Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Shark Attack    11/06/2013    4 recensioni
Prendete una classica storia fantasy e buttatela via: il protagonista cade dalle nuvole e si ritrova a dover salvare il mondo come dice una profezia sbucata da chissà dove, giusto? No, non qui.
Lei è Savannah, lui è Nehroi: sono fratelli senza fissa dimora, senza passato, senza futuro ma con un presente che vogliono vivere a cavallo tra il loro mondo e il nostro seguendo solamente quattro regole: non ci si abbandona, si restituiscono i favori, non si prendono ordini e non si dimentica.
Sfidano antiche leggende, rubano amuleti e armi magiche di ogni genere per il solo fine di diventare più forti e usano i poteri per vivere da nababbi a NewYork. Il resto non conta. (... o almeno, così credono!)
[Grazie anticipate a chiunque vorrà essere così gentile da leggere e lasciare due parole di commento! ^-^]
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



34
Questa è la nostra Missione



C'era qualcosa nell'andatura di quei due uomini che lo insospettì. Indossavano lunghi mantelli beige con un cappuccio parzialmente tirato sul volto, lasciando solamente la barba e il naso a mostrarsi al mondo, e il modo in cui oscillava uno dei due fece corrugare la fronte di Phil. Sembrava zoppicante, a giudicare da quanta terra sollevava ad ogni passo.
«Ehi, voi due!», li chiamò affrettando il passo per raggiungerli. Avrebbe giurato di aver sentito un paio di sbuffi indirizzati a lui non appena fu più vicino. «Da dove venite?»
Erano entrambi biondi, con capelli e barba di un colore molto simile all'oro, e tenevano gli occhi bassi, con sguardi sfuggenti che non si posavano mai sull'ex-consigliere.
«Haffireth», borbottò uno dei due, il più alto, con i capelli rasati quasi a zero. Quello che zoppicava. Phil schioccò la lingua contro il palato e annuì. «Tira una brutta aria laggiù, uh?», domandò con un tono vago. Continuava a fissare i due con insistenza, in cerca di un dettaglio che lo potesse aiutare a capire meglio. Non avevano ciondoli né tatuaggi né cicatrici apparenti, solo un aspetto trasandato e due ampi mantelli, ma quella sensazione strana non smetteva di annidarsi nel suo animo e sentiva il bisogno di indagare più a fondo.
«Dobbiamo andare, faremo tardi», disse l'altro uomo in un sussurro al compagno, con una voce sottile e una folta barba che nascondeva completamente le labbra.
L'ex-consigliere sorrise complice e si avvicinò ai forestieri facendo loro l'occhiolino. «Se volete evitare i controlli... sapete che intendo, no? Seguitemi, conosco una via sicura che le guardie non sorvegliano», propose a voce bassa e guardandosi attorno. Erano alla base della Cresta tra Haffireth e Bastreth, ai piedi delle montagne. Di fronte a loro, a poco meno di un chilometro, la foresta di Norreth, piena di posti di blocco da parte delle guardie con la divisa marrone e il simbolo della regione sul petto.
I due uomini fissarono guardinghi l'umano e lasciarono che una famiglia di cinque persone li superasse con il loro carretto pieno di rocce levigate.
«Chi sei?», gli domandò quello alto con voce profonda.
«Seguitemi, se volete avere dei rami sulla testa entro la sera.»
L'uomo più basso ed esile dei due afferrò il compagno per un braccio e lo strattonò indietro. «Noi non seguiremo nessuno e tu», puntò il dito contro Phil con uno scatto, «Tu faresti bene a sparire.» Phil tirò un angolo della bocca all'insù ed alzò entrambe le mani, come se si stesse arrendendo alla minaccia. Fece anche spallucce, allontanandosi dai due uomini con tranquillità. «Ma certo», asserì sereno, «D'altronde io sono solo un umano e sei tu quella che pianifica tutto, Annah. Giusto?»
Entrambi i viandanti si fermarono e i loro corpi si irrigidirono. L'uomo più basso strinse un pugno. «Che vuoi dire?», ringhiò tra i denti con una voce più robusta. «Chi sarebbe questa...»
Phil sospirò rumorosamente e si voltò verso la strada sterrata che aveva proposto loro per evitare i controlli. «Detto tra noi, ragazzi, non vi siete sforzati più di tanto per cambiare i connotati... potete ingannare guardie che non vi hanno mai visti prima di persona, ma non me. Già, lo stupido umano ha una buona memoria. Che fregatura, uh?»
«Vai a farti fottere», sbottò quello alto.
«Ora sì che rientri nel personaggio, Nehroi. Dai, seguitemi, c'è davvero un percorso per evitare i controlli.»
Phil si voltò e li guidò attraverso un intricato cammino tra le colline che univano dolcemente le montagne della Cresta e la foresta, in un paesaggio che alternava terra, rocce ed erba scura. Si accorse che lo avevano seminato quando non giunse nessuna risposta alle sue domande, ormai veri monologhi, e quando non vide più le due figure incappucciate seguirlo nel territorio ondulato e terroso.
Corse indietro per recuperarli, maledicendo la loro testardaggine, e li trovò nascosti poco più in là, tra due speroni di rocce basse, con i mantelli del colore della pietra e non più della notte.
«Come sapevi che eravamo qui?», domandò Savannah con nervosismo mentre la barba scompariva dalle sue guance e i lineamenti tornavano femminili.
Nehroi, al suo fianco, stava abbandonando le tinte biondicce per tornare castano scuro e i suoi riccioli stavano ricrescendo velocemente, cadendogli sulla fronte come sempre. Incredibile come il taglio rasato gli avesse modificato tanto il volto senza alcun intervento magico.
Phil aprì la bocca per rispondere ma boccheggiò ansimante e si appoggiò con le mani sulle ginocchia per riprendere fiato dopo la corsa. «Ho immaginato che aveste capito che non stavo mentendo, sul percorso... e che avreste cercato di fregarmi. Di nuovo.»
La ragazza si alzò in piedi e si tolse di dosso la terra mentre anche i suoi capelli tornavano lunghi, coprendo pian piano spalle e scivolando fuori dal cappuccio come una cascata nera.
«L'ultima volta che ci siamo sentiti era piuttosto evidente che non volevi più avere niente a che fare con noi», sputò scettica.
«Quando?», domandò Nehroi con tono sorpreso.
«Quando tu hai ordinato una pizza in sala interrogatori, c'è gente che usa meglio la telefonata», gli rispose la sorella agitando distrattamente una mano. Poi la puntò verso Phil, mentre il suo sguardo tornava ad essere secco e freddo. «Rispondi», intimò seria.
Phil si inumidì le labbra ed annuì lentamente, come se stesse elaborando un'ipotesi convincente.
«I Capi mi hanno cacciato», disse poi, con la voce più desolata che i Fein Anis avessero mai sentito uscire dalle sue labbra. «Sono reietto come voi.»
«Tornatene a casa», disse Nehroi allargando le braccia verso le montagne. «Una striscia viola e sei nella tua terra, no? Con quel tuo passpartout...»
L'umano inclinò la testa di lato e sospirò ancora, brevemente. «Hanno fatto in modo di bruciarmi anche di là, come voi. Per questo ho pensato che...»
Savannah si sistemò il cappuccio sul viso, ricacciando dentro i capelli, ed iniziò a voltarsi per andarsene. «Tre reietti ricercati è meglio di due? Non credo proprio», disse rigida. Nehroi si allargò il nodo dei lacci delle scarpe e la seguì immediatamente.
Stavano per scomparire oltre la collina quando la voce di Phil li raggiunse ancora e li fece fermare.
«Che cos'hai detto?», sibilò Nehroi al limite dell'incredulità.
Phil fece un passo verso di lui e annuì convinto. «Voglio collaborare alla vostra missione. Fatemi entrare nel gruppo, voglio aiutarvi.»
Savannah si avvicinò a loro solo per prendere nuovamente il fratello per il mantello e trascinarlo a sé. «Non sai neanche che missione è!», ridacchiò, «Andiamocene, Neh, lui comunque non ci serve...»
Phil fletté le ginocchia e corse rapidamente di fronte alla ragazza, ancora aggrappata a Nehroi, parandosi di fronte a lei a braccia aperte come la sera in cui erano arrivati a Tolakireth. Nei suoi occhi viola, però, non c'era lo stesso calore di allora.
«Sono sincero, voglio unirmi a voi», disse piano. Continuò a fissarla nelle iridi, sperando che notasse le sue non più gialle... almeno non per lei.
Savannah sorrise. Sembrava aver capito tutto ed essere pronta ad accettarlo, facendo sollevare il petto di Phil con insperato sollievo. Poi gli posò una mano sulla spalla e il contatto divenne così incandescente che la camicia bianca e sporca dell'umano iniziò a bruciarsi come carta mentre la pelle, sotto, si arrossava pericolosamente. Phil cacciò un urlo e cercò di divincolarsi, ma la jiin continuava a sorridere candidamente e non si staccava.
«Non ci serve una spia... e sicuramente non ci serve un umano.»
Phil strizzò gli occhi e desiderò staccarsi il braccio, ma strinse i denti. «La notizia... del mio licenziamento non è... ahh!... ancora diffusa, posso... ti prego, smettila... posso ancora trovare informazioni! Ho un lasciapassare e... Savannah, ti prego! Posso ancora esserti utile! Ahh!»
«Vuoi davvero venire con noi?», proseguì Savannah assottigliando lo sguardo e rendendolo ancora più tagliente.
La spalla di Phil continuò a bruciare come se la mano della ragazza fosse un tizzone ardente, ma l'uomo non si lasciò devastare dalle sensazioni e la guardò negli occhi. «Sì!», rispose non senza affanno.
«Vuoi legare la tua libertà alla nostra?»
L'umano sentì il fiato mozzarsi in risposta a quella strana domanda. Non sembravano le solite parole che la ragazza era solita usare, assomigliavano più ad un rituale uscito da un libro... «Sì», rispose comunque. Se era una prova di forza, quella che voleva, l'avrebbe avuta; per il resto c'era tempo.
Nehroi posò la sua mano su quella della sorella e la sollevò delicatamente. «Basta», disse. Il suo sguardo era fermo e la voce seria simile a quella di un adulto che rimprovera il bambino ma sembrava che ci fosse qualcosa di più, qualcosa che l'umano non riuscì ad identificare.
Phil crollò a terra subito dopo, reggendosi la spalla come se temesse di vederla rotolare giù per la collina.
La jiin fece spallucce e si strinse nel mantello. «Volevo essere molto chiara», si giustificò.
Guardò l'umano quasi con disprezzo osservando il suo contorsionismo nel cercare di tastarsi la spalla con entrambe le mani, perché una non bastava ad attenuare il dolore, e ripensò ancora alle parole dure che le aveva rivolto durante quell'orribile telefonata, quando non le aveva permesso di scusarsi, quando non le aveva creduto, quando l'aveva quasi derisa per le sue azioni, quando le aveva detto di non parlargli mai più.
«Quindi vuoi unirti a noi», ricapitolò con tranquillità, smettendo di pensare a quelle cose.
Phil annuì ancora e cercò di rimettersi in piedi, ma preferì rimanere a terra a respirare affannosamente ancora un po'.
«Stando così le cose, dobbiamo metterti al corrente della missione», aggiunse Nehroi quasi con desolazione. «Tanto siamo legati... e poi non puoi aiutarci se non sai cosa vogliamo fare.»
L'uomo sorvolò ancora su quelle strane scelte di parole, ma non riuscì a non provare un senso di inquietudine. «Farò... tutto il possibile», affermò deciso.
I due fratelli si presero ancora qualche secondo prima di vuotare il sacco e in quel breve momento l'ex-consigliere realizzò che sarebbe stato proprio lui, Philip Mayson di Manchester, la prima persona a venire a conoscenza della fantomatica missione dei Fein Anis che nessuno, in tutta Ataklur, era ancora mai riuscito a scoprire. Erano ormai anni che si vociferava che le loro azioni squinternate fossero dovute ad un piano più grande, e loro stessi non avevano mai smentito le dicerie. Missione, missione, missione: era un ritornello fisso, ma quei due non si erano mai sbilanciati abbastanza da lasciare un indizio che potesse far intuire alcunché al riguardo.
Il prezzo era una spalla ustionata, una costante minaccia di morte e il doverli seguire ovunque, ma per l'umano non era possibile non considerare quel momento una grande vittoria.
Savannah erse una barriera attorno a loro, rendendoli invisibili ed inudibili ad eventuali passanti.
Nonostante quella misura, però, entrambi continuavano a tenere il cappuccio sopra le loro teste.
Nehroi aprì la bocca, pronto a parlare, e Phil tese le orecchie come mai prima di allora.
«Immagina due contenitori», disse. Phil annuì attento.
«Ne riempi uno con l'acqua e l'altro lo lasci asciutto. Ci sei?»
«Non è difficile.»
«Allora immagina che siano attaccati ma che non possano mai comunicare perché c'è qualcosa che ostruisce il passaggio dell'acqua. Cosa succede?»
L'umano temette per un attimo di essere stato ancora preso in giro da quei demoni, portandolo su un discorso che difficilmente poteva essere il concetto della loro missione, ma fece spallucce e rispose ugualmente. «Un contenitore è pieno e l'altro è vuoto.»
«E se togli quell'impedimento?»
Phil sorrise ricordando le lezioni di fisica del liceo e le leggi dei vasi comunicanti. «L'acqua si riverserà anche nell'altro contenitore e sarà allo stesso livello in entrambi.»
Savannah gli si inginocchiò accanto, accucciata come un cagnolino, e rimase in attesa delle reazioni dell'umano. Il fratello annuì soddisfatto della risposta e batté le mani. «Ecco, questa è la nostra missione!»
Phil sbatté le palpebre più volte e cercò di dare un senso alla sua affermazione. Come si era passati dai contenitori d'acqua alla missione? Erano una metafora o dovevano davvero rompere qualcosa, tipo una diga o...
Poi, tutto ad un tratto, il suo viso si illuminò e sgranò gli occhi in un misto di stupore e terrore. «Volete rompere la barriera! L'acqua è la magia e...»
Savannah interruppe il suo entusiasmo spostandoglisi di fronte, sempre inginocchiata a terra.
«Ora che hai scoperto la missione riferirai tutto ai Capi?»
«Cosa? No! Ti ho detto che non ne vogliono più sapere di me...»
«Sarebbe uno splendido regalo per farsi accettare di nuovo, però.»
Phil la esaminò attentamente, in cerca di un indizio per comprendere il suo strano atteggiamento. Anche Nehroi si era abbassato alla loro altezza, e i suoi occhi indagavano sull'umano quanto quelli della sorella.
«Non voglio tradirvi, lo giuro», insistette Phil sentendo l'agitazione crescergli sottopelle. Le iridi erano ancora castane o lo fissavano così perché avevano intravisto qualcosa che potesse tradirlo?
«Vuoi ancora stare dalla nostra parte? Anche ora che... “sai”?», ribatté Nehroi con serietà, la stessa con cui aveva impedito a Savannah di torturargli ancora la spalla poco prima. Al sol ricordo Phil se la tastò nuovamente, ricevendo una fitta di dolore lungo la scapola.
Forse era solamente troppo nervoso e lo stavano mettendo sotto pressione apposta.
«Sì», disse fermamente.
«Un mondo magico non è il sogno più grande di ogni umano? Perché il nostro piano di rovinarlo non ti spaventa? O preoccupa, anche...»
Deglutì. «Ho fatto una promessa a una persona.»
Savannah gli si avvicinò di qualche centimetro, senza smettere di esaminarlo come uno scanner. Phil era sicuro che al suo minimo tentennamento non avrebbe esitato a farlo fuori o fargli dimenticare tutto o metterlo a tacere in qualche modo e cercò di mantenere il sangue freddo come ghiaccio.
«La tua promessa è distruggere la barriera?», domandò ancora la jiin.
L'ex-consigliere pensò molte cose. Prima fra tutte, l'ordine di Chawia: riferirle lo scopo della missione e informarla se avesse rappresentato un danno per lei o per Ataklur.
Rompere la barriera era effettivamente qualcosa di preoccupante e di assolutamente pericoloso, e non avrebbe dovuto attendere un minuto di più per denunciarli, senza neanche pensare a quanto fosse impossibile, irrealizzabile ed alquanto suicida un piano del genere. Scosse la testa e la sua mente vagò in meandri più remoti, dandogli la forza di voltare le spalle al Capo di Eastreth. C'era una persona, quella persona... e lei valeva molto di più.
Al diavolo la principessa.
«No», rispose, «Ma sento che questa missione è un ottimo modo per mantenerla.»
Savannah non sembrò minimamente sollevata e continuò a fissarlo, ma con meno durezza.
Phil piegò la testa all'indietro e sentì la tensione allentarsi man mano che il cielo azzurro gli pervadeva l'animo. Tornò a respirare per un istante, poi la voce della jiin lo fece tornare alla realtà.
«Te l'avevo già chiesto una volta e mi avevi promesso una risposta.»
L'umano si raddrizzò e la guardò vacuo. «Su cosa?»
«Le tue origini. Che ci fa un inglese ad Ataklur.»
Nehroi si sedette definitivamente a terra, gambe incrociate, e rimase in attesa come un bambino davanti alla favola della buona notte. Ogni tanto si torturava le scarpe infilandoci un dito per allargarle e a volte faceva delle smorfie tanto addolorate da far pensare che gli facessero male ma Savannah, accanto a lui, sembrava sempre più diabolica e convinta che avrebbe ottenuto le risposte che voleva e non era minimamente intenzionata ad aiutarlo.
«Avevo detto “può darsi”», replicò Phil non senza un pizzico di disagio. Sebbene la parte più difficile dell'essere accettati da loro fosse andata a buon fine, la tranquillità rimaneva un'oasi troppo distante per le sue dita e, tra loro, il mare di squali si allargava sempre più.
La jiin sbuffò. Non le piaceva essere così tanto dura con le persone, se non strettamente necessario. Phil ormai era una persona conosciuta, ma c'era sempre qualcosa di lui che non la lasciava fidarsi del tutto: sorrisi ambigui, parole stonate, atteggiamenti troppo puliti e risposte pronte. Probabilmente era il suo modo di essere, ma anche la ragazza ne aveva uno ed era pieno di diffidenza.
«E ora mi rispondi», ricapitolò infine. «Perché sei ad Ataklur? Come ci sei arrivato la prima volta? Ha a che fare con chi ti controlla? O controllava... C'entra la tua famiglia o sei l'unico?»
Phil si morse un labbro e guardò altrove. Non disse nulla ma s'incupì.
Savannah sollevò un angolo della bocca con soddisfazione. «Una l'ho azzeccata, allora...»
Passarono alcuni istanti di silenzio in cui la jiin osservava l'umano con attenzione, in cerca di nuovi indizi o tasti da premere per scoprire qualcos'altro di utile, ma lui non disse nulla, neanche in maniera implicita.
Phil fece per alzarsi dal terreno ma una forza incredibile lo respinse nuovamente seduto, immobilizzato dal petto fino alle ginocchia, come se fosse stato legato con una corda invisibile ed impalpabile. Lanciò un'occhiataccia alla ragazza. «Divertente», commentò velenoso.
«Non ti alzi finché non parli», rispose serafica ma con uno sguardo tagliente. Nehroi continuava a torturarsi le scarpe, ma lo spettacolo gli alleviava lo sforzo.
«Sarai una pessima madre», replicò l'umano con falsa ironia.
La jiin sorrise, un sorriso tirato che non le accese gli occhi. «Per fortuna non avrò mai figli! Ora parla.»
Phil sospirò e provò ancora a muovere il proprio corpo, riuscendoci solo fino alle spalle. «Non puoi obbligarmi a rispondere», mugugnò contrariato e senza troppa convinzione.
Savannah stiracchiò le gambe e le braccia, si grattò la nuca e sospirò appena, poi si appoggiò contro il fianco del fratello e guardò l'umano. La sua espressione non era né divertita né irritata, anzi: era il ritratto dell'indifferenza.
«Allora parla di tua volontà», gli suggerì tranquilla.
L'aria sferzò gelida tra loro.





   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Shark Attack