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Autore: Filakes    12/06/2013    2 recensioni
Ho scritto questo racconto a "puntate" e pubblicato sul giornalino della scuola.
Erica frequenta il liceo, la sua vita è tranquilla, calma, finché una notte fa uno strano incubo.
Da quel momento verrà perseguitata dai suoi incubi, fino a dover combattere contro il male che è ormai dentro di lei.
Dal prologo:
"Con le mani impacciate dal tremore, cinse le spalle della donna e ne fece affiorare il viso alla luce della candela.
La ragazza urlò e scattò in piedi: la donna priva di vita aveva il suo volto, era lei."
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I


  L’irritante frastuono della sveglia ridestò Erica dal sonno. Cercò goffamente il cellulare sotto il letto e dopo averlo afferrato, schiacciò a caso i tasti, finché quell'orrendo fracasso finì. Si mise a sedere sul letto, innervosita da quella che un tempo era la sua canzone preferita. Non avrei dovuto metterla come sveglia, pensò con rammarico, alzandosi dal letto.
Dopo aver ingollato velocemente la colazione e aver infilato i libri in fretta e furia nello zaino, uscì di casa, salutando rapidamente i suoi famigliari. Si affrettò a raggiungere la scuola che frequentava, in ansia per la verifica che l’attendeva alla prima ora. Durante il breve tragitto che doveva percorrere, sentì più volte la sensazione di essere osservata, ma ogni volta che si voltava, non notava alcunché di strano. Passò accanto alla vetrina di un negozio e sentì un brivido percorrerle la schiena, si girò e spalancò gli occhi, spaventata. Si era dimenticata dell’incubo della notte prima, finché non si era accorta che il vetro non rifletteva la sua immagine, ma quella della ragazza dai capelli rossi. Si strofinò con impeto le palpebre, e riaprì gli occhi: questa volta il volto riflesso era suo. Sarà stata la mia immaginazione, pensò tra sé, evitando però di guardare le vetrine successive, per sicurezza.
Un’ora dopo era appoggiata al banco con la fronte premunta sul palmo della mano destra. Aveva finito la verifica e stava cercando di ricontrollarla, ma le immagini dell’incubo riemergevano fastidiose nella sua mente. Alla fine, capendo che non avrebbe combinato molto altro, Erica si decise a consegnare il compito e, una volta tornata al suo posto, incrociò le braccia e vi appoggiò la testa. 
I sogni e gli incubi devono avere un significato, rimuginò pensierosa. Quando qualcosa l’appassionava, la sognava di notte e allo stesso modo, se qualcosa la preoccupava, Erica era certa di vederla materializzare nei suoi incubi. Ma cosa poteva preoccuparla tanto da farle fare un tale incubo?
All’intervallo ne parlò con Marta, la sua compagna di banco, e l’amica l’ascoltò paziente.
- Era solo un incubo, non vedo perché ti debba preoccupare tanto.
Erica annuì, ma il suo commento non la rassicurò, anzi, la innervosì. Non aveva mai sopportato quando la gente sminuiva ciò che provava, lo trovava ingiusto nei suoi confronti.
Mentre tornava a casa da scuola, prestò attenzione a non guardare il suo riflesso nelle vetrine. Sentiva che qualcosa non andava. La sensazione di essere seguita permaneva insistente. Poi, all’improvviso, una mano l’afferrò per la spalla ed Erica si voltò. Di fronte a lei c’era un ragazzo alto dalla corporatura robusta, sulla ventina, sconosciuto.
- Dovrei parlarti, Erica.

   
 
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