And I know we have
to go, I realize.
[E lo so che dobbiamo andarcene, me ne rendo conto]
We only get to stay so long.
[Noi possiamo restare solo per questo tempo]
We always have to go back to real lives,
[Noi
dobbiamo sempre tornare alle vite reali]
where we
belong…where we belong…where we belong…
[A cui apparteniamo... a cui apparteniamo... a cui
apparteniamo...]
The ballroom at midnight
La sala da ballo era in penombra: solo la flebile luce di un
riflettore illuminava il palco; al microfono, vestita di un
abito logoro ed antiquato, c'era Rosalie.
Cantava con voce roca e vagamente stonata, dondolandosi appena
al ritmo della melodia malinconica che usciva da un vecchio grammofono ai
suoi piedi.
Bella rabbrividì: la stanza era fredda e le mani di Edward, dolcemente
abbandonate sui suoi fianchi, sembravano pungerle la pelle come aghi. Erano
gelide.
<< Dove sono gli altri? >> domandò confusa, notando
all'improvviso che, a parte Rosalie, sulla pista c'erano solo loro due.
<< Gli altri? Di quali altri parli? >> le rispose la
voce vellutata di Edward: profumava di miele e di mezze verità.
Bella rimase in silenzio e continuò a ballare, seguendo docilmente i
movimenti aggraziati e fluidi del suo compagno.
C'era un pensiero che continuava a sfuggirle: ogni volta che le sembrava di
sfiorarlo, di catturarlo quasi, quello era di nuovo lontano e nebuloso come una
foto fuori fuoco.
<< Se tutto il resto morisse e lui rimanesse, io continuerei ad
esistere. >> citò con un sorriso triste. I suoi occhi dorati
rilucevano del bagliore di una stella morente.
<< Edward, io... >> iniziò, mentre sul viso le si dipingeva
un'espressione addolorata.
I rintocchi attutiti di un campanile la interruppero.
Don.
<< Devo andare! >> esclamò, avviandosi verso la
porta.
Fece per correre, ma qualcosa sembrava trattenerla, ancorarla al pavimento
polveroso della sala da ballo: avanzava lenta, trascinando una gamba.
Si accorse con stupore che era ingessata.
Don.
Si voltò verso Edward: gli indirizzò un'occhiata implorante, in una muta
richiesta di aiuto.
Con sua immensa sorpresa, non si mosse; le restituì uno sguardo dispiaciuto,
fece un cenno di diniego col capo come a dire: "non posso.".
Angosciata e incredula, tentò nuovamente di dirigersi verso l'uscita:
arrancava, a ogni passo la sua gamba ingessata diventava più pesante, come una
zavorra.
Don.
<< E' mezzanotte, Edward! >> urlò in preda al panico, <<
Non capisci? E' mezzanotte! >>
Si accorse che l'altro non l'ascoltava più: lo
sguardo vacuo, canticchiava sottovoce una ninna nanna che un tempo, forse, aveva
conosciuto. Le note della sua nenia si intrecciavano alla canzone che, solo
adesso lo notava, Rosalie non aveva smesso mai di intonare.
Don.
Un nuovo rintocco vibrò nell'aria, sovrastando prepotentemente quell'insolito
duetto.
<< E' mezzanotte! >> gracchiò di nuovo, << Devo andare,
Edward! >>
Nessuna reazione. Edward era ancora lì, a pochi passi da lei, eppure era
lontano.
<< E' mezzanotte... >> ripeté, disperata.
Don.
Si accasciò a terra. Raccolse una gamba al petto, mentre l'altra,
ingessata, giaceva immobile di fronte a lei, come un fardello inutile e
ingombrante.
Seppellì il viso nell'incavo del gomito e iniziò a piangere; i
suoi singhiozzi si aggiunsero alla ninna nanna di Edward e al
sottofondo musicale di Rosalie, in un cacofonico coro di sconforto.
Di tanto in tanto, giungevano i rintocchi distanti del campanile, che
scandivano il ritmo cadenzato del loro tormento.
Don.
Don.
Don.
Don.
Don.
<< E-Edward. >> lo chiamò, la voce rotta dal pianto, <<
Edward, ti prego. >>
<< Lasciami andare, Edward. Lasciami andare. Ti prego. Lasciami andare.
Edward. >> lo supplicò.
Quelle parole lo richiamarono dall'altrove in cui si era rifugiato: si
riscosse dal torpore e tornò ad accorgersi di lei.
<< E' questo, che vuoi? >> le chiese in un
soffio, fissandola col suo sguardo ambrato e dolente. Nel suo tono c'era una
sorta di sollievo sconfitto, come se avesse a lungo aspettato, e
contemporaneamente temuto, la preghiera di Bella.
<< E' questo che vuoi, Bella? >>
pronunciò il suo nome con dolcezza, e il sorriso sghembo che aveva sempre adorato le mozzò
il fiato.
Per un istante si domandò da che cosa stesse mai
scappando. Lo amava, no? Lo amava da sempre.
Se tutto il resto morisse e lui rimanesse, io
continuerei ad esistere.
Don.
Trasalì.
Edward si era avvicinato e le tendeva una mano; nei suoi
occhi dorati si agitavano ombre scure, sfocate come ricordi
smarriti.
<< Edward, io... >> cominciò esitante,
indecisa sulle parole da scegliere, inciampando in quelle sbagliate, <<
Edward, io ti amo. Ma non posso, capisci? Io non...
>>
<< Bella. E' questo che vuoi? Vuoi che io
ti lasci andare? >> replicò pacato.
<< Sì. >> rispose in un sussurro, << Ti
amo, ti amerò sempre, ma non posso, Edward. Non posso, ti amo, ma
non posso, Edward, non posso...
>>
Si portò un dito alle labbra e le fece cenno di tacere.
Solo un rintocco li separava dalla
mezzanotte.
La aiutò a rialzarsi e, cingendole la vita,
la
accompagnò fino alla
porta.
Le prese
il viso tra le mani e le posò un lungo bacio sulla fronte;
guardandola negli occhi le disse semplicemente: <<
Sii felice, Bella. >>, la voce morbida e avvolgente come una sciarpa di
lana: profumava
di miele e di
addii.
Il tempo a loro disposizione era terminato. Bella uscì
dalla sala da ballo, zoppicando, senza voltarsi indietro. Lontano, in un altro
tempo, una canzone triste finiva.
Don.
L'ultimo rintocco squarciò il buio della notte: l'ingessatura liberò la gamba di Bella e cadde a terra con un tonfo, vuota come un guscio di noce.
And we always have
to go, I realize.
[E noi dobbiamo sempre andarcene, me ne rendo
conto]
We always have to say goodbye.
[Dobbiamo sempre dirci addio]
Always have to go back to real lives,
[Dobbiamo sempre ritornare alle vite
reali]
but real lives are the
reason why
[Ma le vite reali sono la ragione per cui]
we
want to live another life,
[Noi vogliamo vivere un'altra
vita]
we want to feel another time…another time…another time…
[Noi vogliamo sentire un'altra volta... un'altra volta... un'altra volta...]
***
Uhm, come commentare questo?
Ha senso? Non lo ha? Cos'è? Non so. Per me un senso ce l'ha, ecco. Spero anche per voi.
Comunque, è la prima fanfiction che pubblico fuori dal fandom di Naruto... ed è anche la cosa più lunga che io abbia scritto da un po' di tempo a questa parte.
"Se tutto il resto morisse e lui rimanesse, io continuerei ad esistere." è una citazione dal libro Cime Tempestose.
La canzone invece è Out of this world, dei Cure. Tra l'altro, è presa dall'album Bloodflowers, che dà il titolo alla raccolta (?).
Il titolo di questa oneshot, invece, è uno dei prompts della Writing Community Syllables of time.
Baci, tinebrella
EDIT: Questa fanfiction partecipa al contest Lovely Valentine <3 indetto dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight }