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Autore: Thefoolfan    11/06/2013    4 recensioni
AU. Sequel della fanfiction "La loro storia" in cui si ripercorrerà quanto accaduto a i nostri protagonisti e ai loro compari in un arco temporale che si aggira attorno all'anno successivo dalla conclusione del prequel
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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- Questa storia fa parte della serie 'Le storie di una vita'
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Da diverse ore il sole era ormai sorto, innalzatosi placidamente dal mare dando un dolce risveglio ai villeggianti, fermandosi al di sopra delle acque, facendole brillare come il diamante più prezioso. Beckett ammirava tutto quello dal balcone, godendosi la propria momentanea solitudine. Rimaneva con i gomiti appoggiati sulla ringhiera ad osservare l'orizzonte davanti a se, muovendosi solamente quando il vento le scompigliava i capelli, obbligandola ad andare a sistemarseli di nuovo dietro le orecchie. Gli occhi fissi sul mare azzurro e sulle piccole imbarcazioni che lo solcavano per raggiungere il largo, diventando poco a poco quasi un miraggio per la donna, scomparendo come inghiottite dal mare stesso. Scostò lo sguardo verso un punto lontano della spiaggia, attirata dalle risate felici di un bambino che si divertiva a giocare con il proprio cane, lanciandogli un pezzo di legno nell'acqua dove ogni volta l'animale imperterrito andava a recuperarlo, il tutto sotto lo sguardo amorevole della madre che applaudiva divertita dalle prodezze dei due. Sorrise a quella scenetta andando a guardare poi il proprio cellulare appoggiato accanto al proprio braccio. Aveva approfittato del fatto che Castle ancora dormisse per sentire i propri genitori, per rassicurarli che tutto fosse a posto, e chiamare inoltre Lanie a cui aveva promesso di descriverle quel paradiso oltre che aggiornarla su alcuni dettagli piccanti della prima notte di nozze. In quella quiete assoluta si ritrovò a pensare a cosa le aveva riservato la propria vita, a tutte le scelte che l'avevano portata sino a quel momento e a ciò che l'avrebbe aspettata a casa una volta conclusa la luna di miele. Il lavoro era il suo pensiero fisso, chiedendosi se le cose tra Castle e lei sarebbero cambiate, se il fatto di essere sposati avrebbe fatto sembrare tutto più pericoloso di quanto già non apparisse ai loro occhi. Vari scenari le si prospettarono nella mente e in quell'istante si ritrovò a bramare un caso, un qualcosa che le tenesse la mente impegnata per non essere soggiogata da quei pensieri pessimistici. In quel luogo da sogno però lei non era una detective, era solo una novella sposa che voleva godersi il più possibile la vita accanto all'uomo che amava. Eppure, a causa di un motivo a lei sconosciuto, si ritrovò a tremare, sentì freddo tanto che si avvolse nella camicia indossata, stringendo le braccia attorno al ventre.

 Aveva 34 anni e nonostante quello sentiva che la sua vita era appena cominciata e questa volta non voleva commettere gli errori passati, avrebbe fatto tesoro delle esperienze vissute cosi da migliorare il proprio futuro, il suo e quello di Castle. Cosi come successo al marito la notte precedente anche lei sentì il bisogno di sfuggire da se stessa e quel mare senza fine sembrava la scappatoia migliore. Prese il cellulare e lo appoggiò su di uno degli sdraio, togliendosi poi la camicia cosi da rimanere solamente con il costume da bagno. Posò anche l'indumento e si diresse verso la spiaggia quasi del tutto deserta, coprendosi gli occhi con la mano cosi da ripararsi dai caldi raggi del sole che cominciarono a riscaldarla. Compì qualche passo nell'acqua cristallina, facendo scorrere le mani sulla sua superficie, sentendola liscia come la seta sotto le sue dita, e proseguì lentamente fino a che non le arrivò all'altezza del petto. Si guardò attorno vedendo le altre poche persone presenti lontane da lei. Si bagnò le spalle e il viso abbassandosi nell'acqua, fece un lungo respiro riempiendosi i polmoni d'aria e poi affondò con tutto il proprio corpo rimanendo sospesa a metà tra la superficie e il fondale. Si diede la spinta con le gambe e prese a nuotare agitando i piedi verso l'altro e il basso, allungando le mani per raccogliere le più disparate conchiglie che attiravano la sua attenzione. Continuò cosi per diversi minuti, risalendo a galla ogni volta che si ritrovava in debito d'ossigeno, per poi immergersi ancora, tornando a guardare i pesci e i coralli che popolavano quello specchio d'acqua, fino a quando non senti i muscoli protestare, decidendo cosi di interrompere quella nuotata. Non fu del tutto fuori dal mare che vide Castle sdraiato su di un asciugamano sulla sabbia, mentre un altro destinato a lei gli giaceva accanto. Il detective non si accorse della donna dato che se ne stava a pancia in giù, con gli occhi chiusi e le braccia sotto la testa, intento ad abbronzarsi. Beckett si avvicinò a lui di soppiatto, cercando di non farsi notare dal marito mentre metteva le proprie mani accanto alle spalle dell'uomo, rimanendo a carponi per poi chinarsi ritrovandosi petto contro schiena. Castle sorrise aprendo l'occhio destro cosi da guardarla.

 “Comoda?”. Domandò lui prendendole una mano e avvicinandola al proprio viso, tenendo le dita intrecciate cosi da tenerla vicino, senza muoversi troppo per non farle perdere quel già precario equilibrio, sentendo le gocce d'acqua trasferirsi sul suo corpo, tracciando dei rigagnoli che dalla schiena scendevano lungo i lati del suo corpo finendo poi assorbiti dall'asciugamano.

 “Molto”. Rispose semplicemente Beckett posando la propria testa in mezzo alle spalle dell'uomo, picchiettandogli un fianco con il dito indice. “Sei morbido. Hai messo su qualche chilo mi sa”. Ridacchiò la donna mentre Castle offeso sbuffò, girandosi con cautela facendola cosi scivolare sopra il proprio asciugamano.

 “Sappi mia cara che è colpa tua”. Si giustificò cercando un altra posizione, appoggiandosi sugli avanbracci cosi da tenere il busto sollevato e guardarla mentre anch'ella si distendeva a prendere il sole. Beckett gli lanciò un occhiataccia ma non si scompose, sapendo che di certo il marito avrebbe tirato fuori una delle sue solite scuse assurde.

 “Ormai ti ho conquistata e non sento più la necessità di tenermi in forma per fare colpo su di te”. Sogghignò soddisfatto l'uomo aggiustandosi la folta chioma come facevano i divi di Hollywood, sotto lo sguardo incredulo di Beckett.

 “Avrei preferito un complimento sulla mia cucina piuttosto che l'essere la scusa del tuo cedimento fisico”. Una smorfia si palesò sulle labbra di Beckett che abbassò le palpebre per non essere infastidita dal sole che le batteva negli occhi facendoglieli lacrimare.

 “Nulla però ti impedisce di fare un po' di movimento, potresti fare yoga con me per cominciare”. Suggerì la donna sistemandosi sull'asciugamano, sentendo un piacevole refrigerio provocato dalla pelle ancora umida sulla quale i raggi del sole faticavano a produrre il loro effetto. “Ne gioveresti anche sul lavoro, l'ultima volta hai fatto fatica a stare dietro a quel sospettato che fuggiva”. Affermò Beckett cercando di rimanere la più seria possibile, immaginandosi il volto imbronciato del marito a causa di quella sua constatazione. Lo percepì muoversi silenziosamente al suo fianco, avvicinandosi a lei, coprendole con la propria ombra parte del corpo, la detective mosse le iridi sotto le palpebre ma non le aprì, attendendo la sua battuta.

 “Credo di aver già fatto molto movimento in questi giorni e molto altro me ne attende”. Notò Castle distendendosi su di un fianco, puntando un gomito nella sabbia, tenendo la testa appoggiata sul palmo della mano sinistra mentre con la destra si allungava su di lei. Partì dalla coscia tracciando una linea verticale con il dito indice fino ad arrivare ai fianchi dove altre dita si aggiunsero a quella velata carezza. Salì fino al petto dove venne fermato da uno schiaffo di Beckett quando cercò di infilarsi sotto il bikini.

 “Sai stavo pensando che quando torniamo a casa dovrei parlare con Montgomery”. Enunciò la donna sotto lo sguardo dubbioso di Castle. Il detective si fece improvvisamente serio dando alla moglie tutta la sua attenzione, bloccando il movimento della sua mano che si fermò sul grembo di lei. Quelle sue parole lo avevano colto alla sprovvista creandogli un fastidioso senso di sgomento. Castle mosse la testa, cercando l'angolazione adatta per far ombra sul volto della moglie, permettendole cosi di aprire gli occhi e di creare quel contatto visivo di cui il detective aveva bisogno.

 “Qualche motivo particolare?”. Domandò l'uomo tenendo le iridi incollate a quelle della moglie, vagliando nella propria mente tutti i possibili e diversi motivi per spiegare quelle sue intenzioni.

 “Non dirmi che vuoi licenziarti”. Affermò tutto d'un tratto, impedendole di parlare. “D'accordo siamo sposati ma non ti chiederei mai un sacrificio simile”. Cominciò a dire muovendo la testa e le spalle, corrugando la fronte al pensiero di quella eventualità, alla possibilità d non averla più tra i piedi al distretto. “Sò quanto è importante per te il tuo lavoro e non riesco a immaginare come sarebbe non averti li”. Rivelò Castle una cosa di cui Beckett era ben consapevole, era una cosa che il marito le aveva detto più e più volte e per lei valeva lo stesso, non riusciva a pensare a una giornata passata lontana dal distretto e dai colleghi.

 “No, tranquillo, licenziarmi è l'ultimo dei miei desideri”. Lo rassicurò Beckett scostando lo sguardo da lui, guardando il cielo azzurro e privo di nubi. Piegò un ginocchio e serrò le labbra incerta se dire o meno all'uomo della sua idea, chiedendosi se lui l'avrebbe appoggiata o ostacolata. Abbassò gli occhi osservando le dita di lui sul proprio corpo, andando a posare una propria mano su di esse, stringendole con delicatezza.

 “é che entrambi sappiamo che Montgomery l'anno prossimo andrà in pensione”. A quella osservazione Castle sembrò recepire qualcosa, una piccola luce gli si accese nel cervello ma questa volta non disse nulla, preferendo sentire di quell'aspirazione direttamente dalla donna.

 “E questo comporterà l'arrivo di un nuovo capitano”. Continuò giocando con le dita di lui, graffiandone lievemente la pelle che diventò bianca la dove le unghie passavano . Beckett tornò ad osservare il suo volto perplesso, sorridendo a quell'espressione corrucciata, la stessa che aveva ogni volta che si presentava loro un caso difficile.

 “Temi che abbia da ridire sul fatto che siamo colleghi e siamo sposati?”. Domandò il detective sapendo bene che quello non poteva essere il motivo per cui la moglie tentennava tanto, sapeva che era una donna intelligente che non si soffermava a sciocchezze simili.

 “No questo assolutamente no”. Scrollò il capo con decisione lei, alzando una mano e posandogliela sulla spalla, applicando una leggera pressione cosi da spingerlo verso di lei. “Però pensavo che quel nuovo capitano potrei essere io”. Dichiarò tutto d'un tratto , strizzando gli occhi, aspettandosi un qualche gesto di disapprovazione da parte di Castle. Essere capitano comportava più responsabilità, più stress, più scartoffie, uno stile totalmente diverso da quello che vivevano da detective.

 “Vorresti far domanda per sostituire Montgomery?” Domandò Castle per aver la conferma di quanto aveva sentito e quando la donna annuì si ritrovò senza parole. Prima di allora non aveva mai accennato a un eventualità simile e ora si trovava spiazzato. Il detective si ritrovò a fissare la fine sabbia, sentendo le proprie membra sciogliersi sotto il sole, sprofondando ancora di più nel terreno. Per una qualche strana ragione quell'idea gli martellava fastidiosamente la testa non riuscendogli a far accettare una simile eventualità.

 “Perchè?”. Fu l'unica parola che riuscì a estrapolare dai propri pensieri mentre Beckett sollevò il petto appoggiandosi sulle braccia, trovandosi improvvisamente scomoda a star sdraiata di fronte all'uomo, quasi quella posizione le avesse dato un qualche tipo di svantaggio.

 “Perchè ora sono tua moglie Rick”. Rispose facendo un profondo respiro, cercando i suoi occhi cerulei che la evitavano, scostando poi lo sguardo per soffermarsi sui muscoli delle braccia dell'uomo.

“Non sono più semplicemente una detective, tutto è mutato”. La detective si mosse ancora, mettendosi seduta sull'asciugamano, sollevando entrambe le ginocchia, andando ad abbracciarle, rannicchiandosi il più possibile. Aveva bisogno di sentirsi avvolta tra le braccia del marito per sapere che tutto era a posto ma l'unico abbraccio che le era concesso era il proprio, che sentiva freddo e privo d'amore. “Per quanto ami lavorare sulle scene del crimine le mie priorità sono cambiate e cambieranno ancora.”. Sospirò la donna accennando un sorriso in direzione del marito, il quale era ancora troppo attonito, spaesato, vigliacco per andare a ricambiare. Castle comprese subito che la donna era combattuta, che quella decisione la faceva soffrire e non voleva che la prendesse solamente perchè spinta dal momento che stavano vivendo. Richiamando a se tutto il suo coraggio e la forza che l'amore per la donna gli donavano il detective si trascinò sulla sabbia fino a mettersi alle spalle di Beckett che subito sprofondò nel suo abbraccio, rilassandosi felice per quel ritrovato contatto.

 “Devo mettere le basi per il nostro futuro Rick”. Enunciò dopo diversi minuti di silenzio in cui l'uomo non aveva fatto altro che cullarla nel suo abbraccio, nascondendo più e più volte la testa nei suoi capelli. “ Tu hai già rinunciato a molte cose per me ed è il momento che io faccia lo stesso”. Beckett appoggiò la testa sulla spalla del marito facendosi improvvisamente silenziosa, prendendolo per i polsi e invitandolo ad abbracciarla ancora più forte, a stringerla con fermezza ai fianchi. Sentiva come se dentro di lei ci fossero due Kate pronte a combattere l'una contro l'altra per prevalere e lei si trovava in mezzo non sapendo chi appoggiare.

 “Non voglio che rinunci a qualcosa per me, non ti chiederei mai di farlo”. Sussurrò Castle nell'orecchio della donna, dandole un leggero bacio sulla nuca andando ad accarezzare nel contempo le sue braccia. Voleva dimostrarle che non l'avrebbe mai lasciata sola, in particolare in quei momenti di indecisione. Entrambi poi si persero ad osservare ciò che gli stava accadendo attorno, vedendo che la spiaggia aveva accolto nuovi visitatori, molti dei quali si concedevano delle passeggiate rilassanti, non curandosi della coppia che silenziosamente stava aspettando l'uno il dire dell'altra.

 “Un giorno avremo una famiglia vero Rick?”. Quella domanda colpì l'uomo come una doccia fredda, il suo corpo si irrigidì di colpo mentre le braccia persero la loro presa attorno i fianchi della donna, ricadendo a terra.

 “Bhè, si, certamente”. Rispose strabuzzando gli occhi e tossicchiando nervosamente, sentendo all'improvviso ancora più caldo di quello provocato dal sole che batteva sulle loro teste. Beckett girò la testa andandolo a guardare.

 “Essere detective sarebbe troppo pericoloso”. Constatò la donna senza staccare gli occhi da lui. Per quanto amasse Castle non poteva negare che alle volte non la seguiva nei suoi ragionamenti, quasi non ci arrivasse o che non ragionasse a dovere, costringendola di volta in volta a sputare il rospo senza tralasciare alcun dettaglio. “Per me”. Aggiunse subito dopo, impedendo all'uomo di parlare, di dire ciò che lei già sapeva, che sarebbe sempre stato al suo fianco e che non avrebbe mai permesso che le accadesse qualcosa.

 “E se decidessimo di avere dei figli io dovrei star attenta ancora più di te”. Si rilassò a quel pensiero, immaginando che fosse suo figlio quel bambino che poco prima giocava con il cane, che fosse lei la madre che lo guardava colma di gioia ed orgoglio, non poteva rinunciare a quella realtà.

 “Perciò vorrei far domanda per diventare capitano, il massimo che potrebbe accadermi è di addormentarmi sulle scartoffie o ricevere qualche tirata d'orecchie dal sindaco. Tutte cose a cui posso sopravvivere”. Spiegò cosi Beckett in poche parole il motivo della sua decisione, sperando che a Castle bastassero, la donna sapeva bene che se il marito avesse sollevato anche un solo dubbio lei avrebbe perso ogni certezza che aveva in quel momento, la determinazione che l'aveva portata a fare quella scelta.

 Castle non parlò, lasciò passare diversi minuti in cui non fece altro che guardare davanti a se, trasformato improvvisamente in una statua sotto gli occhi della donna. Beckett comprese che nella sua mente si stavano affollando i più disparati pensieri e che lui ancora non era riuscito a riordinarli, non aveva ancora capito cosa voleva. Perciò attese, rimanendo immobile tra le sue braccia.

 “Non c'è fretta”. Disse infine, tirando un profondo respiro, allungando le gambe davanti a se e distendendosi sull'asciugamano, lasciando Beckett ancora seduta in mezzo a lui, perplessa per quel suo gesto, credendo di aver tirato troppo presto le conclusioni, forse Castle non l'avrebbe appoggiata questa volta, anzi l'avrebbe osteggiata trovandosi in disaccordo.

 “Prima che Montgomery se ne vada abbiamo un anno, 12 lunghissimi mesi di tempo per pensarci”. Puntualizzò chiudendo gli occhi ma alzando le braccia in sua direzione. “Ti sto aspettando”. Le disse muovendo le dita invitandola ad accomodarsi ancora contro lui. Beckett non se lo fece ripetere due volte e si sistemò sul suo petto, tracciando con le dita i contorni neri del tatuaggio sul fianco dell'uomo.

 “Comunque non vedo perchè tu non possa cominciare a proporti”. Le disse facendola sorridere contro la sua pelle. “Certo sarà strano per me averti come superiore, ma sono già abituato a prendere ordini da te”. Constatò inclinando la testa verso sinistra e facendo spallucce, muovendo la mano destra su e giù per il braccio della donna mentre l'altro braccio lo teneva sotto il capo usandolo come cuscino.

 “Inoltre non ti avrei tra i piedi durante le indagini e questo andrebbe tutto a mio favore”. Beckett a quella sua affermazione non si arrabbiò come avrebbe fatto in altre occasioni, ormai aveva imparato a conoscerlo. Ogni volta che Castle faceva una battuta di quel genere sapeva che in realtà voleva dire tutto l'opposto ma l'orgoglio gli impediva di farlo palesemente.

 La detective posò una mano sul suo sterno, tenendosi sollevata con il busto, mentre il resto del suo corpo aveva già sovrastato quello del marito, con la gamba destra che gli cingeva i fianchi e la mano libera posata accanto alla sua testa.

 “Ti mancherei”. Dichiarò Beckett portando il volto vicino a quello dell'uomo la cui faccia si contorse in diverse smorfie mentre mugugnava parole incomprensibili.

 “Da morire”. Confessò Castle tornando di colpo serio, sistemandole i capelli che gli cadevano addosso, volendo vedere la completezza del suo viso. “Senza di te le scene del crimine, gli interrogatori, l'indagine stessa, diventerebbe tutto troppo...”. Il detective chiuse la bocca e scrollò il capo, non sapeva nemmeno lui come poter definire quel senso di vuoto che la sua assenza gli avrebbe procurato.

 “Troppo?”. Insistette però Beckett volendo conoscere a pieno il suo pensiero, le serviva anche quello per capire cosa fare del suo lavoro, della sua vita.

 “Sconfortante”. Ribattè non troppo convinto che quella fosse la parola giusta che voleva utilizzare. “Non avrei la stessa fiducia di risolvere il caso come quando ti ho al mio fianco”. Fece a mala pena in tempo a finire la frase che non resistette più all'impulso di baciarla, quasi come se quella lontananza la sentisse già in quel momento. Beckett si lasciò trasportare dall'enfasi, ritrovandosi completamente sopra di lui fino a che, con un gesto repentino, Castle non la fece roteare con se sull'altro asciugamano, invertendo le loro posizioni.

 “A parte gli scherzi”. Riprese a parlare il detective senza fiato, facendo scorrere gli occhi su ogni centimetro di pelle nuda della moglie. “Saresti un capitano che tutti ci invidierebbero.”

 “Lo dici solo perchè mi ami. Non sei oggettivo”. Sottolineò Beckett quel dato di fatto che metteva sotto tutta un altra luce le sue parole, ma d'altronde sapeva che Castle non era mai stato cosi superficiale, anzi era cosi raro che facesse dei complimenti che nelle poche occasioni in cui accadeva non si poteva far a meno di credergli.

 “No, no, lo giuro”. Dichiarò portando una mano all'altezza del cuore mentre con l'altra si sorreggeva. “Lavorando nel Cirg ho avuto modo di incontrare i più disparati capitani e quelli in gamba come te si contano sulle dita di una mano”. Castle inarcò il lato destro della bocca, in un sorriso arrogante. “Anche se di cosi sexy..”. Alzò le sopracciglia in segno d'intesa con la donna, facendo scorrere la mano lungo la sua coscia, fino a giungere all'altezza del costume.

 “E poi non saresti obiettivo”. Gli fece notare la donna mentre lui posava il suo dito indice sulla sua bocca, seguendo il contorno delle labbra fino a che lei non le dischiuse, mordendogli maliziosamente il polpastrello.

 “E comunque..”. Sussurrò solo per lui, muovendo le iridi prima a destra e poi a sinistra, guardandosi attorno con circospezione. “Inizio a sentire caldo, molto caldo”. Asserì afferrandolo per il mento, avvicinandolo ulteriormente a lei, piegando la gamba destra facendo scorrere cosi le dita dei piedi sul suo polpaccio. Castle rilasciò tutto il fiato che aveva in corpo, cominciando a sghignazzare giulivo.

 “In effetti ora che me lo fai notare, lo sento anche io”. Non perse tempo nel baciarla, facendola arrossire per la sua bramosia che non sembrava aver fondo.

 “E so proprio di cosa avremmo bisogno”. Lo stuzzicò Beckett mordendogli il labbra, facendo scorrere le dita sotto il bordo del suo costume.

 “Un bel bagno refrigerante”. Constatò la donna vedendo l'espressione del marito mutare in un istante, dalla gioia all'incredulità. Lo scostò da lei alzandosi dall'asciugamano e cominciando a dirigersi verso l'acqua mentre il detective si trovava ancora in preda a uno stato di trance.

 “Un bagno”. Ripetè costernato Castle seguendo con lo sguardo la donna. “Andiamo Kate un bagno”. Si lamentò aprendo le braccia, guardandola camminare all'indietro, mostrandogli una mano e muovendo le dita per invitarlo ad unirsi a lei.

 “Per raffreddare i miei bollori servirebbe molto di più”. Commentò fra se e se, alzandosi con fatica da terra, posando le mani sulle reni inclinando la schiena all'indietro, sentendosi le ossa scrocchiare.

 “Cara mia se inizi già a farmi penare cosi durante il viaggio di nozze non oso immaginare ciò che verrà dopo”. Gli disse Castle incamminandosi verso di lei, rincorrendola nell'acqua dato che la donna non aveva la minima intenzione di fermarsi.

 “Ah ma lo faccio per te Rick”. Lo informò Beckett infilando una mano nell'acqua cosi da andare a schizzare il marito. “Sempre li a tenerti sulle spine, evitando cosi di farti annoiare e far diventare questo matrimonio monotono”. La donna non l'avrebbe mai permesso, si era ripromessa più e più volte di non far mai cessare quella loro complicità che li aveva tenuti legati per tutti quegli anni, non avrebbe mai fatto diminuire l'amore che Castle provava per lei.

 “Che io mi possa stancare del nostro matrimonio?”. Domandò retorico lui tuffandosi in acqua, raggiungendola con due ampie bracciate. “Con te al mio fianco è impossibile che accada”. Affermò convinto, infondendo in lei quella sua stessa fiducia. Beckett scrollò il capo e si lanciò tra le sue braccia baciandolo, protestando solo lievemente quando lui cominciò ad allentare il nodo del bikini. Non importava cosa il futuro riservava loro, entrambi sapevano che tutto sarebbe andato bene.

  
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