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Autore: Selfdestruction    16/06/2013    1 recensioni
"Con la pioggia che lavava via la mia vecchia vita e mi inumidiva le ossa con questa nuova morte, mi trascinavo, come il più classico dei fantasmi che si porta ancora dietro le catene dei rancori e dei rimpianti. Ero morto, ma dovevo avere ancora un cuore, perché avevo iniziato a seguirlo".
Frank si sveglia, ritrovandosi su un marciapiede di chissà quale città. Non ricorda nulla, non sa neppure il suo nome, sa solo di essere morto, morto la notte di Halloween. Quando si accorge dell'unica casa in fondo alla strada che ha ancora una luce accesa nel cuore della notte vi si avvicina. In quella stanza al primo piano troverà l'unica cosa che cambierà per sempre la sua sua vi... morte. Ma cosa c'è realmente dietro tutto questo? Perché nessuno sembra accorgersi della sua assenza? Qual è il mistero che nascondono i flash continui che gli annebbiano la mente quando meno se lo aspetta? Frank è mai stato vivo sul serio?
ps. ho cambiato il nome della storia, di solito li metto alla fine i titoli, ma questa volta sono stata costretta.
Era ASLEEP OR DEAD, ora è THIS MUST BE AN EMPTY DREAM.
Genere: Malinconico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Buongiorno! Premetto che non sono molto soddisfatta
di ciò che scrivo ultimamente e non riguarda solo
Asleep or Dead, ma un po' tutto.
Spero comunque che questo capitolo vi piaccia e che vi faccia capire
qualcosa in più su ciò che è stato Frank in passato,
e forse anche qualcosa in più sul passato del nostro timidissimo Gee.
Troverete notizie in più al fondo! Buona lettura,
SD. 

3.
 
SAVE ME FROM MY SELF DESTRUCTION. 
 
I’ll be waiting.
I’m not laughing.
You’re not joking.
I’m not dead I only dress that way.
I know it, take me out there far away 
and 
save me from my self destruction, 
hopeless for ya,
sing a song for California.
Wherever you are, wherever you are, whoever you are.
 



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'You'll get better'. 

 



‘Ehi ehi, piccolo Frank, ti sei davvero dimenticato tutto? Ti abbiamo portato via anche i ricordi? - i suoi denti aguzzi spuntavano dalle sue labbra rosso sangue. - Ah, mi son dimenticato di dirti che… la tua anima era deliziosa. - Si è passato una lingua sui suoi denti appuntiti. - Non pensavo fossi così sentimentale! - Ha aggiunto, scoppiando in una risata maligna. 
- Hai… hai mangiato la mia anima? - gli ho chiesto, con occhi pallidi inchiodati al suolo. - Chi diavolo sei? - ero quasi senza voce e la poca che avevo era tremolante e senza vita. 
- Ti sei dimenticato dei tuoi cari fratellini, Frankie? Oh, lascia che ti rinfreschi la memoria allora, giusto per lasciare che la tua punizione sia ancora più… piacevole. - Ha detto guardandomi negli occhi. - Giusto per lasciare che la tua catena di rimpianti si allunghi ancora un po’. Così potrai attirare l’attenzione del tuo carissimo amichetto, svegliandolo alle tre di notte con i tuoi rumori da fantasma. Ci pensi? Magari per lo spavento ti viene a fare compagnia, così sì che potrete stare insieme… per l’eternità. -  Un’altra risata invisibile aveva riempito il mio silenzio, divorandomi lo stomaco con una sola fiammata. 
- Smettila, quel ragazzo… non ti riguarda - ho detto a mezza voce, scrollandomi il suo braccio pesante tre volte il mio corpo dalla mia piccola spalla da fantasma. 
Ha sorriso, giungendo le mani e spostando lo sguardo sulla casa che avevamo di fronte. - Questo è stato sempre il tuo marciapiede preferito, eh? Anche da morto non ti alzi mai da qui. 
- Cosa vuoi dire?
- La tua vita da vivo, mio caro Frankie, diciamo che… non era esattamente una favola. 
- Pff, come se questo già non lo immaginassi, grazie. 
- E non è per via della tua altezza o della tua eterna aria da sfigato, anzi! - ha detto dandomi una pacca sulla spalla che avrebbe potuto uccidermi un’altra volta.  
- Sei davvero confortante, ‘Chiunquetusia’, sai?
Un’altra risata massiccia e crudele ha riempito l’aria per qualche istante. 
- Diciamo che per quasi tutto il giorno rimanevi steso su questo marciapiede ubriaco fradicio, con qualche siringa ancora infilata nel braccio. 
Alla visione di quel me stesso, mezzo morto e terribilmente autodistruttivo mi sono sentivo rabbrividire. La mia vita faceva schifo sul serio, e forse faceva ancora più schifo di questa mia morte. 
- E io cosa cazzo centro con te, eh?
- Vuoi davvero che ti racconti della vita che hai dimenticato, Frank? Non si sta forse meglio senza ricordi? 
Senza ricordi. Li volevo davvero indietro? Volevo davvero ricordare di quei giorni passati sul bordo di questo marciapiede ad implorare quella siringa di andare un po’ più a fondo, per farla andare un po’ più a fondo nel dolore e anestetizzarlo? Farmi dimenticare di essere lì, di respirare, farmi dimenticare la poca vita che avevo o che non avevo mai avuto. 
- , li rivoglio. 
- Non spetta a me raccontarti ogni cosa, Frank, il resto spetterà soltanto a te.  
- Dimmi tutto quello che puoi. 
- La morte non ti ha portato via il coraggio, a quanto vedo - ha detto quasi a se stesso, prendendo una sigaretta dal pacchetto che aveva nelle tasche e accendendola lentamente, lasciando a me il tempo di osservare i suoi lineamenti duri e freddi come quelli di un vampiro. 
- …Cosa sei? - gli ho chiesto, con parole che mi erano sfuggite di bocca e che non ero riuscito a controllare. 
Ha espirato, lasciato che una nuvoletta di fumo restasse sospesa per aria. - Esattamente ciò che eri tu una volta. - Con lo sguardo ha osservato la nuvola dissolversi, come ricordi dopo una sbronza. - Un maledetto, uno scarto di Dio, qualcosa che né i cieli e né l’inferno hanno voluto. Siamo quelli nati nel momento sbagliato, nati nel giorno in cui è la morte a regnare sovrana. Frank, che giorno era quando sei nato?
- Se me lo ricordassi farebbe la differenza?
- Dannazione, sì! Sei nato il giorno di Halloween, piccolo Frankie, esattamente come me e come il resto dei tuoi fratelli, chiamati 'Evil’s children' da tutte quelle leggende popolari che ci raccontano come mostri senz’anima che il giorno di Halloween si aggirano per le strade succhiando via le anime dei passanti. 
- E invece cosa siete?
Ha riso a lungo, con noncuranza. - Devi sapere, mio caro morto che la gran parte delle leggende… sono vere. - Ho visto la sua lingua appuntita passare sui suoi denti aguzzi. - Peccato per quel dettaglio importante però. Credono che solo perché siamo mostri senz’anima non abbiamo buon gusto. Non mangiamo mica l’anima del primo che passa! 
- Ah, no? - ho detto, cercando di sembrare ironico. 
- Soltanto le anime interessanti - ha detto, passandomi sotto il mento le sue dita dalle unghia lunghe e taglienti. 
- E la mia cosa centrava? Non ero uno di voi? -  a quel punto, mi sono alzato in piedi, in preda all’ira. Mi avevano portato via la vita, una vita di merda, certo, ma quel ragazzo, in qualche modo doveva avermela resa migliore e loro me l’avevano strappato. 
- Tu sei soltanto uno che ha disubbidito, li hai traditi i tuoi fratelli, piccolo Frankie e, anche se non sei mai stato un nostro simpatizzante, devo ammetterlo, ora ne paghi comunque le conseguenze.
Ho sorriso, per non esplodere in urla che avrebbero fatto tremare tutto il mio corpo morto. - Io non ero un mostro come voi! E per ripagarmi mi avete ridotto… così?! Cos’ho fatto di così grave da meritarmi quest’agonia senza ricordi? Perché non mi avete fatto semplicemente morire? - ho urlato così forte che ho sentito il fiato mancarmi. Tanto, chi mi avrebbe mai sentito? Chi mi avrebbe mai soccorso?
- Perché sei un dannato, Frank! E i dannati non muoiono, cosa ci può essere di meglio? - si è alzato, allargando di nuovo le braccia in gesto teatrale. - Cosa c’è di meglio di non ricordare quello schifo di vita umana che hanno tutti? Gente la darebbe di sua volontà la propria anima per smettere di avere le immagini del passato a tormentargli il cervello - e alla parola cervello si è indicato la testa, buttandomi quella scena e quelle parole dritte nello stomaco. A un millimetro dal mio viso, mi ha soffiato il fumo della sigaretta negli occhi. - Alcuni la darebbero la loro anima per non ricordare il loro passato. Guarda il lato positivo, pulce. Ora non sentirai più il bisogno di ubriacarti o di farti fino a crepare per dimenticarti di quei tuoi cazzo di genitori che ti hanno buttando in un fottutissimo cassonetto quando avevi soltanto pochi giorni perché eri nato in un fottutissimo giorno sbagliato! - mi ha urlato in faccia, puntandomi un dito contro. I miei passi andavano indietro, la mente, quella forse, nemmeno ce l’avevo più. 
I miei genitori. Anche loro mi avevano buttato via, come probabilmente lo aveva fatto anche il resto del mondo. Buttato in un cassonetto, come l’ultimo dei rifiuti, come gli avanzi di una cena, come un pupazzo con le batterie scariche, come un paio di calzini  vecchi e strappati da un cane.
Mamma, papà, non mi avete mai amato, ma non ve ne faccio una colpa. Chi avrebbe mai potuto amarmi, d’altronde? Chi sarebbe mai stato così stupido da prendersi cura di me, anche solo per dare il tempo al mio carattere di prendere forma, ai lineamenti del mio viso di diventare meno morbidi, ai miei occhi di cambiare colore insieme al tempo fuori dalla finestra.
Mamma, papà, io vi avrei potuto amare, come avrei potuto amare un sacco di cose se solo poi me lo aveste permesso. E invece sono nato e cresciuto tra questi rifiuti, tra i rifiuti di una società che non accetta tutto ciò che è diverso. Sono un rifiuto, anche adesso che sono morto. E non sapevo cosa significasse amare, né prima né ora.
Grazie mamma, papà, per avermi tolto la seccatura di sentire la mancanza di qualcosa, se non l’hai mai conosciuta non ne sentirai la mancanza, no? Non ho mai conosciuto l’amore, ma ne sento la mancanza come un sub sente la mancanza d’ossigeno. Sento la mancanza di una vita. La vita che devo aver avuto da qualche parte, ad un certo punto. Se ne sento la mancanza, vuol dire che l’ho avuta. E se sento la mancanza di quel ragazzo dagli occhi tristi, vuol dire che in qualche modo, a modo suo o a modo mio, ha fatto parte della mia vecchia vita ed ora della mia nuova morte. 
Sconvolto ho cercato di nuovo di sedermi, ma sono inciampato e sono finito a gattoni per terra. L’asfalto sapeva ancora di pioggia, e del mio vestito da fantasma finito chissà dove. Le caramelle ancora nelle tasche e quel biglietto… quel biglietto che non avevo più il coraggio di aprire, ancora sul fondo di quelle tasche in cui non mettevo più mani. 
La mente mi era tornata di nuovo bianca. ‘No, ti prego, non ora’, ho pensato, ma era già troppo tardi, perché i pensieri non erano più miei. Le immagini erano tornate a ruotare e ad essere come al solito sbiadite e prive di contorni. 
- Ehi, ehi, tutto bene? - ho sentito una mano prendermi a schiaffi per svegliarmi. - Sei vivo? - ho visto i miei occhi aprirsi e quegli occhi tristi erano di nuovo di fronte a me. Occhi tristi e scuri questa volta, come se anche gli occhi potessero avere i loro temporali e loro giornate buie. 
Mi sono visto mentre scuotevo la testa e lo guardavo come se non fosse lì. - I-io? - mi son sentito dire. - Lasciami stare - ho cercato di liberarmi dalla sua presa che mi teneva seduto, ma le sue mani mi tenevano stretto ed io ero troppo debole. 
- No, non ti lascio stare. Stai perdendo sangue e il tuo braccio è messo male. Forza, tirati su. - Ho sentito le sue piccole braccia alzarmi da quel marciapiede su cui ero marcito per anni, su cui mi ero gettato, come spazzatura non riciclata. Teneva il mio piccolo corpo tra le sue braccia, mi portava via, in salvo, lontano da me stesso e dalla mia autodistruzione. Mi stava salvando, come mai nessuno aveva voluto fare. Chi voleva prendersi cura di uno come me? Lui, il ragazzo dagli occhi tristi aveva voluto farlo.
Ho visto i miei occhi cercare i suoi, in quella scena sfocata. E ho visto i suoi piccoli denti sorridermi, cercando di tenermi sveglio. I suoi capelli neri erano scompigliati anche quella volta e avrei voluto aggrapparmici come se fossero stati corde che avrebbero potuto tirarmi fuori dal pozzo nero in cui ero finito.
Salvami da questa mia orribile autodistruzione, blocca il meccanismo con cui continuo a farmi del male, portami via lontano da qui, corri via insieme a me, curami le ferite, fammi curare le tue, andiamo via, mettiamo le ali, impariamo a correre, stringiamoci il cuore al petto, teniamocelo con le mani per non farlo rotolare a terra, risolleviamoci da questi marciapiedi e buttiamo via lamette e ansiolitici. Questi erano i pensieri miei, presenti e non passati, non appartenevano a quella visione e mi son sentito lo stomaco stringersi piano. Mentre le braccia di Gee mi portavano via, ho visto il mio braccio perdere sangue dalla scritta ‘tanti auguri a me’. Non era una scritta, ma tanti tagli che messi uno dietro l’altro formavano parole. Parole dalle quali veniva fuori sangue e dolore, e tutta la vita che mi era stata rubata e poi bruciata. Ho visto la mia testa ciondolare e poi abbandonarsi sulla sua spalla. - Grazie - ho sussurrato, non volevo neppure che lo sentisse, volevo solo che fosse sincero e volevo soprattutto sentirlo io, volevo sentirmelo dire per la prima volta.
- Starai meglio - mi ha risposto, guardandomi con occhi di chi capisce davvero cosa stai provando. Con occhi che avevano mani e che mi stavano tirando su. Occhi pieni di dolore, di battaglie perse, ma anche pieni di battaglie vinte, a stento, ma vinte
Ho visto ancora il verde cupo del suo sguardo e i suoi piccoli denti e poi ho sentito i miei occhi chiudersi e la scena diventare di nuovo bianca. Piano ritornavo alla realtà. Vi prego, fatemi ritornare lì. Vi do un’altra anima, se proprio ci tenete. 
I miei occhi non si erano mai chiusi e quando la mia mente era tornata alla realtà ero steso sull’asfalto ancora umido della strada con le mani in grembo e lo sguardo fisso nel cielo, come se mi fossi appena fatto un’altra volta. - Merda - ho sussurrato, trasognante. 
- Bentornato. - Le mani ossute di quel mostro mi sbattevano un pugno leggero contro la fronte. - Toc toc, siamo tornati in casa? C’è nessuno?
- Simpatico - ho detto a mezza voce, cercando di tirarmi su. 
- Sono flash quelli che ti mandano in trans all’improvviso o semplicemente sei uno schizofrenico senza speranze?
- Schizofrenico senza speranze.
- Dai, tirati su - ha detto, offrendomi una mano. 
- No, grazie. Sai, in genero non accetto aiuto da chi mi ha ucciso. 
- Oh, suvvia, non vorrai portare rancori. 
- Non so il tuo nome, ma vaffanculo lo stesso. 
- Michael, piacere. Tu, però, piccolo Frankie, puoi chiamarmi Mikey, siamo amici, ormai, no? - e senza chiedere il mio permesso, mi ha preso per una spalla e mi ha tirato su. - Tanto un’altra anima non te la posso portare via, stai tranquillo. - Ha aggiunto, accompagnandosi con una risata malefica. 
 
  
Buondì! E' la prima volta che scrivo in prima persona. dietro Selfdestruction c'è qualcuno di reale, udite udite! Non so a chi mi sto rivolgendo, forse a quelle pochissime (e amatissssime dalla sottroscritta, vi assicuro) personcine carine che hanno deciso di seguire questa storia un po' strana, una storia che sinceramente stento a capire anche io. 
Credo l'abbiate capito, ormai. Son riuscita a infilare anche un Mikey nella storia! Ed è un Mikey un po' diverso da come lo ricordate. E' più robusto del normale e ha capelli molto lunghi, spero non mi lincìate per questo, Ho stravolto un po' le cose, e stavolta è Gerard a tirare su da quel marciapiede Frank, non il contrario.  abbiate pietà di me. *si nasconde* 
Spero di non deludere le aspettative di chi sta continuando a leggere questi capitoli, spero stiate già capendo qualcosa, anche perché come ho detto prima, io ho paura di non riuscire a capirci tutto fino in fondo. L'ho pensata complicata! 
Comunque, detto questo, sparisco e vi prometto a breve (anche se nessuno me l'ha chiesto lol) un altro capitolo. 

Grazie, proprio a te che stai leggendo, in qualunque parte tu sia.
Alla prossima,
baci,
SD. 

 
 
 
 
 
    
 
 
 
  
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