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Autore: onlydreams    11/06/2013    4 recensioni
STORIA RISCRITTA DAL PRINCIPIO!
Una storia che ormai si è lasciata andare alle spalle torna prepotente nelle veci dei loro corrispettivi figli: Crhistine e Josh. Fin da subito attratti l’un dall’altro, legati inconsapevolmente. Ciò che non sanno è che il loro amore non è altro che il ripetersi di una storia terminata molti anni prima dai loro genitori.
Scopriranno con amarezza che il passato tende spesso a ritornare nel luogo in cui era finito, ignari di ciò che li unisce. Scopriranno come sia cattivo il fato nel fargli vivere le stesse emozioni,nello stesso contesto di un passato ormai trascorso.
DAL CAP
< Buongiorno Sono Josh Somerhalder e vi darò tutte le dritte per raggiungere gli obiettivi prefissati da questo corso e superarlo. Voglio precisare una cosa non accetto favoritismi di nessun genere. > La sua voce assottigliata, declinava a quelle che lo stavano già puntando, la possibilità di passare una notte con lui in cambio di un punteggio alto, ma lasciava anche intendere che fosse stato propenso a qualche notte di puro divertimento ma senza ripercussioni.
Non c'era nessun punto di sospensione nella sua frase, né nessuna forma di indugio nella sua voce.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Lo scagnozzo e il colpevole
















Mi svegliai di soprassalto.

Oh my God.

 Per qualche strana ragione a me sconosciuta in quella mattina appena iniziata, nacque spontaneamente la voglia di esprimere il mio stupore con un'affermazione in  inglese, forse perchè l'italiano mi morì nella gola quando concepii il sogno appena fatto.

Quello non era un incubo o una possibile, azzardata e tremenda  visione di una scena futura, quella era l'apocalisse.

Anzi,  molto peggio.

Forse anche l'apocalisse avrebbe fatto le valigie fuggendo via, ritardando la sua tanto clamorosa quanto inattesa  entrata in paragone al  mio sogno.

Passai una mano tra i capelli, non riuscendo a trattenere un viso corrucciato quando appoggiando una mano sopra quella canottiera intrisa di sudore, percepii il mio cuore battere spazientito.

Scostai malamente con i piedi quella leggera copertina che adoperavo nella notti più freddi, e quella precedente lo era stata notevolmente, decisi che una doccia fredda fosse l'unica soluzione per calmare i miei ormoni che si erano leggermente triplicati.

Il getto d'acqua fredda mi risvegliò.

< La nostra unica soluzione è conoscere nuovi ragazzi > Sbuffò Caryn aggrappandosi alla sua tracolla mentre tentava con i suoi occhiali da sole di sfuggire da quel sole tremendamente fastidioso.

< Sì. Magari che rispecchiano anche le caratteristiche della tua lunga e infinita lista > Beffeggiò Taylor.

Sorrisi complice.

Istintivamente spalancò gli occhi, guardandoci corrucciata per poi porsi di fronte a noi.

< Ragazze quella è la base. Bello, palestrato e magari anche pieno di soldi > Sussurrò maliziosa.

Il nostro ingresso nell'aula,  venne intralciato da un personaggio alquanto sospettoso, che si pose di fronte a noi senza batter ciglio, obbligandoci a frenare la nostra camminata a passo svelto, di colpo.

Jeans, felpa con cappuccio, occhiali fondi come quelli della professoressa Capra che utilizzava solo durante le ore di lezioni e  che invece, preferiva nascondere quando si trattava di incontri occasionali nei corridoi.

Uno sguardo, che per quanto l'aria misteriosa di natura, fosse fonte di intrigo a lui non si addiceva, anzi gli dava un'aria da segugio, il classico tipo di personaggio che nel film gioca nel ruolo del classico scagnozzo che fa sempre una brutta fine.

Come se stesse estraendo qualche arma dalla sua grande tasca posta al centro della felpa, tirò senza indugio una busta, la quale mi pose in uno scatto veloce del braccio che in qualche secondo vidi distendere e puntare verso il mio viso.

Impulsivamente portai la testa indietro.

< Tieni > Affermò secco.

Non riuscivo a comprendere se a incupirmi fosse il suo modo trasandato, poco curato e quasi sospettoso modo di vestirsi o il suo essere così criptico e incisivo quando si trattava di esprimere una frase.

Inarcai le sopracciglia scettica, spronandolo con il leggero movimento del viso a parlare.

< é tutto scritto lì dentro >  Ribatté come se fosse stato in grado di leggermi nel pensiero.

Non mi diede nemmeno il tempo di pensare o tanto meno realizzare l'ipotesi che lì dentro ci potesse essere qualche piccolo esplosivo, che mi porse la busta.

Non volevo sembrare esagerata ma il suo modo di guardarmi pari a quello di un serial killer alle prime armi mise in serio dubbio la mia poca volontà nell'afferrare quello che mi stava ponendo con rigidità.


Nascondendo un leggero tremolio impossesatosi della mia mano l'afferrai.
Come se fosse stato progettato solo per quello, si volatilizzò non aggiungendo nient'altro sotto gli occhi increduli miei e delle mie amiche.

< Aprila  > Mi incitarono all'unisono.

L'aprii.

Sorrisi incattivita seguita dai versi di stupore di quelle che mi erano accanto.

Adoravo fare la parte della cattiva, particolarmente se poi si trattava di far attendere o addirittura far vacillare quel pulsante di cui lui non ne aveva un buon uso che era la pazienza.



****

ORE 19.20




< Molto originale. Il modo di contattarmi - precisò accennando a una smorfia spazientita continuando a deporre del materiale dentro quella valigetta nera  > Si ritrovò costretto a precisarlo quando notò che la mia mimica facciale, completamente allibita, non corrispondeva a quel tipo di persona che aveva cercato la sua presenza.
Ignorai il suo inutile e futile intento di sentirsi importante, lasciando ricadere a me l'amaro compito di averlo invitato ad incontrarci, e presi la parola.

< L'unico che qui è privo di inventiva è lei. -Imperterrii  con finto sguardo dispiaciuto, lasciando cadere la borsa dalla mia spalla, intorpidita a causa del peso, in una sedia posta qualche centimetro più avanti - è sempre lei mi ha chiesto di venire, ha per caso sbattuto la testa ? >  Continuai con sguardo accusatorio.

Mi bloccai.

Un suono lento, simile a quello di una chiave che gira intorno alla serratura, mi destò da  ciò che stavo esprimendo, obbligandomi a deviare la mia attenzione a quel rumore, rimasi lì inerte di fronte a lui, sicuramente stranito dal mio viso che aveva smesso di rivolgersi a lui e che adesso si trovava immerso in quel suono.

Mi chiesi se si trattasse di un miraggio, prodotto dalla mia stessa mente macchinatrice, quando istintivamente spalancando gli occhi, presi consapevolezza che quel suono, doveva essere  udibile solo da un essere sovraumano o da una persona con udito spiccato proprio perchè, chi aveva fatto schioccare quella chiave voleva che non ci accorgessimo di niente.

Mi voltai.

Dandogli le spalle mi avvicinai a quella porta, incurante della sua presenza che cercava un motivo al mio strano modo di agire.

La guardai.

E prima di afferrare quella maniglia, rimasi ferma a fissarla domandandomi se la mente fosse capace di fare simili scherzetti, convincerti di aver sentito o visto qualcosa che in realtà non è mai successo.

L’ afferrai agitandola inizialmente lievemente, come se fossi sicura che il suono percepito fosse solo frutto della mia fantasia.

Mi voltai verso di lui leggendo la stessa forma di stranezza che vigeva sul mio viso, ma non mi lasciai incantare perchè mentre la mia era spontanea, la sua sicuramente era finta come le numerose maschere che aveva indossato.

< Ok... davvero divertente. Adesso apra. > Sbottai mettendomi ai lati di quella porta mentre con le mani gli indicavo di avvicinarsi per aprirla.

< Allora? > Continuai imperterrita notando la sua figura esile indifferente e per niente scomposta.

< Mi sto domandando se soffre di  serie allucinazioni. Ero accanto a lei  fino a qualche secondo fa. Come sarei riuscito a chiudere? Con la forza del pensiero? > Sbuffò simulando con la mimica facciale l'ovvietà della situazione, sorridendo sornione come se di fronte a se avesse una pazza.

Pazza?

Sorrisi basita, immaginando che un leggero tic avesse deformato il mio labbro superiore in preda agli spasmi nervosi.

Non riuscivo a capire se il mio stato nevrotico-ansioso, fosse dovuto alla sua totale nonchalance di fronte ad una situazione prevenuta sicuramente dai suoi attacchi di vendetta o alla sua capacità di sminuirmi, lasciando solo a me il compito di ricoprire quella che lui aveva osato immaginare come il ruolo di una pazza.

< Quello è certo. - Sbottai allibita, Invilendo gli occhi, rafforzando così la mia determinazione nell'accusa che gli avevo appena rivolto. Se c'era una cosa che vantava di certezza, quella sicuramente era l'esclusione della possibilità che fosse stato lui a barricarci dentro. - Qualcuno dei suoi scagnozzi intendevo -  Sussurrai  ritrovandomi a sbuffare impacciata e istintivamente, portai le braccia a stringersi, lanciando qualche sguardo poco propenso a quello che mi circondava, lontano dal suo raggio visivo >

< Scagnozzi? - Ripeté con maggiore enfasi esaltando tanta credulità, e delle labbra che a stento riuscivano a trattenere un sorriso deriso mentre gli occhi  si spalancarono scettici.-Signorina Chrystine non sono mica della CIA >  Sbuffò portando le sue mani, come di consuetudine, dentro i suoi pantaloni, concedendosi una breve risata divertita guardando altrove.

Lo guardai basita.

Non potevo affermare con assoluta certezza se quello che si stava divagando nella mia testa fosse un sentimento ripugnante come l’odio, ma lo disprezzai nel constatare con quanta facilità rendeva le mie affermazioni in puri elementi di esagerazione, lasciando trasparire quanto le mie accuse fossero  superflue e prive di fondamento, mentre lui poteva assolutamente concedersi di indossare le vesti di egoista, gettando minacce come se fossero tante mine esplosive, progettate per scoppiare ognuna di loro in un momento preciso.

Sghignazzai irritata.

Passai nervosamente una mano tra i capelli, cercando in quel banale  gesto un metodo con effetto immediato e duraturo per calmare i miei torpori.

< Mi dica > Pronunciai a denti stretti, provando una sorta di eccitazione formatosi alla bocca dello stomaco al pensiero di ciò che stavo per dire.

Avanzai di qualche passo.

Il mio viso prese a contrarsi prima che iniziassi a parlare, forse,  evidenziando due gote infuocate istigate dal nervosismo e occhi più interessati a dilatare le grandezze delle pupille, rendendomi quasi inumana.

< La fa sentire appagato catalogarmi con nome e cognome? > Ghignai tutto d'un fiato e all'improvviso quella porta sigillata, quel contesto che ci rivedeva chiusi in un'ampia stanza tetra e poco luminosa costituiva quell'unico dettaglio, incapace di recarmi anche un minimo di fastidio, invece, mi  trovai più propensa a compiere a falconi quei brevi passi che ci dividevano.

< Si decisamente > Constatò con voce flebile, abbozzando una smorfia di totale indifferenza, e i suoi occhi si dilatarono decisi di fronte alla mia accusa, come quando chiedi qualcosa a qualcuno e quest'ultimo per scherzo o divertimento ti conficca un no secco.

Come se confermarlo fosse una goduria che sperava di vivere, lo disse nel modo più semplice del mondo, lasciando trapelare quell'immensa volontà che possedeva nel volermi scalfire.


******



< Sono chiusi? >

Il suono di una breve risata riecheggiò nell'aria, gettando una stecca di sigaretta di quell'unica marca che ormai ne faceva un abuso costante, la Marlboro,  in quel prato incontaminato dalla sporcizia.

Lasciando che quel mozzicone e quel suo modo prepotente di sorridere fosse un pretesto per convincere che quello fosse abbastanza da lasciar vedere mentre si nascondeva.

< Si > Confermò

< Bene. >

 

****

 

< La sua estenuante e inutile agitazione non ci aiuterà ad uscire da qui > criticò stizzito allentando malamente  il nodo della cravatta,  quando stanco, appoggiò le mani ai lati di quel tavolo a cui era appoggiato. Alzò lo sguardo, incrociando i miei occhi vispi quanto i suoi , che tentavano di farmi capire che il suo modo di guardarmi adirato fosse già abbastanza in quella situazione.

Sbuffai di spalle di fronte all'ennesima critica rivolta.

Mi voltai.

Abbozzai un falso sorriso, avvicinandomi con passi cauti ma che celavano l'istinto omicida nei suoi confronti, che tentavo di reprimere.

< Certo ha ragione > Portai le mani ai lati dei miei fianchi, fingendomi propensa a dargli ragione, lanciando uno sguardo poco attento verso quell'unica finestra, che inizialmente sembrava la nostra unica via di fuga, ma che in realtà era risultata un amaro tranello che conduceva nel luogo più desolato e privo di vegetazione del pianeta, a quella constatazione espressa nel pensiero, incollerii lo sguardo verso la sua direzione.

< Meglio agire con la sua calma apparente -  Infervori fingendo un sorriso accondiscendente - e perchè no, valutare perfino l'ipotesi di dar fuoco all'aula mandando segnali di fuoco, oltre ai nostri corpi carbonizzati > Suggerì allibita abbozzando una smorfia adirata e corrucciando le labbra.

Si lasciò andare ad un breve sorriso contenuto, che tornò ad essere una gelida espressione subito dopo.

< La smetta > Sentenziò.

< Di fare cosa? – sbottai annoiata – Di trattenere i miei impulsi omicidi?  > Scattai cercando un minimo di ritegno.

< Lasciar sottintendere che sia stato io > Ritrattò, come se fosse sicuro che le accuse che gli avevo rivolto e le sue contro risposte non erano  state in grado di alleviare la scetticità sul mio viso.

Sbuffai, lasciando intravedere quanto poca fiducia riponessi nelle sue parole, era impossibile credere che anche lui come me avesse lasciato il proprio telefono da qualche altra parte.

< Le assicurò che non ho nessun interesse nel passare una notte in bianco > Riprese bisbigliando, lasciando che il suo volto fosse una doppia contraddizione, per quanto le sue labbra dischiuse in un sorriso laterale lasciava intuire da se il significato della sua frase, sicuramente una mia possibile affermazione gli avrebbe fatto invertire la rotta, facendomi passare per maliziosa.

Arrossii di colpo.

< Non dormirò qui. Con lei  - precisai stizzita - >

< Preferisce la scorciatoia? > Valutò adirando lo sguardo, alzando le braccia verso quell'unica possibilità,  abbassandole subito dopo,  inclinando la testa verso il pavimento svariate volte.

Strinsi i pugni.

A mali estremi, estremi rimedi.

Se proprio dovevo trascorrere quella lunga notte in sua compagnia avrei dovuto imporre dei limiti, sì perchè una mezza e chiara  luna aveva appena fatto la sua comparsa nel cielo e sembrava voler rimanere attaccata a quel pezzo di cielo, rallentando il tempo, facendo in modo che le ore trascorressero in modo lento e inesorabili.

Il vero eufemismo era che la serata era appena iniziata e si pronunciava già complicata.

Sapevo che il mio guardarmi intorno, l'avrebbe insospettito al punto da seguirmi con lo sguardo disinteressato.

< Le sembra il momento opportuno per mascherare il pavimento > Canzonò mentre con gli occhi sembrava giudicarmi dal basso verso l'alto, abbozzando quell’usuale smorfia di derisione.

Sospirai, inclinando la testa, domandandomi come quella lunga linea appena tracciata,  potesse essere scambiata per uno scarabocchio.

Mi alzai da terra spolverandomi le mani, cercando nel modo più pulito possibile di eliminare il residuo del gesto che aveva la brutta abitudine di lasciarle ruvide.

< Sto disegnando una linea di confine. Una linea che lei non dovrà sorpassare > Smentii con tono pacato il suo continuo intento di ridicolizzarmi, portando qualche ciocca indietro, dimenticandomi di avere le mani intrise di bianco.

Apparve un sorriso smanioso sul suo viso,  inizialmente chino verso quella linea immaginaria, sollevando gli occhi subito dopo, scrutandomi seriamente e le sue sopraciglia si inarcarono verso il basso, dandogli uno sguardo più profondo e mentre continuava a sfidarmi con lo sguardo iniziò a compiere passi cauti e lenti verso quella linea.

Ingoiai un groppo di saliva bloccatosi alla gola, quando mi apprestai  a vedere con quanta  arroganza si dilettava ad avvicinarsi.

< é solo un tratteggio disegnato da un gessetto non indelebile. Non c'è modo più semplice che cancellarlo - Sussurrò deciso con tono opaco ma con occhi che ne mostravano la propria fermezza.  > Restò a qualche millimetro distante da quella linea, mimetizzandone la fragilità.

Talmente impegnata ad ascoltare le sue parole, ma sopratutto il modo con cui lo disse,  che rimasi completamente stupita quando, non mi accorsi che lui in quel frangente aveva allungato una mano verso i miei capelli, lasciando che quest'ultimi sfilassero tra le sue dita, per togliermi quella fastidiosa polverina bianca.

E nel modo di farlo, percepii i capelli sfiorarmi la mia guancia destra, come se ci fosse appena stata una breve folata di vento.

Non fece nessuna battutina né mi congelò con uno dei suoi sguardi smaniosi, si limitò a nascondere le sue mani nelle tasche dei suoi pantaloni.

Uno di fronte all'altro, sembrò ascoltare le mie parole, non sorpassò quel confine imposto, si limitò a restarci di fronte, per poi voltarsi e andarsene.
 

****



Lo guardai, come se in realtà quella fosse la prima volta che lo stessi facendo veramente, realizzando che la sua immagine addormentata fosse solo un pretesto per scrutarlo nel modo più attento che potessi.

Sorrisi.

Sentendomi per la prima volta libera di poterlo fissare senza dover distogliere lo sguardo per timore che lui potesse farmi sentire debole, libera di guardarlo senza limiti di tempo o almeno,  fino al mattino successivo.

Stretto a se da due braccia che tentavano di proteggersi dal freddo e furtivamente lasciavano far credere che quello fosse il solo e unico motivo per il quale si stringeva, nascondendo quanta solitudine racchiudeva quel gesto.

E i suoi occhi saldi delle sue idee e convinzioni di dover rimanere sveglio solo per non mostrare la propria debolezza, alla fine ne erano usciti sconfitti facendosi dominare dal sonno.

Un'espressione che non sembrava fatta per lui, labbra serrate che cercavano di lottare contro la rigidità giornaliera con la quale ogni giorno si travestivano, ma che comunque lasciavano spazio ad una smorfia simile a un sorriso.

Un sorriso al quale non ero abituata ad assistere, non aveva nulla a che fare con le sue solite smorfie di piacimento, era l'innocenza quella che gli lessi.

Impulsivamente, come se qualcosa mi avesse dato una gelida spinta nelle spalle, mi sollevai da terra, scoprii  quanto fosse difficile fare qualcosa  che apprendiamo senza nessun libro: respirare, rendendomi conto come in realtà  le cose più semplici  e banali da fare a volte siano le cose più ardue perfino da spiegare.

In modo del tutto inaspettato e involontario, sentii la mia mano premere sulla mia pelle nascosta da un pezzo di stoffa  che non riuscii ad impedirmi di percepire qualcosa battere lestamente contro la cassa toracica.

Cos era?

Perchè il mio cuore aveva iniziato a battere così ferocemente?

Sentii dentro di me il mio stomaco contorcersi.

La causa molto probabilmente era da attribuire alla freddezza naturale dei mattoni che mi avevano congelato completamente la schiena, non c'era nessun'altro motivo, non doveva esserci.

Anche lui, il cuore, batteva per il freddo che mi era  penetrato fin dentro le ossa.
Come un 'automa, con estrema lentezza mi accucciai nella posizione precedente, distesa su un fianco verso la sua direzione, mentre una mano gravava sotto la mia testa affinché quel gelo naturale non mi condizionasse la mente.

E come ripresi la posizione antecedente, ripresi quegli stessi sguardi lasciati in sospeso a causa di un colpo di gelo, sensazioni, che iniziavano a scemare quando inconsapevolmente gli occhi divenivano  più pesanti.

Chiusi gli occhi dimenticandomi del freddo.

 
POV JOSH.

Mi svegliai di soprassalto.

Questa non era la prima volta che a svegliarmi fosse un incubo unito dai soliti raggi solari che mi stordivano accecandomi.

Istintivamente, portai una mano negli occhi strofinandomeli.

Mugugnai dolorante a causa del ruolo principale che aveva svolto il pavimento  sul mio corpo completamente intorpidito.

In quel secondo, compresi qualcosa che in parte non poteva interessarmi, pensai a come facessero gli orientali a dormire sui pavimenti senza riscontrare nessun tipo di problema fisico l'indomani mattina.

La sensazione di dolore a differenza di un corpo intorpidito era amplificata.

Sollevai il  viso verso il mio busto e quello che vidi mi destabilizzò,quello che gravava sul mio corpo, quello che mi costrinse a strabuzzare gli occhi dilatandoli era l'immagine di quella ragazza che volente o non, si era stretto al mio petto, nel quale aveva lasciato che i suoi capelli si disperdessero nella mia camicia abbracciandomi.

Mi lasciai andare al pavimento, sentendo per la seconda volta la sua freddezza avvolgermi, mentre percepivo in modo flebile il battito del suo cuore combaciare con il mio.

Sorrisi allibito.

Aveva lottato perfino contro le sue forze per convincere se stessa che io fossi la causa di quella situazione, al punto da lasciarmi un minimo di  dubbio a me.

Ma io ero estraneo a quel contesto obbligatorio, passare un'intera notte, chiuso in un'ampia ma pur sempre restrittiva stanza in sua compagnia, non era in nessuno dei miei piani.

Il suono di una chiave che gira intorno alla serratura mi destò dai miei pensieri, con una lentezza ed eleganza che non mi apparteneva  assolutamente, allontanai quel corpo caldo da me.

Aspettai qualche secondo, in modo da non far insospettire e volatilizzare colui che ci aveva rinchiuso dentro.

Presone conferma uscii da quella porta.

L’immagine di un uomo in tuta, simile pressoché ad un ragazzino, si allontanava con lentezza verso quei lunghi corridoi, con il cappuccio che gli copriva la testa annullando l'effetto che lui voleva trasmettere, che era quello di una persona indifferente, attirando invece  l'attenzione su di  se, inconscio che lo stessi seguendo.
 
 
 






SPAZIO AUTORE
 
Bonsoir!
Eccomi qui con il terzo o quarto capitolo… in realtà non ricordo XD Ma, tralasciando questa mia piccola dimenticanza, parliamo di questo nuovo capitolo, abbastanza importante, perché c’è un motivo del perché questi due sono rimasti chiusi in una stanza, ho lasciato un particolare che farà trapelare più avanti il colpevole di questa situazione, quindi leggete bene care mie ù.ù
Ho voluto riportare una breve conversazione tra il colpevole e quello che in questo capitolo è stato un suo complice, ma non mi sono dilungata molto dato che non potevo spiegare i motivi di questo gesto o addirittura chi sia, dato che verrà svelato successivamente.
Approfitto di questo spazio per ringraziare tutti coloro che mi appoggiano e leggono la storia,
Un bacione
  
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