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Autore: AlwaysAttract    11/06/2013    18 recensioni
Louis non sapeva neanche come fosse riuscito a diventare stracotto di un tipo come Harry Styles, i giocatori di football non gli erano mai interessati, certo, ogni tanto ci faceva un pensierino quando li vedeva cambiarsi in spogliatoio, ma era sempre uscito con ragazzi semplici e divertenti, un po’ come lui.
Lui e il capitano della squadra di football non si erano mai sopportati prima dell’inizio dell’ultima estate: Harry non faceva altro che prendere di mira, insieme ai suoi amichetti, Louis per essere gay e Louis non poteva che soffiargli il primato in tutte le materie scolastiche e, ovviamente, anche la borsa di studio.
Verso metà luglio, per qualche inspiegabile motivo, avevano partecipato allo stesso campo estivo organizzato dalla parrocchia locale e, sempre per qualche inspiegabile motivo, si erano ritrovati a baciarsi, ubriachi fino al midollo, attorno alle ultime fiamme del falò mentre tutti gli altri dormivano nelle loro tende, ignari di tutto.
AU!Highschool
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: Ciao! Scusate, sono un po' di fretta e quindi queste note saranno corte! Come sempre, voglio ringraziarvi per le bellissime recensioni e per i complimenti! Tanti cuori e baci per voi :*
Da quanto ho letto dalle recensioni il precedente capitolo vi ha un po' demoralizzate, tranquille, non avete ancora letto questo! ;) Sono solo 3000+ parole e ci ho messo l'anima, ho anche affrettato i tempi, quindi mi trovate con un po' d'anticipo! (in realtà non è neanche uscito come volevo e ci saranno sicuramente degli errori!! :c) 
Grazie ancora e un bacio enorme! :*




 

Le lacrime, per Harry, erano sempre state un modo per sfogarsi, per non tenersi tutto dentro. Per lui era molto meglio farle uscire, piangere per ore e non nasconderle affatto.
Harry piangeva e si liberava, era sempre stato così, sin da quando era un bambino: aveva pianto per rabbia e vergogna la prima volta che, a sei anni, i ragazzetti più grandi gli avevano rubato il pranzo, aveva pianto tutta la notte quando, durante il suo primo anno in squadra, aveva perso una partita importante e aveva pianto quando aveva scoperto che i ragazzi lo attraevano più delle ragazze.
Poi Louis era entrato nella sua vita, e le sue lacrime erano soprattutto dedicate a lui.
Il giorno dopo il ballo, Harry rimase seduto sul letto per tutto il tempo con le lacrime agli occhi e il telefono all’orecchio. Non mangiò e non bevve nulla, voleva solamente che qualcuno dall’altra parte del telefono rispondesse. Non accadde, però.
I messaggi che aveva registrato per Louis in segreteria erano tanti, ormai non riusciva più a contarli sulle dita, e tutti erano un casino di parole sconnesse, tremanti e afflitte. Quelli più lunghi contenevano un sacco tiamotiamotiamo e di perdonami per favore. Quelli più corti lo pregavano solo di richiamarlo.
Anche Ed si rifiutava di parlargli, Harry gli aveva mandato troppi messaggi in cui chiedeva se aveva saputo qualcosa su Louis ma non ricevette nessuna risposta, e questo lo faceva stare così di merda che non riusciva a trattenere le urla quando nessun messaggio o nessuna chiamata faceva vibrare il suo telefono.
Quando Anne, sua madre, sentì un grido più forte degli altri, si precipitò verso il piano di sopra molto più che preoccupata. Trovò suo figlio seduto sul letto in lacrime, il suo telefono per terra e praticamente a pezzi e il comodino ribaltato.
«Tesoro, che succede?» chiese allarmata avvicinandosi a lui per abbracciarlo e posargli dei baci sui capelli. Harry non rispose e si lasciò cullare da sua madre fin quando non smise di piangere e di singhiozzare, sentendosi un po’ meglio.
«Amore, non voglio forzarti ma se non mi dici cosa ti è successo non posso aiutarti» riprovò Anne accarezzandogli i capelli ondulati e sorridendogli confortevole.
Harry tirò su con il naso e strofinò la guancia contro la spalla di sua madre, come un bambino piccolo.
«Penso di aver perso la persona più importante della mia vita» disse a bassa voce stringendo tra le dita i capelli scuri di Anne e chiudendo forte gli occhi. Harry non odiava sua madre, certo, aveva voglia di gridarle che aveva un figlio omosessuale quando la sentiva criticare l’approvazione dei matrimoni gay e quant’altro ma non la odiava, anzi, le voleva moltissimo bene e per molto tempo era stato molto geloso di lei.
Anne continuò ad accarezzarlo e poi gli prese il viso con le mani ben curate, «me ne vuoi parlare? Si tratta di Taylor?».
Harry aggrottò le sopracciglia e scosse la testa «no, no, Taylor non c’entra, lei non potrà mai essere la persona più importante della mia vita» disse convinto districandosi dalle braccia di sua madre per potersi appoggiare allo schienale del letto. Era incredibile come sua madre pensasse che lui fosse veramente a Taylor, nonostante le avesse detto mille volte che non gli piaceva e che non avrebbe mai concluso niente con lei perché era solamente una ragazza tutto aspetto e niente cervello.
«E quindi chi è? Hai conosciuto qualcun’altra?»
Il ragazzo chiuse gli occhi appena quel qualcun’altra invase la sua testa e «è tutta colpa mia» borbottò portandosi le mani sugli occhi per nascondere il viso.
Anne gli baciò ripetute volte la fronte e lo circondò con le braccia un’altra volta «vedrai che si sistemerà tutto» gli sussurrò all’orecchio «vado a farti una tazza di tè».
Appena sua madre uscì dalla sua stanza, Harry raccattò il suo telefono e lo aggiustò come meglio poteva. Si erano formate delle crepe sullo schermo ma niente di irreparabile, tirò un sospiro di sollievo appena si accese e come una furia compose il numero di Louis e, purtroppo, rispose di nuovo la segreteria telefonica.
 
10.13 p.m. “Lou, per favore, mi basta solo un messaggio per capire se stai bene.. Ti amo”
10.49 p.m. “Ti prego, mi manchi”
7.31 a.m. “Chiamami, ti prego, non ce la faccio più. P.S: buongiorno e ti amo tantissimo, è stato un errore quello di sabato, spero tu stia bene”
 
I borbottii a scuola, il lunedì seguente, non mancarono. La prima cosa che Harry venne a sapere fu la notizia dell’espulsione di Victor Rogers e di Chad Torres, l’amico, dalla squadra. La seconda notizia fu quella di Louis ma Harry la sapeva già.
Nessuno seppe dirgli se Louis fosse ritornato a casa dall’ospedale, se fosse venuto a scuola, le sue condizioni o se stesse bene. Ovviamente il nome di Louis Tomlinson era presente anche sulle locandine in cui ritraevano le foto della reginetta e del re del ballo e rimase di stucco quando vide, proprio affianco alla foto di Louis, quella sua. Dopo il discorso con Ed, il sabato sera, non era più rientrato in casa, era scappato direttamente nel parcheggio per poter entrare in macchina e sfogare tutte le sue lacrime, così non aveva assistito all’incoronazione del re.
Gli si strinse il cuore quando notò una scritta in neretto  che diceva “frocio” sulla fronte di Louis e resistette all’impulso di prendere a pugni il ragazzo affianco a lui che rideva insieme ad una ragazzina puntando la scritta.
«Ed!» gridò appena vide i capelli dal colore sgargiante del suo amico vicino al suo armadietto e affrettò il passo per raggiungerlo, «Ed, aspetta, Ed!» gridò ancora appena quello, dopo averlo notato, iniziò ad allontanarsi.
Appena gli arrivò vicino lo prese per una manica della giacca che tutti i giocatori di football indossavano e lo strattonò, costringendolo a fermarsi.
«Cosa vuoi?» gli chiese acido Ed.
Harry deglutì e si guardò intorno per assicurarsi che non ci fossero orecchie indiscrete «hai saputo qualcosa di Louis? Non ha risposto a nessuna delle mie telefonate e..».
«Ora t’importa, Harry?».
Il ragazzo guardò supplichevole Ed e annuì disperatamente «io l’ho sempre fatto.. io, ti prego..».
Ed scosse la testa e si aggiustò lo zaino sulle spalle, scettico riguardo alle parole dell’amico, «non meriti niente, Harry, sei già stato fortunato che la signora Tomlinson non abbia fatto il tuo nome al preside».
Harry rimase a bocca aperta mentre Ed lo superava per allontanarsi.
Non aveva pensato alla possibilità che Louis, questa volta, non sarebbe rimasto in silenzio e in quel momento capì perché c’era stata l’immediata espulsione dei suoi due compagni dalla squadra.
Si morse le labbra e abbassò la testa, trovandosi d’accordo con Ed ma ancora, purtroppo, non aveva saputo niente riguardo la salute di Louis.
Deciso a non demordere, girò su se stesso e ripercorse di nuovo tutto il corridoio, spedito verso la classe di spagnolo, dove era sicuro di trovare Niall Horan.
Sbirciò dentro la casse, c’erano solo pochi alunni dato che la campanella ancora doveva suonare ma, all’ultimo banco, fu felice di vedere la chioma bionda di Niall.
Con passo lento entrò in classe e solo quando Niall alzò gli occhi su di lui si affrettò leggermente.
Niall fece una risata senza alcuna traccia di divertimenti e scosse la testa «mi chiedo con qualche faccia…»
«Voglio solo sapere come sta!» lo interruppe immediatamente Harry con un tono più che disperato «per favore, ti prego… dimmi che sta bene» continuò abbassando gli occhi.
Niall esitò e giocò con i braccialetti che aveva al polso, aveva lo sguardo fisso su di lui e non gli scappò di notare quanto fossero lucidi e pentiti gli occhi di Harry.
«Ti prego» ripeté Harry strofinandosi gli occhi con la manica della giacca. Il biondino sospirò e diede un’occhiata ai pochi studenti che si trovavano in classe e che, fortunatamente, non stavano badando a loro due.
«Niente di grave» sussurrò facendo sussultare Harry, «gli hanno slogato un polso e rotto un labbro ma sta bene.. almeno, fisicamente» continuò osservando le reazioni del ragazzo. Harry aveva le spalle piegate verso il basso, il capo chino e le mani a torturarsi a vicenda.
«Quindi… quindi ti ha detto di me?» domandò Harry esitante, guardando ovunque tranne che negli occhi azzurri del biondo.
Niall rise di nuovo ironicamente «l’ho sempre saputo, Harry».
«Come?» chiese confuso alzando, finalmente, lo sguardo.
«Lo so dal primo giorno, dal bacio che vi siete in estate..» spiegò Niall alzando indifferente le spalle «lo avevo anche avvisato di non innamorarsi di uno come te».
Ad Harry mancò il respiro per qualche secondo assimilando quelle parole e «no, io non.. io..» bofonchiò non riuscendo a mettere in fila una parola dietro l’altra. Uno come lui, certo.
«Ti sei rivelato proprio per quello che sei in realtà, Harry, un bugiardo» continuò il biondo incurante dell’effetto che quelle parole causavano ad Harry.
«No, non è vero!» replicò Harry sbattendo una mano sul banco di Niall e attirando l’attenzione di tutti i presenti, causando qualche sussurro.
«Styles, esci fuori di qui prima che ti prenda a calci nel culo» lo minacciò una voce dietro di lui. Harry si voltò e vide Zayn Malik proprio a due passi da lui con le braccia conserte e lo sguardo furente. Grugnì arrabbiato e, con una spallata poco carina a Zayn, se ne andò con lo sguardo basso e un groppo in gola.
 
Harry esitò davanti alla porta di casa Tomlinson quel pomeriggio. Prese dei grossi respiri prima di spingere il dito sul pulsante del citofono e aspettò impazientemente che qualcuno venisse ad aprirgli.
Non era tornato a casa quel giorno, aveva trascorso delle ore in un bar trovato per caso e aveva mangiucchiato qualcosa lì, anche se, per dei crampi insopportabili allo stomaco, aveva vomitato tutto nel bagno del bar.
Le mani gli tremavano incessantemente e il cuore ormai gli era salito sin in gola, a schiacciargli le corde vocali. Non era sicuro di cosa dire a Louis, forse gli avrebbe ripetuto mille volte di amarlo, di volerlo e di perdonarlo. Si era anche preparato un discorso durante il tragitto in macchina dalla scuola sino a casa di Louis, ma aveva solo tante parole confuse in testa e desiderava solamente di abbracciarlo, di restare in silenzio e sentire i loro cuori battere insieme.
Trasalì appena Lottie comparve davanti ai suoi occhi e si lanciò in avanti per tenere la porta aperta quando si accorse che la ragazza stava per richiuderla con la peggior espressione furente sul volto.
«No, no, Lottie aspetta, per favore..» tentò facendo forza sulla porta per tenerla aperta «ti prego, fammi entrare!».
Riuscì ad aprirla solo qualche secondo dopo quando, con una spinta più forte delle altre, riuscì a sovrastare la forza della ragazza. La prese per un polso prima che potesse cadere all’indietro, data la potenza, e subito dopo si preoccupò se stesse bene.
«Lasciami stare, stronzo!» gridò la ragazza allontanandosi di due passi. Harry si rabbuiò e chinò il capo non riconoscendo la ragazzina simpatica e estroversa con cui era abituato a ridere e a scherzare.
«Scusami» mormorò seriamente dispiaciuto «ma ho davvero bisogno di vederlo, per favore» la supplicò un attimo dopo.
«Harry!» gridò contenta una delle gemelle, Daisy, correndo verso di lui dalla cucina. Harry le sorrise dolcemente, nonostante avesse gli occhi lucidi e quasi traboccanti di lacrime.
«Daisy, ritorna in cucina!» le ordinò Lottie puntando con un dito la stanza. La bambina fermò la sua corsa e rabbuiò «posso abbracciare prima Harry?» chiese ingenuamente portandosi l’unghia dell’indice in bocca.
«No, non puoi, vai ora».
Harry guardò Daisy tristemente e  con un cenno della mano la salutò. La bambina ricambiò, ritornandosene con passo pesante verso la cucina.
Lottie lo guardò di nuovo con astio e si mise fra lui e le scale, per evitare che corresse in camera di Louis, «te lo scordi» fece autoritaria «Louis non vuole vederti e ringrazia che in questo momento non ci siano i miei genitori, mio padre ti avrebbe già fatto a pezzi!» grugnì arrabbiata.
«Solo due minuti, per favore» ripeté convincendo se stesso che due minuti gli sarebbero bastati.
«Ti ho detto di no, Harry, torna a casa!».
«Fallo passare, Lots».
Ad Harry si riempì il cuore di felicità quando sentì la voce di Fizzy accanto a lui e le sorrise riconoscente.
«Sei pazza?» squittì stupita Lottie non capendo le intenzioni della sorella.
«Harry ha il diritto di spiegare a Lou le sue motivazioni e tu non sei nessuno per impedirgli di vederlo» fece risolutiva la sorella minore prendendo per un gomito Lottie e spostandola, «ti ci porto io, Harry».
«Okay, okay, poi te la vedrai da sola sia con Louis che con mamma e papà!» esclamò irritata Lottie dileguandosi in cucina per controllare le gemelle mentre Fizzy ruotò gli occhi esasperata.
«Grazie» mormorò Harry sorridendole.
La seguì sulle scale in silenzio e una volta arrivati al primo piano si passò nervosamente le mani tra i capelli.
«Aspettami qui un attimo, vado ad avvisarlo che.. che c’è qualcuno per lui» gli disse Fizzy fermandolo a qualche metro dalla camera di Louis. Harry annuì e mise le mani in tasca nell’attesta: vide Fizzy entrare nella camera, chiamare Louis qualche volta e poi uscire con un sorrisino docile.
«Sta dormendo» lo informò richiudendo la porta «non ha dormito queste due notti, ha solamente pianto per ore e io purtroppo l’ho sentito».
Lo sguardo di Harry si rabbuiò all’istante: il solo pensiero che stesse facendo soffrire Louis lo faceva star male e Dio quanto avrebbe voluto entrare in camera sua, svegliarlo a suon di baci e dirgli che andava tutto bene, che non avrebbe più fatto una sciocchezza simile.
«Posso entrare?» farfugliò imbarazzato, arrossendo poco poco sulle guance.
Fizzy fece sì con la testa e si spostò dalla porta della camera di Louis, «per favore» disse trattenendolo per un braccio «lui ti ama e io odio vederlo in questo stato, prova a far tornare le cose com’erano prima» lo supplicò facendo un po’ di pressione con le dita sulla sua pelle.
Harry sospirò «è quello che voglio anch’io» la rassicurò.
 
La stanza di Louis era al buio quando entrò. Camminò con passo felpato e lento, stando attento a non far nessun tipo di rumore, fino al letto del ragazzo e represse un singhiozzo di felicità quando lo vide assopito e sereno contro il cuscino. Si abbassò alla sua altezza e piano accarezzò la sua guancia con il pollice, mordendosi il labbro quando notò, anche al buio, le chiazze più scure sul suo viso e un taglio proprio sul labbro inferiore. Fece scorrere gli occhi per tutto il suo busto e si maledisse quando vide la fasciatura attorno al polso di Louis. Si diede per centesima volta dello stupido e del bastardo per aver lasciato che quei due gli facessero del male.
Con cautela, si sedette sul bordò e continuò ad accarezzare leggermente il volto di Louis, accontentandosi dei suoi respiri pesanti e del calore della sua pelle.
Quando notò, sul comodino del ragazzo, il suo cellulare, decise di prenderlo per controllare se Louis avesse letto i suoi messaggi.
Mise in fretta, sapendola, la password del telefono e andò direttamente agli SMS e sbuffò quando vide che erano stati tutti cancellati tranne gli ultimi che gli aveva mandato e che, sicuramente, Louis non aveva ancora visto. Tra i suoi, però, spiccava anche il nome di Liam Payne.
Si accigliò e, dopo aver dato un’occhiata a Louis per assicurarsi che stesse ancora dormendo, lo aprì.
Ehi Lou, spero tu stia meglio oggi. Sono felice che ieri notte tu mi abbia lasciato dormire con te anche se, effettivamente,  non abbiamo dormito. Questa sera passo di nuovo se ne hai voglia, ci vediamo un film magari. Liam Xx
Harry rimase con gli occhi fissi sullo schermo per una decina di secondi, paralizzato, e si riscosse solo nel momento in cui si accorse che la sua mano aveva incominciato a tremare involontariamente.
Con gli occhi pieni di lacrime, rimise a posto il cellulare e nascose il viso dietro le mani, cercando con tutte le forze di non piangere perché altrimenti, con i suoi sonori singhiozzi, avrebbe svegliato sicuramente Louis.
«Cazzo» sibilò a bassa voce appoggiando i gomiti sulle ginocchia e facendo passare le mani attraverso i capelli fino ad arrivare alla nuca, «cazzo, cazzo, cazzo».
In quel momento, la voglia di prendere a pugni Liam Payne era fortissima. Dal messaggio non aveva capito molto di quello che, in realtà, avessero fatto quella notte ma solamente il pensiero di Liam che dormiva affianco a Louis lo destabilizzava, gli oscurava la mente rendendolo gelosissimo.
«Harry».
Un piccolo rantolo alle sue spalle lo fece sussultare e voltò immediatamente il capo per vedere Louis svegliarsi e stiracchiarsi tra le coperte. Si alzò dal letto con il cuore in gola e guardò Louis sbattere più volte le palpebre e poi il suo viso cambiare espressione, da confusa e assonnata a incazzata e  furiosa.
«Lou» provò gettandosi in ginocchio davanti al suo letto «per favore, per favore, Louis, mi dispiace» piagnucolò cercando una sua mano per poi stringerla più forte di quanto poteva però, inaspettatamente, Louis gli diede una spinta che lo fece capitolare all’indietro, creando un sonoro tonfo.
«Vai via» gli ordinò sporgendosi per accendere la lampada sul comodino «non ti voglio vedere, chi cazzo ti ha fatto entrare in camera mia?».
E, peggio di un temporale in piena estate, Louis iniziò a piangere.
Harry era consapevole della sua colpa, di essere lui la causa di quelle lacrime «non piangere» mormorò nonostante anche lui stesse piangendo lacrime amare.
«E che cazzo dovrei fare, Harry? Ridere? Ridere delle tue bugie, delle umiliazioni che mi hai fatto subire?» gridò Louis furioso, la vena del collo ormai sporgente e visibile.
«No, Louis, è stato un errore! Ti prego, ti amo, ti prego».
«Esci fuori di qui e non osare cercarmi più» disse autoritario Louis alzandosi dal letto, asciugandosi le lacrime con il polso e prendendo un braccio di Harry per farlo alzare. Lo trascinò con forza verso la porta ed Harry non era neanche riuscito a mettersi in piedi per quanto tutto gli stesse facendo male, «no, Louis, no» continuava a ripetere.
«E’ finita, Harry, okay? Finita! Io non ti voglio più, non dopo quello che mi hai fatto» sbraitò Louis aprendo la porta della sua stanza.
Harry scosse la testa incredulo e si chiuse su se stesso, allacciando le braccia attorno alle ginocchia «mi avevi promesso che non mi avresti lasciato» mugolò intenzionato a non lasciare quella stanza senza aver ottenuto il perdono da parte di Louis.
«E tu sai cosa mi avevi promesso? Una soluzione per far sì che i maltrattamenti su di me finissero! E cosa ne ho ricavato? Questo!» gridò ancora puntando il suo viso livido e gli ammaccamenti.
Harry fu scosso da una seria di singhiozzi e brividi che lo portarono ad accasciarsi sulle le gambe di Louis «mi dispiace, mi dispiace» riprovò petulante, appoggiando la testa contro una delle cosce del ragazzo.
«Lasciami andare» sibilò Louis tentando di divincolarsi dalla presa di Harry «lasciami stare, stronzo, non meriti un cazzo» continuò e, senza accorgersene, sferzò un calcio in direzione dello stomaco di Harry.
Il dolore lancinante fece mancare il fiato ad Harry, che si accasciò a terra un attimo dopo, tenendosi il ventre con le mani in preda agli spasmi.
Louis, invece, si portò immediatamente le mani sulla bocca incapace di credere a ciò che aveva appena fatto. Fu sul punto di scusarsi, di avvicinarsi ad Harry e chiedergli se stesse bene o se gli avesse fatto troppo male e solo dopo si accorse che non doveva, che, anzi, aveva fatto bene nonostante i sensi di colpa.
«Io ti amo, Harry» singhiozzò scivolando per terra al fianco di Harry «ma non sopporto più questa storia, non sopporto più te e tutte le tue bugie, puoi ripetermi mille volte di amarmi ma non ti crederò più» continuò massaggiandosi gli occhi con le mani.
Con dei lamenti, Harry cercò di mettersi seduto e quando fu di fronte a Louis provò a prendergli le mani, non riuscendoci, «Non è vero, Louis, te l’ho dimostrato tantissime volte che ti amo» disse lamentandosi. Il suo cuore ormai sfrecciava da una parte all’altra, gli sembrava che avesse preso fuoco per quanto gli stesse facendo male e Louis era lì, di fronte a lui, in lacrime e con le guance rosa. Tutto quello non era reale, quella non era veramente la loro fine.
«Allora non l’hai fatto quando ce n’era più bisogno» borbottò Louis alzandosi in piedi. E fu come una bomba.
Harry capì di averlo perso sul serio, in quel momento.
Guardò Louis a bocca aperta non riuscendo a dire più una parola e lasciò che il dolore conquistasse ancora una volta tutto il suo corpo: lo vide attraversare la sua stanza, prendere qualcosa da un cassetto e poi ritornare da lui cercando di frenare le lacrime.
«Riprenditela e vai via Harry, ti prego» mormorò facendo cadere vicino ai piedi di Harry la collanina a forma di aeroplanino di carta che Harry gli aveva regalato per Natale prima che partisse per la vacanza in Canada con i suoi genitori.
Harry oscillò lo sguardo dalla collanina al viso di Louis e sperò fosse tutto uno scherzo. Prese con mani tremanti la collanina e, piano, riuscì a rimettersi in piedi, anche se un po’ traballante.
«Ma è tua adesso» sussurrò con la poca voce che gli era rimasta in gola sfiorando con i polpastrelli il ciondolino.
Louis scosse la testa e incrociò le braccia al petto, «non la voglio più, ora vai per favore» disse ritornando verso la porta e riaprendola di nuovo per far capire, una volta per tutte ad Harry, che doveva andarsene.
«Louis..»
«Harry, cazzo, vattene e facciamola finita!» gridò Louis.
Harry rimase fermo due secondi sul posto prima di prendere un grosso respiro e fare i primi passi verso Louis. Ne prese un altro quando gli fu accanto e con un immensa dose di coraggio riuscì a prendere il suo viso e premergli un bacio sulla fronte. Un bacio che esprimeva tutto il suo dolore.
Poi, subito dopo, corse via.

 
 
 
 

   
 
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