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Autore: Hazel92    18/06/2013    2 recensioni
Los Angeles è stata divisa in cinque fazioni,consacrate ognuna a un valore: la sapienza per gli Eruditi, il coraggio per gli Intrepidi, l'amicizia per i Pacifici, l'altruismo per gli Abneganti e l'onestà per i Candidi. Genim Stilinski a sedici anni, come tutti i suoi coetanei è chiamato a compiere una scelta. Rimanere nella sua fazione, accanto ai suoi cari, oppure lasciare tutto e iniziare una nuova vita in un'altra fazione? Tuttavia, il test che dovrebbe indicargli quale fazione scegliere si rivela inconcludente e ciò che ne risulta sembra essere veramente pericoloso.
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Questa è una mia rivisitazione del primo volume della trilogia di Veronica Roth, Divergent. Anche se non conoscete il libro potete comunque leggerla. Spero vi piaccia. :)
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Stiles Stilinski , Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Angolo dell’autrice:Ecco un altro capitolo! Volevo ringraziare tutti coloro che hanno letto il capitolo precedente, in particolare Akane92 , Anne_ks ,  Effeeffe  che hanno recensito, e poi tutti coloro che hanno inserito la storia tra le “seguite”. Grazie mille J Spero che il capitolo vi piaccia. Fatemi sapere che ne pensate.


Mi conducono una piccola stanza, con le pareti ricoperte da specchi e al centro un lettino.  L’erudito mi lascia li e chiude la porta. Mi guardo intorno, non sapendo cosa fare. È strano vedere la propria immagine riflessa per tutta la stanza, quando si è un abnegante. Poi la porta si riapre ed entra una donna. È giovane, dalla carnagione olivastra, gli occhi leggermente a mandorla e dei lunghi capelli neri. È vestita completamente di nero. Indossa dei pantaloni attillati e una canottiera con sopra una giacca di pelle. È sicuramente un’intrepida. In mano tiene una cartellina. Finisce di sfogliarla e poi alza lo sguardo verso di me.
-          Genim Stilinski, giusto? –
-          Si, sono io. Sono Genim Stilinski. – ecco che inizio a straparlare. Lei cerca di nascondere il divertimento che la mia risposta le ha provocato, ma riesco comunque a vedere le sue labbra piegarsi all’insù in un sorriso.
-          Accomodati sul lettino. – mi dice. Sta volta annuisco, senza aprire bocca e faccio come mi dice. –Adesso ti inietterò questo… - mi giro a guardarla con gli occhi spalancati. Già la parola “iniettare” non mi piace affatto, e in più la donna tiene fra le dita una grossa siringa con un grosso ago. Deglutisco rumorosamente.
-          È proprio necessario? – le chiedo, passando probabilmente ancora una volta per un’idiota.
-          Direi di si, se vogliamo fare la simulazione. – aggrotto le sopracciglia.
-          Simulazione? –
-          Si… - sospira esasperata. – Ma nella tua fazione non vi insegnano a non fare domande? – mi gratto la testa imbarazzato. Ha ragione.
-          Già… - rispondo semplicemente. La sento ridacchiare fra se e se. Questa volta però decido di non guardare. Mi appoggio con la testa sul lettino e fisso la luce sul soffitto sopra di me.
-          Pronto? – mi chiede. Annuisco e poi sento un leggero pizzico al mio braccio destro. Dopo di che la stanza e l’intrepida svaniscono.


Adesso sono solo, in una stanza il triplo più grande dell’altra. La donna ha parlato di simulazione. Chissà cosa intendeva. Penso. La stanza è completamente vuota, fatta eccezione per un tavolo. Mi avvicino e sopra vi trovo da una parte, una fetta di formaggio, dall’altra un coltello. Aggrotto le sopracciglia. Che diavolo dovrei farci? Vogliono che mi faccia uno spuntino? Rimango li a fissarli, rigirandomi prima tra le mani uno e poi l’altro. Poi sento una voce rimbombare nella stanza.
Scegli…
Mi dice. È la voce della donna. La riconosco.
-          Perché? – le chiedo, alzando lo sguardo dal tavolo, ma senza guardare in una direzione precisa.
Scegli e basta!
Questa volta il suo tono è più autoritario e me la immagino mentre sbuffa, infastidita dal mio comportamento. Ma per qualche motivo non voglio dargliela vinta.
-          No… - le rispondo, incrociando le braccia intorno al petto come un bambino capriccioso. A casa mia, tra gli abneganti,  non avrei mai potuto comportarmi così, ma questa è la mia simulazione e mi comporto come voglio.
Va bene. Fai come ti pare…
Per qualche motivo la sua improvvisa calma mi mette in agitazione. Mi giro in direzione del tavolo, ma è scomparso. Accidenti! Penso. Mi volto dall’altro lato e all’improvviso mi ritrovo davanti un cane grosso e apparentemente arrabbiato.
Adesso capisco perché avrei dovuto scegliere, e mi pento di non averlo fatto. Non ho ne il formaggio per tentare di calmarlo, ne il coltello per metterlo fuori gioco.
Il cane inizia a ringhiarmi contro, mentre dalla sua bocca comincia a fuoriuscire della bava. Adesso che faccio? Il bestione comincia a venirmi incontro ed io istintivamente indietreggio. Poi però mi ricordo che non è bene mostrarsi impauriti di fronte a una cane. Così mi fermo e lo guardo dritto negli occhi. Un’altra lampadina si accende nella mia testa. Senza pensarci due volte, mi inginocchio a terra, mettendomi a quattro zampe ma facendo in modo di essere ad un’ altezza più bassa di quella del cane. Mi sto sottomettendo. Spero con tutto me stesso che funzioni. Anche se è solo una simulazione, non mi andrebbe comunque di essere sbranato da lui. Dopo qualche secondo decido di alzare lo sguardo e noto con piacere che il cane ha smesso di sbavare e ringhiare. Mi lascio andare ad un sospiro di sollievo.
-          Bravo cagnolone… - gli dico.
Mentre sto per rialzarmi, aspettandomi che il cane scompaia di nuovo come il tavolo, compare invece dal nulla una bambina. Il cane si volta immediatamente nella sua direzione e ricomincia a ringhiare.
-          Abbassati! – le urlo, ma lei rimane li, immobile. Il cane adesso ha un nuovo obiettivo e inizia a muoversi verso di lei. Mi alzo in piedi, e proprio mentre il cane inizia ad accelerare il passo per scagliarsi sulla bambina, io gli balzo sopra, atterrandolo.


Quando riapro gli occhi, che avevo istintivamente chiuso, il cane e la bambina sono entrambi scomparsi. Vorrei proprio sapere chi ha inventato questa simulazione del cavolo.
Mi rialzo in piedi e poco dopo lo scenario cambia completamente. Mi trovo su un autobus. Faccio appena in tempo ad aggrapparmi a un palo, prima di rischiare di cadere. Perché un autobus? Mi chiedo.
Ma prima che possa farmi altre domande, l’uomo accanto a me mi rivolge la parola.
-          Lo conosci? – mi chiede indicando con un dito l’immagine di un uomo su un giornale.
-          Perché? – gli chiedo.
-          Se lo conosci devi dirmelo. – risponde l’uomo. – E’ pericoloso! –  torno ad osservare l’immagine. Il volto dell’uomo in foto mi sembra famigliare. Lo conosco, si. Ma per qualche motivo non riesco a dirglielo. Sono combattuto. Da un lato penso che dovrei dirglielo. Se è pericoloso forse dovrebbe saperlo. Dall’altro però penso che l’uomo potrebbe mentire. Chi mi dice se è davvero l’uomo in foto quello pericoloso e non lui?
-          No, non lo conosco… - così gli rispondo. Mentendo.
-          Stai mentendo… - mi dice l’uomo, guardandomi come se volesse leggermi nella mente.
-          No, non sto mentendo. – ribatto io, pur sapendo che non è vero.
Mi aspetto un ‘altra risposta da parte dell’uomo, eppure non arriva niente, perché l’autobus scompare e io mi ritrovo di nuovo nella stanza della simulazione, sdraiato sul lettino. Sbatto gli occhi più volte, infastidito dalla forte luce sopra di me. Mi giro a guardare la donna, che sembra avere un espressione turbata.


-          Torno fra un secondo… - mi dice – Tu aspetta qui… - annuisco, e nel frattempo mi metto seduto.
Sono ansioso di avere delle risposte, ma quando l’intrepida torna la sua espressione mi dice che c’è qualcosa che non va. Continua a sfogliare freneticamente quella cartellina. Così non riesco a trattenermi dal chiederle cosa stia succedendo. Lei rimane per un po’ in silenzio prima di alzare lo sguardo verso di me e rispondermi.
-          C’è…stato un problema con il test… - mi dice. Aggrotto le sopracciglia.
-          Un problema? Che problema? – le chiedo ancora più in ansia.
-          Vedi…Genim… La simulazione a cui ti abbiamo sottoposto, in genere serve ad eliminare, ad ogni scenario una delle cinque fazioni…ma con te non è successo. –
-          Che vuol dire? –
-          Beh…nel primo scenario avresti dovuto scegliere tra il coltello e il formaggio. Se avessi scelto il coltello, questo avrebbe portato ad un evidente propensione verso gli intrepidi e avrebbe automaticamente eliminato i Pacifici. E viceversa. – non mi piace per niente la piega che sta prendendo questo discorso. – Tuttavia quando poi ti sei trovato di fronte al cane, il fatto che tu abbia pensato di comportarti in quel determinato modo, ti rende piuttosto intelligente, e quindi un possibile Erudito. -  Erudito? Io? Penso. No, non potrei mai essere un erudito. – Quando è comparsa la bambina però ti sei scagliato immediatamente sul cane…e questo è decisamente da abnegante. – Beh, questa è giù una cosa più positiva. – Nell’ultimo scenario infine, ti sei rifiutato di dire la verità, anche se l’uomo ti aveva detto che la persona in foto era pericolosa. Ma…non preoccuparti. In genere li rispondono sinceramente solo i Candidi…- sorrido sollevato, ma subito me ne pento. – E gli Abneganti… - aggiunge. Oh…questo non è un bene.
-          Mi sta dicendo che non sa a quale fazione appartengo? – le chiedo quasi infastidito.
-          Ti sto dicendo…che il test si è rivelato inconcludente. Perché potresti appartenere a tre fazioni.- spalanco gli occhi.
-          Tre? Come è possibile? –
-          Già , tre. Abneganti, Eruditi e Intrepidi. –
-          E…e quindi? – la donna si fa improvvisamente seria. Si avvicina e appoggia le mani sulle mie ginocchia, mentre gli occhi sono puntati sui miei.
-          Ascoltami bene. Questa è una cosa importante…e non deve saperla nessuno. Nemmeno i tuoi famigliari, ok? – annuisco anche se ancora non so di cosa stia parlando. – Quando si verifica una situazione del genere…si sta parlando di un Divergente. – un Divergente? Non ne ho mai sentito parlare.
-          Che…che vuol dire? –
-          Ora non posso spiegarti niente, ma tu non devi parlarne con nessuno. È pericoloso. Potrebbero succederti cose…brutte. Intesi? – annuisco, anche se vorrei farle tremila domande. – Bene, adesso io scriverò che il risultato del tuo test è stato Abnegante e questo è quello che dovrai dire anche tu nel caso sia proprio costretto a dirlo. Ora vai a casa, e fai finta di niente… Domani ci sarà la cerimonia della scelta. Hai tre opzioni. Cerca di fare la scelta giusta. –
Mi alzo dal lettino e mi dirigo verso la porta. Mentre la apro e torno verso la stanza in cui c’è il mio amico e tutti gli altri ragazzi, riesco a pensare solo a una cosa. Sono un Divergente.
   
 
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