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Autore: Aqua24    11/06/2013    1 recensioni
NB: Storia ferma e incompleta.
Lei mi guardò con una nota di rimprovero negli occhi: "Sei una stupida."
Sorrisi.
"E tu sei bellissima."
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Noemi.

1.

Sono sempre stata una ragazza debole, considerata forte dalle persone con cui mi relazionavo.
Ero considerata forte soltanto perché di fronte agli altri non piangevo, e perché nonostante tutto avevo sempre un grande sorrisone sulle labbra.
In verità potevo crollare in mille pezzi per ogni piccola cosa. Quasi tutto mi feriva, e nessuno se ne accorgeva.
Avevo pochi amici e tanti conoscenti, una relazione finita male alle spalle e una in corso altrettanto stressante e dolorosa.
Lui, Lorenzo, era un tipo mezzo schizzato dal vaffanculo facile, fumava, beveva e dio solo sa quante canne tirava al giorno.
Era poco più grande di me e mi portava, il sabato, in giro con la sua "banda".
Da lì presi il brutto vizio del fumo... E di tutto il resto.

Nacquero in me due personalità molto diverse, in forte conflitto fra loro.
Una che mi diceva di fare la "cattiva ragazza", di farmi rispettare. L'altra che mi diceva di frenare, di smetterla perché ferivo lei.
Lei, Marilisa, il mio angelo custode. Vivevo i giorni in perenne stress dato da questa confusione infernale, e cominciavo a trattar male un po' tutti quelli che mi capitavano sotto tiro.
E Marilisa era sempre lì.
Paziente, dolce, comprensiva.
Come quel giorno vicino alle vacanze di natale.

Eravamo nella sua camera, io intenta già ad andarmene.
"Mi dici cosa ti ha detto, per favore?" chiese ancora lei.
Parlavamo di un nuovo litigio tra me e Lorenzo.
"Si è semplicemente incazzato perché non voglio andare a letto con lui."
"Ti sembra una cosa normale?"
"No. Non lo è."
"E allora cosa hai intenzione di fare?"
Rimasi in silenzio, guardando il vuoto, appoggiata con la schiena alla sua porta.
Mi lasciai scivolare a terra.
"Noemi?"
Mi richiamò, ma non sapevo cosa dire.
Sentivo la voce rotta, bloccata in gola, i pensieri diventare un cumulo di parole senza senso, e non riuscivo a rimetterle insieme per creare una frase di senso compiuto.
Cosa avevo intenzione di fare?
Non lo sapevo neanche io, per quello rimasi in uno stato di trance finché non vidi il volto mezzo preoccupato di Marilisa a pochi centimetri dal mio.
Mi veniva da piangere, ma ricacciai indietro le lacrime e la guardai negli occhi.
"Ti senti bene? Vuoi un po' di acqua e zucchero? Ti gira la testa?"
Sorrisi delle sue premure.
Lei era così, ed era quello di cui più avevo bisogno.
"Sto bene." mormorai alzandomi e dandole un bacio sulla guancia. "Però adesso vado."
"Si sta facendo buio, vuoi che ti accompagni?"
"No. A domani." Le diedi le spalle e me ne andai.

Non fumavo da circa una settimana, l'effetto si sentiva.
Il freddo mi pungeva le guance mentre, a passo svelto, tornavo verso casa.
Trattare in quel modo le persone poco mi piaceva, specialmente trattare in quel modo Marilisa.
Con quella freddezza strana che ogni tanto mi prendeva, come se fossi incazzata con il mondo intero.
Non lo ero, non lo ero affatto.
Ero incazzata con me stessa, con quel mio essere stupida, con quel mio bloccarmi a metà e non sapere dove andare.
Avanti o indietro?
Destra o sinistra?
Nei momenti di sconforto cercavo le braccia di Marilisa e mi ci immergevo, restandoci anche per delle ore.
Erano il mio porto sicuro, ed io mi comportavo come se valessero merda.
Che rabbia, cazzo, che rabbia.
Il cellulare mi vibrò nella tasca mentre entravo in un tabaccaio, ed io lo lasciai vibrare bellamente.
Uscii con le Camel in mano e ne fumai immediatamente una.
Il cassiere non aveva fatto storie, dietro i capelli folti e la barba nascondeva due occhi azzurri e stanchi.
Chissà se odiava la vita monotona che faceva, o se odiava se stesso tanto quanto io odiavo me.
Sentii il fumo scendere e riempirmi i polmoni, era quasi magico come potevano tranquillizzarmi così velocemente.
Presi il telefono e vidi la chiamata persa: Mari.
Le scrissi un messaggio, poi tornai a casa, a testa bassa, il cuore dolente e il respiro appesantito.
Non avevo mai sentito così tanto freddo in vita mia.

"Scusami. Ci vediamo domani.. Ti voglio bene"


Marilisa.

1.

Latino. Cor-Cordis. Nome neutro della terza declinazione. Significa cuore.
E le persone ce l'hanno un cuore?
Mia madre più o meno - potrebbe mangiarmi se solo le chiedessi di frequentare chi non le garba. Mio padre forse - ci sono periodi in cui può gridare per giornate intere senza riuscire a concludere un discorso di senso compiuto.
Il mio ex-fidanzato sicuramente l'aveva, quando me ne sono innamorata, perché mi prendeva la mano sull'autobus durante una gita.
Ora invece penso l'abbia perso, quando mi saluta con un cenno del capo.
Noemi sì, il cuore l'ha, e anche grande. Solo che vorrebbe non averlo, quando io invece la ringrazio sempre per ogni battito.
Io non so se ce l'ho.
A volte mi sembra di sì, quando mi commuovo per i film che principalmente non hanno nulla di commovente; quando guardo le coppiette smielate che si sbaciucchiano nei vicoli e arrossisco e sorrido automaticamente; quando mi metto seduta sul balcone e me ne sto giornate intere col naso dentro al cielo.
Altre volte invece non so nemmeno cosa sia, il cuore.
 Come quando mi sale la rabbia e grido così tanto da far spaventare mia nonna malata di cuore o mento per sentirmi migliore e giusta agli occhi degli altri o semplicemente vedendo una coccinella mi ingegno per ucciderla in modo più fantasioso che la solita scarpa sul capo.
E allora mi faccio paura.

Mi sono fatta paura la sera stessa in cui Noemi mi aveva raccontato del settantaduesimo litigio col suo pseudo-fidanzato.
Lorenzo. Che io chiamavo Tramaglino per l'omonimia col famoso personaggio del romanzo di Manzoni - è questo ciò che studio ed è di questo che vivo, di personaggi immaginari e caratteri platonici.

Sentii rabbia quando appresi che l'unica cosa che voleva fare quella sottorazza di drogato era portarsela a letto. Portarsi a letto la mia Noe.
Portarsi a letto la mia Noe, far vagare le mani sul suo corpo, farla propria con brutalità e sicuramente senza la dolcezza di cui avrebbe avuto bisogno.
"E allora cos'hai intenzione di fare?" Probabilmente queste parole le ringhiai come un cane cui hanno tolto la ciotola del cibo, perché Noemi cedette alla mia rabbia e si accasciò alla porta.
Dopo la rabbia, lo so, viene il rimorso. Ma Noemi del mio rimorso non se ne fece nulla perché io fui lenta a porgerglielo. Lei andò via prima ancora che io potessi anche solo dirle "mi dispiace, non ci ho visto più" o, in alternativa, "ti schiaccerei la testa tra due coperchi per pentole".
Prima che io potessi allungare la mano per sentire cosa volesse veramente lei.

In quell'istante avrei voluto buttare giù qualcuna delle rare porcellane che aleggiano in casa mia. Stupirmi del rumore cristallino di quando toccano terra, tagliarmi i polpastrelli coi cocci nel raccoglierli.
Invece la chiamai.
Dopo tre squilli chiusi. Uno, due, tre trilli gutturali bastano per capire che non sei desiderata, soprattutto a causa della probabile menata che le avrei fatto.

"Va tutto bene. Domani mattina vado a cercare dizionari di greco. Fatti sentire. Ti voglio bene."


NA (Nota Autrice)
Ciao caro lettore/cara lettrice!
Innanzitutto voglio porgerti un enorme grazie per aver letto questo primo capitolo di una storia a cui tengo molto, anche se appena nata.
Mi piacerebbe sapere anche cosa ne pensi, quindi se saresti così gentile di lasciare una recensione te ne sarei doppiamente grata.
Grazie in anticipo, spero di aver catturato la tua attenzione.
:)
  
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