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Autore: Molly182    15/06/2013    1 recensioni
“Questo sarebbe il momento in cui io ti dovrei baciare”, aveva sussurrato a pochi centimetri dalle mie labbra.
“Questo sarebbe il momento in cui tu dovresti farlo”.
Nella penombra avevo visto comparire un sorriso sulle sue labbra e pochi secondi dopo le sentii appoggiate sulle mie.
“Mi piaci molto, Allyson”, mi aveva sussurrato. Mi stavo davvero convincendo che quel ragazzo non fosse solo un completo idiota, ma sapeva essere dolce e romantico. Eppure mi stavo facendo abbindolare da un ragazzo che probabilmente avrei rivisto chissà quando. “Non mi scappi, ora sei mia”, però mi piaceva e non potevo fare nulla.

“Ally ci sei?”, mi chiese Sally sventolando una mano davanti ai miei occhi cercando di portarmi alla realtà.
“Ehm…sì, scusa”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chap tre.
Era incredibile come qualcuno potesse improvvisamente tornare nella tua vita e sconvolgertela in peggio, facendoti impazzire tanto da voler strapparsi i capelli. Questo era quello che mi stava capitando a causa di Alex, un coglione di cui mi ero presa una bella cotta, ma dovevo semplicemente dimenticarlo e dopo ieri pomeriggio era la cosa migliore da fare. Sì, perché non potevo restare lì aspettando una sua mossa che probabilmente non arriverà mai, quindi dovevo mettermi l’anima in pace e continuare a vivere come ho fatto fin ora, senza di lui.
Non volevo diventare una di quelle ragazze la cui felicità dipendeva da un ragazzo. Era sciocco.
Per fortuna anche quella giornata era finita, ero pronta a tornare a casa e a buttarmi dentro una vasca piena di schiuma ed eppure sembrava non arrivare mai quel momento.
“Signorina Porter, c’è una persona che vuole parlare con lei”.
“Ora?”, chiesi alla ragazza che sedeva alla reception.
“La sta aspettando”, disse indicando con la testa delle poltroncine di stoffa addossate a una parete di legno. Sbuffai alla vista di quella figura stravaccata che sfogliava annoiato una rivista.
“Grazie”, le dissi cercando di ignorarlo passandogli davanti.
Stavo attraversando la porta quando una mano mi afferrò il polso trascinandomi indietro.
Lo stava rifacendo. Stava cercando di incastrarmi di nuovo nella sua fitta rete.
“Ehi!”
“Che cosa vuoi ancora da me?”, gli chiesi. “Sto tornando a casa!”
“Ti do un passaggio”
“Non lo voglio”
“Non è un disturbo”
“Forse non hai capito: non sopporto la tua compagnia!”, quasi gli urlai addosso liberandomi dalla sua presa.
“Ok, questa era cattiva, ma….”
“Ma cosa?”, gli chiesi uscendo dalla porta e ritrovandomi sul marciapiede che mi avrebbe ricondotto a casa. “Non abbiamo più niente da dirci”
“E invece sì, diamine!”, sbottò. “Abbiamo tante cose da dirci, da risolvere, e tu non mi vuoi ascoltare!”, disse fermandosi in mezzo al marciapiede. “Ieri sono stato zitto, ti ho ascoltato, ora ascolta tu me!”, mi fermai anch’io raggiungendolo. Trovandomi a pochi centimetri da lui e dal suo volto che avrei volentieri preso a schiaffi, solo per avere una soddisfazione personale.
“Avanti, ti ascolto!”, dissi. “Comportiamoci da adulti e finiamola con questi giochetti!”
“Perfetto!”
“Perfetto!”, replicai.
“Ma non qui!”, disse. “Non voglio discutere in mezzo alla strada, quindi almeno fatti dare un passaggio a casa, almeno saremmo solo noi”.
“Se accetto mi lascerai poi in pace?”
“Forse…”
“Fingo che il tuo ‘forse’ sia un sì”
Avremmo concluso qualcosa o saremmo finiti a litigare di nuovo? Non lo sapevo.  L’unica cosa sicura era che mi stavo avvicinando al territorio nemico ed ero impreparata a ciò. Restare da sola in macchina con lui non era esattamente quello che volevo, ma mi ero arresa. Ciò non mi faceva sentire né orgogliosa né soddisfatta, volevo solo liberarmi di lui al più presto.
Non avrei potuto ignorarlo per sempre, mi trovavo nella città dove entrambi abitavamo, alla fine sarebbe successo che ci saremmo incontrati.
“Quindi?”, gli chiesi salita in macchina.
“Cosa?”
“Volevi parlare?”, gli domandai. “Fallo!”
“Era solo una scusa per restare da soli”
“Una scusa?”, gli chiesi furiosa. “Ottimo! Ti dispiacerebbe togliere la sicura alle portiere così che io possa gettarmi dall’auto in corsa?”.
“Sei simpatica, sai?”, mi disse continuando a fissarmi con quel cavolo di sorriso che aveva stampato sulla faccia.
“Invece sai che questo si chiama sequestro di persona?”
“Non si tratta di un vero e proprio sequestro se la persona sequestrata ha accettato l’offerta di salire in macchina con il sequestratore”.
“Magari il sequestratore ha mentito inventando una scusa”.
“Allora la sequestrata doveva essere più furba e non si doveva fidare delle prime persone che capitano”.
“Magari, in un primo momento le era sembrato sincero, ma poi, lui, si è rivelato un tale coglione, come tutti gli altri”.
“Ok, touché, hai vinto!”
“Non avevi scuse”, dissi slacciandomi la cintura di sicurezza. “Io sono arrivata, grazie per la non chiacchierata e per il passaggio imposto involontariamente”, aggiunsi guardandolo in volto. Si limitava a fissarmi rimanendo in silenzio.  Avevo una strana sensazione.
“Ally…”
“Che cosa vuoi ancora?”
“Sto davvero cercando di rimediare con te…”.
Forse quel posto era esattamente quello giusto, dove sarei dovuta stare, ed eppure qualcosa mi diceva di andarmene al più presto, di scendere dalla macchina e salire in casa, ma quegli occhi castani mi avevano ipnotizzato.
   
 
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