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Autore: Piccolo Fiore del Deserto    13/06/2013    3 recensioni
Fiamme divoravano il corpo di una donna legata a un palo sulla cima di un palchetto. [...]
“Strega, assassina, figlia e moglie del demonio…” tanti epiteti le venivano scagliati, mentre sagome scure puntavano croci verso di lei intonando litanie atte a scacciare il male e a purificare, insieme al fuoco, la sua anima corrotta. Il corpo bruciava, urla strazianti uscivano dalle sue labbra, mentre deperiva come un semplice ciocco di legno. Faceva male, colpiva nel profondo, e non aveva fine. Una morte lenta, tormentosa, inquietante.
Altre figure scure s’intromisero tra i popolani, ma non avevano volti: maschere nascondevano i loro tratti, assumendo il grottesco ghigno di un lupo. Lupi, troppi lupi intorno a sé.
Tra quell’oscurità e il fumo che le saliva sino agli occhi appannandole la vista affaticata dal dolore, scorse un’altra sagoma: era un vero lupo dal manto come neve e profondi occhi cristallini che la fissavano intensamente. La donna lo scrutò per alcuni istanti e il dolore sembrò attenuarsi.
Ma chi era quella donna?
Con mio profondo sgomento repressi a stento un urlo: quella donna ero io.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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XXXV
 Il Lupo



Rumori provenivano all’esterno del portone di legno che ci nascondeva al mondo. Sembravano urla, colluttazioni, e per un attimo temetti che altre sventurate stessero subendo torture inaudite. Eppure, a un ascolto migliore, potei intuire che appartenevano a uomini. Era raro vedere uomini accusati di stregoneria, ma ero consapevole che non era impossibile. Tuttavia mi guardai intorno e presto incrociai lo sguardo, stupito, di Claire. Restammo senza parole per diversi minuti, fino a quando uno strano rumore mi fece sobbalzare. Pareva un urlo, ma non umano. Come il ringhiare di un cane. O forse un lupo, mi sussurrò la coscienza ancora legata al sogno.
Tremai e cercai nuovamente lo sguardo di Claire, come a trovare in lei una fonte di rifugio, o forza. Che cosa stava accadendo?
Udii altre donne gridare, atterrite, mentre una – più anziana – intonava le sue preghiere a Dio e alla Vergine Maria. Mi fermai un solo istante a osservare con quanto ardore pregasse e mi chiesi, mentalmente, come si potesse accusare di eresia o stregoneria una donna così. Aveva appena una tunica grigia a coprirle il corpo emaciato e raggrinzito, ed escoriazioni deturpavano il suo volto e le sue braccia. Provai un moto di compassione per lei, ma i miei pensieri furono sviati da un colpo potente alla porta.
Tra le tre grate di ferro, che permettevano appena di far entrare l’aria in quel luogo stantio, vidi il volto macchiato di sangue di uno dei gendarmi. I suoi occhi erano spalancati da un puro terrore, come se avesse visto il diavolo in persona, ma in fondo stava per incontrarlo – se quel mondo esisteva -. Qualcosa lo aveva atterrato e, lentamente, si ritrovò a scivolare verso il basso e per un attimo non si udì più rumore alcuno.
L’attesa della scoperta era terribile. Chi aveva ucciso quell’uomo? A chi appartenevano quelle urla?
Tentai di allungare una mano verso Claire, e lei sfiorò appena le mie dita. Notavo nei suoi occhi lo stesso muto terrore che doveva apparire nei miei, ma cercavamo di darci forza a vicenda.
V’erano lacrime e singhiozzi, urla e preghiere. Tutte eravamo allibite e impaurite, non potendo sapere cosa ci aspettasse, cosa si nascondesse oltre quella porta. Non potevamo muoverci e, sapevo, che alcune delle mie “compagne” non avrebbero potuto farlo anche senza le catene.
Al silenzio seguì un nuovo grido. Qualcuno stava strillando parole per allontanare il maligno. Quella voce era inconfondibile, ma si leggeva una nota di puro terrore, e non più la freddezza che mi aveva rivolto il giorno precedente.
Era la voce dell’inquisitore. Per un attimo le sue urla, i suoi gemiti, il terrore che trapelava dal suo tono di voce mi fecero provare sentimenti che non pensavo potessero far parte del mio animo. Provavo una macabra gioia nel sapere che stava provando la stessa paura che aveva inflitto a me e alle altre donne e bambine. Desiderai che soffrisse, come aveva fatto soffrire tante innocenti. Stupefatta, ardevo dal desiderio di vederlo morire in modo atroce, ma poi scacciai quell’immagine. Non volevo cadere nella sua bassezza, eppure era difficile non provare sentimenti tanto tetri verso una bestia senza cuore.
    « Non provare vergogna per i tuoi pensieri » mormorò Claire, come avendoli letti. « Li ho provati io stessa. Tutto sta nel non renderli realtà, per non cadere nel loro stesso marcio ».
Annuii alle sue parole, e stavo per chiederle cosa pensasse che fosse, quando le urla dell’inquisitore si fecero più strazianti che mai, fino a cessare del tutto.

Il mio cuore batteva frenetico nel mio petto. Temevo quasi che altre potessero udire quel suono nel silenzio nel quale eravamo sprofondate di nuovo. Avevo paura. Quella situazione mi faceva essere cieca e vivere nell’attesa opprimente di conoscere il mio destino. Pensai a mia figlia e desiderai che non fosse già stata portata lì. Qualsiasi cosa stesse succedendo non potevo pensare di averla persa. Trattenni a stento le lacrime, nel tentativo di mostrare coraggio, per una volta. Non era facile, ma dovevo farlo.
Poi, una delle donne urlò. Mi voltai e scorsi un liquido scuro sul quale si rispecchiava la tenue luce dell’alba. Quello era sangue.
Fui colta da un maggiore spavento, ma non potei dire altro che con un tonfo potente la porta fu spalancata, e al di là scorsi due lupi enormi, con i denti sporgenti e macchiati di sangue, che sembravano guardarci famelici.
Per un solo istante rimasi talmente atterrita, da sembrar paralizzata. Nessun suono si unì alle grida delle altre, né riuscii a muovermi. Ero attratta dal lupo dal manto candido come la luce lunare e da due occhi di un azzurro tendente al ghiaccio.
Sembrava il lupo del mio sogno.
Al suo fianco, spiccava il suo compagno, dal manto rosso fulvo e due occhi gialli che fissavano la stanza con frenesia.
Quando con un balzo furono abbastanza vicini a me e Claire, finalmente lanciai un grido e ricaddi a terra priva di sensi.



*


    I miei sensi iniziarono a ridestarsi, ma provavo una strana sensazione: era come se l’aria mi sferzasse il viso e qualcosa, o qualcuno, mi trasportasse a gran velocità. Riaprii gli occhi lentamente, temendo che tutto quello che avevo passato fosse solo un incubo, ma ciò che vidi mi diede un grande sgomento. Le mie dita si strinsero su un folto pelo candido sul quale il mio corpo era adagiato. Non ero più nel buio di una prigione e quegli strani lupi che erano apparsi all’improvviso non erano vane illusioni. Colta da un senso di nausea e di paura persi nuovamente i sensi e le tenebre mi avvolsero tra le loro spire.


    Quando finalmente mi svegliai di nuovo, non avvertii più la corsa frenetica. Non v’era movimento alcuno, tutto era statico e sotto al mio corpo v’era erba fresca. Con gradualità i miei occhi si abituarono alla leggera luce, e ritornai a contatto con la realtà. Mi guardai attorno e scorsi una serie di fitti alberi e l’ultimo raggio di sole infuocato s’infiltrava sinuoso tra i rami. Sgomenta vagai alla ricerca di risposte alle tante domande che mi confondevano la mente. Dove ero? Com’era possibile che fossero trascorse così tante ore? Era l’alba quando avevo perso i sensi la prima volta e già si approssimava il crepuscolo. Chi o cosa erano quelle creature? E com’ero finita lì? Ma, soprattutto, dove erano Claire e la mia bambina?
    « Finalmente ti sei svegliata ».
Una voce maschile mi riscosse dai miei pensieri, una voce che fece vibrare le corde del mio cuore.
    « Mickel? Tu qui? » domandai, confusa ma felice.
Lui annuì e poi si chinò verso di me, allargando le braccia, tra le quali mi fiondai. Assaporai per diversi istanti quella piacevole sensazione che il suo abbraccio sapeva donarmi, aspirai il suo profumo selvatico, ma mi accorsi di qualcosa che mi turbò. Mi scostai leggermente e lo guardai. I suoi occhi erano così simili a quelli del…
    « Vieni con me ora » m’invitò a seguirlo, ma quella nuova consapevolezza si faceva sempre più forte in me.
Mi accompagnò poco distante, nel fitto del bosco un fuoco zampillava gioioso, attorniato da diversi uomini che avevo visto – facendo parte della Guardia del Conte – e una donna ridotta nel mio miserevole stato, che posava incerta il capo sulla spalla di un uomo moro. La sua postura era rigida, ma quando incrociai gli occhi di Claire – perché di lei si trattava – vi scorsi un’incredibile felicità macchiata da lacrime silenziose che li rendevano ancora più brillanti.
    « Desirée! » esclamò, facendo cenno di volersi alzare, ma fui io ad avanzare e sfiorarle il capo.
    « Mia dolce Claire… » mormorai, guardando poi l’uomo al suo fianco, il quale si era scostato un poco, ma che continuava a osservarla con un misto di preoccupazione, desiderio di protezione e qualcosa che era inconfondibile: così, infatti, mi guardava Flaviano e così anche Mickel.
C’era amore, lo stesso sentimento che brillava negli occhi della mia Claire e così compresi che aveva finalmente ritrovato il suo grande amore: non se ne era mai veramente andato.
Sorrisi teneramente alla strega di divinazione e il mio cuore si scaldò. Meritava di essere felice.
    « Sei turbata, Desirée, non è vero? » mi domandò Claire, invitandomi a sedermi al suo fianco, e così feci. « Lo ero anch’io, ma ora il tuo Capitano ci spiegherà ogni cosa ».
    « Ogni cosa? » domandai, sempre più confusa.
Mi voltai e scorsi il viso di Mickel illuminato dalla fiamma che risaltava la cicatrice che gli sfregiava l’occhio destro. Si sedette a terra e prese un ramoscello con il quale sembrò tracciare dei segni sul terreno, ma poi tornò a guardarci tutti, posando infine quegli occhi così uguali al lupo bianco, su di me. Un brivido scorse rapido lungo la schiena a quella sorta di contatto visivo. Mi sentivo strana, impaurita, ma nel medesimo tempo ammaliata dalla sua persona. Che cosa si nascondeva dietro l’uomo che amavo? Che cosa ci facevano lì i suoi uomini? E dove erano finiti i grossi lupi che avevo visto in prigione?
Le mie domande furono messe a tacere, però, dalla voce imperiosa di Mickel.
    « So che siete scosse, turbate e che desiderate conoscere come avete  fatto a trovarvi qui. È difficile da dire, perché le mie parole potranno aumentare la vostra angoscia, ma è giusto che il mistero venga svelato ».
Si fermò, un solo istante, abbassando gli occhi a terra e poi tornò a puntarli su di me. Restò a vagliare i pensieri, e mi guardò come se volesse analizzare la mia anima. Capire se poteva fidarsi. Io repressi un nuovo brivido e mi strinsi al mantello, con il quale mi ero ritrovata avvolta al risveglio, ma non abbassai lo sguardo. Lui poteva fidarsi di me, anche se temevo che potesse rivelarmi un lato oscuro che non avrei, forse, gradito.
    « I lupi che avete visto nella vostra prigionia non erano semplici animali selvatici. Erano più grandi. In queste lande sono chiamati Garou, in altre Lycan, in altre ancora Uomini Lupo, e… si trovano proprio qui dinanzi ai vostri occhi ».
Mi guardai attorno allarmata, e Claire rabbrividì tra le braccia dell’amato. Sembrò guardarlo con un misto di paura, risentimento e comprensione.
Io ero troppo turbata a scrutare tra gli alberi, per soffermarmi troppo ad analizzare i suoi pensieri, e in fondo erano unicamente suoi.
    « Siamo noi, Desirée. Io, Hans, Gustave, Mathieu e Andrés, siamo Licantropi, uomini che possono diventare lupi quando la luna brilla piena in cielo ».
Persi completamente le parole. Mi sentivo assetata e avvertivo come un peso al cuore. Iniziai a sudare freddo e il mio corpo tremava letteralmente. Non riuscivo a reagire diversamente. La mia sensazione si era rivelata veritiera ed io non stavo bene. L’uomo che amavo, al quale mi ero donata, era un lupo? L’immagine del grosso animale bianco si sovrappose a quella dell’uomo che sedeva proprio di fronte al fuoco, e il cui viso era illuminato dalla fiamma che mi parve fare brutti scherzi, giocando con i suoi lineamenti, facendogli assumere quasi un terribile ghigno che mi fece gridare.
Lui mi guardò e i suoi occhi si fecero cupi e vuoti. Li abbassò a terra, perdendo quasi la sua attenzione. Non volle avvicinarsi a me, forse temendo di spaventarmi ulteriormente, ma io mi sentii meschina. Doveva fidarsi di me, ed io lo avevo trattato così. Ma quale altra reazione poteva aspettarsi da me? Lui un uomo lupo? Lui poteva aggredire le persone per cibarsi o per semplice follia? Non ne sapevo molto, ma tante erano le storie raccontate su quelle terribili belve notturne ed io non riuscivo proprio a trovare parole o trattenere le emozioni. Sobbalzai leggermente quando avvertii un tocco sulla mia mano. Claire si era voltata verso di me, e mi aveva sfiorato la mano, non trattenendo una smorfia di dolore per quel gesto, ma poi mi sorrise con tenerezza e prese parola.
    « Desirée non cedere alle vane leggende che la paura umana alimenta. Anch’io sono sgomenta di fronte a questa rivelazione, ma il mio cuore sa che il mio Mathieu non potrà farmi mai del male. Sono stati loro a salvarci, e se conosci il suo cuore, sai che non potrà mai ferirti. Sono figli della Dea ».
Mickel scosse il capo e sembrò borbottare tra sé. Io trassi un profondo respiro e, dopo aver annuito a Claire, tornai a guardarlo. Riprendere il controllo delle emozioni non era facile, ma non potevo offenderlo ancora.
Mickel, il mio Mickel, era un lupo.
Avvertivo come la triste consapevolezza di non averlo mai conosciuto interamente.
    « Non gettate parole al vento, nobile Claire, noi non siamo dei figli della Dea » ribatté con cupa rabbia, mentre i tratti del suo viso si facevano sempre più tesi, quasi una smorfia di disagio, come se lottasse contro se stesso per riuscire a dire le cose.
Claire tentò di replicare, ma lui la zittì con un gesto della mano, e riprese il suo dire.
    « Noi siamo degli esseri maledetti. Di giorno umani, ma quando la luna assume la sua forma completa, ci attrae con forza, ci chiama a sé, ci invita a rivelare la nostra oscura seconda natura. È giusto che sappiate tutto e poi decidiate se rimanere al nostro fianco o meno ».
Mi guardò con una tale intensità, che quasi piansi. Io non potevo pensare di lasciarlo, anche se la mia mente era in un tale subbuglio di pensieri, il mio cuore mi spingeva sempre a lui.
« Qualunque sia la vostra reazione, però, vi aiuteremo a trovare un valido rifugio. Non potrete tornare a Sivelle e affrontare la vita di tutti i giorni, ormai conoscono i vostri volti e non potremo salvarvi di nuovo dalla meschinità di quei preti » digrignò i denti, inferocito, ma poi cercò di ritrovare la calma. Fissò il fuoco per diversi istanti, e poi continuò.
    « Noi siamo stati maledetti. I miei antenati si sono macchiati di un tale crimine che di generazione in generazione ogni figlio maschio rischia di contrarre questo male. Vi racconterò la mia storia, ma ognuno dei presenti ha la propria. La verità è che quello che abbiamo non è un dono che la Dea ci ha fatto, ma una maledizione alla quale non possiamo fuggire.
Quando siamo uomini, siamo in grado di ragionare, ma quando l’altra parte prende il sopravvento è l’istinto e non la ragione a mandarci avanti. O, almeno, agli inizi è così… solo con gli anni, la perseveranza e la determinazione si può riuscire a dominare la bestia e a scegliere noi quando trasformarci, anche se non è bene restare uomini troppo a lungo, o l’istinto aggressivo si paleserà anche nell’umana forma ».
Si bloccò ed emise un lungo sospiro, mentre io cercai di ancorarmi alla terra per rilassarmi. Risucchiai la sua essenza, il suo potere, così lontano dal mio, opposto ma allo stesso tempo complementare, e cercai di trarne la solidità, la fermezza, per non permettere a pensieri ed emozioni negative di colpirmi impetuosamente.
Claire era rimasta silenziosa, alternando il suo sguardo tra Mickel e il suo Mathieu che la osservava con occhi tremendamente tristi mentre il discorso sulla sua seconda natura era rivelato. Forse temeva di perderla di nuovo ma ancora forse era proprio quello il motivo per cui se ne era allontanato. Non voleva farle del male. Il suo cuore era veramente puro, ne ero certa, come lo ero per Mickel. Non era facile per lui rivelare tutto, ma voleva porre la verità al di sopra di tutto, anche a rischio di perdermi. Lo amavo anche per questo.
    « Secoli fa, i miei antenati invasero una verde landa al nord di questa nazione. Arrivarono con le loro lunghe navi, e circondarono l’isola, per poi procedere verso l’interno. Erano fieri e assetati di conquista, come tutti i popoli che si erano succeduti all’epoca, e come tuttora del resto fanno. Anelavano a nuovi tesori, a nuove terre, e non ebbero alcuna remore a uccidere anche innocenti, perché questo è anche ciò che comporta entrare in guerra. Non sempre si riesce a placare la propria sete di sangue, anche l’uomo a volte cede all’istinto anziché seguire la ragione ».
Sospirò, e i suoi uomini sembrarono copiarlo. Non indugiai troppo su di loro, ma li vidi come ammaliati dalle fiamme, mentre ascoltavano le parole del loro capo.
    « L’istinto guerrafondaio, la loro sete di sangue, il loro incomprensibile odio andò troppo oltre, quando nel loro cammino arrivarono uomini e donne dai vostri simili poteri. Erano dei druidi e le loro donne invocavano spesso la Dea di cui parlate. Riuscirono a fermarli per breve tempo, ma di fronte alle armi e alla temerarietà, nonché alla rabbia che avevano provocato, i miei antenati ribatterono con il ferro e il sangue. Druidi caddero come foglie a terra, mentre le loro candide vesti si macchiavano di un rosso vermiglio; diversa sorte dovettero affrontare le loro donne, contaminando la loro castità, i loro corpi, ma non le loro anime sempre devote alla loro Madre. E proprio una di loro, la più forte, invocò la terribile maledizione che ricadde sui maschi della mia famiglia, di generazione in generazione.
‘Voi che ci avete trattato come belve della notte, che avete dato adito al vostro macabro istinto, anziché alla ragione; voi che con le vostre nefandezze avete logorato questa terra, ucciso gli uomini e contaminato con il vostro marcio seme le donne, voi sarete puniti! Che un’orrenda maledizione ricada su di voi, sui vostri figli maschi, sui vostri nipoti, di generazione in generazione fino alla fine dei giorni. Invoco la Dea della Vendetta, della Tempesta e del Tuono, del Fulgore; ascolta le mie parole, rispondi al mio richiamo, e ricambia le nostre sofferenze maledicendo il loro popolo! Che di notte diventino vere belve, crudeli e senza ragione. Che possano mangiare le loro madri, figlie e amanti, che possano risvegliarsi al mattino con un profondo dolore nel loro cuore, e che vaghino soli, nei boschi, senza più nessuno, se non l’odio. Questa è la mia maledizione, e con il volere della Terribile Dea, ora sia!’ Così, ella parlò, ma quegli uomini risero di lei, non credendo che potesse realmente avverarsi una cosa simili. Tra di loro però, v’erano taluni più superstiziosi e credenti, e consapevoli che l’ira degli Dei potesse colpirli in maniera implacabile, iniziarono ad avere paura. Ma ormai era troppo tardi.
Di giorno erano semplici uomini, di notte quando la Dea mostrava il suo volto completo, i loro corpi subivano una lunga e dolorosa metamorfosi. I loro arti si modificarono, urla disumane furono udite, come se il Diavolo stesso fosse sceso in terra; il loro corpo si coprì di un folto pelo, e il feroce istinto prese il posto della ragione.
Come la Sacerdotessa aveva detto, si cibarono di qualunque persona riuscissero a trovare. Non potendo ragionare, non rammentavano neanche chi fossero, né dove si trovassero. Avevano solo fame, implacabile fame, che li portò a compiere i più tremendi misfatti. Madri, figlie e amanti caddero sotto la loro rabbia, e molti figli furono condannati a scontare questa maledizione, che ancora oggi va avanti… »

Una serie di emozioni contrastanti mi sconvolse l’animo, mentre Mickel non faceva più soste nel suo racconto. Il suo modo di raccontare era così pieno di pathos, che mi sembrò di essere lì. La mia anima vagò nel cielo, fino a raggiungere la verde isola, e mi sembrò di assistere a quegli atti meschini. Provai dolore e un senso di pietà per quei druidi, ma soprattutto per le loro donne, impossibilitate a replicare, mentre quegli uomini abusavano di loro. Provai rabbia, sete di vendetta, desiderio di punirli io e stessa, e poi mi parve di udire con le mie stesse orecchie la voce della Sacerdotessa che invocava la sua maledizione. La mia pelle formicolava alle sue parole, il mio animo era con lei. Riuscivo a comprendere la sua ira, il suo desiderio di vendetta. Se qualcuno avesse fatto del male a me, alla mia bambina o alle mie amate streghe, avrei provato e, probabilmente, detto le medesime cose; ma, quando tornai nella realtà e incrociai gli occhi di Mickel, provai pietà per lui.
Quegli uomini avevano meritato una tale vendetta, ma che colpa ne avevano le generazioni future? Che colpa ne aveva il mio Mickel? E di colpo mi ritrovai ad aver voglia di abbracciarlo, di stringerlo a me, di fargli capire che io c’ero per lui. Lui poteva anche essere una belva notturna, ma mi aveva salvato la vita, e non era stato lui a commettere tali crimini. Il mio cuore iniziò a battere, mentre lui tornava a parlare.
    « Questa è la mia storia. Altri potranno dirvi qualcosa di diverso, ma siamo tutti accomunati dalla medesima maledizione, che tuttavia ci ha uniti. Siamo un branco ora, e abbiamo imparato a gestire l’altra parte di noi. Non è nostra intenzione fare del male, anche se in passato è successo. Questa è la mia storia, Desirée, e ora sta a te decidere cosa fare di noi ».
Sentii le lacrime bagnarmi il viso, e quasi priva di consapevolezza, mi alzai e mi chinai verso di lui. Ero ancora piuttosto debole e malconcia. Il mio viso, il mio capo privo di capelli, i lividi, non mi rendevano più deliziosa, ma lui mi guardò con il medesimo sguardo d’amore, di desiderio, ma anche con una paura che era impossibile celare.
    « Io ho scelto te, con i tuoi pregi, con i tuoi difetti. Io ho scelto te, e voglio te per il resto della mia vita ».
Mi chinai a baciarlo, lentamente, ignorando i fischi degli uomini e la risata gioiosa di Claire alle mie spalle. Mickel mi strinse a sé, inizialmente con foga, ma poi rilassandosi sentendo il mio lamento e, in parte, il mio tremolio e la mia esitazione. Mi lasciai andare tra le sue braccia, beandosi dell’amore che ci univa, e per diversi istanti dimenticai tutto il male e la paura che avevo subito, e sorrisi nel vedere che i medesimi sentimenti erano provati da Claire, tra le braccia del suo amore.
Ma poi… un pensiero agitò la mia mente. Un pensiero che mi riportò al buio più completo.
    « Alizée! »














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Ecco qui il penultimo capitolo!
Avevate già capito chi fosse il lupo? Vi piace questo mistero svelato e la loro storia? So che compare alla fine - ma in verità, questo lupo c'è sempre stato - ma analizzando il tutto con lo sguardo della Rosa, la storia si è incentrata su di lei, il suo essere strega, i suoi amori e i suoi drammi. Tuttavia, spero tanto di riuscire un giorno a scrivere qualcosa in più sui licantropi, soffermandomi maggiormente su tali creature. Incrociamo le dita e speriamo di ritrovare quella voglia e il tempo per scrivere!
Detto ciò, vi do appuntamento alla prossima settimana, con l'ultimo capitolo di questa storia che spero vi abbia emozionato.

A presto, e grazie a tutti voi che leggete e che lasciate i vostri preziosi commenti.

   
 
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