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Autore: TheGhostOfYou    18/06/2013    6 recensioni
1998.
Voldemort è stato sconfitto, ma il prezzo che il Mondo Magico ha pagato è terribile. Oltre ad aver perso tante vite umane, Harry e gli altri hanno perso la possibilità di essere realmente ciò che sono: la comunità Babbana ha deciso di cancellare a tutti i maghi la memoria e farli vivere nel loro mondo, come persone senza poteri magici, per evitare altre stragi come quelle della Guerra Magica. Oltre a perdere la magia, hanno perso anche i ricordi di ciò che erano. In un clima di falsa tranquillità, Hermione Granger studia in un prestigioso college inglese insieme ad un compagno odioso, Draco Malfoy. Nessuno dei due si ricorda dell'altro, ma tra loro è rimasto un reciproco odio, destinato a trasformarsi in qualcos'altro quando, proprio nella loro università, cominciano ad accadere fatti strani. Spinti dal desiderio di capire che cosa si cela dietro a tutto ciò, Draco ed Hermione si avvicinano e si ricongiungono ai loro vecchi compagni di Hogwarts; perchè dentro di loro la magia è rimasta e lotta per tornare ad essere parte di loro.
Genere: Azione, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Luna Lovegood, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo III – Magia e mistero.

 
- Ma che diavolo fai? Lasciami andare! –
- No! Da oggi in poi ti terrò sotto stretta sorveglianza –
- Ma cosa dici? Sei impazzito? –
- Vuoi morire, Granger? Vuoi che ti uccidano come hanno fatto col ragazzo di stasera? –
- Continuo a non capire –
- Quello che non sai, Granger, è che anche io ho una cicatrice –

 
Eccola lì, quella cicatrice.
Appena più scura del tono pallido della sua pelle, sull’avambraccio sinistro.
Se fosse stata scura, Hermione l’avrebbe scambiata per un tatuaggio, un orribile tatuaggio. Con mani tremanti toccò la pelle tesa ed in rilievo, cercando di capire che cosa diavolo fosse quel disegno: perché era un disegno, la ragazza ne era più che sicura, qualcosa come un teschio dal quale spunta un serpente. Fu scossa dai brividi, perché qualcosa nella sua mente le suggerì che non era la prima volta che vedeva quella cosa.
- Come te la sei fatta? –
- Non me lo ricordo – ammise il ragazzo, cercando di rimanere calmo. Ma come poteva rimanere calmo in una situazione del genere? Era appena morto un ragazzo davanti ai suoi occhi, ed in circostanze più che misteriose. – Ho dei buchi in testa, da sempre. Non ho molto ricordo del passato –
- Nemmeno io – ammise Hermione, sedendosi su uno dei gradini in pietra, che sembrava più freddo che mai – Anche io ho dei buchi, nessuno è mai riuscito a spiegarmi che cosa succede nella mia testa –
Per un attimo il silenzio li circondò, e nuovamente ebbero la sensazione di essersi già conosciuti in qualche posto, in qualche momento, senza ricordarsi come e perché.
- Quello che ho letto in quel librò è forse la cosa più assurda che abbia mai sentito, però ci sono queste cicatrici. C’è una specie di spiegazione per tutto quello che sta capitando –
Draco si accese una sigaretta, ed Hermione lo guardò in malo modo, ma non riuscì ad aprire bocca, visto che lui ricominciò a parlare.
- ‘Ascesa e Declino delle Arti Oscure’, è questo il nome del libro. Non so perché mia madre avesse un libro del genere, so solo che racconta di un mago Oscuro di cui non è mai citato il nome, che aveva al suo servizio una schiera di persone accecate dall’odio e dal potere. Tutte queste persone avevano questo marchio – alzò l’avambraccio sinistro e la cicatrice brillò, pallida ed immobile. Gli occhi di Draco si scurirono, ed Hermione poté leggervi dentro inquietudine, paura e qualcos’altro che ancora non aveva identificato.
- Non ricordo tutta la storia, ma sono certo che torturavano delle persone. Persone che non erano degne di stare tra loro, persone che ritenevano inferiori. Ed a molte lasciavano quella cicatrice –
Indicò la cicatrice della ragazza, e lei la sfiorò quasi senza accorgersene.
- ‘Mudblood, sangue sporco’. Per quale motivo dovrei avere il sangue sporco? –
- E’ la domanda alla quale vorrei rispondere, come vorrei capire anche il motivo per cui io ho questo scempio sul braccio –
Hermione scosse la testa; era fermamente convinta che quel ragazzo la stesse traendo in inganno in un qualche modo: appena l’aveva visto aveva avuto la sensazione che non fosse uno tanto a posto, pensiero che aveva poi lasciato posto ad una specie di attrazione alla quale non sapeva dare spiegazione.
Un diavolo tentatore?Forse; doveva stare attenta.
- Io non credo in queste cose, non credo nella magia. Ho imparato a ragionare in modo razionale, non esiste quella roba –
- Non ci credevo nemmeno io – rispose Draco, sedendosi accanto a lei. In qualche modo sembrava agitato, pensieroso, impaurito – Poi ti ho vista –
- Malfoy, guarda che se è un modo di provarci con me, ti avverto: non sono interessata –
Non è che quell’idiota gli stava raccontando tutta quella roba per provarci con lei? Ma Malfoy alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.
- Io mi ricordo di te, Granger. Io ti ho già vista – evitò di dirle che l’aveva anche sognata, perché probabilmente lei gli avrebbe tirato un ceffone in pieno viso – Solo che non mi ricordo assolutamente dove –
Effettivamente, anche Hermione aveva avuto l’impressione di conoscerlo da tempo, però si rifiutava di credere che fosse tutto vero. Erano solo sensazioni, non c’era nulla di sensato e di effettivamente concreto.  Probabilmente Draco era un ragazzo disturbato, forse aveva una famiglia assente alle spalle ed era certamente in cerca di attenzioni.
- Io me ne vado a letto, Malfoy. Tutte queste assurdità non riesco a concepirle – rispose, alzandosi dal suo posto e non voltandosi.
Mentre camminava, sentiva dietro di se un’ombra e con la coda dell’occhio vide che il ragazzo la seguiva da lontano; alzò gli occhi al cielo, fin quando non arrivò alla sua camera. Fu allora che si voltò di scatto e vide che Draco era ancora lì, ed era intenzionato a rimanerci per tutta la notte.
- Malfoy, mi stai seguendo per caso? –
- Si –
Era esasperante; mai nella sua vita avrebbe pensato di conoscere una persona tanto invadente, tanto maleducata ed insistente.
- Che cosa vuoi, ora? –
- Tenerti sotto controllo –
Hermione alzò nuovamente gli occhi al cielo; una palla al piede sarebbe stata meglio.
- Malfoy, non ho alcuna intenzione di farmi pedinare da un ragazzino viziato che ha avuto tutto dalla vita, non sono una criminale –
Ma Draco, senza rispondergli, si limitò ad avvicinarsi alla sua porta, con la chiara intenzione di non spostarsi da quel punto. La ragazza comprese che probabilmente non se ne sarebbe mai andato: la sua sete di sapere era quasi insopportabile, ma alla fine Hermione cedette.
- E va bene, resta pure di guardia alla porta! – concluse, prima di tirare fuori la chiave e girarla nella toppa – Però tu dovrai fare una cosa per me – aggiunse.
- Che cosa, Granger? –
Lei sorrise maliziosamente e lo guardò per la prima volta negli occhi.
- Oh, domani vedrai. Buonanotte, Malfoy –
Non aspettò la sua risposta, si chiuse la porta alle spalle. Se non fosse stata così sconvolta dall’immagine del ragazzo morto, avrebbe anche riso; non c’era nulla di male nell’istruire un bamboccione nelle cose più semplici, ed Hermione aveva in mente un piano geniale.
 
Si sarebbe stufato di volerle fare da guardia del corpo.
 
******
 
La mattina seguente tutto il campus parlava della morte dello studente alla festa delle matricole. Il corpo era stato portato via dalla polizia scientifica, ma tutti continuavano a parlarne nei corridoi, nella caffetteria, durante le lezioni. Ginny non aveva chiuso occhio, aveva ancora davanti la scena di quel cadavere pallido, con gli occhi riversi, e dormire le era risultato difficile. Era rientrata poco dopo Hermione, entrambe si erano guardate ma non avevano avuto voglia di aprire bocca; avevano spento le luci, ma entrambe sapevano che l’altra era sveglia.
La ragazza aveva lasciato la stanza per prima, e si era sorpresa a trovare Malfoy che gironzolava nel corridoio proprio davanti alla loro stanza; gli lanciò un’occhiataccia e proseguì oltre, chiedendosi che diavolo stesse facendo quel ragazzo.
- E’ stato terribile, non avevo mai visto un morto in vita mia –
Harry depose il giornale sul tavolino; sia lui che Ginny avevano lezione solo nel pomeriggio, quindi si erano trovati quella mattina per un caffè.
- Non ho chiuso occhio, Harry. È stato tremendo – le occhiaie della ragazza testimoniavano ciò che aveva appena detto. Il ragazzo la vide in quello stato ed allungò la mano verso di lei, prendendola e stringendola per un attimo. Voleva confortarla, in qualche modo.
Ginny sorrise appena; conosceva da poco quel ragazzo, ma insieme a lui si sentiva al sicuro. Era cresciuta in una casa con tanti fratelli, ne aveva perso uno ed il dolore era ancora incommensurabile. Harry, però, con quel suo sguardo da bambino e da innocente, lo leniva un po’. E riusciva a rasserenarla anche in quel momento, anche se il dolore era bruciante più degli altri giorni.
- Io ho visto un morto. Mio fratello – il nodo che aveva in gola non riusciva a districarsi, ma Harry lo aveva allentato appena, sgranando i grandi occhi verdi. – Fred. È morto qualche mese fa in un incidente. Il dolore non passerà mai –
- Non ho mai conosciuto i miei genitori, ma soffro tutti i giorni per la loro assenza –
Forse si erano trovati: nel dolore delle loro vite, entrambi avevano trovato una persona su cui contare. Ginny sorrise appena, con sincerità, ed Harry contraccambiò.
- Secondo te com’è morto? –
Harry tornò all’articolo sul giornale di quella mattina e corrucciò la fronte. Sembrava che nessuno sapesse davvero che cosa fosse successo. Il cuore aveva semplicemente smesso di battere: non erano state le droghe, non era stata una malattia, non era stato un arresto cardiaco. Sembrava si fosse addormentato sulla pista, e il cuore avesse deciso di smettere di funzionare.
- E’ tutto molto strano, ci sono cose che non mi quadrano – rispose quindi, bevendo un lungo sorso di caffè – Perché ad un ragazzo di vent’anni il cuore dovrebbe smettere di battere? –
- Veleno? Droga? Che altro può essere stato? –
Harry chiuse il giornale e tornò a concentrarsi su Ginny; non voleva cercare di risolvere quel mistero, voleva parlare con lei, di lei.
- Ginny, basta. Quando lo scopriranno, lo scriveranno sui giornali. Abbiamo appena cominciato il college, concentriamoci su quello –
Lei annuì, e prese la mano che Harry gli offriva; si sentiva a casa, molto più che quando lo era per davvero. Lasciò la tazza di caffè fumante sul tavolino e lo seguì.
Magari lui avrebbe saputo ricucirle le ferite.
Ron osservava la scena cercando di non scoppiare nel bel mezzo della caffetteria: aveva avuto modo di conoscere meglio Harry, e sapeva che era un bravo ragazzo, ma aveva paura per sua sorella. La sua fragilità era in qualche modo la sua più grande debolezza, e in quel momento Ginny era molto fragile; il dolore per la perdita di Fred era stato più grande per lei che per gli altri, perché loro due erano molto attaccati.
- Scusa, imbranato? Mi fai passare avanti? –
La ragazza con la faccia da carlino interruppe il suo filo di pensieri; la sua espressione di superiorità lo aveva irritato fin dall’inizio, e rispose con uno sguardo antipatico a quell’assurda domanda.
- Fai la fila come tutti gli altri! –
La ragazza rimase per un attimo scioccata, poi si riprese immediatamente e scosse la testa.
- Mi tieni testa. Allora non sei così sfigato come pensavo! –
In effetti, c’era qualcosa in quel ragazzo rosso che l’aveva attratta fin dal primo momento, e quel caratterino l’aveva incuriosita ancora di più.
- Perché dovrei avere paura di te? Non sei armata di fucile –
- Strano, tutti hanno paura di me –
Scoppiò a ridere, poi tese la mano: era un gesto inconsueto per lei, che non dava mai confidenza a nessuno. Però, il fatto che non l’avesse fatta passare e non fosse inquietato da lei l’aveva sorpresa a tal punto da volersi avvicinare a lui.
- Io sono Pansy Parkinson, e sarò il tuo incubo –
Ron prese la mano e la strinse, sorridendo. Quella ragazzina arrogante credeva di metterlo sotto i suoi piedi? Era l’ultimo di una miriade di fratelli, e sua sorella non era di certo un zuccherino, aveva imparato a non farsi calpestare da nessuno, tanto meno da una ragazzina alta la metà di lui che credeva di essere il centro del mondo.
- Io sono Ron Weasley – rispose, semplicemente.
- Sai che Ron è un nome da sfigato? – disse lei, mentre la fila andava avanti come se niente fosse.
- E tu sai che Parkinson è il nome di una brutta, bruttissima malattia? –
Lei restò per un momento zitta, poi scrollò le spalle. Era riuscito a farla tacere, forse era la prima persona che ci fosse mai riuscita. Pansy lo guardò per un attimo, sbattendo le ciglia nere. Sarebbe stato divertente fare impazzire quel ragazzino; ed era talmente annoiata che farsi un ‘nemico’ poteva essere davvero divertente.
- Per questa volta hai vinto, Weasley. Ma non aspettarti che io ceda così. Se decido di diventare l’incubo di qualcuno, lo faccio per davvero –
Gli sorrise, e sapeva benissimo che quel sorriso non era di certo amichevole.
Era il sorriso di un incubo vivente.
 
******
 
C’era qualcuno che bussava alla sua porta.
Draco aprì gli occhi e guardò l’orologio: le 10.30 del mattino. Era andato a letto appena due ore prima, dopo aver passato la notte a cercare di capire che diavolo fosse successo quella notte. Era semplicemente ossessionato da quella storia, anche se le sue riflessioni non avevano portato a nulla.
Maledendo mentalmente chiunque fosse venuto a disturbarlo, si alzò dal letto ed aprì la porta: la Granger lo aspettava con una specie di sorriso stampato in volto.
Merda.
Anche lei quella mattina non aveva lezioni, avrebbe dovuto ricordarselo.
- Mi aspettavo che fossi fuori dalla mia stanza stamattina – disse lei, evitando di guardare il ‘pigiama’ di Draco, che consisteva in un paio di pantaloncini corti e nient’altro – Grazie al cielo non è stato così. Vestiti –
- Che cazzo ci fai qui, Granger? –
Hermione si voltò e gli lanciò la prima maglietta che aveva trovato sul pavimento incasinato.
- Punto primo: modera il linguaggio. Punto secondo: impara a vivere come una persona comune – fece nuovamente quel sorrisetto e mise le mani sui fianchi.
- Va bene, miss So – Tutto – Io – il ragazzo si infilò la maglietta senza dire nulla. Era ancora troppo intontito per pensare lucidamente ad una risposta.
- Ora prendi tutta quella roba che hai per terra e seguimi –
Qualche minuto dopo, erano nella lavanderia del campus; Draco cercava di capire che cosa fossero andati a fare in quel posto, perché proprio non ne trovava il senso.
- Vuoi sedurmi, Granger? –
- No. Ti insegno a fare una lavatrice –
Draco la guardò come se fosse qualcosa di molto spregevole.
- Come, scusa? –
- Malfoy, tu pretendi di farmi da guardia perché credi che qualcuno mi voglia uccidere o robe del genere – cominciò lei, mentre gli indicava di separare bianchi e colorati – Io devo averti intorno tutto il giorno, e non è che la cosa mi piaccia. Sei viziato, borioso e non sia fare niente. Permetti che mi prenda una piccola rivincita? –
- Ma, Granger…-
Hermione alzò gli occhi al cielo.
- Niente ma, Malfoy. A meno che tu non desideri che io vada a raccontare a ‘qualcuno’ che credi che dietro tutto questo ci sia la magia –
Hermione non sapeva bene per quale motivo facesse tutto quello; quella notte ci aveva pensato, e sentiva di essere in qualche modo legata a quel ragazzo. Forse, anche lei cominciava a credere che ci fosse qualcosa di più dietro a quello che stava accadendo, i buchi dei suoi ricordi erano un esempio lampante. Però non si sarebbe arresa così: non era tipo da dare ragione a chiunque, quindi pensò di divertirsi un po’ e rendere un po’ meno antipatico quel ragazzo.
Durante l’ora successiva, Hermione si divertì a vederlo pulire la stanza, stendere il bucato e fare altre cose che Draco non aveva certamente pensato di fare mai nella sua vita.
- Sei stato bravo Malfoy – gli disse, mentre addentò un panino alla verdura – Ti sei lamentato giusto un pochino –
Questo perché lei non era in grado di leggere la mente del ragazzo, nella quale avevano preso forma tutti gli epiteti che un uomo potesse mai pensare e concepire.
– Poi ti devo sopportare, quindi anche tu dovrai sopportare me –
Di nuovo, nella testa di Draco si formò una parolaccia che avrebbe fatto impallidire chiunque. Quella ragazza lo stava sfidando in tutti i modi che conosceva.
Stava per risponderle in tono educato quando il professor Wright, professore di criminologia, si avvicinò a loro.
- Ah, Granger! Ho letto il tuo saggio di introduzione al corso! Hai fatto un ottimo lavoro! –
Hermione arrossì e sussurrò un ringraziamento; era sempre bello quando qualcuno apprezzava le cose che faceva.
- Vorrei che facessi parte del mio corso sull’occultismo e la magia, anche se mi pare di capire che non ci credi molto –
- Ma no, professore! Ho scritto solo un’impressione! Mi piacerebbe moltissimo fare parte di quel corso! –
E mentre Hermione continuava a parlare, Draco vide sull’avambraccio del professore qualcosa che aveva già visto. Era una cicatrice, esattamente come quella che aveva lui, nello stesso esatto punto. Guardò con attenzione gli occhi dell’uomo e vide uno sguardo che non gli piaceva per niente; doveva per forza voler dire qualcosa, lui non credeva alle coincidenze.
E decise.
Avrebbe seguito quel corso a tutti i costi, perché sapere quello che non ricordava era una delle cose più importanti per lui in quel momento.
Oltre a quella di salvaguardare la vita della Granger.
 
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