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Autore: Arshatt    11/06/2013    3 recensioni
Diverse storie che si intrecciano all'interno del mondo di FF12, mescolando i vari paring e relazioni tra i personaggi principali. BalxAshe, BalxFran, AshexBasch, PeneloxVaan. Multi rating XD, dipende dal capitolo. Ultimo capitolo rating VERDE.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashe, Balthier, Basch, Fran
Note: Lemon, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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Dopo qualche mese di assenza, rieccomi col nuovo capitolo che spero potrà ripagare chi mi segue dell'attesa. Ho ridato un'occhiata ai precedenti capitoli e alle questioni lasciate in sospeso. La distanza di pubblicazione tra un capitolo e l'altro può far pensare che si è perso qualcosa per strada, ma vi assicuro che tutto troverà un suo epilogo alla fine =), nulla è a caso. Mi scuso per eventuali errori che potrete trovare ma è  un capitolo lungo e qualche svista, anche dopo diverse letture di revisione, può capitare >_<. Se qualcuno volesse lasciare un commento sull'evoluzione dei personaggi e delle loro relazioni, sarebbe ben gradito =D, qualche dritta non si disdegna mai. Buona lettura e per qualunque dubbio non esitate a chiedere. Alla prossima!




 
Dopo un paio di giorni trascorsi nella capitale Rozariana, nel più completo riserbo politico, Basch aveva iniziato a diventare insofferente al clima di falsità e agli eccessi della corte dell’imperatore Grugher Vismer Margrace. L’egocentrismo dei suoi aristocratici superava persino la superbia dei senatori arcadiani, a cui era abituato. Tuttavia una missiva di Al Cid inviata a Larsa, lo aveva costretto a precipitarsi in terra straniera, per trattare delle conseguenze che l’alleanza stretta durante la Cerimonia di Restaurazione, aveva avuto sull’imperatore raggirato.

Dopo un breve colloquio col regnante, fatto per lo più di formalismi e ipocrisie, ma il cui esito ufficiale risultava pacifico, il giudice era stato ospitato per una notte negli alloggi privati del principe. Nonostante l’apparenza di uomo frivolo e spregiudicato, Al Cid era stato l’unico a dimostrarsi onesto e realmente interessato ad un’alleanza duratura con Dalmasca e Archadia. Le sue tattiche e strategie erano un mistero ma le sue gesta pacifiche e accorte non lasciavano spazio ai dubbi sulle sue buone intenzioni.

L’uomo aveva tentato di metterlo a suo agio, offrendogli buon cibo e belle donne pronte a soddisfare ogni suo più recondito desiderio, con l’effetto di metterlo terribilmente in imbarazzo. Con eleganza aveva rifiutato l’offerta, suscitando le risa esplosive del principe assolutamente esilarato dal perbenismo del suo timido ospite.

Per farsi perdonare, il mattino seguente lo aveva invitato nella sua stanza privata per una colazione tranquilla, in terrazza.
 
“Spero che le illustri e sgradevoli conoscenze che avete fatto in questi giorni, non vi abbiamo distratto troppo dall’apprezzare le meravigliose bellezze della nostra capitale, giudice”
 
“Non temete, le corti di tutta Ivalice sono fonte d’ incontri spiacevoli, ci sono abituato. L’incanto di alcuni scenari però compensa le mancanze, lo debbo riconoscere”
 
“Siete stato alla Valla Ambrata? E’ il vanto del nostro casato.. Lady Ashe ne è rimasta entusiasta, durante la sua permanenza nei miei appartamenti, qualche tempo fa..  Mi ha confessato che le piacerebbe un giorno tornare a vedere un tramonto paradisiaco come quello.. Anche se temo che le sue condizioni di salute attuali, lo rendano difficoltoso al momento..”
 
“Come? Di cosa state parlando?” domandò allibito il giudice, tentando di ignorare il senso delle illazioni sentimentali tra Ashe e Al Cid.
 
“Come non l’avete saputo?  Pare che  durante il sopralluogo a Nabudis, sua Maestà lady Ashe sia rimasta coinvolta in un bizzarro incidente e che al suo rientro a Dalmasca , abbia accusato dei malori che da allora la costringono a letto.. Credevo che un uomo tanto vicino alla corte della regina, come voi, ne foste al corrente” disse sorpreso e canzonatorio, Al Cid.
 
L’espressione sbigottita e preoccupata del giudice non lasciava dubbi sull’impatto che la notizia, completamente inaspettata del malanno di Ashe, avesse appena avuto su di lui.
 
“Non sono stato informato… L’operazione a Nabudis non è di mia competenza al momento..” dovette ammettere a malincuore.
 
Era stato lui stesso a chiedere all’imperatore di non esservi coinvolto, almeno finchè fosse stato possibile, per evitare di turbare ulteriormente Ashe e aumentare la confusione sui suoi sentimenti. Larsa aveva accettato suo malgrado la richiesta di Basch, senza dimenticare però di ricordargli i suoi doveri di giudice verso Arcadia. Era un rappresentante dell’impero adesso, non avrebbe potuto sottrarsi a lungo ai suoi compiti ufficiali.
 
“Credevo vi sareste schierato in prima linea con sua maestà, vista la vostra comune propensione a gesta eroiche e compassionevoli!”lo schernì ancora, il principe rozariano.
 
L’agitazione e l’imbarazzo del giudice, non gli erano passati inosservati. Al Cid era un uomo molto più furbo e intuitivo di quanto non volesse dare a vedere. Nessuno si era preso la briga di raccontargli la verità sui gemelli Von Rosenberg, al termine della guerra contro Vayne, tuttavia le sue astute ricerche avevano presto messo in luce la verità sull’identità del presunto Gabranth, a fianco di Larsa. Tuttavia aveva deciso di tenerla per sé, non ritenendo quell’informazione fondamentale per i suoi interessi.

In presenza di altri, il rapporto tra Basch e Ashe era sempre molto formale, ma  gli sguardi d’intesa tra i due, non erano sfuggiti all’occhio attento di Al Cid, in parte geloso e in parte divertito da questo triangolo galeotto tra loro. La reazione del cavaliere alla notizia del malore della regina, era stata per lui un’ ulteriore conferma dei suoi sentimenti per lei.
 
“Non credo sia il caso di fare ironia su una questione tanto importante come quella della ricostruzione di una patria che ha subito atroci sofferenze, come Nabudis.. Per cui fingerò di non aver colto la vostra provocazione.. !Piuttosto cosa si sa delle condizioni di salute di sua maestà? Questo malore che la costringe a letto, di cosa si tratta esattamente? In che modo è legato all’incidente di cui avete accennato prima?”chiese innervosito e spazientito, Basch.
 
L’ansia e i sensi di colpa avevano iniziato a farsi largo nella mente dell’uomo, che si sentiva responsabile per non essere voluto andare con lei quel giorno e non averla potuto proteggere, come aveva promesso a suo padre e a se stesso.
 
“Non conosco i dettagli, mi dispiace.. Ma non temete, Ashelia è una donna forte! La conoscete meglio di me del resto.. Inoltre sono sicuro che i vostri colleghi ad Archadia ne sapranno più di me. Potete partire quando volete, i nostri affari qui al momento sono finiti. Mi farò vivo io, se sarà necessario”decise di liquidarlo, Al Cid.
 
Questioni più urgenti e interessanti del tormentato amore galeotto tra i due, richiedevano la sua attenzione. Ci sarebbe stato tempo più avanti per prendersene beffa.
 
“Bene, allora col vostro permesso mi congedo, altezza”salutò formalmente il giudice, apprestandosi a lasciare gli appartamenti privati della famiglia Margrace.
 

***
 

La mattina era trascorsa velocemente, in volo nei cieli di Archadia. Al di sopra delle nuvole, la Strahl sfrecciava sopra le praterie Tchita, illuminata dai caldi fasci rossastri del sole al tramonto.
 
“Lo trovi divertente, eh?” chiese d’improvviso Balthier, senza distogliere il suo sguardo dall’orizzonte di fronte a loro.
 
“Uh? A cosa ti riferisci?” rispose lei di rimando, fingendo di non aver compreso.
 
“Fissarmi con quel sorrisino..”
 
“Scusa…” disse la viera, voltandosi verso il panorama.
 
“Sono abituato agli sguardi delle donne, capisco che possano essere travolte dal mio immenso fascino.. Non è quello che mi disturba, ma la risatina che hai stampata in faccia, mia cara!” replicò lui, simulando finto rammarico.
 
“Quell’espressione buffa che assumi quando guidi pensieroso .. Quell’aria seriosa e accigliata.. E’ divertente..” confesso sorniona.
 
“Oh mi fa piacere che le mie preoccupazioni ti tengano allegra..” sbottò il pirata, scuotendo la testa in segno di disappunto.
 
Per un attimo i loro sguardi s’incrociarono, lasciando sui loro volti dei sorrisi leggeri d’intesa. Rimasero in silenzio di nuovo, per alcuni minuti, finchè la donna non riprese la parola.
 
“Sono preoccupazioni quindi..? Credevo che questo bel tramonto, t’ispirasse pensieri più.. frivoli..” disse un po’ delusa, mentre con lo sguardo seguiva le variazioni di rotta sul navigatore.
 
“Ne ho visti tanti da quassù che ormai non riescono più a distrarmi…” ammise sconfortato, Balthier.
 
“Il solito bugiardo..”
 
Sapeva che stava mentendo a se stesso, niente come le viste celesti dalla Strahl riuscivano a confortarlo dalle sue inquietudini interiori. Nessuna donna e nessuna bottiglia di vino poteva alleviare le sue pene, come la culla azzurra del cielo. Non importava quanto fosse turbato, quel panorama non lo avrebbe mai lasciato indifferente. Questa grande sensibilità che celava dentro di lui, l’aveva sempre affascinata ed era stato uno di motivi che l’aveva spinta a diventare la sua partner tanti anni fa.

Il pirata non aggiunse nulla, era evidente che non voleva parlarne.
 
“Poi non mi hai più detto, se le è piaciuto..” chiese lei, cambiando argomento.
 
“C’è qualcuno che potrebbe non apprezzarlo..?” rispose vago, cogliendo il riferimento al tramonto che lui e Ashe avevano guardato insieme, al rientro da Lemures.
 
“Beh anche quelli che si possono ammirare da Rozaria sono molto… suggestivi..”
 
“E tu che ne sai?” replicò, in tono esplicitamente seccato.
 
Non era più sicuro che si riferisse alle avventure della regina, quanto piuttosto alle sue esperienze passate. L’immagine di quel Darian gli si materializzò nella mente, innervosendolo ma non voleva darle la soddisfazione di farglielo notare.
 
“Ah dimenticavo che hai frequentato per un po’ il damerino di casa Windamier… Comunque non credo che potessero reggere il confronto con le viste della Strahl..” aggiunse, fingendo indifferenza.
 
“E cosa ti da questa sicurezza?” rispose perplessa, lei.
 
“Beh alla fine te ne sei andata, non l’hai sposato.. Hai preferito una vita avventurosa, con un baldo pirata..”
 
“Ci sono immagini che rimangono impresse nel cuore anche quando si è lontani..” replicò rattristata la donna.
 
Di splendidi ricordi nelle terre rozariane, il suo cuore era colmo. Aveva vissuto alcuni degli anni migliori della sua vita lì, poco tempo dopo essersi allontanata dalla foresta. Quella con Darian era stata ben più che una passione passeggera, con lui aveva scoperto un sentimento sconosciuto fino a quel momento, l’amore, e per giunta per uno hume. Qualcosa che le altre sorelle del villaggio non avrebbero mai potuto né accettare né comprendere. Erano così diversi eppure nel giro di poco tempo si erano persi completamente l’uno nell’altra.
 
Complice l’ingenuità della giovane età e la sua totale inesperienza col mondo fuori dalla foresta, aveva davvero creduto di poter vivere solo del loro amore per il resto della vita ma la realtà ben presto si era palesata sui suoi sentimenti. Per lui avrebbe potuto sopportare qualsiasi cosa, tranne che sapere d’essere la catena che gli avrebbe impedito di spiccare il volo, compiere il suo destino.

Così una notte era andata via, per sempre. Ma il dolore e la disperazione che per tanto tempo avevano continuato ad albergare nel suo cuore,  avevano lasciano molto più che qualche cicatrice. Era cambiata, era diventata una donna fredda, dura e introversa. Lo aveva giurato a se stessa, non sarebbe mai più caduta in quella trappola mortale.

Nessuno stupido coinvolgimento amoroso, questa era la regola stabilità con Balthier, il patto da mantenere per diventare partner. Non glielo aveva mai confessato, ma essere aviopirata per lei era
stato un modo per allontanarsi il più possibile dal suo passato. Viaggiare per mille luoghi per dimenticarne uno solo. Era il trauma che li accumunava.

Per tanto tempo quella maschera d’imperturbabilità era andata bene, solo a Balthier di tanto in tanto permetteva di scalfirla, l’aiutava a sentirsi ancora viva. Era dagli eventi della guerra tra Dalmasca e l’Impero che tuttavia qualcosa stava iniziando a mutare, strane sensazioni di fragilità e insicurezza avevano iniziato a farsi largo dentro di lei. I confini e i limiti che lei stessa aveva imposto tra loro, avevano iniziato a vacillare.

I suoi stessi atteggiamenti, le erano incomprensibili a volte, ma aveva deciso di ignorare questa sua debolezza. Dopotutto aveva scelto un uomo che non voleva complicazioni, proprio come lei, e a prescindere dal desiderio che nutrivano l’uno per l’altra, questo non sarebbe cambiato. Un tacito accordo a cui non sarebbe venuta meno.
 
“.. Si rinuncia solo a ciò di cui possiamo sopportare l’assenza..” disse lapidario lui.
 
Fran rimase turbata a guardare il cielo. Quella frase non l’aveva lasciata indifferente.  Gli Dei solo sapevano quante lacrime aveva versato in quegli anni e l’immediata semplicità di quella frase lasciava trasparire l’ingenua superficialità di un giovane uomo che probabilmente non aveva mai provato quel genere di sentimento per qualcuno.
 
“Vado a preparare qualcosa da mettere sotto i denti.. Te ne occupi tu?” disse lui, sollevandosi dal posto di guida e facendole cenno di prendere il comando.
 
Fran fece un gesto di rimando col capo e si mise a sedere nel sedile da pilota.
 
“Ti chiamo quand’è pronto” esclamò, dirigendosi verso il cucinino.
 

***
 


All’aerodromo imperiale di Rozaria, un abile team di moguri aveva ormai ultimato i controlli e i rifornimenti sull’aeronave che avrebbe riportato Basch e i suoi ad Archadia.
 
“Giudice Gabranth, siamo pronti per tornare in patria in qualsiasi momento, aspettiamo solo un vostro ordine” gliannunciò il più alto in grado tra i suoi uomini.
 
“Bene, giudice Faron. Ho discusso con sua altezza il principe margrace, i termini della nostra partenza e abbiamo concordato per domattina verso mezzogiorno. Permarremo qui un altro giorno dunque, potete avvisare i nostri uomini e dirgli di farsi trovare a bordo della Leviatano all’ora stabilita”
 
“Come desiderate, giudice magister. Col vostro permesso mi congedo, allora”
 
Gabranth attese che l’uomo si fosse allontanato, poi s’infilò frettolosamente in una delle toilette del posto per disfarsi della sua armatura e indossare gli abiti civili.
 

***
 


///
 

“N-Non p-posso farlo!.. Io n-non..” ripeteva convulsamente, un’impaurita Penelo.
 
“Devi farlo! Sei la nostra unica speranza… Ti prego..” la implorava stremata, Ashe.
 
“I-io.. Non l’ho mai fatto prima..!” ammise, terrorizzata, lei.
 
“Hai ..hai detto di aver assistito la tua vicina, alla città bassa, in passato..” cercò di convincerla la regina, sudata e ansimante.
 
“Portare qualche benda imbevuta d’acqua e tenerla per mano.. non è proprio come fare nascere un bambino!”
 
Ashe era così esausta e dolorante da non riuscire più a replicare alle scuse di Penelo. Le acque si erano ormai rotte da diversi minuti, costringendola a rimanere seduta sul terreno sabbioso del deserto. La veste color caramello che portava indosso era inzuppata e sporca di sangue e le doglie avevano iniziato ad essere sempre più frequenti. La rabbia, il dolore e la paura erano le uniche emozioni che riusciva a percepire in quel momento, per la prima volta sentiva di stare cedendo, impotente di fronte agli eventi, da sola non avrebbe mai potuto farcela e forse la fine era vicina. Quella consapevolezza in un attimo si era trasformata in disperazione, riempiendole gli occhi di lacrime.

La sofferenza della sua amica, distolse finalmente Penelo dal panico che l’aveva travolta. Fece un bel respiro e afferrò la sua mano, cercando di darle una forza che nemmeno lei era sicura di avere.
 
“E.. e se sbagliassi? Vi facessi del male?” confessò, preoccupata.
 
“A-andrà t-tutto bene… Mi fido di te…  Lo so che un campo di battaglia non è il posto ideale per venire al mondo.. ma non c’è p-più t-tempo… Ti p-prego..”
 
“V-va bene.. Facciamolo!” si convinse infine,  la ragazza.
 
Si posizionò in ginocchio, di fronte ad Ashe, e l’aiutò a divaricare le gambe. A quella vista, rimase smarrita per qualche istante.
 
“C-cosa c’è..? Perché… perché quella faccia?” urlò Ashe, preoccupata.
 
“Si vede la testa..  a-appena te lo dico io.. spingi, ok?” le ordinò, cercando di mostrarsi sicura di sé.
 
La donna annuì. Era spaventata ma si fidava di Penelo, con lei al suo fianco aveva una possibilità.
 
“Fai un bel respiro.. e.. Ora!”
 
Ashe iniziò a spingere, cacciando un urlo di dolore. Le fitte che sentiva al bassoventre erano lancinanti, come se il suo corpo stesse per squarciarsi in due parti. Strinse i denti e continuò mentre la ragazza ormai vedeva in modo nitido la testolina del bambino venir fuori.
 
“Di nuovo… Forza!”
 
L’ennesima spinta, permise a Penelo di poter afferrare dolcemente il piccolo dalle spalle. L’adrenalina che aveva in corpo, non le permetteva di pensare ma solo di agire per la sopravvivenza dei due.
 
“Ancora un piccolo sforzo… ci siamo q-quasi…”
 
Dopo pochi istanti e un ultimo intenso grido di dolore di Ashe, il neonato venne alla luce, decretando il suo arrivo con un lungo vagito mentre una festante Penelo lo teneva stretto tra le sua braccia, senza riuscire a credere ai suoi occhi.
 
“E’ un maschietto..” strillò felice, fissando la minuscola pelata bionda del piccolo.
 
Era sporco e infreddolito, con gli occhi ancora stropicciati dal parto e piangeva incessante. La ragazza si voltò verso Ashe, cercando il suo sguardo per consegnarle il bambino.  Quest’ultima era sfinita e indebolita, riuscì appena a guardare il figlio e a sorridergli, ma non aveva la forza di tenerlo con sé.

Penelo era preoccupata, la donna aveva perso molto sangue e non rispondeva alle sue domande.  Inoltre le urla del piccolo avrebbero potuto attirare dei male intenzionati. In quelle condizioni, non sarebbe stata in grado di proteggerli. Doveva pensare ad una soluzione e farlo in fretta.

Fu un attimo, Ashe perse conoscenza.
 

///
 


Quelle immagini continuavano a riaffiorare nella sua mente, impedendole di prendere sonno. Un sogno bizzarro avuto mentre priva di sensi, giaceva fuori dal castello a Nabudis e che non riusciva a togliersi dalla testa. Le emozioni provate in quei momenti erano state cosi intense da sembrare reali. Aveva dormito e sognato molte notti durante i suoi diciannove anni, eppure non aveva mai sperimentato prima nulla di paragonabile a quell’esperienza.

Si sentiva una sciocca a ripensarci ogni volta, impersonarsi ostetricia per far venire al mondo niente meno che l’erede al trono di Dalmasca, che assurdità!

Era un’aviopirata e la sua vita era fatta di molte avventure, spesso al limite della legalità, ma quella scena risultava poco credibile, persino per una come lei.

Dormire, ecco cosa doveva fare.
 

***
 


Annoiata e turbata, cosi si sentiva la giovane Ashe, rilegata a riposo forzato nella sua stanza. Aveva trascorso tutta la giornata sotto il piumone del regale letto, in totale solitudine, solo di tanto in tanto qualcuno della servitù bussava per informarsi sulle sue necessità e per servirle i pasti.

Tutti a corte erano morbosamente preoccupati per le sue condizioni di salute, tenendola sottocontrollo continuamente. Si sentiva soffocare, dopotutto era solo una banale febbre, la sua carica non le impediva certo di ammalarsi come un qualunque essere umano eppure nessuno sembrava capirlo.  Questo era uno di quei momenti in cui avrebbe desiderato poter essere libera dalla curiosità altrui ma come regina vedova di un regno, sapeva che questo non sarebbe mai potuto succedere e che doveva imparare a farsene una ragione.

Un mal di testa martellante l’assillava da ormai un quarto d’ora, sintomo che la febbre aveva ripreso a salire. Era arrivato il momento di alzarsi dal letto per prendere le medicine sul tavolino in fondo alla stanza. Con uno sforzo che le sembrò sovraumano, si sollevò dal materasso tirandosi in piedi, per raggiungere zoppicante, le sue pillole.

Quando poté finalmente stringerle nel palmo della mano destra, si sentì come se avesse conquistato un prezioso tesoro. Fece per ingoiarle, quando qualcuno bussò alla porta. Le mandò giù di fretta, per poi esclamare il fatidico “avanti” al suo ospite, convinta non potesse che trattarsi di una delle tante ronde di controllo dei suoi sudditi.

Quando la porta si schiuse, alzò appena gli occhi davanti allo specchio sulla parete di fronte a lei, per vedere chi fosse ma l’immagine riflessa la lasciò interdetta. Un uomo alto con un mantello scuro e il capo coperto era dinanzi all’uscio e si stava dirigendo a passo lento verso di lei.

Senza pensarci un attimo, afferrò con furia il tagliacarte sul tavolo, per poi scagliarsi maldestramente sul losco figuro. Tuttavia la debolezza del suo stato di salute, la fece crollare in ginocchio sul pavimento, avrebbe voluto gridare aiuto ma aveva a malapena la forza di stringere tra le mani la lama, il suo unico mezzo di difesa.

L’uomo si precipitò su di lei, cercando di afferrarla ma dovette arrestarsi quando fulminea, la donna puntò contro il suo collo il tagliacarte, pronta a infilzarlo in qualsiasi momento.
 
“Chi diavolo sei?”chiese, tentando di assumere un tono duro e autoritario, per nascondere la fragilità delle sue condizioni.
 
“Sono io, Ashe..”rispose rassicurante lui, togliendo il cappuccio e mostrandole finalmente il suo volto.
 
La ragazza rimase impietrita, non poteva credere ai suoi occhi. Che diavolo ci faceva Basch qui e per quale motivo aveva assunto quel travestimento per farle visita?
 
“Ma che..? Cosa significa tutto ciò??” esclamò sbalordita, mettendo giù la lama e lasciando che Basch l’aiutasse a rimettersi in piedi.
 
“Non volevo spaventarti.. ma non potevo permettere che venendo qui, qualcuno mi riconoscesse.. Non è stato facile eludere la sorveglianza.”disse lui, accompagnando Ashe al bordo del letto.
 
“Non si direbbe.. Ad ogni modo non mi hai ancora risposto.. Che ci fai qui?”
 
“Io.. Ho saputo che stavi poco bene..” rispose, timidamente, il cavaliere.
 
Ashe rimase perplessa e lusingata da quell’affermazione, nonostante ciò continuava a guardalo smarrita, non riusciva a capire il perché di tanto riserbo in quella visita.
 
“Non capisco..Non potevi farti annunciare, come al solito?”
 
“Non volevo che si sapesse della mia presenza qui.. I miei uomini credono che io sia a Rozaria adesso, in attesa di ripartire per l’Impero..”
 
“Rozaria?”
 
“Affari di stato, mi hanno portato lì per alcuni giorni.. E’ stato Al Cid a informarmi del tuo incidente a Nabudis…”
 
“Uhm?.. Ciò a cui ti riferisci è acqua passata ormai.. E poi che ti importa? Credevo fossi troppo impegnato, per preoccupartene..” disse scocciata, lei.
 
Non aveva scordato le scuse accampate dall’uomo per non prendere parte alla spedizione di ricognizione, nella terra del suo defunto principe. L’interesse mostrato adesso per quanto accaduto, era fuori luogo. Inoltre spiegargli cosa era veramente successo le risultava difficoltoso, dal momento che persino lei stava ancora cercando di capirlo. La strana luce sprigionatasi dalla pietra azzurra nelle catacombe e il successivo risveglio fuori dal castello, rimanevano un mistero. E poi c’era quel sogno assurdo che aveva avuto, di cui non riusciva a decifrare il significato. Tutto troppo complicato, da riassumere.
 
“Ti chiedo scusa, so che ho sbagliato a comportarmi in quel modo.. Ma sono sinceramente preoccupato per quanto accaduto, ti prego di raccontarmi..”implorò lui, visibilmente turbato, al punto che Ashe cedette.
 
“Cosa vuoi che ti dica..? Mentre esploravamo l’area con  Aeron e gli altri soldati, ho incontrato per caso Vaan e Penelo.. “
 
“ Uh? E cosa ci facevano lì?... Lasciami indovinare, faccende da pirati..?”
 
“Proprio cosi.. Mi hanno raccontato una storia.. Una pietra nascosta nelle catacombe.. Mi sono offerta di dargli una mano a ritrovarla, cosi poi avrebbero aiutato noi ad uscire fuori dal castello, visto che avevamo perso la nostra mappa..”
 
“Avete incontrato un nemico??”
 
“No.. o almeno credo.. Siamo scesi nella catacombe e quando abbiamo trovato il gioiello, uno strano fascio di luce ci ha avvolti.. Aeron ci ha ritrovati privi di sensi fuori dal castello..”
 
“Cosa? E come mai??” chiese lui, agitato.
 
“Non ne ho idea.. e nemmeno Vaan ha saputo spiegarselo.. Ad ogni modo ci siamo dovuti separare presto per tornare alle nostre faccende.. Io a Palazzo e lui a non so a far cosa con Balthier e Fran..” disse lei, scuotendo la testa.
 
“Capisco.. Hai riportato delle ferite?” chiese, portando le mani sulle sue spalle, fissandola ansioso.
 
“No.. Ho solo dormito.. Cosi mi hanno detto.. La mia permanenza a letto di questi giorni, non ha nulla a che vedere con questa storia.. “
 
“Dal tuo aspetto non si direbbe… Hai gli occhi rossi e gonfi,  sei debole e hai la fronte che scotta..”esclamò, toccandole le tempie.
 
Ashe si ritrasse imbarazzata e stordita da quelle insolite attenzioni. Basch doveva aver preso una botta in testa per comportarsi in quel modo, eppure sembrava stranamente sincero.
 
“Smettila! E’ solo.. febbre.. “
 
“Febbre..? Al Cid… Lui mi aveva fatto intendere che … Lascia perdere!”
 
Basch si sentì un completo idiota in quel momento. Era corso di fretta e furia a Rabanastre, di nascosto a tutti e ritardando il suo ritorno ad Archadia, per scoprire che il tremendo malanno che aveva colpito Ashe era comunissima febbre. Portò una mano in fronte, in segno di avvilimento per l’avventatezza del suo gesto, non era da lui agire in quel modo.

La regina sorrise divertita e intenerita, doveva proprio aver pensato al peggio per correre da lei in quel modo e infiltrarsi nella sua camera come il più classico dei banditi.
 
“Non vorrei essere troppo ottimista, ma al contrario di quello che pensano tutti, con un po’ di riposo e qualche medicina, penso che sopravviverò..”ironizzò, mettendo un braccio attorno alle spalle del giudice, per consolarlo.
 
Lui si voltò verso di lei, sorridendole di rimando.  Quello sguardo così dolce e profondo usciva fuori raramente, ne era ammaliata. Arrossì come la più ingenua delle ragazzine, senza nemmeno accorgersene.
 
“Grazie..”pronunciò appena.
 
“Per cosa?”
 
“Per esserti preoccupato di me… Non della regina.. Non capita spesso che qualcuno pensi a me semplicemente come Ashelia..” ammise rattristita, chinando il capo.
 
“Non devi ringraziarmi…  Tu sei importante per tutti noi..” le sussurrò delicatamente, all’orecchio.
 
“Per il nome che porto, lo so già..”
 
“No.. Non per me..” disse, accarezzandole istintivamente una guancia.
 
Si guardarono negli occhi con un’intensa intimità che la menzogna delle parole, non avrebbe potuto celare stavolta. Il silenzio era l’unica verità che Basch poteva permettersi.
 
“E’ per questo che.. la notte dopo l’incoronazione.. mi hai baciata..?”domandò lei, in un timido impeto di coraggio.
 
A quella domanda, non riuscì a reggere più il suo sguardo e lo distolse. Tuttavia sentiva che non poteva più evitare di affrontare l’argomento, forse la sua fuga a Dalmasca non era stata del tutto vana, forse era arrivato il momento di mettere in chiaro una volta e per tutte come stavano le cose tra loro.

Fece un profondo respiro mentre Ashe aspettava ansiosa di sentire uscire anche una sola parola dalla sua bocca, e finalmente si decise.
 
“Quella notte, dopo i festeggiamenti per la restaurazione di Dalmasca, sotto quella luna piena, i tuoi occhi brillavano.. ed anche i miei. Eravamo felici… ce l’avevamo fatta… Nonostante tutte la battaglie.. il dolore.. Tu eri diventata regina, Larsa era al sicuro e io.. Io potevo mostrarmi di nuovo dinanzi al mondo, seppur sotto le mentite spoglie di mio fratello..”le svelò, lasciando trasparire una concitata emozione mentre lei lo osservava, pendendo dalle sue labbra.

“Stavamo osservando il cielo quella notte.. e poi ad un certo punto ti ho guardata.. Piangevi.. di stanchezza e di gioia per la tua Dalmasca.. In quel momento la tua commozione era la mia.. Quel bacio che ti ho dato.. volevo che sentissi che anch’io provavo le stesse cose.. ti ero vicino… In qualche modo.. Non eravamo più soli.. non in quel momento almeno..”
 
Gli occhi di Ashe si fecero lucidi, ripensando alle emozioni di quella notte. Era vero, si era sentita sola per molto tempo prima di incontrare sul suo cammino Vaan e gli altri e ricongiungersi con Basch che per tanto tempo aveva creduto un traditore. Il dolore dilaniante per le sue perdite, per qualche strana ragione, aveva lasciato spazio alla serena rassegnazione quando le sue labbra avevano incontrato quelle del cavaliere, quella sera. Si era sentita amata e protetta, come non le succedeva più da anni.
 
“Basch.. “cercò di interromperlo, stringendogli la mano.
 
“Ashe.. quel bacio è stato un errore”
 
All’udire di quell’affermazione, la donna rimase attonita. Non poteva credere che lo avesse detto sul serio, non dopo quello che avevano provato.
 
“E’ stato un gesto d’impeto.. Stavamo bene in quel momento ed è successo… Ma non può più accadere.. Tu sei una regina e io un uomo morto che finge di essere un difensore della legge dell’Impero. Troppi interessi contrastanti ci dividono. Per noi non c’è futuro né politicamente né sentimentalmente perché..”
 
S’interruppe un istante per prendere fiato, prima di concludere quell’ultima frase. 
 
“Io non provo nulla per te, se non una profonda stima e amicizia.. Ciò che mi lega a te è il dovere verso la parola che ho dato a tuo padre, quando mi nominò capo dell’esercito dalmasco.. Ho giurato che ti avrei protetta fino alla fine e la guerra e la sua morte, non hanno cambiato le cose.. Sarò sempre la tua ombra Ashe, ma come soldato.. Non saremo mai amanti”.
 
La donna era incredula e profondamente delusa da quelle parole. Lo fissava con gli occhi spalancati e colmi di lacrime, senza sapere che dire. Si sentiva cosi stupida e amareggiata.
 
“Dimentica quel bacio.. Il mondo è pieno di uom..”
 
Uno schiaffo furibondo in pieno volto, lo zittì.
 
“Sta zitto… Sei solo un vile bugiardo!” gli urlò furiosa e disperata.
 
“Può darsi.. Ma non cambierò idea, né ora né mai..”
 
“Va via, non voglio più vederti! Non so che farmene della protezione di un codardo come te.. Le tue bugie, tienile per Larsa. La sappiamo tutti è due qual è la verità.. e adesso so anche di che pasta sei fatto… “
 
Era arrabbiata e triste, riusciva a fatica a trattenere le copiose lacrime che le inondavano le pupille. Inoltre il mal di testa che aveva ripreso incessante a farsi sentire e la febbre alta, la stavano mandando in uno stato confusionario. Si era alzata in piedi, dirigendosi frettolosamente verso la porta, urlandogli di andarsene. Basch era affranto dal dolore che sapeva averle procurato ma non si era opposto e in silenzio aveva lasciato la stanza.

Quando la porta si richiuse, Ashe cadde per terra ormai priva di forze, scoppiando in lacrime.

Era finita.
 

***
 


La cena era trascorsa serena, davanti  ad un gustoso spezzatino di carne aromatizzato alle erbe. Le doti culinarie di Balthier erano apprezzabili ma non amava farne sfoggio in pubblico, non la reputava una caratteristica particolarmente mascolina. Solo a Fran era concesso di assaporare la sua cucina di tanto in tanto, col tacito accordo di tenere per se il piccolo segreto.

Era stato bello, dopo il trambusto delle settimane precedenti, ritrovarsi a dialogare pacificamente e con leggerezza, seduti intorno ad un tavolo come i vecchi tempi. Subito dopo cena, Balthier era tornato nella cabina di pilotaggio per variare le rotte del pilota automatico. Fran gli aveva tenuto compagnia per un po’, finchè a ora tarda, vinta dalla stanchezza, era tornata in cucina per prepararsi una tisana che l’aiutasse a conciliare il sonno.

Sorseggiando la bevanda ancora calda, ammirava il panorama stellato dal ponte della Strahl. Un venticello fresco le accarezzava il viso, alleggerendola dalle preoccupazioni. Di fronte a quell’immensa distesa blu, priva di confini e limiti, provava un profondo senso di libertà che le faceva sentire artefice della sua vita, lontana dalle rigide regole in cui era cresciuta. Era una sensazione che solo in pochi riuscivano a comprendere e uno di questi era Balthier con cui condivideva la solitudine che quella libertà, gli era costata.

Ripensandoci, si voltò un attimo alle sue spalle, cercando il suo compagno d’avventure con lo sguardo che tuttavia, contrariamente alle sue aspettative, non l’aveva raggiunta sul ponte. Un po’ delusa, tornò a fissare le stelle.

Balthier aveva nuovamente impostato i comandi automatici, per permettere sia a lui sia a Fran di riposare quella notte, senza interrompere il loro viaggio. Ero sceso nella sua camera per indossare abiti più comodi. Si era sfilato il corsetto bronzato, poggiandolo svogliatamente sul bordo del letto. Era stanco e assonnato, era da tempo che non intraprendeva un viaggio cosi lungo, senza fare delle soste. Tuttavia non gli dispiaceva passare del tempo da solo con Fran, dopo i dissapori degli ultimi tempi, sembravano aver ritrovato un’armonia.

Chinandosi per sfibbiare le scarpe, la sua attenzione fu catturata da un insolito scintillio proveniente da qualcosa sotto il letto. Incuriosito, allungò il braccio per afferrare il misterioso oggetto. Quando lo vide, rimase piacevolmente sorpreso, si trattata di un fermaglio per capelli di Fran. Non ci mise molto a ricordarsi del perché fosse lì, glielo aveva tolto lui stesso una notte di tanto tempo fa.

Un violento temporale li aveva costretti ad un atterraggio di emergenza nei pressi dei monti Mosfora. Le sicure di uno dei portelloni di apertura erano saltate e nella corsa frenetica per andare a ripararlo ed evitare un allagamento, si erano bagnati fradici. Un whisky di troppo per riscaldarsi ed erano finiti in camera sua, avvinghiati contro il muro. Le aveva tolto il fermacapelli, lasciandolo cadere distrattamente per terra, perché adorava passarle le mani tra i lunghi capelli argentati, accarezzandoli come un prezioso tesoro.

Un leggero rossore gli colorò le guance, ritornando con la mente a quegli attimi. Da quando erano andati oltre “quella” soglia, aveva provato delle sensazioni che prima d’ora, con nessun altra donna aveva mai provato. E non si trattava solo di passione, c’era un’alchimia speciale tra loro, una sinergia totale di pensieri, gesti e parole. Un brivido gli corse dietro la schiena a ripensarci, anche lei aveva provato le stesse cose ne era certo. Quello che non sapeva è se anche per lei qualcosa nei sentimenti verso di lui era mutato. Si conoscevano da tanto tempo e insieme avevano costruito un solido rapporto basato sulla fiducia, sull’affetto e sul rispetto.

Che la sua bellezza non gli fosse indifferente, era noto ad entrambi da sempre, ma i continui rifiuti di lei in un certo senso erano riusciti a placare l’attrazione portandola ad un livello di ammirazione platonica. Il corteggiamento e i flirt erano diventati un giocoso modo di scherzare tra loro.

Eppure c’era stato un momento che aveva cambiato tutto dentro di lui. Dopo la morte di suo padre, al Faro, si era chiuso nella sua stanza alla locanda di Belforneim, senza rivolgere la parola ai suoi compagni di viaggio. Nessuno aveva osato avvicinarlo, per quanto facesse lo spaccone, avevano intuito il suo turbamento. Solo Fran era andata da lui a notte fonda, portandogli da mangiare. Lo aveva trovato in condizioni pietose, si vergognava a ripensarci. Era seduto per terra, con ancora la bottiglia di vino in mano e una puzza insopportabile di alcool addosso. Era cosi triste che nemmeno quella sbronza colossale era riuscito a distrarlo.

Fran aveva posato il vassoio sul comodino e senza dire una parola gli era andata incontro, inginocchiandosi davanti a lui e abbracciandolo con un affetto  che raramente lasciava trasparire. A quel contatto, si era sentito cosi profondamente toccato da lasciarsi andare ad uno sfogo delirante, sui suoi sensi di colpa. Lei aveva colto talmente tanto il suo dolore che poteva sentire le sue lacrime calde, bagnargli le basette biondo miele. In quel momento la loro sofferenza era divenuta una sola.

Vederla piangere per lui, l’aveva colpito cosi tanto da raccogliere il suo volto tra le mani e baciarla come non aveva mai fatto prima. Lei, nonostante lo stupore, non si era scostata, ricambiando il bacio. Era lì per lui, in tutto e per tutto. Voleva solo smettere di soffrire, cosi con poca lucidità gli aveva chiesto, con l’espressione di un bambino alla disperata ricerca di conforto, senza pudore e senza più orgoglio, di aiutarlo a non pensare.

Avevano fatto l’amore per la prima volta quella notte e poi come nulla fosse mai accaduto, il giorno dopo si era alzato, tornando ad essere il Balthier che tutti si aspettavano di vedere. Non le aveva chiesto nulla perché si era sentito un verme, sentiva di averla usata per dimenticare le sue pene e la sua Fran non se lo meritava. Lei ovviamente, con la solita eleganza e discrezione che la caratterizzava, aveva colto il suo desiderio di non parlarne e tutto era tornato come prima.

Tuttavia dopo la Bahamut e Lemures, ci erano ricascati sfruttando il solito espediente del bicchierino di troppo. Era diventata la loro giustificazione per abbandonarsi l’uno nelle braccia dell’altro. Quella notte si era acceso qualcosa in lui che s’ingigantiva ad ogni contatto ma dai risvolti troppi pericolosi per potervi confrontare.

Adesso le cose erano cambiate, almeno all’apparenza, e quel fermaglio era ormai simbolo di un confine che non doveva più essere varcato. Con quest’ amara riflessione, si era sollevato in piedi ed era andato nella camera della donna per ritornarle l’oggetto.

Bussò alla porta ma non rispose nessuno, la soglia semiaperta gli lasciò intravedere il profilo di Fran dormente, nel suo letto. Le si avvicinò per rimboccarle le coperte mentre l’osservava con dolcezza, contorcesi tra le lenzuola.

Prima di uscire, si voltò verso il tavolo per poggiare il fermaglio ma la visione del diario di suo padre, lo fece desistere qualche secondo. C’era una busta chiusa tra le pagine eppure non ricordava di aver trovato nulla di simile, la prima volta che lo aveva aperto. Incuriosito decise di prendere la busta, notando un sigillo rozariano sul fronte della stessa. Stranito e turbato non sapeva che pensare, ciò che era evidente è che non doveva trattarsi di qualcosa legata a suo padre bensì a Fran.

Doveva leggerla o lasciarla lì? Il dubbio aveva iniziato a lacerarlo, soprattutto rispetto a chi potesse essere il mittente. Voltò la busta, cercando un indizio sul retro. La sua intuizione fu premiata, la l
ettera era firmata “Tuo Darian”. Gli si rigirò lo stomaco nel vedere di chi si trattava.

Ebbe ancora qualche istante di esitazione, poi prese la busta e andò via dalla camera.
 
  
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