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Autore: Ale_kiss_    13/06/2013    2 recensioni
Dopo ogni processo, gli imputati gridano insulti o minacce ai procuratori che li hanno fatti condannare; ma non si è mai arrivati a casi di omicidi come nella vicenda di Franziska von Karma, la quale ricevette una cruda minaccia che trasformò la sua vita in un inferno ...
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Franziska von Karma, Miles Edgeworth, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Respira?-
- Sì, guarda, sta riprendendo colore-
- Si riprenderà presto, stia tranquillo, la ferita non era profonda e nemmeno grave- ferita …? Chi … chi era ferito? Provai a capire di cosa stavano parlando ma a stento riuscivo a riconoscere le voci, se non quella di Miles che era stato il primo a parlare. A chi si riferiva? Provai ad aprire gli occhi ma le palpebre pesavano, e quando li riaprii dovetti subito richiuderli a causa della luce, come se non la vedessi da molto tempo. Provai allora sedermi e feci, quindi, forza sulle braccia, ma una lancinante fitta alla spalla sinistra e una al polso destro, bloccarono ogni mio movimento e senza che lo volessi, gemetti. Ero io quella ferita! In quel momento ricordai tutto. La vera sorpresa? Ero viva. Ero viva! E le ferite non erano gravi, così aveva detto quell’uomo. Improvvisamente ci fu il silenzio totale, sicuramente dovuto al fatto che avevano visto il mio risveglio, non per niente, avvertivo tutti gli occhi puntati su di me.
- Franziska!- esclamò uno di loro. Miles … pensai quasi senza rendermene conto. Lo sentii correre verso di me e infatti la sua ombra mi coprì e potei pian piano aprire gli occhi. 
- M … M … Miles …- biascicai con un filo di voce. Lui tentò un sorriso e mi accarezzò il viso. Potrei giurare di aver visto i suoi occhi luccicare in quel momento. Non so di preciso se fosse stata solo un’idea, un’immagine dovuta allo stress, alla paura, alla stanchezza, ma lo ricordo ancora.
- Tranquilla sorellina, sono qui. Sono qui. Ora sei al sicuro. Tranquilla- provò a rassicurarmi continuando ad accarezzarmi il viso. Provai a guardare oltre le sue spalle e scorsi Iwan. Indossava ancora la camicia bianca di quel pomeriggio, ma ciò che vidi mi fece perdere un battito: la sua camicia era intrisa di sangue. La testa cominciò a girare e iniziai a sentire un odore acre.
Allora Miles mi guardò con preoccupazione e solo in quel momento potei notare i suoi occhi infossati nelle occhiaie e il volto pallido. M’accarezzò il viso un’ultima volta e, lentamente, mi fece distendere.
- Riposati, Franny … chiudi gli occhi …-
- M ... ma! L … lui! La sua camicia …- balbettai con un filo di voce. Lo ammetto … ero terrorizzata. Miles m’appoggiò un dito sulle labbra, e poi le accarezzò.
- Ti ha portato lui sin qui … sanguinavi e si è sporcato … va tutto bene, dormi – e così, mentre sussurrava quelle parole come a cullarmi, ubbidii e sentii le sue labbra stamparsi sulla mia fronte ed infine la stanchezza e la paura m’inghiottirono.
In quel momento però, durante il dormiveglia, non mi trovavo nel salotto di Miles, stesa sul divano, al sicuro. Non mi trovavo lontano da quello scenario lugubre che avevo vissuto. Io ero ancora lì, in quel vicolo, con il sangue che colava dalla spalla e il pugnale nella pelle. Quel … mostro … che mi fissava con i suoi piccoli occhi luccicanti, sotto il passamontagna stava parlando di morte … una morte alla quale non sarei potuta sfuggire … perché, si sa, contro la morte non si può vincere e non esiste la parità.
- Devo … vivere … devo … vivere …- iniziai a ripetere dimenticando totalmente l’americano. Forse stavo delirando, o forse no … forse era una consapevolezza: se fossi morta, tutte le persone alle quali tenevo, mi avrebbero lentamente seguita.
Ci misi solo pochi minuti a riaprire gli occhi e sentii tutto a un tratto il mio corpo invaso dal dolore, dovuto forse solo dall’adrenalina ancora in circolo. Ma Miles mi vide e corse verso di me.
- Franny! Franny! Cosa stai dicendo? Calmati, ti prego …- mi prese una mano e trasalì –Sei gelida … vado a prenderti una coperta! Krause! Portale qualcosa di caldo!-poi mi diede un dolce bacio in fronte e corse al piano superiore.
In quel momento Iwan uscì dalla cucina con una tazza fumante tra le mani. Lo guardai e provai a sedermi ma per lo sforzo lanciai un gemito e dovetti stendermi di nuovo. Lui lasciò immediatamente la tazza sopra un mobile e corse verso di me. Mise una sua mano sotto la mia e con l’altro braccio m’avvolse i fianchi, provando ad aiutarmi. Molto lentamente mi sedetti e strinsi gli occhi per lo sforzo: doleva mille volte più di quella vola che mi spararono davanti al tribunale! Quando fu sicuro che stessi meglio, mi sorrise dolcemente e andò a prendere la tazza, porgendomela. Quando la presi tra le mani, il caldo che emanava mi riscaldò e cominciai a sorseggiare senza il dubbio che potessi scottarmi.
Lui rise dolcemente e mi accarezzò una guancia con il dorso della mano.
- Come stai?- mi domandò in tedesco, capendo che, nonostante sapessi l’americano bene quanto la mia lingua, ero ancora troppo scossa per riuscire a parlarlo. Tolsi la tazza dalle labbra e abbassai lo sguardo.
- Come vuoi che stia …?- chiesi retoricamente – Ho visto la vita passarmi davanti!- risposi sempre in tedesco stringendo le mani attorno alla ceramica. Iwan si sedette accanto a me e cominciò ad accarezzarmi una mano, prendendola nella sua. Mi guardava con i suoi occhi azzurri che quasi non lasciavano intravedere le emozioni, come i miei.
- Mi dispiace così tanto …- sussurrò abbassando lo sguardo. Gli strinsi un po’ la mano e alzai le spalle con nonchalance.
- Di cosa? Tu non hai colpe- gli risposi. Iwan abbozzò un sorriso forzato e mi guardò. Fece passare le dita tra i miei capelli e poi sul mio viso, arrivando al collo.
- Non dovrebbe mai succederti nulla, Franziska … io ti proteggerei da tutto …- sussurrò quasi in un sospiro e tracciò il profilo delle mie labbra con il pollice. Bagnò le sue e lentamente iniziò ad avvicinarsi a me. Non seppi precisamente perché, ma me lo sarei aspettata e … non avevo né la forza, né le voglia di respingerlo. Stavo per chiudere gli occhi quando con la coda dell’occhio sinistro notai Miles scendere le scale con una coperta tra le braccia. Immediatamente mi ritrassi e con moto nervoso ricominciai a bere il the caldo. Mio fratello venne verso di noi e gettò la coperta sulle gambe di Iwan.
- Perdonatemi, se v’ho interrotto!- ringhiò con fare arrabbiato e s’avviò verso la cucina a pugni stretti. Iwan alzò gli occhi al cielo e, lasciando il plaid sul divano, lo seguì. Chiuse la porta scorrevole a vetri e così dovetti sporgermi un po’ per vederli meglio. Il biondo prese mio fratello per una spalla e lo voltò verso sé.
- Che ne pensi di farle vivere un po’ la sua vita senza dover per forza intervenire in ogni cosa o infuriarti come se fosse ancora una bambina?-
- È mia sorella! Ed essendo l’ultima persone che le rimane, ho il diritto e il dovere di farle aprire gli occhi soprattutto sulle persone come te!- Miles puntò il dito contro Iwan come se fosse in tribunale e volesse accusarlo di qualcosa.
- Persone … come me? Oh, andiamo, Edgeworth! Lei non è davvero tua sorella!-
- È come se lo fosse, Krause! Ed è meglio anche che accanto abbia qualcuno con la fedina penale pulita come me, e non qualcuno coinvolto e accusato di omicidio! Non trovi?- Miles incrociò le braccia al petto e alzò le sopracciglia come faceva quando stava sfidando qualcuno. Capii all’istante che la sua non era solo un’ipotesi, bensì un’allusione.
- Non sono stato io! Non è mai stato provato nulla! Non puoi quindi accusarmi di nulla!- il tono di voce di Iwan, per uno che non faceva il mio lavoro, sarebbe sembrato normale, ma … non per me: tremava, quasi impercettibilmente ma tremava, e anche Miles lo notò, infatti fece un sorriso compiaciuto.
- Io vivo la vita ad accusare, Krause, è il mio lavoro!-
- Qui non siamo in tribunale, Edgeworth!- quanto detestavo che si chiamassero per cognome, poiché sentivo il loro odio reciproco ed era alquanto palpabile. Per qualche attimo rimasero in silenzio, a fissarsi negli occhi con i nervi tesi. Intuivo che da un momento all’altro uno dei due avrebbe rotto il ghiaccio in modo brusco, forse Miles, per l’orgoglio che non aveva mai abbandonato. Ma Iwan alzò gli occhi al cielo, ed uscì dalla cucina.
- Me ne vado!- esclamò forse solo a sé stesso. Poi mi lanciò un’occhiata flebile e mi sorrise. –Ci vediamo, Franziska- e detto ciò, se ne andò. Volsi lo sguardo a Miles: era con le braccia conserte e la schiena al muro, che mi fissava con una frase che gli si leggeva nello sguardo.
- Sarà difficile …- sussurrai quel tanto per farmi sentire da lui.
- Evitalo. Lo dico per te, fammi solo questo favore, non ti chiedo altro- poi uscì anch’egli dalla cucina e salì al piano superiore. L’argomento era finito lì, e non se ne sarebbe più parlato. Anche se non l’aveva detto a voce, era ciò che intendeva ed io non avevo nulla per poter ribattere.
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Ciao a tutti! Vi ricordate di me?
Ok, sono morta per un bel periodo ma non ho più avuto l'ispirazione. Finalmente l'ho trovata.
Ecco il continuo. Cercherò di pubblicare più velocemente, almeno un capitolo ogni due settimane.
Ci sarà almeno mezzo gatto che seguirà ancora la mia fic?
Questo è solo un capitolo di intermezzo comunque.
Un bacione a tutti
Ale_Kiss_
   
 
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