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Autore: Beauty    16/06/2013    8 recensioni
Nel mondo delle favole, tutto ha sempre seguito un preciso ordine. I buoni vincono, i cattivi perdono, e tutti, alla fine, hanno il loro lieto fine. Ma le cose stanno per cambiare.
Quando un brutale omicidio sconvolge l'ordine del Regno delle Favole, governato dalla perfida Regina Cattiva, ad indagare viene chiamato, dalla vita reale, il capitano Hadleigh, e con lui giungono le sue figlie, Anya ed Elizabeth. Attraverso le fiabe che noi tutti conosciamo, "Cenerentola", "Biancaneve", "La Bella e la Bestia"..., le due ragazze si ritroveranno ad affrontare una realtà senza più regole e ordine, in cui niente è come sembra e anche le favole più belle possono trasformarsi nel peggiore degli incubi...
Inizia così un viaggio che le porterà a scoprire loro stesse e il Vero Amore, sulle tracce della leggendaria "Pietra del Male" che, se nelle mani sbagliate, può avere conseguenze devastanti...
Il lieto fine sarà ancora possibile? Riusciranno Anya ed Elizabeth, e gli altri personaggi delle favole, ad avere il loro "e vissero per sempre felici e contenti"?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Boogieman, part I

 
New York, ore 19:00 p.m.
 
- Che cazzo facciamo?!- sbraitò Jones.- Quello sta per tornare!
Hadleigh non rispose, tenendo lo sguardo puntato sulla pistola scivolata sotto il termosifone. Era a diversi metri da lui, e con le mani legate alla scrivania di certo non avrebbe potuto afferrarla. Doveva trovare un’altra via.
Inspirò a fondo, sperando che Jones si zittisse quanto necessario per permettergli di concentrarsi. Si lasciò scivolare sul pavimento distendendo le gambe, e fece scorrere i polsi ammanettati alla scrivania in basso verso il pavimento, in modo da potere allungare le braccia sopra la sua testa e coprire così più spazio possibile.
- Ma che fai?- mormorò Jones, attonito. Hadleigh non rispose, cercando di staccarsi quanto più possibile dalla gamba della scrivania. I polsi erano ancora ammanettati, ma lui ora era praticamente quasi disteso sul pavimento. Jones ora era ammutolito, forse stava iniziando a comprendere cosa stava tentando di fare.
Hadleigh gettò un altro sguardo alla pistola del collega: il termosifone sotto cui era finita ora era vicinissimo alle sue gambe, ma non riusciva ancora a raggiungere l’arma. Il capitano contrasse il viso in una smorfia mentre distendeva la gamba destra quanto più gli era possibile. Riuscì a toccare la canna della rivoltella con il tacco della scarpa. Hadleigh si sforzò di contrarre i muscoli del polpaccio in modo da distendere ancora di più la gamba. Colpì con la suola la pistola, e questa fece un mezzo giro su se stessa. Entrambi i poliziotti trattennero il fiato nel timore che quel gesto avesse irreversibilmente allontanato l’arma, ma subito dopo Hadleigh ritentò, riuscendo finalmente a raggiungere il calcio di questa coprendolo con tutta la scarpa.
Facendo strisciare la rivoltella sul pavimento, il capitano la tirò verso di sé, all’altezza delle proprie ginocchia.
- Bravo, Rick!- si complimentò Jones sottovoce.- Ora liberaci da questi affari! Crawford sta per tornare!
Hadleigh sbuffò per riprendere fiato, quindi si rimise in ginocchio; con attenzione, afferrò il calcio della pistola fra entrambe le rotule, quindi si mise seduto, sollevando le gambe all’altezza del mento. Spostò il gomito all’altezza della pistola, spingendola verso di sé; aiutandosi con il braccio la tenne stretta al petto. Ora doveva solo riuscire a prenderla in mano…
Prese un profondo respiro, contraendo i muscoli del braccio libero in modo da poter raggiungere la pistola senza lasciarla cadere. Tirò le catene delle manette al massimo, riuscendo ad afferrare l’arma fra l’indice e il medio, impugnandola poi completamente con l’aiuto dell’altra mano.
Sapeva cosa doveva fare. Il problema era che il proiettile sarebbe di sicuro rimbalzato via a una distanza così ravvicinata, e non aveva molto margine di errore. Rischiava di mancare il bersaglio, di spararsi in una gamba o magari di colpire Jones.
- Che stai aspettando?! Muoviti!
Hadleigh ansimò, e aprì la bocca per rispondere, quando un rumore di passi che percorrevano tranquillamente il corridoio lo raggiunse. Non aveva dubbi su chi poteva essere: nessuno veniva mai in quella zona della centrale o al Dipartimento Favole se non era strettamente necessario, e Crawford era stato via anche per troppo tempo.
Strinse i denti, imponendosi di dimenticare tutte le sue paranoie e i suoi dubbi. Doveva sparare adesso, o nessuno di loro due sarebbe uscito vivo da quella stanza. Doveva liberarsi e andare a cercare le sue figlie. Aveva una possibilità sola e doveva impiegarla al meglio.
Puntò la canna della pistola dritta al centro della catena, inclinandola verso il muro. Chiuse gli occhi, e premette il grilletto.
Il suono dello sparo rimbombò sui muri; nel contempo, Hadleigh sentì i polsi scivolare l’uno in una direzione diversa dall’altro. Aprì gli occhi, boccheggiando: aveva le mani libere. Si assicurò di non aver ferito Jones, ma i suoi calcoli erano stati esatti e la pallottola aveva fatto un foro nella parete.
In compenso, i passi in corridoio prima calmi e rilassati presero a correre.
Hadleigh si rialzò in fretta, dirigendosi verso il suo collega.
- Forza, liberami!- lo incitò Jones. Hadleigh fece per chinarsi su di lui, ma sentì un tonfo alla porta.
- Maledetti figli di puttana!- sentì urlare, mentre l’ombra di Crawford attraverso il vetro armeggiava furiosamente con la serratura. Il capitano raggiunse di corsa la porta un attimo prima che il procuratore la spalancasse completamente; Hadleigh si gettò contro il legno colpendolo con una violenta spallata, richiudendo la porta. Girò la chiave nella serratura mentre Crawford lanciava un urlo di rabbia e frustrazione, afferrò una sedia e puntellò la maniglia.
Si allontanò appena in tempo prima che Crawford rompesse il vetro con un pugno; Hadleigh tornò di corsa da Jones, afferrandogli le mani in modo che il suo collega le allargasse e tendesse la catena delle manette.
- Ehi, sta’ attento a quello che fai…!- gridò Jones, mentre Hadleigh puntava la rivoltella prendendo la mira.
Crawford lanciò un altro urlo dall’esterno, infilando una mano attraverso il foro nel vetro e spostando brutalmente la sedia, che cadde al suolo con un gran fracasso. Hadleigh udì avvicinarsi in lontananza altri passi: doveva trattarsi degli altri poliziotti, sicuramente accorsi a causa del fracasso.
Il capitano puntò la canna della pistola contro la catena delle manette, sparando il colpo; in un attimo, Jones si rialzò dal pavimento, le mani libere.
- Bastardi!- urlò Crawford; un secondo dopo, si udì un secondo sparo, e la serratura della porta saltò in aria. Hadleigh scattò all’indietro, afferrando il davanzale della finestra con una mano e sollevando la vetrata. Si voltò a guardare Jones.
- Forza, esci!- lo incitò, indicando la scala antincendio.
La porta si spalancò, rivelando Albert Crawford con il volto sudato e arrossato, e la rivoltella puntata verso di loro. Jones sgranò gli occhi, arretrando istintivamente; Hadleigh puntò repentinamente la pistola del collega di fronte a sé, sparando un colpo.
Videro il procuratore gemere accasciandosi a terra, reggendosi la spalla sinistra con una mano. Sulla parete alle sue spalle c’era una chiazza di sangue. I passi e le voci sconcertate si avvicinavano.
Jones si sentì afferrare per una manica della maglietta, quindi Hadleigh lo tirò verso la finestra.
- Avanti, usciamo da qui!- lo incitò, spingendolo sulla scala antincendio.
- Ma perché?!- sbottò Jones, raggiungendo a fatica il pianerottolo di ferro a causa del suo fisico grassoccio.- Rick, non senti? Stanno arrivando…
- Fa’ come ti dico!- Hadleigh gli diede un’altra spinta, scavalcando a sua volta il davanzale e iniziando a correre insieme a lui lungo la scala antincendio. Jones ubbidì, guardandolo senza capire.
Hadleigh strinse con forza la pistola, sentendosi il sangue alla testa. Jones non c’era arrivato, ma lui sì.
Forse erano scampati a Crawford, ma restavano comunque nei guai. Stavano arrivando i loro colleghi, possibili testimoni. Testimoni che avrebbero visto Crawford disteso a terra ferito e sanguinante, non loro due; testimoni che gli avrebbero sicuramente riso in faccia se lui avesse svelato loro la verità sul Dipartimento Favole; testimoni ai quali Crawford avrebbe potuto raccontare – se non l’aveva già fatto – qualunque fandonia sul loro conto, molto più credibile di qualunque altra cosa lui e Jones avrebbero potuto dire per discolparsi.
Richard Hadleigh, Nathan Jones…preparatevi a divenire dei ricercati.
 

***

 
Era tutto molto frustrante.
Non solo era capitata in un mondo alternativo e, a suo parere, anche vagamente grottesco; non solo non aveva idea di dove si trovasse sua sorella in quel momento; non solo aveva appena scoperto che suo padre le aveva mentito per una vita; non solo non aveva idea di come fare per trovare Liz né tantomeno in che modo sarebbero tornate a casa; non solo non riusciva a soffocare il ricordo assillante di quella profezia accompagnato dal dubbio che potesse essere lei la fantomatica Salvatrice…
…ma le toccava anche sopportare quello stronzo che non si curava nemmeno di nascondere quanto lo infastidisse la sua presenza!
Anya sbuffò, incespicando nell’ennesima fottuta radice sporgente dell’ennesimo fottuto albero. Già, gli alberi. Gli alberi sembravano tutti uguali, in quella foresta. Le pareva quasi di stare girando in tondo. Ma quell’uomo che la precedeva di mezzo metro da una giornata intera, senza apparentemente curarsi di aspettarla, o quantomeno che lei stesse al passo, le dava l’idea di sapere esattamente dove stessero andando…e quello era l’unico motivo per cui aveva accettato di fidarsi di lui.
Quello, insieme alle armi che si portava addosso.
Anya lo guardò forse per la centesima volta: sembrava uscito da un film di ninja giapponesi. Era completamente vestito di nero, dalla casacca fino agli stivali, e perfino il mantello e i guanti erano neri; ad Anya, tuttavia, pareva quasi fosse più armato che vestito.
Aveva scorto un pugnale con cui nessun essere umano sano di mente avrebbe voluto trovarsi faccia a faccia saldamente legato alla cintura di cuoio, insieme alla frusta annodata con cui le aveva quasi spezzato le gambe la prima volta che aveva cercato di scappare, e l’impugnatura di un’altra lama spuntava dallo stivale. Anya sospettava nascondesse qualche altro coltello da qualche parte. Sulla spalla sinistra portava una faretra ricolma di frecce e un arco.
Nulla di tutto ciò le diceva niente in merito alla sua identità; non che gliene importasse poi molto, quello che le interessava era che mantenesse la sua parola e l’aiutasse a trovare Elizabeth, ma le sarebbe comunque piaciuto sapere con chi aveva a che fare.
E il nome Vincent non le ricordava nulla, se non un vecchio telefilm degli anni ’80, intitolato Beauty and the Beast,in cui il protagonista – un Ron Perlman con una faccia da leone che viveva nelle fogne di New York – portava lo stesso nome. Comunque, questo Vincent non pareva avere nulla di bestiale.
Era semplicemente stronzo come lo erano la maggior parte degli uomini che aveva conosciuto. Forse un pochino al di sopra della media.
Non aveva fatto altro che ignorarla per tutto il giorno, comportandosi come se lei non fosse lì in quel momento, tranne che per quando si accorgeva che lei era inciampata in una radice, era rimasta bloccata in un cespuglio di rovi o si era impantanata nel fango.
A quel punto pareva ricordarsi di lei e alzava gli occhi al cielo, per poi ringhiarle di darsi una mossa e non fargli perdere tempo. Circa un’ora prima erano passati di fronte a un ramo spezzato e caduto al suolo, e Anya aveva dovuto accelerare il passo per non cedere alla tentazione di raccoglierlo da terra e romperlo sulla testa di quel maleducato arrogante.
- Ci fermiamo qui!- dichiarò d’un tratto Vincent, arrestando la marcia nel bel mezzo di una radura e liberandosi dell’arco e della faretra, che lasciò cadere sull’erba.
Anya si riscosse, rimanendo interdetta.
- Ci…fermiamo?- mormorò, sconcertata. Si accorse solo in quel momento che era quasi il tramonto.- Qui?- si guardò intorno.
- Sì. Cosa non ti è chiaro di ciò che ho appena detto?- la rimbrottò il Primo Ministro, slacciando la frusta dalla cintura, ma tenendo con sé il pugnale.
- Non…non dovremmo proseguire?- suggerì Anya, tentando di mantenere la calma.- C’è ancora luce, e io devo trovare…
- Devi trovare tua sorella, lo so - borbottò Vincent, innervosito, voltandosi a guardarla.- Abbiamo entrambi un obiettivo, ricordi? E credimi, per quanto desideri liberarmi di te il più in fretta possibile, non sono così pazzo da proseguire il cammino nella Foresta Incantata dopo il tramonto. Ma se vuoi suicidarti, prego, fai pure - allungò un braccio indicandole un punto particolarmente oscuro alle sue spalle. Anya incrociò le braccia al petto, mordendosi l’interno della guancia cercando di tenere a freno la rabbia. Se quello era un personaggio delle favole, pensò, allora doveva essere sicuramente uno di quegli sfigati incattiviti che neanche il lieto fine osa avvicinare…esistevano anche i comprimari nelle storie, no? Tipo i topolini di Cenerentola, i servitori del Re o della Regina di turno…le aveva detto di essere un prigioniero. Qualcuno doveva aver già provveduto a dargli il ben servito.
Anya soffocò una risatina.
Il Primo Ministro s’inginocchiò sull’erba, iniziando a raccattare alcuni rametti da terra, riponendoli in un mucchio; la ragazza rimase impalata a guardarlo per diverso tempo, sentendosi profondamente inutile.
- Posso fare qualcosa?- azzardò a un certo punto, inclinando il capo di lato.
- Sì: stai zitta e lasciami fare il mio lavoro - ringhiò l’uomo, senza guardarla, ora impegnato a sfregare due pietre appuntite insieme nel tentativo di cavarne fuori una scintilla.
Anya digrignò i denti, pestando un piede a terra.
- Cos’ho fatto di sbagliato per meritarmi di essere trattata come una pezza da scarpe?- ringhiò.
- Se non ricordo male, avevamo un accordo - Vincent voltò il capo nella sua direzione, puntandole addosso gli occhi azzurri e gelidi.- Io ti faccio da guardia del corpo e tu in cambio mi cedi tutto ciò che troveremo riguardante la Pietra. Nel frattempo, tu fai quello che ti dico io, stai al passo, non m’intralci e tieni la bocca chiusa. E ci tengo a farti notare che finora non hai rispettato nessuna di queste regole!- sbottò, guardandola con rabbia prima di tornare a concentrarsi sulle pietre che teneva in mano, sfregandole ancora per un paio di volte fino a che da queste scaturì una scintilla, e la legna ammucchiata al centro della radura non divenne un falò.
Anya lo guardò per un istante, esterrefatta e incredula, quindi emise un verso rabbioso, girando i tacchi e iniziando a scendere velocemente lungo un pendio non troppo scosceso, inoltrandosi nella foresta.
- Ehi!- la chiamò Vincent.- Dove diavolo stai andando?
- Dove sarò sicura di non poterti spaccare la faccia!- strillò lei di rimando, senza voltarsi né interrompere la marcia.
Il Primo Ministro si rialzò velocemente da terra, guardandola scomparire oltre gli alberi.
Nel buio.
Il sangue gli si gelò nelle vene.
- Torna subito qui!- urlò, senza venire ascoltato. Anya era già scomparsa nel folto della foresta.
Vincent rimase a fissare il punto dove era sparita, quindi alzò lo sguardo al cielo: era il tramonto, ci sarebbero voluti ancora diversi minuti prima che il sole calasse completamente, ma le ombre proiettate dagli alberi si erano fatte più grandi e più intense. C’era abbastanza oscurità perché…
Il Primo Ministro si sentì rabbrividire di paura, una strana e inspiegabile paura. Una paura che conosceva bene. Si chinò velocemente, raccogliendo da terra l’arco e la faretra ricolma di frecce e afferrando un ramo infuocato dal mucchio di legna.
Brandì la torcia di fronte a sé, inoltrandosi in fretta nella foresta.
 

***

 
- Idiota!- sibilò Anya fra i denti, tirando un calcio a un sasso di fronte a lei. Continuò a camminare a passo sostenuto, calpestando furiosamente l’erba, senza avere la più pallida idea di dove stesse andando. Spostò con un gesto innervosito un ramo sporgente che si era posto sul suo cammino, inoltrandosi ancora di più nel bosco, fino a giungere a un’altra radura, più piccola di quella in cui lei e lo stronzo si erano fermati, e molto più cupa.
Anya si fermò, ansimando per riprendere fiato. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo e passandosi entrambe le mani fra le ciocche corvine, gettando il capo all’indietro. La situazione era già abbastanza complicata, pensò; l’ultima cosa che le serviva in quel momento era farsi venire un esaurimento nervoso. Riaprì gli occhi, guardandosi intorno: le fronde degli alberi ora s’intrecciavano le une con le altre, ricoprendo completamente il cielo, tanto che solo qualche flebile spicchio di luce solare riusciva a raggiungerla facendosi strada tra le foglie e i rami. I tronchi gettavano ombre scure tutt’intorno, e la luce sembrava farsi sempre più flebile.
Anya fece dardeggiare lo sguardo tutt’intorno: solo alberi, nient’altro. Guardò alle proprie spalle: quanta strada aveva percorso? Non le pareva di aver camminato così tanto, non doveva essersi allontanata per più di venti, trenta metri…Eppure, non ricordava di aver percorso il sentiero alle sue spalle. E le piante le sembravano tutte uguali, esattamente come prima.
Dio, ma dov’era finita?!
Inspirò nuovamente a pieni polmoni, cercando di mantenere la calma. Sapeva la direzione da cui era venuta, tutto ciò che doveva fare era percorrere la strada all’indietro. La sua guardia del corpo con la bastardaggine insita nel DNA aveva acceso un fuoco, l’avrebbe sicuramente visto in lontananza.
Doveva solo stare calma e non farsi prendere dal panico.
Girò i tacchi, iniziando a incamminarsi lungo la via del ritorno, ma fece appena in tempo a muovere due passi che sentì la punta dello stivaletto colpire qualcosa di troppo morbido per essere una pietra o una radice. Anya indietreggiò, abbassando lo sguardo sorpresa e incuriosita.
Quello che vide la lasciò perplessa.
L’oggetto in cui era inciampata era un orsacchiotto. Un orsacchiotto di pezza, di quelli che si regalavano ai bambini piccoli. Anya sbatté le palpebre, confusa, raccogliendo il giocattolo da terra. Rimase a fissarlo per diversi istanti, rigirandoselo fra le mani. Era un orsacchiotto piuttosto malandato, a guardarlo bene, spelacchiato e con una forte carenza di imbottitura; intorno al collo aveva un fiocco rosso sbiadito, e dei due bottoni che fungevano da occhi ne era rimasto solo uno.
Anya aggrottò le sopracciglia: che ci faceva un oggetto del genere lì, in mezzo al nulla?
Se lo rigirò attentamente fra le mani, voltandolo: sulla schiena, in un angolo ricamata a caratteri minuti, c’era una scritta.
Bobo, lesse mentalmente Anya.
Sospirò, riprendendo a guardarsi intorno. Ormai non c’era più luce, e quasi non riusciva a vedere di fronte a sé. Doveva sbrigarsi a ritornare indietro, se non voleva…
Anya…
Sobbalzò, voltandosi in direzione della voce che l’aveva chiamata. Guardò alle sue spalle: non c’era nessuno.
- Chi è?- domandò all’aria, senza ottenere risposta.
Anya si passò una mano sulla fronte, imponendosi di non essere paranoica. Non c’era nessuno, lì con lei. Eppure, le era veramente parso di sentire qualcuno…
Anya…
La ragazza si voltò di scatto; stavolta l’aveva sentito bene, ma alle sue spalle non c’era nessuno.
- Ma che scherzo idiota è, questo?- ringhiò.- Chi ha parlato? Chi c’è là?
Anya…
Si sentì chiamare di nuovo, ma continuò a non vedere nessuno.
Anya…Anya…
La ragazza mosse un passo in direzione della voce; aveva un timbro infantile, sicuramente apparteneva  a un bambino. Anya mosse un altro passo in avanti.
- Chi è là?- ripeté.
La voce sembrava provenire da un punto oscuro e indistinto della foresta.
Anya…Anya…
Sì, si trattava sicuramente di un bambino. Anya mosse altri due passi verso l’oscurità da dove stava provenendo la voce.
­- Non riesco a vederti…- mormorò, chinandosi un poco in avanti. Tese la mano che reggeva l’orsacchiotto.- Ho trovato questo. E’ tuo?
Anya…
La voce era molto strana. Era certamente quella di un bambino, ma era come se fosse vicina e lontana allo stesso tempo, quasi come se lei la stesse udendo parlare attraverso un foro in un muro.
Anya si avvicinò ancora un poco agli alberi.
- E dai, vieni fuori…- mormorò, con un piccolo sorriso d’incoraggiamento.
Anya…vieni a giocare con me, Anya…
La ragazza aggrottò le sopracciglia.
- Dove sei? Non riesco a vederti!- ripeté, un po’ incerta. Perché non usciva allo scoperto?
Anya.
La ragazza si gelò: la voce era cambiata. Ora era più decisa, più forte, più matura. Più femminile. Più conosciuta…
Anya…
- Liz!- esclamò la ragazza, incredula. Prese a dirigersi con passo deciso verso l’oscurità fra gli alberi.
Anya…vieni qui, Anya…
- Liz, ma che fine avevi fatto?! Dai, esci da lì…
Anya!
La ragazza si arrestò a pochi centimetri dalla pozza di buio a cui stava andando incontro. Sentì il cuore mancare uno o due battiti, le mani divenirle sudate. Strinse convulsivamente l’orsacchiotto fra le dita.
Anya! Anya, vieni subito qui!
La voce era cambiata di nuovo: ora non era più né quella di un bimbo né quella di Elizabeth. Era più acuta e più decisa di quella di sua sorella, più secca, forte, perentoria.
Anya! Mi hai sentita? Ho detto di venire qui, subito!
Indietreggiò velocemente, allontanandosi il più possibile dall’oscurità. Le iridi verdi erano puntate verso il buio; Anya ansimava furiosamente, le gambe le tremavano, il cuore che sembrava volerle schizzare via dal petto.
- Mamma…!
Anya! Non costringermi a metterti in punizione! Anya!
- No…!- la ragazza indietreggiò velocemente, inciampando con un tacco in una pietra; cadde seduta sull’erba. Alcune ciocche di capelli le erano finite di fronte agli occhi, ma riusciva comunque a distinguere le sagome di fronte a sé. Buio, nient’altro che buio.
Si rese conto di aver iniziato a tremare furiosamente; cercò di ritrovare la lucidità, ma sentiva il proprio sangue pulsarle nelle tempie, il battito del suo cuore nelle orecchie, quasi non respirava.
Anya…Aaaaanyyyyyyaaaaa…
La voce era cambiata di nuovo, ritornando quella infantile che aveva udito la prima volta. Ma non era più la stessa. Ora era più acuta, strascicata, lontana e vicina allo stesso tempo.
E non era più una sola, realizzò. Erano tante voci, tutte voci di bambini che si sovrapponevano in una cantilena stridula.
 
Uno, due, tre,
l’Uomo Nero viene per te.
 
Anya piegò le ginocchia, aggrappandosi con le dita a dei fili d’erba.
Vattene!, urlò una voce nella sua testa. Vattene via da qui, alla svelta! Scappa!
 
A, b, c,
guarda alle tue spalle, lui è lì.
 
Una strana, inspiegabile, inquietante paura aveva iniziato a farsi strada dentro di lei. Non sapeva esattamente cosa fosse, ma la terrorizzava…e, anche se non sapeva perché, sentiva che qualcosa di terribile stava per succedere da un momento all’altro.
Anya si rialzò in fretta, iniziando a indietreggiare sempre di più. Avrebbe voluto scappare, ma era come se qualcosa la stesse bloccando. Paralizzando. Come se una strana forza le stesse impedendo di andarsene via da lì, ma solo di allontanarsi un poco dal buio.
 
Sotto al letto, in cantina,
l’Uomo Nero si avvicina.
 
Quella nenia continuava, ma stavolta era molto più vicina. Quasi al suo fianco.
Anya abbassò lo sguardo, ricordandosi solo in quel momento di avere ancora l’orsacchiotto Bobo fra le mani. Lo fissò, allentando istintivamente la presa mentre puntava le iridi nell’unico occhio a bottone del pupazzo.
D’un tratto, la bocca sigillata di Bobo si spalancò.
- Bambina cattiva!- gridò la voce di sua madre attraverso l’orsacchiotto.
Anya strillò, scaraventando il giocattolo lontano da sé e indietreggiando ancora, più veloce. La ragazza puntò lo sguardo verso l’oscurità.
 
Bugia, bugia…
l’Uomo Nero ti porta via!
 
Fece appena in tempo a udire un ringhio animalesco, prima che due occhi rossi le volassero addosso.
Anya gridò, ritrovandosi distesa supina a terra mentre una grossa ombra le gravava sul torace. Si dimenò nel tentativo di liberarsi, ma quella la schiacciava. Era un’ombra enorme, alta e grande, che riproduceva delle fattezze umane ma che di esse aveva solo la sagoma.
Anya sentì l’ennesimo grido morirle in gola, mentre la paura e il panico erano tornati a farsi strada dentro di lei. Puntò lo sguardo sull’ombra, incontrandone gli occhi rossi senza iridi né pupille.
Anya gridò quando si sentì colpire il volto, avvertendo subito dopo un forte bruciore seguito da un sapore amaro sulle labbra. Fece appena in tempo a rendersi conto di stare ingoiando il proprio sangue che gli artigli dell’ombra ripresero ad accanirsi su di lei, stracciandole la maglietta, squarciandole i jeans e graffiandole la pelle, una, due, tre, quattro, cinque volte, senza fermarsi, riempiendola di graffi e facendola sanguinare.
Si staccò da lei repentinamente, quasi fosse stata davvero solo un’ombra, e le afferrò una caviglia, circondandola con le dita artigliate. Anya urlò, tentando di aggrapparsi all’erba e al terriccio mentre l’ombra la trascinava con sé. Verso l’oscurità.
D’un tratto, la ragazza udì un fischio acuto squarciare l’aria, quindi l’ombra emettere un ringhio acuto e stridulo, quasi il rumore di un’unghia contro una lavagna. Anya alzò lo sguardo: una freccia aveva colpito l’Uomo Nero all’altezza di una spalla.
L’ombra scomparve, e la freccia cadde a terra come se non fosse mai stata scagliata. Anya voltò repentinamente il capo, incontrando la figura di Vincent.
Il Primo Ministro parve non badare a lei, ed estrasse velocemente un’altra freccia dalla faretra. L’Uomo Nero emise un altro ringhio stridulo; Anya si voltò: ora l’ombra era riapparsa a mezz’aria contro il tronco di un albero.
Vincent scoccò la freccia, ma l’Uomo Nero scomparve nuovamente, lasciando che la punta si conficcasse nel tronco.
Anya fece dardeggiare lo sguardo tutt’intorno alla radura avvolta nel buio, cercando di capire dove fosse andato. Vincent abbassò l’arco, raccogliendo da terra la torcia infuocata che aveva portato con sé, raggiungendo la ragazza; l’afferrò per un braccio, tirandola in piedi al suo fianco.
Il ringhio stridulo si ripeté, e l’Uomo Nero riapparve proprio a pochi metri da loro.
Vincent tenne saldamente il braccio di Anya, indietreggiando di qualche passo. L’Uomo Nero strillò, scoprendo i denti aguzzi e agitando gli artigli affilati.
Il Primo Ministro ringhiò, brandendo la torcia infuocata di fronte a sé.
L’Uomo Nero emise un sibilo acuto, scattando all’indietro non appena la luce del fuoco lo raggiunse. Vincent strinse i denti, agitando la torcia di fronte a sé; l’ombra si ritrasse come se la stessero pugnalando.
Anya sentì la stretta intorno al suo braccio aumentare.
- Sta’ vicino a me! Sta’ vicino alla luce!- urlò Vincent.- Ha paura della luce, gli fa male!
Anya lo vide muovere dei passi in avanti, sempre agitando la torcia in direzione dell’Uomo Nero. L’ombra si ritrasse, ma spalancò le fauci in un ringhio come per difendersi.
O attaccare.
Vincent digrignò i denti, tendendo il braccio; Anya lo vide lanciare con forza e furia la torcia contro l’ombra. Il fuoco colpì in pieno l’Uomo Nero.
Si udì un altro ringhio stridulo, ma molto più forte e acuto dei precedenti, quasi un urlo di dolore. Anya vide l’ombra ripiegarsi su se stessa. L’Uomo Nero continuò a strillare, contorcendosi; la sua figura iniziò a sformarsi, come fosse stata una chiazza d’inchiostro nell’acqua.
Anya avvertì un’ondata di gelo che le sferzò il viso e scompigliò i capelli, prima che l’ombra emettesse l’ultimo urlo acuto. Quindi, si dissolse nell’aria.
Tutt’intorno tornò immobile, silenzioso.
Anya ansimò; le pareva quasi che ora ci fosse più luce.
Vincent si allontanò da lei, muovendo qualche passo in avanti. La torcia era ancora accesa, e giaceva abbandonata a pochi metri da loro. Il Primo Ministro si chinò a raccogliere la faretra, staccando quindi la freccia dal tronco in cui si era conficcata. Anya vide che non staccava lo sguardo dal punto dove fino a poco prima c’era l’ombra.
L’Uomo Nero era sparito.
 
 
 
Angolo Autrice: Stavolta non dovete incolpare me per il ritardo, bensì il mio computer che ha pensato bene di andare in palla, cancellarmi il capitolo e causarmi così questa entrata in scena ritardataria del tredicesimo capitolo. Tredicesimo capitolo che, avrete notato, è diviso a metà. Sì, c’è una parte 2, e vi spiego subito il perché di questa scelta: essenzialmente, non volevo fare un capitolo troppo lungo, e ci tenevo a pubblicare almeno questa prima parte dato il ritardo. Comunque, il prossimo capitolo sarà più tranquillo di questo, si parlerà ancora dell’Uomo Nero si spiegherà meglio che cosa è e cosa fa…Avremo anche una parte su Elizabeth, Cenerentola e Cacciatore, più Lady Marian (che, penso lo abbiate capito, pure se sta in prigione è un personaggio importante) e Gaston, e il tanto atteso – almeno dai più, mi è parso di comprendere – avvicinamento fra Anya e il PM/Vincent e – anche se non prometto niente – un po’ di Tremotino e della sua vecchia amica, do you remember?
Questo capitolo è ricco di azione, spero tanto non sia risultato grottesco o ridicolo, in genere i combattimenti e le sparatorie non mi vengono molto bene…consigli e critiche sempre ben accetti, anche se con annesso lancio di pomodori.
Per chi segue Once Upon a Time in Storybrooke: Beauty and the Beast, aggiornerò la settimana prossima, dal momento che è successa la stessa cosa con questo capitolo – cancellazione inopportuna e inaspettata che mi ha causato una crisi isterica mica da ridere!
Chiedo scusa a tutti quanti.
Vediamo di aggiornare la classifica sulle ipotesi riguardanti il PM.
Abbiamo:
Robin Hood;
Il Cacciatore;
Il Principe Azzurro;
Il Lupo Cattivo;
Il cane da caccia del Cacciatore;
La Bestia de La Bella e la Bestia.
Per ora, Robin Hood rimane in testa alla classifica ;).
Ringrazio i lettori silenziosi, chi ha aggiunto la storia alle seguite, alle ricordate e alle preferite e NevilleLuna, Malanova, cleme_b, Princess Vanilla, Pandora Stark, LadyAndromeda e Sylphs per aver recensito.
Ora (so che avete guardato questi link da quando avete scorto l’angolo autrice XD), let me explain…l’idea di mettere delle immagini di come potrebbero essere gli interpreti dei personaggi è arrivata dopo una serie di discorsi insieme a cleme_b…è una cosa che ho già fatto in passato, e visto che anche Pandora Stark ha fatto lo stesso nella sua storia…ecco qui.
Ammetto e rispetto il diritto di immaginarsi i personaggi come si vuole quindi, chi preferisce continuare su questa linea, può non aprire i link.
 
Anya (Katie McGrath):
 
http://1.bp.blogspot.com/-AtAeVVKr7BI/Tqd33e7O67I/AAAAAAAABcA/oWMeVwT68UA/s1600/Morgana_sitter.jpg  
Elizabeth (Emilie De Ravin):
 
http://images1.wikia.nocookie.net/__cb20130423201705/onceuponatime8042/images/0/06/219You'reAlive.png  
Primo Ministro/Vincent (James Franco):
 
http://www.yeshairstyles.com/wp-content/gallery/james-franco/james-franco-tristan-and-isolde-long-curly-hair-screen-grab-fashion-style.jpg
 
La Regina Cattiva (Monica Bellucci):
 
http://images.movieplayer.it/2003/06/23/monica-bellucci-e-la-splendida-queen-mirror-de-i-fratelli-grimm-17682.jpg
 
Lady Marian (Meghan Ory):
 
https://si0.twimg.com/profile_images/3404874071/ecf19f66ad532c6cb2f870c5d5664790.jpeg  
Il Cacciatore (Chris Hemsworth):
 
http://3.bp.blogspot.com/-7zlN4Tj3Z6Y/T8zcOc3NlXI/AAAAAAAAB58/ER9ly34W80Q/s1600/Chris-Hemsworth-in-Snow-White-and-the-Huntsman-2012-Movie-Character-Poster-600x876.jpg
 
Se l’idea vi è piaciuta, nel prossimo capitolo inserirò le immagini dei possibili Richard Hadleigh, Gaston, Nathan Jones, Albert Crawford, Cenerentola e Tremotino (a proposito di questi ultimi due…HELP!!! Un consiglio, please!).
Ciao, al prossimo capitolo!
Baci,

Beauty (ho cambiato nick, sì :).

  
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