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Autore: Sally Seton    30/12/2007    2 recensioni
Dunque questa è la mia prima storia originale che ho pubblicato in questo sito e volevo fosse qualcosa di, non dico sentimentale, ma, per lo meno, un pò fuori dagli schemi. Ho preso spunto dalla canzone "Teardrop" dei Massive attack (cioè quella riportata sul lato destro della pagina) e ci ho scritto su una storia un pò particolare. Il protagonista è Alexander, un "lover" che fa di tutto per raggiungere il suo amore perduto e alla fine... Ringrazio già da ora chi voglia lasciarmi qualche recensione. Virginiabr - tuemadeepsoul.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Teardrop



Love, love is a verb
Love is a doing word
Feather's on my breath
Gentle impulsion
Shakes me makes me lighter
Feather's on my breath

Scendeva lenta ed incessante la pioggia quella notte sul Ponte di Rialto. La notte era buia, ombrosa e le figure venivano distinte a fatica. Non si riusciva a vedere niente, ma Alexander continuava a camminare sotto la pioggia sempre più fitta.
Un passo dopo l'altro, un battito dopo l'altro, lentamente.
Gli occhi bassi, il volto scuro, immerso nei suoi pensieri.
Nine night of matter
Black flowers blossom
Feather's on my breath
Black flowers blossom
Feather's on my breath

Camminava senza sosta in quella notte orrenda di solitudine. Camminava e pensava alla sua vita, a quell'amore svanito sotto le mani di un destino diabolico. Inerme. Era questo che sentiva Alexander. Si sentiva inerme di fronte a questa macchina infernale che non prometteva nulla di buono per il futuro. Non sapeva cosa fare e camminava avanti ed indietro su quel ponte sempre testimone delle sue lacrime più amare. Un leggero venticello carezzava le sue guance sempre più arrossate per il freddo che pativa la sua carne. Non curante, come sempre d'altronde, di quello che accadeva intorno a lui in quella notte di malinconia e di passi bui e silenziosi accolti da una Venezia sempre meno scintillante di luci.
Basta. Doveva sedersi e pensare con calma adesso. Razionalità, era questo che cercava. Si sedette per terra poggiando le larghe spalle sul muro del ponte. Orrendo, squallido, conosciuto scenario di morte davanti a lui.
Lì, dove ora è impresso quel "Ti amo" si erano scambiati il primo bacio, lì si erano detti ti amo, lì lui l'aveva impresso sul muro e sul cuore; lì il destino gli regalò la vita, lì gliela tolse. La serata era tremendamente simile a quella tragica che due mesi prima gli aveva tolto la gioia di vivere.
Le stesse emozioni, le stesse sensazioni, lo stesso batticuore, le stesse mani legate, gli stessi occhi persi in una pozza d'acqua.
Non aveva potuto fare niente per arrestare l'orrenda morte della sua amata ed era maledettamente inerme davanti a quel farabutto che scappava scomparendo inghiottito dalla notte buia.
Si tuffò subito per salvarla, ma, lo ricordava ancora, la corrente era troppo forte.
Ti trascina Alexander, ti trascina, non puoi più far niente ormai.
Stai zitta maledetta, io devo salvarla, io posso farlo, ci devo riuscire.
Quella "maledetta" aveva terribilmente ragione. La corrente era troppo forte e l'aveva già trascinata per altri orizzonti, verso echi lontani, per lui irrangiungibili.
La testa tra le mani, lo sguardo basso, fisso verso quell'unico riquadro sporco di fanghiglia e una tremenda fitta al cuore. Non aveva potuto fare niente, non aveva potuto opporre resistenza al destino che con una terribile corrente la scaraventò fuori da lui quella notte.
Sta male Alexander, terribilmente. Soffre come non hai mai sofferto in vita sua e non può fermare i battiti del suo cuore come non può fermare questa pioggia che gli picchietta incessante la testa.
Water is my eye
Most faithful mirror
Feather's on my breath
Teardrop on the fire of a confession
Feather's on my breath
Most faithful mirror
Feather's on my breath

"Basta, lasciami in pace!"
urlò, improvvisamente, rivolto alla pioggia, la stessa che fu testimone di quel fatidico giorno.
Nell'urlare ciò vide che la notte non era più così buia. In lontananza riusciva a intravedere come degli spiragli di luce che filtravano attraverso il ponte.
Cos'era mai tutta quella luce che lo accecava in quel momento? Dannazione, voleva stare solo, con la propria solitudine!
Si alzò con uno scatto improvviso e maldestro.
In lontananza scorgeva un figura bianca dai contorni sfuocati.
Che cos'era?
Non riusciva a vederla bene.
Colpa della pioggia.
Si strofinò gli occhi con le mani bagnate per cercare di capire cos'era quella luce così strana.
Sembrava non avere forma, viaggiare sollevata da terra, trascinata da quel venticello che fino ad un attimo primo gli dava così fastidio.
Sembrava una di quelle figure angeliche che si vedono in quei stupidi film americani che Alexander odiava tanto.
Non capiva.
Sogno o realtà?
Pioggia.
Incessante. Martellante.
Gli trapanava il cervello e non lo lasciava in pace.
Alexander era abituato alla pioggia, non si spiega perchè stasera gli dia così fastidio.
Si avvicina sempre più. I contorni si fanno sempre meno sfuocati, sempre più nitidi.
Una donna, bionda, occhi azzurri, longilinea.
Si è vero, sta vagando come trasportata dal vento.
Ma queste cose nella realtà non possono accadere.
Dev'essere per forza tutto un sogno. Lo deve essere.
Quella donna si avvicinava sempre più a lui. La paura lo assalì, i battiti del cuore erano sempre più forti, incessanti come la pioggia.
Trasalì.
La donna gli stava carezzando le guancie con un sorriso angelico stampato in faccia. La paura nei suoi occhi, non riusciva a sentire niente sulle guance, nessuna sensazione, eppure lei lo stava carezzando.
Un gesto e lo invitò a seguirla.
Un passo dietro l'altro. Si sentiva un bambino che muove i primi passi, impacciato e goffo.
Corre veloce quella figura, la deve raggiungere, sente che deve farlo perchè è giusto così.
Il terreno sotto i piedi non c'è più, non lo sente. Cosa sta succedendo?
Cosa mi sta accadendo?
Sto volando!?
Il ponte è ormai lontano, troppo lontano per tornare indietro.
Quanti morbidi batuffoli accanto a me, mi sento cullato, mi sento amato.
Guarda davanti a sè Alexander. Una scala soffice soffice e quella donna che lo invita ancora una volta a seguirlo. Salì la scala Alexander, era faticoso, ma voleva salirla.
Gradino dopo gradino, la fatica aumentava sempre più e il ponte si allontanava inesorabilmente.
Arrivò in cima. Il nulla.
Dove si trovava? Dove era la donna? Si voltò smaniosamente alla sua destra, poi alla sua sinistra, poi dietro, poi tornò a guardare avanti: eccola. Stava ancora correndo quella visione angelica, ma Alexander era stanco, aveva bisogno di riposarsi. Si sedette su un batuffolo di illusioni in quel cielo di impalpabile realtà.
Doveva raggiungerla, era troppo lontana, rischiava di perderla di vista e non poteva. Perchè non poteva perderla di vista? Alexander non lo sapeva. Sentiva il bisogno di seguirla e basta. Ora era tutto così luminoso davanti a lui.
La corsa era finita. Si sedette e la vide. Vide il suo amore finalmente. Che bella che era. Sempre con i suoi capelli maledettamente ordinati, lisci e morbidi.
Corse ancora. Lei sorrideva. La raggiunse. Un abbraccio.
Da quel momento furono uniti per sempre. Nessun destino poteva più separarli. Nessun ponte poteva più separare le loro anime, nessuna pioggia, nessuna corrente li avrebbe mai più privati del loro amore. Adesso erano indissolubili come le lacrime negli occhi di chi non poteva ancora raggiungere questo loro mondo così bello e lucente.

Teardrop on the fire
Feather's on my breath
You're struggling in the dark
You're struggling in the dark
  
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