Prologo
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a.C. Gallia Narbonense
I
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dhran e Gaia
erano lì quando le due ragazze arrivarono, mandate dal loro villaggio nella
speranza di scambiare del pesce con un po' di grano. La città di Vienne distava
solo poche miglia, inoltre molti dei paesani erano amici delle ragazze che
venivano spesso da loro su ordine della loro superiora. Con molta speranza,
Keitha e Shawnae avrebbero portato a casa anche qualche pagnotta morbida appena
sfornata.
Erano le cinque del mattino e l'aria era
ancora buia e tersa di rugiada, e quel venticello corto ma forte smorzava a
poco a poco l'umore delle ragazze. Keitha aveva previsto sarebbe stata una
mattinata fredda, perciò aveva indossato un coprispalle di pelle di daino sopra
la leggera armatura. Questa era sapientemente costituita da sottili fasce
metalliche sporgenti sul torace in due coppe, che i seni avrebbero riempito,
per poi piegarsi nuovamente verso l'interno fino all'ombelico. Il tutto
rivestito di morbida cote, dentro e fuori. Sotto il coprispalle non indossavano
altro se non la loro tunica di tessuto grezzo grigio tendente al marrone. Shawnae
emise un lungo sospiro una volta che il vento ebbe finalmente cessato il suo
turbinio mattutino, si voltò verso l'amica e si sporse dalla fitta boscaglia da
cui provenivano. Erano arrivate alle porte della città.
«Entrate e fate silenzio» disse Odhran, il
fornaio, «Siete fortunate che non vi abbiano viste»
Keitha fece una smorfia distratta «Perché?
Che male c'è, siamo qui per commerciare»
«Vorrei ben vedere, sarà anche buono ma non
possiamo andare avanti a pane tutti i giorni» continuò Odhran. «Quanti sacchi?»
«Quattro»
«Come sarebbe quattro?»
«Calmati bello, sono molto più grossi di
quelli dell'altra volta» asserì Shawnae, facendo riposare i piedi sullo
sgabello posto di fianco la sedia su cui si trovava.
Il fornaio grugnì all'inizio, poi prese i
sacchi e li lasciò cadere vicino alla moglie, poco distante da loro, che
preparava l'impasto in un enorme catino, girando con un mestolo di legno enorme
il miscuglio di latte, uova, grano e lievito.
«Ad ogni modo, come mai non avremmo dovuto
farci notare?» chiese Keitha.
«A quest'ora del mattino le guardie tendono
a sonnecchiare, ma se ti vedono e capiscono che non sei cittadino di Vienne
rischi di essere arrestata e portata al foro l'indomani, processata come nemica
di Roma e giustiziata pubblicamente in mezzo ad una folla urlante, bramosa di
sangue e odio»
Keitha si lasciò sfuggire un leggero
gridolino di paura, la sua amica invece sospirò e scosse la testa violentemente
«Dovevamo aspettarcelo dai romani, dopotutto...»
«Shawie non parlare così ti prego... Odhran
e Gaia sono cittadini romani a tutti gli effetti ma sono pur sempre nostri
amici»
Shawnae si volse a guardare la giovane e le
sorrise «Si, si, lo so... era per dire...»
«In realtà io sono solo mezzo romano, il
mio nome dice tutto!» il fornaio esplose in una sonora risata che coinvolse
tutti i presenti.
Finita la visita erano già passate le
sette. Mezzora di marcia e sarebbero giunte a Lutnag, il loro villaggio di
amazzoni con due grandi sacchi di grano e due di pane.