vita sentimentale era prossima al punto di non ritorno.
 
“Meglio essere pronti.” Rispose brusco, sedendosi sotto le palme e decidendo che no, non sopportava affatto Draco Malfoy. 
 

***
 

Come previsto da Malfoy il veliero ci mise un’eternità per raggiungere la baia e gettarvi l’ancora. Quando il cielo iniziò a prendere fuoco e il sole divenne un’enorme palla arancione che colava a picco all’orizzonte, una scialuppa si staccò dal vascello per far approdare nella cala cinque uomini e due casse di legno. In un trionfo finale di rosa, rosso e indaco, osservarono ben nascosti i pirati sbarcare e adoperarsi ad allestire un falò.
Avevano pianificato tutto nei dettagli prima della partenza: avevano aspettato che i pirati fossero accampati e riuniti per confonderli facendogli credere di far parte della ciurma. Purtroppo il loro ricercato aveva agito indisturbato anche quella volta, senza lasciare affidabili tracce da seguire e impedendo loro di affermare con certezza se fosse ancora sull’isola. Abbandonare il piano di risoluzione del paradosso per rintracciarlo – come aveva impulsivamente suggerito Harry – avrebbe potuto rivelarsi un’azione fallace facendogli prendere solamente un altro granchio. Così, a quel punto, avevano entrambi concordato sull’attenersi al piano stabilito con il resto della squadra e individuare chi fosse il mago tra i corsari, indagare su cosa dovesse fare sull’isola – se nascondere o cercare un tesoro – e suggerirgli l’incantesimo di orientamento da ripristinare, non avrebbe dovuto essere così ostico.
 
“Spugna, non fare l’avido e passa il rum!” Imprecò Long John.
 
Il mozzo grasso e avvinazzato si staccò dalla bottiglia di liquore con un singhiozzo, “Ma ne ho preso appena un sorso…”
 
Il pirata con un solo, crudele occhio azzurro e una benda sull’altro gli strappò la bottiglia dalle mani. “Brutto ubriacone che non sei altro! Ne abbiamo solamente una cassa, come la mettiamo se la finisci tutta senza offrirne agli altri?”
 
“Ricordi cosa è successo al vecchio Gamba di Legno? Aveva finito le scorte di nascosto …” Rievocò Dente d’Oro, seduto all’altro capo del fuoco, con il suo sorriso marcio e maligno e il dente incapsulato d’oro che brillava nella bocca nera per il continuo masticare tabacco.
 
“Ragazzi suvvia, stiamo calmi, domattina ci servono tutte le braccia per trasportare e seppellire il bottino. Cantiamo una canzoncina e beviamoci su!” Propose il giovane Jimbo, quello dall’aspetto amichevole che – tuttavia – dicevano essere il più efferato dei presenti e sfruttare proprio la sua prima, innocua impressione per cogliere i nemici di sorpresa.
 
Forse era per i racconti che si erano scambiati durante la cena, o forse per i pugnali e le numerose lame che avevano affilato dopo cena, sta di fatto che il sorrisino illuminato dalle fiamme rosse e fumose fece somigliare il quieto Jimbo a una delle tante creature oscure che Harry aveva combattuto in qualità di Auror. Era quasi sicuro che fosse lui ad avere poteri magici. Scacciò una zanzara che gli assillava l’orecchio e si grattò le pizzicate già ricevute sul collo. Doveva ottenere la fiducia del corsaro e verificare la sua ipotesi.
 
“Yo ho, yo ho,” Intonava allegro quello, “la vita da pirata per me! Saccheggiamo, razziamo, esploriamo e prediamo…”*
 
“Rimarremo nei cuori, yo ho!” Risposero in coro tutti gli altri, sfoderando in contemporanea le armi e agitandole in aria con fervore.
 
Anche Malfoy cantava – fingeva di farlo, era impossibile che conoscesse le parole di quella canzoncina assurda – e sghignazzava allegramente, alla faccia della professionalità con cui la menava tanto.
 
“Sfregiato prendi un sorso di rum.” Jimbo gli stava allungando la bottiglia sorridente e caloroso.
 
Quel cretino di Malfoy aveva deciso entrambi i loro ‘nomignoli pirateschi’, Sfregiato e Serpe, senza che lui potesse aprir bocca in proposito, non gli era rimasto altro che fargli i complimenti per l’originalità.
 
Stava per rifiutare quando gli venne un’idea.
 
“Passa qua, prima che se lo scolino quei pozzi senza fondo!” Ghignò afferrando la bottiglia e portandosela alla labbra per bere.
 
Il rum gli incendiò la gola e l’esofago in sequenza, probabilmente tutta la prima parte delle vie digestive se n’era andata a farsi fottere con una sola goccia di quella roba imbevibile. Non riuscì a trattenere la smorfia di disgusto e sentì l’altro ragazzo ridere.
 
“Reciti bene, sembra quasi che tu non sia abituato al suo sapore!”
 
Tossì e la voce fece fatica ad uscire rauca. “Già, me lo dicono tutti.”
 
Gli restituì il liquore e lo osservò bere come si trattasse di acqua di fonte.
“Rapiamo e devastiamo senza rumore. Rimarremo nei cuori, yo ho!” Continuavano con il coretto e il giro del rum tutti gli altri.
“Yo ho, yo ho, la vita da pirata per me!” Canticchiava Malfoy con un braccio sulle spalle di Long John.
 
“Jimbo mi hai mai raccontato la tua storia?” Chiese al giovane pirata dopo essersi ritrovato una seconda sorsata di rum ad infiammargli la gola, la sensazione di sputarlo fuori fu meno persistente e il successivo, profondo respiro recò di nuovo l’aria mite e densa della notte tropicale.
 
L’altro si fece casualmente più vicino, probabilmente attirato dalla bottiglia che Harry si era dimenticato di passare.
 
“In effetti no, ma non c’è molto da raccontare.” Gli sorrise ferino. E bevve.
 
“Una storia è comunque una storia, e posso affermare per esperienza che il narratore spesso conta più del narrato.” L’Auror si stupì della sua stessa eloquenza – come diavolo gli era venuta fuori una frase del genere? Che fosse il rum a parlare per lui? La supposizione non lo allarmò quanto avrebbe dovuto.
 
Jimbo gli si avvicinò ulteriormente e, d’un tratto, sfoderò il coltello che portava alla caviglia. Harry aveva già la mano sulla bacchetta, quando usò l’arma per staccare un ramo corto e relativamente sottile dal tronco su cui erano seduti. Iniziò ad intagliarlo distrattamente e i trucioli ancora umidi di salsedine cadevano ai suoi piedi come le scintille di un incantesimo. Harry rimase stregato dal loro lento accumularsi sulla sabbia e dallo sguardo concentrato del corsaro.
 
“Hai ragione, sai. Vai alla cassa e prendi un’altra bottiglia di rum, a parlare mi si secca la gola.”
 
Il moro si alzò e vacillò un istante. Si riprese immediatamente e tornò al falò con due bottiglie: una la fece passare tra gli altri pirati, che gli dedicarono entusiasti l’intera strofa di una nuova canzone, poi svitò il tappo dell’altra, prese un sorso e la offrì a Jimbo.
 
“Mia madre lavorava in una locanda sull’oceano, nel sud dell’Inghilterra, sono cresciuto là senza aver mai conosciuto mio padre. Non volle dirmi chi fosse o perché se ne fosse andato e per anni ho pensato che fosse un marinaio, forse perché ho sempre sentito di appartenere al mare anch’io. Il mare… sai, il mare mi chiamava, la notte. Ed era un richiamo irresistibile.”
 
Il fuoco riverberava nei suoi occhi scuri e i capelli sembravano onde accavallate l’una sull’altra. Harry bevve ancora e, questa volta, il rum scese dolce ad avvolgergli la lingua e riempirgli la bocca. Ne prese dell’altro e gli sembrò che un’eco ammaliante risuonasse tra le sillabe pronunciate dal ragazzo.
 
“L’Inghilterra è piuttosto lontana.” Commentò.
 
“Già, lo è.” Si voltò lui con un sorriso seducente e così innocente sul viso abbronzato. “Ma dopo aver ucciso quelli che hanno cercato di derubare la locanda e abusare di mia madre non era il caso di rimanere nei paraggi.”
 
Harry bevve un altro sorso di rum che andò giù come uno sciroppo aspro e lenitivo ad intorpidire i sensi e la paura.
 
“Incontrare Long John è stata la mia fortuna, mi sono imbarcato con lui e abbiamo cambiato un paio di navi prima di unirci a voi.” Concluse la sua storia soffiando per togliere la polvere dalla piccola sirena abbozzata nel legno chiaro.
 
La figurina allora si mosse, dalle sue mani si tuffò nei riccioli al suolo e vi nuotò come fosse nel mare. Harry sbarrò gli occhi. Li chiuse, se li strofinò per bene e li riaprì. La sirenetta era tornata immobile tra le mani di Jimbo. Che ci fosse sempre rimasta? No… Harry era abbastanza sicuro di quello che aveva visto.
Fissò gli occhi in quelli del pirata e dentro vi vide l’oceano. Quel ragazzo non era certo un babbano e men che meno era umano. Doveva dirlo a Malfoy.
Dopo. Gliel’avrebbe detto dopo.
 
Fece ondeggiare la bottiglia che aveva in mano, ormai mezza vuota, in un’implicita offerta che l’altro accettò con piacere.
 
“Come faremo a trovare il luogo in cui depositare il bottino? Perché con tutto quello che abbiamo fatto fuori stanotte ci vorrebbe una magia per trovarlo al primo colpo e non perderci in giri inutili.” Buttò lì con indifferenza non riuscita e una risatina nervosa di troppo.
 
L’altro strinse le palpebre attento. “Abbiamo la mappa, dovremo farcela bastare.”
 
Allora Harry rise – la spensieratezza ce la mise il rum che evidentemente aveva fatto il suo dovere – e meditò a malapena sulla frase da cui poteva dipendere l’esito della loro indagine: “Beh, io dico che se ci fosse una magia, un incantesimo – ti immagini? Che ci potesse almeno indicare il Nord, e di conseguenza gli altri punti cardinali, queste diventerebbero delle belle scampagnate! Pensa al vantaggio che si avrebbe anche sugli altri pirati nel nascondere i bottini razziati.”
 
Jimbo fece un movimento fulmineo ed Harry pensò che lo stesse per pugnalare alla pancia perché aveva sempre quel profondo sguardo inumano e quel maledetto coltello in pugno.
Invece il colpo venne sferrato, sì, ma a qualche metro di distanza dove Spugna strisciava lentamente fino alla cassa con i viveri e il resto dell’alcool, si era infilzato nella sabbia a un palmo dalle mani tremanti dell’ubriacone che si era ritratto lento e rassegnato verso il falò.
 
“Sarebbe davvero una bella trovata, Sfregiato.” Disse il pirata, poi si alzò a recuperare la sua lama.
 
Il moro scattò in piedi, si allontanò malfermo dal cerchio chiaro del fuoco e dopo due passi sbatté contro Malfoy che avanzava nel buio.
 
“Ehi, che diavolo fai? Mi vieni addosso?”
 
“Sh! Sfregiato parla piano…” lo ammonì afferrandolo per i gomiti. “Per Salazar, quanto hai bevuto?! A starti vicino sembra di essere in una distilleria!”
 
Harry ridacchiò e pensò che Malfoy, invece, avesse un buon profumo di colonia e di mare. Aveva anche un naso piuttosto lungo. Si sentì strattonare.
 
“Hey, mi stai annusando?”
 
“Affatto.” Biascicò.
 
“Per Salazar, che peso morto!” Si lamentò trascinandolo ancora più lontano, verso la vegetazione al limitare della spiaggia.
 
“Si accorgeranno che ce ne stiamo andando!” Protestò allarmato ricordando il pugnale di Jimbo e il sorriso nero di Dente d’Oro.
 
“No, sono tutti ubriachi fradici e mezzi addormentati. Ho affatturato il tuo amichetto e il mozzo non è mai stato una minaccia.” Replicò Malfoy, lanciando comunque un Muffliato e un paio di incantesimi di disillusione su di loro.
 
Notevolmente sollevato Harry si ritrovò a paragonare Malfoy ad un comodino. Quando si svegliava a casa, che fosse già mattina o ancora notte fonda, sapeva che gli bastava allungare una mano verso il comodino per afferrare gli occhiali e la bacchetta: il comodino era lì, con tutto ciò che gli serviva. E sì, Malfoy gli ricordava un comodino spigoloso ed inquadrato, tirato a lucido senza un filo di polvere sopra; un mobiletto elegante con un paio di cassetti ben chiusi contenenti un intero, caotico universo nascosto al resto del mondo.
 
“Comodino…” si lasciò sfuggire.
 
Inarcò le sopracciglia chiare. “Come scusa?”
 
“Tu sei un comodino Malfoy.” Bissò convinto ma trovando difficoltoso esporre i propri pensieri.
 
Il pozionista lo guardò perplesso prima di ribattere seccato: “Tu allora sei un vaso da notte.”
 
Harry scoppiò a ridere sollevato – Merlino, era così felice che Malfoy gli parlasse come prima! E non gli importava più se aveva voluto smollarlo, avrà avuto le sue ragioni chiuse anch’esse a chiave nei cassettini, l’importante era che fosse lì ora – che il suo comodino fosse accanto al letto con la sua solidità e i suoi segreti illusoriamente a portata di mano.
 
Malfoy lo strattonò stizzito e batté un piede al suolo. “Ci stai prendendo gusto a bere? La tua vita fa talmente schifo che ti è rimasto solo l’alcool?”
 
L’azione precedette il ragionamento cosciente grazie alla definitiva dipartita di freni inibitori e pudore, assecondando l’inerzia dei suoi spintoni e bypassando tutte le rimostranze connesse a quella follia alcolica, il moro si premette contro il collega. Le sue labbra erano così vicine che era davvero un peccato non toccare anche quelle. Sollevò leggermente il mento e stampò la bocca su quella dell’altro.
Era davvero una bella sensazione, un bell’incastro. Stava per approfondire il bacio e stava già pensando a dove avrebbe potuto far vagare le mani – se verso l’alto o verso il basso – quando venne spinto via violentemente.
Il mondo vorticò e la terra morbida si scambiò con il cielo stellato, prima di tornare tutto sfocato al proprio posto attorno alla figura furente di Draco che lo fissava allucinato dall’alto.
 
Con vago orrore si rese conto (non pienamente) di averlo appena baciato. Si alzò faticosamente, si sfiorò le labbra con le dita e poi si concentrò sul ragazzo di fronte che si stava sfregando veemente il dorso della mano sulla bocca per pulirla da uno sporco invisibile ed era… molto, molto arrabbiato. Si sentì morire, desideroso di sprofondare inghiottito dalla sabbia argentata e fine come i suoi capelli.
Il pozionista prese a camminare avanti e indietro, con i pugni stretti lungo i fianchi e lo sguardo basso, l’abbigliamento da pirata che non gli donava affatto e lo faceva sembrare un bambino con indosso un costume di carnevale. Harry pensò che rimanere fermo e in silenzio fosse la cosa migliore da fare, anche se baciarlo di nuovo sarebbe stato l’ideale.
 
Malfoy gli si avvicinò minaccioso sollevando un dito e sforzandosi visibilmente di non strangolarlo. “Fai cose idiote da sobrio e ora nemmeno lo sei, quindi… ne riparleremo.”
 
Annuì debolmente, soggiogato dalle sue labbra lucide sotto la luce della luna.
 
“Ora dimmi cosa diavolo hai confabulato con il mago per tutta la sera.”
 
Ecco perché era andato a cercare Malfoy! “Jimbo non è un mago, è mezzo uomo e mezzo… creatura marina, credo. Ma sicuramente ha dei poteri magici.”
 
“Un mezzo maride?” Propose il biondo.
 
Fece spallucce. “Non lo sa nemmeno lui, non ha mai conosciuto suo padre. Comunque gli ho parlato dell’incantesimo di localizzazione.”
 
“Quindi dobbiamo solo aspettare?” Si prese la radice del naso tra le dita e sospirò chiudendo gli occhi, “Non mi fido di te quando sei nel pieno possesso delle tua facoltà mentali, come posso farlo adesso? Per Morgana e le sue sottane!, non potevi solo fingere di bere? No, Mister Sincerità non avrebbe mai potuto farlo. Grifondoro idioti che non siete altro, dovrei pure preparati una pozione anti sbornia per essere attivo domani? Ma io non credo proprio, ti arrangi. Te lo meriti.”
 
Mentre continuava il suo alterato monologo alle conchiglie e alle foglie di palma, Harry lo osservava con in testa la melodia dei pirati e si sentiva tutto scombussolato e pacifico allo stesso tempo. Forse era il suono della risacca che si fondeva armonioso con le centinaia di altri piccoli rumori notturni, erano inviti a rimanere incagliati lì – come le stelle nel firmamento. Poteva non pensare a nulla, in questo luogo che non era più terra ma non era ancora mare. Non era vita falsa, non era vita vera. Era tempo, tempo che passava e basta. Quel giorno avevano lasciato impronte sulla sabbia che erano rimaste lì, precise e ordinate, a tracciare i loro percorsi. Ma domani mi alzerò, guarderò questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, non un'orma, un segno qualsiasi, niente. Sarà come se non fossimo mai stati qui, come se noi non fossimo mai esistiti. E sarebbe stato così davvero, perché sarebbero tornati al loro presente dove non c’erano superfici plasmabili e non c’era il mare che cancellava, di notte, né la marea che nascondeva, dove avrebbero dovuto affrontare ogni giorno con addosso il peso in più dei giorni passati.
 
“Rimarremo nei cuori, yo ho. Yo ho, yo ho. La vita da pirata per me.” Sussurrò alla miriade di brillanti asterischi appuntati nel cielo.
 
Malfoy gli si sedette accanto – anche se lui non ricordava di essersi seduto – e alzò il viso furioso verso le stelle.
Harry vide il piccolo neo che aveva sul collo e realizzò che voleva ancora baciarlo, lo voleva addirittura più di prima. Era poi una cosa tanto terribile? Conveniva aspettare mattina e ragionarvi a mente lucida. Conveniva continuare a canticchiare frivolo e rimandare le spiegazioni a quando avrebbe ritrovato la coordinazione di azioni e pensieri.
 
Si umettò le labbra. “Ci infiammiamo e ci carbonizziamo, ardiamo e ci incendiamo. Rimarremo nei cuori, yo ho.”
 

***
 

Il calcio arrivò alla coscia doloroso e inaspettato. Mugolò di dolore e aprì gli occhi ferendosi con la luce gialla del mattino.
Un’acuta stilettata gli attraversò il cervello, dalla nuca alla fronte, e si afferrò il capo tra le mani sperando di frenare il roteare del mondo e attenuare il mal di testa. Aveva sete. La lingua era gonfia, lo stomaco sottosopra e il disgustoso sapore di rum era ovunque.
Malfoy gli tirò un altro calcio.
 
“Potresti evitare?” Gli sibilò a bassa voce, perché il suo stesso parlare accentuava il dolore sordo e martellante alla testa.
 
“Alzati Sfregiato, abbiamo un tesoro da nascondere.” Il tono di voce insopportabilmente alto.
 
Alzarsi fu arduo, dovette prima serrare gli occhi che bruciavano e non riuscivano proprio ad abituarsi a tutta quella luce improvvisa.
 
“Ho sete.” Brontolò.
 
“Bevi. Magari non dell’altro rum.” Gli rispose acido.
 
Fece una smorfia nauseata e si massaggiò le tempie. Poi andò alla ricerca di acqua.
I pirati erano al lavoro taciturni e cupi, avevano già smontato il falò e stavano raccattando i viveri avanzati per richiuderli nella cassa che sarebbe rimasta alla spiaggia con la scialuppa. Recuperò una borraccia e bevve avidamente.
Quei postumi erano una terribile punizione divina. Aveva notevoli buchi oltre cui non riusciva a ricucire i ricordi della serata appena trascorsa, ad esempio, non sapeva come aveva fatto a non accorgersi di quanto stava bevendo. E perché, ad un certo punto, si era messo a guardare le stelle con Malfoy che ora (grande novità!) lo odiava a morte più di prima? Aveva fatto qualcosa di stupido e avventato, senz’altro, solo che non ricordava cosa. Così non ricordava neanche come fosse ritornato al fuoco e avesse potuto addormentarsi a cuor leggero. In compenso ricordava bene quella ripetitiva canzoncina…
 
“Levati dai piedi!” Gli intimò Stoccafisso con voce roca e graffiante che, unita al sinistro occhio azzurro e all’olezzo di pesce che lo accompagnava (da cui il soprannome ben azzeccato), lo fece sobbalzare vistosamente.
 
Harry si passò la mani sulla blusa sporca e plissettata, con noncuranza tastò il Saltatempo sotto il polsino e la bacchetta sotto la fascia stretta in vita. Fortunatamente era tutto al proprio posto. Notò Jimbo studiare assorto la mappa dell’isola con una spessa ruga tra le sopracciglia. Tanta concentrazione per pensare all’incantesimo Quattro Punti?
Un momento! Ce l’aveva fatta! Incanto Quattro Punti: gliel’aveva insegnato Hermione durante il Torneo Tremaghi e lui l’aveva usato nel labirinto. Ricordava la formula, il difficile movimento secco del polso per effettuarlo correttamente e le decine di casi in cui vi aveva fatto ricorso. Il paradosso è stato eliminato e riassorbito! Si sentì euforico – nonostante l’impressione che un Troll l’avesse usato come mazza da battitore per giocare a Quidditch durante la notte, e doveva dirlo a Malfoy.
 
Doveva dirlo a Malfoy… la sera prima aveva cercato il biondo per parlargli di Jimbo e lui aveva supposto che fosse un mezzo maride, il che spiegava diverse cose.
 
Lo vide sistemare la cassa con i tesori rubati su una sorta di portantina a quattro bracci che si sarebbero caricati sulla spalle a turno, lo aiutava Long John e il suo tricorno unto e macchiato di sangue lo fece rabbrividire.
 
“Ti piace stare a guardare?” Lo fulminò Dente d’Oro ruminante e con una mano inanellata fortuitamente adagiata sull’elsa della sciabola.
 
“No, stavo andando a dare una mano.”
 
Quello gli sorrise viscido e l’odore di tabacco mischiato al rum quasi gli scatenò un conato di vomito.
Passando vicino a Spugna, ciondolante e meschino nel fingere di sistemare le provviste per poter arraffare altro alcool, il moro raggiunse il compagno. Si stava legando una bandana intorno alla testa e le ciocche biondissime vi sbucavano sotto in netto contrasto.
 
Occhieggiò Long John. “Serpe hai visto la mia bandana? Il mal di testa non mi da’ tregua.”
 
Per fortuna Malfoy colse i sottotitoli e distanziò gli sguardi indagatori degli altri pirati cercando la fantomatica bandana nella sua borsa, lasciata accanto ai resti dell’accampamento.
 
“Non dovremo fare una caccia al tesoro, basterà usare l’Incanto Quattro Punti.” Disse il moro sottovoce.
 
Il pozionista si irrigidì poi rilasciò un lungo sospiro e si aprì in un mezzo sorriso sghembo, un ghigno degno del ruolo che interpretava.
 
“Ottimo, il rum non ha fatto solo dei danni! E non mi sto riferendo al tuo cervello, lì dentro non c’era rimasto niente di sano già da prima.”
 
Harry gli rispose con una smorfia e un gestaccio.
 

***

 
Un tempo pensava che avanzare nella foresta tropicale fosse avventuroso ed emozionante, ora trovava che fosse uno schifo e corrispondesse alla seconda punizione divina della giornata.
Jimbo li precedeva di qualche metro con la mappa e l’incantesimo, ovviamente occultato agli altri ignari componenti della ciurma. Long John procedeva per ultimo ed Harry aveva l’impressione che li tenesse costantemente sotto osservazione, come se avesse motivo di non fidarsi di loro. Si alternavano spesso per il trasporto della cassa e chi non la sosteneva liberava la via dalla vegetazione fitta e contorta con violenti colpi di sciabola.
Il moro avrebbe dato qualunque cosa per una pozione anti sbronza, il cerchio alla testa era diventato insopportabile, sudava copiosamente ed era costantemente assetato. La cassa sembrava pesare quintali, le zanzare – o insetti molto simili ma più fastidiosi – continuavano a tormentarlo, non faceva che incespicare e l’aria calda e umida era irrespirabile in assenza del vento gentile che soffiava dall’oceano. La camicia madida appiccicata alla schiena era una caratteristica comune a tutto il gruppo. Malfoy era silenzioso e gli sembrava strano faticare senza la compagnia delle sue lamentele, e se pensava una tale baggianata forse la sbronza non gli era completamente passata.
 
Dopo aver camminato per almeno tre ore si fermarono in un punto qualunque, nell’ombra verde e bagnata del cuore dell’isola. Spugna si accasciò al suolo, apparentemente svenuto, Stoccafisso, Long John e Jimbo si caricarono la cassa sulle spalle e sparirono all’interno di un’apertura rocciosa nascosta da muschi, rampicanti e altre rocce. Dente d’Oro rimase con loro, seduto con le braccia tatuate conserte a masticare con sguardo vitreo.
Malfoy si sfilò la bandana e la usò per asciugarsi il sudore sul volto, se la passò sotto il mento appuntito e sul collo, fino alla base della nuca. Harry rimase assurdamente affascinato dallo stillare di una nuova goccia di sudore e dalla sua scia: colò dalla mandibola, sotto la basetta bionda, e oltre l’angolo dolce scese lungo il collo vicino al piccolo neo. Come dev’essere baciare quella perla salata proprio in quel punto?
La testa dell’Auror implose ricollocando uno dei tasselli mancanti della serata e si sentì male.
Ho baciato Malfoy!? Si interrogò angosciato.
Ecco perché lo odiava, ecco svanita ogni possibilità che tra loro tornasse come prima… prima?! Avevano mai avuto un prima? L’ex Grifondoro aveva un paio di tragiche cosucce di cui discutere con se stesso, chiaramente, ma attualmente aveva anche altrettante lampanti realtà con cui fare i conti e non era da escludere che il suo smorfioso collega etero stesse meditando di farlo fuori.
Sentì la testa girargli e deglutì un rigurgito di nauseante autocommiserazione dal retrogusto alcolico. Si sentì patetico e infuriato con se stesso, si sentì uno schifo. Malfoy non faceva altro che farlo sentire uno schifo.
 
“Ci è stato sottratto qualcosa.”
 
La voce piatta di Stoccafisso li riscosse dall’apatia della sosta e delle tragiche conclusioni.
 
Dente d’Oro sputò a terra e bestemmiò. “Cosa? Dobbiamo trovare chi è stato e tagliargli la gola!”
 
“Non è nulla di importante, a mio avviso non è nemmeno necessario mettere il Capitano al corrente del furto.” Intervenne con tono pacato Long John.
 
“Di che si tratta?” Chiese Malfoy con un solo, lievissimo tremito nella voce.
 
Jimbo li guardò spietato uno ad uno. “Un bacile di pietra con iscrizioni e strani simboli, un oggetto di alcun valore accreditato. Tuttavia, ciò significa che qualcuno è a conoscenza di dove nascondiamo i nostri bottini ed è nostro dovere informare il Capitano della cosa. Sarà lui a decidere come agire.”
 
 
 








 

 
Note di fine capitolo : *la canzone che faccio canticchiare per tutto il capitolo è quella dei Pirati dei Caraibi, azzeccatissimo suggerimento di Moony! http://www.youtube.com/watch?v=3A19q7rysLs

Avete colto anche gli altri riferimenti che ho infilato tra le righe ?! ;)
  
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