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Autore: Mary P_Stark    12/06/2013    5 recensioni
I vizi e le virtù di Nickolas Van Berger, magnate di prim'ordine di Los Angeles, sono noti a tutti, specialmente tra le signore più altolocate della California. Suo malgrado, però, verrà a scontrarsi con l'unica donna che non subisce il suo fascino, scelta appositamente perché non lo porti in tentazione anche sul luogo di lavoro. Questa scomoda novità porterà Nickolas a porsi più di una domanda e a scoprire quanto, in realtà, le ritrosie di Hannah Fielding, sua scrupolosa segretaria, siano affascinanti. 1^ PARTE DELLA SERIE DI "HONEY'S WORLD".
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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¤Capitolo 7¤

 

 

 

 

La musica leggera e appena accennata dell’Eroica di Beethoven si espandeva nella sala da the del Waldorf, mentre gli avventori discorrevano a bassa voce e camerieri in livrea servivano bevande e pasticcini.

L’ambiente, rilassato e di classe, piacque molto a Hannah che mai, in tutta la sua vita, aveva passato una serata più strana di quella.

Si era sempre ritenuta immune dalla parlantina degli uomini e dal loro fascino, ma era indubbio quanto si fosse sbagliata.

Mr Dreyfus avrebbe potuto ammaliare le persone fin nella tomba, con il suo colloquiare piacevole e gentile e, suo malgrado, dovette ammettere che anche Nickolas ci sapeva fare.

Tralasciando la sua evidente bellezza esteriore, il suo capo aveva dimostrato di possedere anche un cervello di prim’ordine – cosa che, ormai, avrebbe dovuto esserle più che ovvia – e un’eleganza che non avrebbe mai associato a uno sciupafemmine matricolato.

Per quanto Providence fosse una bella donna, Nickolas non aveva tentato neppure una volta di lanciarle strane occhiate allusive, né si era permesso di decantarne le doti con battute ineleganti.

Era stato un perfetto ospite e un altrettanto perfetto gentiluomo, facendo sorgere parecchi punti interrogativi nella mente di Hannah.

Era evidente quanto il suo comportamento non fosse stato imposto dalla situazione, ma sgorgato sinceramente dal suo essere perciò, perché aveva la nomea del latin lover senza freni?

Dove si nascondeva il gentleman che lei aveva avuto al fianco per l’intera serata e, soprattutto, perché si eclissava senza farsi mai vivo?

“Non pensavo potessero esistere così tanti argomenti sotterranei in una serie televisiva per adolescenti e, soprattutto, che si potesse passare dai succhiasangue alla crisi nel Golfo con pochi, semplici passaggi logici” celiò ad un certo punto Nickolas mentre, con tutta calma, terminava di bere il suo the al rosmarino. Dreyfus e la sua segretaria se n'erano andati da meno di dieci minuti.

Hannah sorrise melliflua, lasciando ad un altro momento i suoi pellegrinaggi mentali, e replicò candida: “Quando si sa dove cercare...”

“E tu lo sapevi?” ironizzò allora l’uomo.

Tornando seria, la donna passò distrattamente una mano sull’abito di viscosa come per voler eliminare un peluzzo inesistente. A mezza voce, ammise: “Sapevi che Mr Dreyfus nacque in Austria e, all'età di sei anni, venne deportato a Bergen-Belsen?”

Nickolas boccheggiò a vuoto e, nel poggiare lentamente la tazzina sul piatto di porcellana fiorata, esalò sconvolto: “Non ne ero al corrente.”

“Quando mi hai affidato il compito di contattarlo, mi sono informata su di lui. Tra le tante cose che ho saputo, ho anche scoperto che la sua famiglia era ebrea e che, durante l'epurazione nazista, i suoi genitori e le sue sorelle furono uccisi nelle camere a gas. Lui fu l'unico a sopravvivere.” Nello spiegargli quel triste aneddoto, Hannah giocherellò con alcune paillettes della pochette. “Immagino che il suo interesse per i vampiri sia legato a quel periodo. La propaganda nazista aveva messo sullo stesso piano il vampiro interpretato da Max Schreck con gli ebrei tedeschi, creando così un alone di malvagità intorno a loro. Molti slogan pubblicitari, negli anni, legarono la figura del Conte Dracula con quella del popolo ebraico. Li dipinsero spesso come degli arrivisti senza scrupoli, delle creature senza anima capaci solo di lucrare sulle vite degli altri. Le leggi razziali ne furono il triste seguito. Vollero far credere alla gente che eliminando gli ebrei, come viene eliminato Nosferatu nel film, tutti i mali della Germania potessero essere cancellati.”

Sempre più sorpreso, il magnate la scrutò con sincera sorpresa mista a compiacimento e, dubbioso, le domandò: “Ma... non è un po' come rivangare un passato odioso?”

“Forse. Non però se pensi che il vampiro rappresenta soprattutto l'esule, il reietto della società, colui che non viene accettato per le sue differenze. Una sorta di bandiera per i borderline, se vuoi” scrollò le spalle Hannah, afferrando un pasticcino per sbocconcellarlo. “I nuovi film e telefilm, invece, hanno mutato il vampiro esiliato nella notte in un oggetto di desiderio e, addirittura, in una creatura da amare.”

“Buffy e Angel” chiosò allora Nickolas, cominciando a comprendere l’intricato pensiero della donna e di Dreyfus.

“Già” ammiccò lei. “Una sorta di riscatto, se vuoi. Da creatura odiosa e da debellare, a essere con un cuore e un’anima. C'è una sorta di affinità con la sua storia, ecco tutto. Per questo, credo, l'argomento gli piace tanto.”

“E tu ti sei data alle ricerche su internet solo per capire come ragionava?” esalò lui, sempre più sorpreso dalla sua segretaria.

“Mi ha colpito la musica della sua segreteria telefonica. Era il brano portante di Bram Stoker's Dracula. Da lì, conoscendo anche la sua storia, ho fatto due più due” gli spiegò Hannah, con noncuranza.

“Hai fatto un'intera equazione, altro che due più due!” replicò divertito l'uomo, ridacchiando. “Beh, in qualunque modo tu ci sia riuscita, non posso che farti i miei complimenti. Lo hai conquistato.”

“Fa sempre piacere sapere che si è lavorato bene” chiosò lei, sorridendogli nel sorseggiare il suo the.

“Hai lavorato così bene che ti occuperai delle pubbliche relazioni di questo progetto, Hannah” le dichiarò lui di punto in bianco, facendole quasi andare di traverso il the.

Trattenendosi a stento dallo sputacchiare, la donna si coprì la bocca con una mano prima di poggiare la tazzina e gracchiare: “Cosa?! Ma non è compito tuo? O di tuo fratello?”

“Non scherzavo, prima, quando dicevo che mio fratello non ci sa fare, nelle pubblic relations. E, visto come ti sai esprimere e come riesci a incantare le persone che ti ascoltano, quando inizieremo a presentare alla stampa questo progetto, tu sarai il suo portavoce.”

“E con che titolo? Sono la tua segretaria, non un membro della famiglia o del Consiglio di Amministrazione!” protestò Hannah, impallidendo leggermente non appena un altro pensiero si fece largo nella sua mente. “Fatti solo un'idea vaga di quel che dirà la stampa. Penseranno che io... io...oh, santo cielo, che io venga a letto con te, o cose ben peggiori!”

Nickolas non poté che scoppiare a ridere sommessamente di fronte alla sua sincera preoccupazione e, per chetarne subito le paure, le disse sinceramente: “Purtroppo per me, la stampa sa benissimo con che genere di donne mi intrattengo di solito, e tu sei troppo intelligente per ricadere in quel quadro. Occorreranno due minuti di discorso per sanare qualsiasi dubbio.”

A quel punto, però, Hannah lo fissò scettica e replicò: “Scusa se non mi sento rassicurata dalle tue parole.”

“Vai tranquilla. Ho una pessima fama, da quel punto di vista. Non ti scambieranno mai per una delle mie conquiste. Inoltre, tu non mi guardi mai come se ti interessassi, e anche questo balzerà all'occhio, credimi. Quelli sono peggio di segugi, per queste cose” ammise senza remore Nickolas, scrollando una mano come se nulla fosse.

In realtà, quella nomea di Casanova gli dava assai fastidio, ma sapeva bene di avere tutte le colpe che gli venivano affibbiate. In parte, se le era cercate per difendere Brandon dagli assalti dei paparazzi, in parte perché – anche se odiava ammetterlo – ormai ne era diventato quasi schiavo.

Il fatto di saperlo, però, non serviva comunque a farlo smettere. Finché gli fosse stato permesso, lui avrebbe continuato con quella vita.

“Non riesco a capire se la cosa ti dispiaccia, o ti faccia piacere” mormorò Hannah, terminando il suo the.

“Diciamo che, nel caso specifico, ci sarà utile. E io voglio che tu incanti i nostri ascoltatori come hai incantato Dreyfus. Sei brava, e quando io vedo del talento, mi sento in obbligo di sfruttarlo... in senso buono, s'intende” le spiegò lui, sorridendole soddisfatto.

“Tua madre non scherzava quando mi disse che, di fronte a del potenziale, avresti messo da parte il tuo lato più... sensuale.” Nel dirlo, si esibì in un breve ghigno.

“Mia madre mi conosce bene.” Tornato serio, aggiunse lapidario: “Quanto a mio fratello, gli parlerò io, e accetterà tutto quello che gli dirò, te compresa. Se dovesse farti delle difficoltà, ti esorto a parlarmene subito, così da risolvere immediatamente qualsiasi attrito.”

“E se io preferissi sbrigarmela da sola, con tuo fratello?” gli fece notare lei, levando un sopracciglio con ironia.

Nickolas la fissò con attenzione, il corpo longilineo e forte abbracciato dalla viscosa scura che non nascondeva nulla alla fantasia, e lasciava scoperti solo i polpacci sodi e da ginnasta. Scuotendo il capo per evitare di soffermarsi troppo su quel corpo da sirena, mugugnò: “No, preferisco evitare che una lite sfoci in qualcosa di brutto.”

Aggrottando la fronte, Hannah si arrischiò a domandargli: “Pensi... potrebbe mettermi le mani addosso?”

Sospirando, il magnate reclinò il capo in avanti e si passò le mani tra i capelli, scompigliandoli, prima di ammettere roco: “Non so più chi è mio fratello. Sono anni che fatico a comprendere le sue scelte. Per questo, ti prego, fammi sapere se ci sono dei problemi. Preferisco essere io a subire i suoi attacchi.”

“Va bene” assentì con semplicità Hannah.

Nickolas allora la guardò in quegli occhi apparentemente freddi, del colore del ghiaccio baciato dal sole mattutino, e scorse in essi un barlume di comprensione. In qualche modo, comprendeva il suo disagio e pareva disposta ad alleviarlo, pur se alla sua maniera.

“Andiamo? Non vorrei che Tony Stark si sentisse troppo solo, a casa” le propose allora lui, levandosi in piedi ed offrendole una mano per aiutarla.

Nell'accettarla, Hannah replicò: “Puoi chiamarlo solo Stark. Di solito, non uso mai il suo nome completo.”

“Ma come mai l'hai chiamato così?” le domandò curioso Nickolas, prendendola sottobraccio nell'uscire dall'hotel.

Riscoprendosi a sorridere divertita, lei ammise: “Iron Man era il mio fumetto preferito, da bambina e, quando ne hanno fatto il film, mi sono innamorata pazzamente di Robert Downey Jr.. Da qui il nome del cane.”

“E Buffy? Come mai ti piace quel telefilm? Dovrebbe essere roba da adolescenti, in teoria” si informò ancora, trovando quelle sfaccettature di Hannah davvero curiose.

“Avevo vent'anni, quando uscì Buffy, e mi colpì molto perché incarnava il mio ideale” ammise lei, con un sorrisetto imbarazzato.

“E cioè? Una ragazza forzuta e ammazzavampiri?” ridacchiò il giovane, cliccando sul portachiavi per aprire le portiere della Lamborghini.

Le quattro frecce dell’auto brillarono per un istante nella notte, riflettendosi sulle cromature delle vetture vicine.

Hannah salì sulla fuoriserie con apparente scioltezza e, quando si fu allacciata la cintura, mormorò: “Piccola e minuta.”

“Oh” disse soltanto Nickolas, mettendo in moto e facendo così scatenare il rombo cupo del motore della Lambo.

Certo, con un'altezza considerevole come la sua, doveva essersi sentita fuori posto per anni, pur avendo sfruttato questo vantaggio per giocare a pallavolo per un bel po' di tempo, e con successo.

Per una donna, doveva essere stato – ed essere – un problema non da poco, visti i preconcetti esistenti e l'assoluta stupidità di certi uomini sull'argomento. Lui compreso.

Non si era dimenticato le orribili battute che le aveva propinato al loro primo incontro e, in quel momento, si pentì amaramente di averle proferite.

Ma quando avrebbe imparato a usare il cervello?

Uscendo dal parcheggio del Waldorf, Nickolas le fece notare con ironia: “Puoi vantare delle gambe da modella, però, no?”

Hannah suo malgrado ridacchiò e, studiando il profilo del magnate, in quel momento tutto preso dalla guida della sua Lamborghini, celiò: “Sei a schema fisso, eh?”

“Sto cercando di migliorare, lo giuro, ma faccio un po' fatica. Troppi anni passati con le mani tra...” Bloccandosi a metà della frase, imprecò e rise. “Oddio, sono davvero un caso senza speranza!”

“Non direi... ti sei bloccato prima di dire sconcerie. E' un passo avanti... credo” gli fece notare lei, scrollando le spalle.

“E' colpa tua, sai?” replicò con ironia Nickolas, lanciandole un breve sorriso assassino.

Suo malgrado, Hannah rabbrividì. E non per il freddo.

“Mia?” esalò lei, sgranando gli occhi e cercando di non pensare a quanto fosse attraente il suo capo in quel momento.

“Sei così priva di malizia, nel discorrere, che dimentico per un momento di stare parlando con una donna, e così mi esprimo con più naturalezza di quanta non dovrei usare con te. Quando però i miei occhi cadono sui tuoi seni, o sulle tue gambe, è tardi. Ho già aperto bocca” ammise Nickolas, con una gran risata.

“E' un complimento o un insulto? Ho le idee confuse” ammise Hannah, ritrovandosi a trattenere una risata agli angoli della bocca.

Era così maledettamente onesto da farle dimenticare che, a tutti gli effetti, stava facendo il cascamorto anche con lei.

Accelerando quando la strada fu libera da intoppi, l’uomo fece ruggire il motore della Lambo e, assottigliando le iridi blu come l'oceano più cupo, dichiarò: “Ora ti faccio provare il vero piacere.”

“Non ne ho bisogno, davvero” precisò lei, aggrappandosi alla maniglia della portiera.

“E' per scusarmi del mio mezzo complimento-insulto” le spiegò lui con un sogghigno.

“Sei scusato, credimi!” esclamò Hannah quando i suoi occhi si puntarono sul contachilometri. Stavano già toccando le ottanta miglia orarie, e la lancetta si muoveva verso numeri più alti a tutta velocità.

Superando Point Fermin Park come se neppure esistesse, Nickolas svoltò lungo Crest Road, una strada tutta curve che si inerpicava sulle colline di Los Angeles. Hannah, aggrappata alla portiera come se ne andasse della sua vita, fissò a occhi sgranati il mondo che passava a gran velocità dietro i finestrini, chiedendosi cosa avesse in mente di fare.

L’uomo, perfettamente in grado di trattenere la potenza dell'auto ben piantata a terra, percorse quella strada – in quel momento deserta – come se si fosse trovato su un circuito automobilistico, denotando una profonda conoscenza del mezzo e del luogo.

Che fosse venuto altre volte a testare il percorso?

Apparentemente senza una meta prefissata, Nickolas proseguì nella sua corsa spericolata fino a svoltare su Crenshaw Blvd e, da lì, proseguì nel suo incessante risalire lungo la collina.

Lei lo fissò a tratti e, quando si rese conto che la sua concentrazione era totale e il suo sguardo acceso di eccitazione, si rilassò un poco, iniziando a godersi quella passeggiata notturna davvero strana.

Il rombo della macchina le percorse il corpo, facendola rabbrividire in un modo davvero gradevole e, quando lasciò perdere la paura per permettere al piacere di impadronirsi di lei, quel viaggio improvvisato la conquistò completamente.

Fu fin troppo presto che Nickolas, svoltando in un parcheggio nei pressi di una chiesa metodista, interruppe quel piccolo spettacolo di magia e, nuovamente immersi nel silenzio, Hannah sentì quasi la mancanza del ringhio del motore.

Con un esile sospiro, l’uomo poggiò mani e capo contro il volante mentre lei, guardandosi finalmente intorno, si rese conto di trovarsi in un luogo completamente buio e lontano dalle abitazioni.

Cos'aveva in mente?

Irrigidendosi, Hannah si riscosse solo quando lo udì mormorare: “A volte vorrei essere nato donna.”

“Come, scusa?” esalò lei, completamente spiazzata da quella frase.

“Sì, forse non sarei stato così schiavo dei miei ormoni, e avrei fatto meno cazzate in giro, che ne so” sospirò lui, scostandosi dal volante per reclinare all'indietro il capo e poggiarlo contro il sedile ergonomico.

“Non credo che un cambio di sesso avrebbe giovato allo scopo. Dovresti saperlo che esistono le ninfomani, no?” si limitò a fargli notare la donna, sorridendo a mezzo.

“Ah, già. Sarei stato fregato comunque” si lagnò l’uomo, coprendosi il viso con un braccio, la bocca piegata in una smorfia infastidita.

“Come mai siamo venuti qui?” gli domandò a quel punto lei, cercando di mantenere la calma.

Fuori, il silenzio di tomba strideva con la nomea della città, che la voleva perennemente caotica e frastagliata di luci. Quel luogo la smentiva in pieno.

“C'è un parco dove mi piace passeggiare, la notte, quando non c'è nessuno. E' pieno di fiori notturni e di bei cespugli odorosi. Mi rilassa” le spiegò lui, sempre a volto coperto.

“Vuoi... andarci?” ipotizzò la donna.

“Mi accompagneresti?” esalò l’uomo, scoprendo il volto per fissarla con aria speranzosa e, sì, contrita.

“Se mi prometti che non hai cattive intenzioni...” buttò lì Hannah, con un mezzo sorriso a illuminarne il viso.

“E ti fideresti sulla parola?” le domandò allora Nickolas, aggrottando impercettibilmente la fronte, come se la sua fiducia lo lasciasse perplesso, come se non si aspettasse da lei un simile comportamento.

“So come stenderti, se la necessità lo richiede, ma spero proprio di non doverlo fare” lo mise in guardia Hannah, uscendo dall'auto dopo un momento.

Nickolas la seguì subito dopo e, nel chiudere la Lambo, le offrì una mano, che però lei non accettò.

Scrollando appena le spalle, l'uomo infilò le mani in tasca e cominciò a camminare lentamente lungo un percorso a mattoncini mentre la donna, al suo fianco, si guardava attorno suo malgrado affascinata. La luna piena e i radi lampioni sulla strada, poco lontana, le permettevano di avere un'idea di massima di quel luogo, permettendole al tempo stesso di non inciampare.

“E' molto pacifico, in effetti” ammise lei, quando raggiunsero una specie di anfiteatro scavato nella collina, dove una serie di cespugli odorosi erano stati sistemati a formare un semicerchio di circa venti metri di diametro.

Lì, il rumore delle auto nel centro città era del tutto inesistente, il lieve soffio del vento umido dell’oceano era il loro unico compagno e Hannah, nonostante l’iniziale ansia, si ritrovò a rilassarsi.

Assaporando i profumi delle erbe aromatiche e della terra umida, aggiunse: “E' piacevolissimo, qui. Un piccolo pezzo di paradiso.”

“Vengo qui, quando devo chiarirmi le idee” le spiegò lui, sedendosi su una panchina di pietra bianca e levigata.

“E che idee devi chiarirti, ora?” gli domandò, rimanendo in piedi dinanzi a lui, le braccia conserte sotto i seni.

Nickolas la squadrò con occhio attento, il bel corpo tonico messo in evidenza dall'abito a sirena, il lungo collo accarezzato dalla viscosa plissettata, il viso pallido in contrasto con l'abito color della notte.

Era bella, e la sua altezza insolita conferiva un tocco in più al suo essere; non era certo un difetto, quanto un pregio insolito.

Si sentiva attratto da lei ma, al tempo stesso, i suoi occhi sapevano tranquillizzarlo, annullavano la sua propensione a lasciare che il testosterone parlasse sempre per lui. Una vera novità, in materia di donne.

Non aveva idea se dipendesse dal fatto che, evidentemente, lui non rappresentava l'ideale di uomo per Hannah o se, semplicemente, ci fosse qualcosa in lei che lo ammansiva, ma il fatto rimaneva.

Non avrebbe mai approfittato della situazione per metterle le mani addosso. Non a Hannah.

“Pensavo a Brandon. Penso sempre più spesso a lui, ultimamente” ammise Nickolas, sorprendendola non poco. “Sta passando un periodo orribile, ma non riesco a farlo confidare con me come succedeva un tempo. Gli ho anche detto di parlare con mamma, visto che con me non si voleva sbottonare, ma lui è andato in bestia e non mi ha parlato per giorni. Non mi piace la piega che sta prendendo la sua vita.”

“Eppure, da quel che so, quello sulle riviste patinate e sempre pieno di donne, sei tu” gli fece notare Hannah con aria serafica.

Con un sogghigno, Nickolas replicò secco: “Sono uno specchio per le allodole. Faccio un gran baccano per coprire lui, anche se non ottengo in cambio neppure un minimo di riconoscenza.”

“Cosa?” esalò lei, sconcertata.

“Scusa, non dovrei parlarne con te, visto che non sei pagata per farmi da psicologa, ma... “ sbuffò lui, levando il viso a scrutare il cielo.

La luna piena oscurava quasi completamente il bagliore delle stelle vicine e, in lontananza, le luci del porto di Long Beach e di Santa Monica illuminavano il litorale per miglia  e miglia.

L'aria era tersa, profumava di erbe odorose, oceano e terra umida e Nickolas, mordendosi un labbro, ammise: “Non so... pensavo di chiederti un parere femminile, se ti va di darmelo.”

“Non puoi chiederlo a tutte le ragazze che frequenti?” gli domandò gentilmente lei, sorridendo un poco.

“Loro? Non saprebbero fare una ‘O’ con un bicchiere, ammettiamolo, e l'unica a cui potrei chiedere mi ha già offerto un parere che non ho apprezzato” ammise l’uomo, storcendo la bella bocca.

“Beh, non è detto che il mio consiglio possa essere migliore… o più piacevole” precisò Hannah, scrollando le spalle, chiedendosi nel contempo chi fosse la donna misteriosa interpellata dal suo capo.

“Tanto vale provarci, visto che non so dove sbattere la testa” scrollò le spalle Nickolas. “Mio fratello si droga, oltre ad altri vizi legati alla prostituzione di cui preferisco non accennare se non grossolanamente.”

La donna rimase impassibile per non angustiarlo, ma quella verità scomoda la mise in ansia. Poteva ben immaginare quanto una cosa del genere lo mettesse in agitazione e quanto, se portata allo scoperto, avrebbe potuto rovinare il buon nome dell'azienda.

“Quindi, le donne con cui esci...”

“E' come ti ho detto. Loro, naturalmente, sanno già in partenza di non doversi aspettare nulla da me, non è ciò che cercano. E neppure io. Ma la cosa sta diventando...” Si bloccò, incapace di proseguire, il nervosismo lampante dal tremore della mano che passò tra i suoi capelli ondulati.

“Insopportabile?” ipotizzò, immaginandosi cosa volesse dire avere così tanti rapporti vuoti nella propria vita.

Lui accennò un piccolo movimento del capo e Hannah, accomodandosi finalmente al suo fianco, disse con sincerità: “Obbligalo a curarsi, a costo di portarlo in una clinica riabilitativa dopo averlo stordito a suon di botte. E' troppo giovane per rovinarsi a questo modo.”

Nickolas ridacchiò suo malgrado e, fissandola con triste ironia, ammise: “Tu e Serena andreste d'accordo. La pensate allo stesso modo.”

“Chi è Serena?” si informò lei, curiosa. Era il primo nome che saltava fuori, tra tutte le donne che facevano parte della vita articolata del suo datore di lavoro. Pareva davvero essere più importante delle altre, per lui.

“La mia donna perfetta, se solo la amassi” ironizzò l’uomo, distogliendo lo sguardo dal volto etereo di Hannah.

“Scelta curiosa di parole” dichiarò lei, sbattendo le palpebre per la sorpresa.

“Torniamo?” le propose lui, di colpo.

“Ti sei chiarito le idee? O non vuoi parlare di Serena?”

“Sì a tutte e due le cose” assentì lui con un risolino. “Farò come mi avete detto. Credo sia l'unica soluzione possibile, anche se non è proprio il momento adatto perché lui vada in clinica.”

“Non è mai il momento adatto” gli fece notare la donna, scrollando le spalle.

“Forse.”

“E Serena?”

Con un sogghigno, Nickolas ammise: “E’ l’unica vera amica che ho, e ne sono un po’ geloso. Scusa.”

Quella frase la sorprese ancor di più. Che poteva dire, di fronte a una simile dimostrazione d’affetto? Che si era completamente sbagliata su di lui?

Forse.

Che questa fantomatica Serena doveva essere incredibile?

Più che sì. Quanto meno, doveva esserlo anche solo per suscitare simili istinti protettivi in un uomo come Nickolas, notoriamente cinico nei confronti delle donne.

L’uomo non disse altro e, insieme, si incamminarono per tornare all'auto.

Il rientro verso West Paseo fu molto più tranquillo e, quando lui la depositò di fronte a casa, la ringraziò per l'aiuto e per essersi prestata a quell'uscita non programmata.

Nel salutarlo, Hannah non avrebbe immaginato di passare una simile serata con il suo capo e, soprattutto, che avrebbe rivisto Nickolas molto prima di lunedì, sul posto di lavoro.

 

  
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