Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Trick    02/01/2008    6 recensioni
AGGIORNATO IL SESSANTOTTESIMO CAPITOLO
Infiltrato nel clan di Fenrir Greyback, Remus Lupin finirà per scontrarsi con quella realtà dalla quale ha sempre tentato di sfuggire. Nel frattempo, a Londra, Tonks non può far altro che cercare di sopravvivere alla guerra che imperversa per la città. Una storia fra umani e licantropi, fra amicizie improbabili e segreti dimenticati, per decidere se sia più forte il richiamo del sangue o quello del cuore.
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

************************

Diario di un Lupo

in un Branco di Lupi

(Versione riveduta, corretta e ampliata causa insoddisfazione dell'autrice)

CAPITOLO VENTICINQUESIMO

Tradizionali

°°°°°°°





«Professore, si rende conto di quanto è stato rischio-».

«Ne sono perfettamente consapevole, Severus. Tuttavia, è stata una decisione tanto avventata quanto necessaria».



Silente studiò con interesse il bambino seduto sulla sedia dinanzi alla scrivania del proprio ufficio. Era agitato e nervoso – a giudicare da come i suoi grandi occhi d'ambra fissavano la punta delle vecchie scarpette di cuoio che calzava – e sicuramente non vedeva l'ora che quel tormentato colloquio arrivasse alla fine. Tutto di quel ragazzino, giudicò Silente, sembrava in qualche modo malato. La debole luce del sole, a malapena in grado di filtrare attraverso le lucide finestre della stanza, faceva brillare i suoi capelli chiari, evidenziando la fragile sottilezza di ogni sua punta; i lineamenti del viso diafano, su cui spiccavano diversi segni rossi, erano così delicati da sembrare quasi femminei, lo specchio dell'anima di chi è fragile e cagionevole come l'ultima foglia d'autunno. Inclinando quasi distrattamente il capo, Silente trovò conferma nelle sue supposizioni. Quel gracile giovanotto sarebbe potuto apparire agli occhi di tutti debole e sparuto, ma in lui – l'anziano mago ne era certo – erano nascoste una determinazione e una tenacia notevoli; non coltivare le doti di cui sicuramente disponeva, sarebbe stato un oltraggio.

«Ti piace leggere, Remus?».

Il ragazzino annuì timidamente, in un gesto quasi impercettibile del capo.

«Eri al corrente» iniziò con un sorriso divertito il Preside, incrociando con eleganza le lunghe dita fra loro e scrutando il proprio ospite al di sopra degli occhiali a mezzaluna, «che disponiamo della Biblioteca meglio fornita di tutta la Gran Bretagna?».

Aveva fatto centro. Non che ne dubitasse, siamo sinceri.

Il giovane Remus Lupin, che solo due secondi prima non sembrava far altro che rimanere immobile e silenzioso a fissare tutto fuorché Albus Silente, aveva alzato il viso, le sopracciglia sollevate dalla sorpresa e le labbra strette nel tentativo di trattenere l'incontenibile agitazione.

«D-davvero?» balbettò.

«Davvero».

Incredibile come il viso stanco e turbato di quel bambino potesse risplendere se illuminato da un sorriso.

«È fantastico!».

Già, si ripeté Silente, non accettarlo a scuola, oltre che disonorevole, sarebbe un peccato.



«Professore, la prego di non fare altri sforzi inutili».

«Ti ringrazio, Severus, ma non devi preoccuparti più di quanto tu non abbia già fatto. La mia mano è stata un sacrificio più che misero, considerando la posta in gioco. Non potevo davvero fare altrimenti: c'era, dopotutto, la vita di Remus in ballo».



«Sembra un ragazzino molto brillante, Preside» sentenziò il Cappello Parlante, qualche istante che Remus Lupin si fu educatamente congedato.

«Oh, lo è» convenne Silente con un risolino divertito. «Sarà un piacere vederlo crescere fra queste mura».

Se il vecchio copricapo avesse avuto gli occhi, state certi che li avrebbe alzati verso il cielo.

Ci risiamo, pensò. L'ennesimo allievo condannato ad amare Silente.


°°°°°°°




«Stai scherzando, Bizèt?» esclamò incredulo il piccolo Trick, alzandosi con un guizzo agile dal vecchio tronco sul quale lui e Calima erano seduti e fissando Lupin come se provenisse da un altro pianeta. «Non sai cosa si fa quando c'è la Luna di Sangue?»

Lupin inarcò perplesso un sopracciglio, domandandosi silenziosamente se mai avesse avuto modo di scorgere quel macabro appellativo fra le mille pagine dei suoi libri. Impossibile, si disse infine, me ne ricorderei.

«Cos'è questa Luna?» chiese interessato a Calima. La giovane mannara, ridacchiando sommessamente, immerse un piede pallido e ossuto nelle acque cristalline dell'Harrier, con un sorriso birbante sul volto candido.

«Sei proprio fuori dal mondo, Damerino» lo punzecchiò divertita, portandosi una ciocca di capelli chiari dietro un orecchio. «È il terzo Esbat*» concluse con ovvietà. Poi, notando come Lupin continuasse a fissarla, scosse la testa con un sospiro e riprese:

«Si festeggia il Ciclo della Caduta ed è dedicata alla cacciagione. Davvero non ne hai mai sentito parlare?»

Lupin sorrise divertito e fece un cenno con il capo. «Mai» rispose, «ma ora sono molto incuriosito».

«Per forza!» strillò eccitato Trick, zampettando da una gamba e all'altra come in preda ad uno strano morbo. «Non ci credo che non sai cosa sono gli Esbat».

Intuendo la seguente domanda di Lupin, Calima spiegò:

«Gli Esbat sono quattro. La Luna del Lupo apre il Ciclo del Branco, il periodo in cui Selene creò il popolo dei licantropi. È un ciclo di rinnovo, in cui ci si riposa e si ricorda l'importanza del lavoro di gruppo».

«E poi c'è quella delle Gemme

«Trick, non chiamarla ''quella''» lo ammonì con un piglio severo Calima.

«La Luna delle Gemme» si corresse veemente Trick, ruotando comicamente gli occhi verso il cielo. «Inizia il Ciclo della Vita. La Natura rinasce e si ricomincia a lavorare sul serio. Dicono che se vuoi fare qualcosa e hai bisogno di fortuna, devi farlo nel Ciclo della Vita, perché riuscirà certamente».

«Questa è solo una sciocca superstizione» lo interruppe Calima. «Ne abbiamo un mucchio» aggiunse, rivolta a Lupin, che annuì seriamente interessato.

«E l'ultima Luna?» domandò. «Il quarto Esbat?»

Trick lanciò uno sguardo fugace a Calima.

«La Luna Fredda» mormorò la ragazza, «un tempo era l'ultimo Esbat, la festa che chiudeva il Ciclo dell'Anno».

«Era?»

Calima annuì con lentezza. «Fenrir ricevette Selene in sogno, molti anni fa. Fu Lei a dirgli che era arrivato il tempo di riconquistare l'onore e il potere che i maghi e le streghe ci avevano strappato secoli addietro» sussurrò. «Così creò la Luna Blu. ll Ciclo dell'Alloro. I giorni dedicati allo sterminio dei nemici di Selene».

Lupin la fissò impassibile, cercando di non lasciar trapelare le proprie emozioni. «I maghi e le streghe».

Calima e Trick annuirono silenziosi.

«A Rouge fa schifo» commentò dal nulla il bambino, con un tono che sembrava quasi dire ''perciò vuol dire che è così''.

«Trick, chiudi la boc-» iniziò Calima, ma qualcosa la fece improvvisamente bloccare: piegò la schiena in avanti e rimase immobile qualche istante. Posandole una mano sulla schiena per accertarsi che stesse bene, Lupin le chiese con gentilezza:

«Calima, stai bene?»

Lei gli lanciò un'occhiata scioccata. «Damerino, mi hai preso per una spiga di grano? Sto benissimo». Agitò in aria il piede bagnato, si alzò di scatto e fece per voltare le spalle al ruscello. «Vado a cercare Rouge» si congedò rapidamente, «magari ha bisogno di una mano per preparare la festa».

Lupin studiò i suoi movimenti impacciati mentre s'inoltrava fra i tronchi candidi del bosco di Tulip.

Mi nascondono qualcosa, si convinse in un lampo.


°°°°°°°




Lupin socchiuse gli occhi alla piacevolezza del soffio di vento levatosi da pochi istanti; l'immensità di Jura lo avvolgeva con tutta la sua bellezza: il sublime tramonto del sole, le fronde rossicce delle querce secolari e delle svettanti betulle sembravano – nonostante il clima non si potesse certo dire fra i più miti – scaldare la piazza del villaggio molto più dei falò che i mannari avevano accesso qua e là. Gli anziani del branco sedevano in cerchio attorno ad uno di questi, apparentemente immersi in una solenne e privata meditazione. Fra loro, Lupin riconobbe la carnagione scura e screziata di Chilone, un vecchio che Rouge gli aveva confidato essere fra i più convinti – e nascosti – oppositori di Fenrir Greyback, ma al quale non aveva ancora avuto il coraggio di avvicinarsi. Se la fortuna, in quella notte festosa, avesse deciso di arriderlo, forse sarebbe riuscito ad entrare in contatto con lui: era arrivato il momento di gettare le basi della seconda parte della missione.

Trovare alleati all'insaputa – e soprattutto sotto allo stesso naso di Fenrir Greyback – sembrava un'impresa impossibile.

Un'improvvisa e trillante melodia lo distolse dai suoi pensieri, costringendolo a tornare con i piedi per terra: Alceus e Aulos, due giovani mannari che già in precedenza aveva adocchiato per il loro interesse verso tutto ciò si rivelasse nuovo, e di conseguenza strano, stavano dilettandosi con una trascinante sonata per flauti; i loro suoni, tuttavia, dai tagli rozzi e approssimativi, risultavano lievemente gracchianti. Calima, seduta su un tronco a pochi passi da loro, canticchiava ridente, battendo le mani a ritmo di musica. Lupin la osservò con tutta la attenzione di cui era capace, ma non trovò nulla di strano nel suo comportamento. Una giovane dai corti capelli scuri seduta accanto a lei sembrò accorgersi del suo eccessivo interesse, perché si chinò rapida verso Calima e le sussurrò qualcosa all'orecchio. Sorridendo divertita al suo indirizzo, la ragazza si alzò, afferrò un lembo della logora gonna marrone e si diresse a tempo di musica nella sua direzione.

«Non accetto un no, Damerino» sentenziò con aria malandrina, «apri le danze con me».

Lui la guardò scioccato.

«Sei pazza!» esclamò. «Toglitelo dalla testa».

Ma lei aveva già afferrato il suo polso e lo stava già strattonando verso uno spazio ampio fra i falò. Fra un sorso di vino e un boccone di carne, alcuni mannari alzarono sguardi divertiti su di loro, ridendo e applaudendo alla loro coraggiosa inaugurazione della festa.

Calima afferrò le sue mani e lo fissò in tralice.

«Sai ballare, Damerino?»

«Temo proprio che questo non sia il mio campo».

«Sei un mannaro molto fortunato» concluse con semplicità. «Hai davanti a te la migliore ballerina dell'isola».

«Per qualche strano motivo» iniziò lui, mentre lei volteggiava graziosamente attorno alle sue braccia, «non lo dubitavo».

«Non essere così rigido» lo rimproverò con un sorriso. «Cerca di sentire solo la musica».

«Non ci sono mai riuscito, purtroppo»

«Sei proprio una causa persa!» lo canzonò.

Lupin cercò di seguire meno maldestramente possibile il ritmo rapido e scattante con cui Calima gli girava intorno, aiutandola ogniqualvolta la vedeva in procinto di fare una piroetta.



«Vuoi ballare?»

Tonks lo guardò sconcertata. «Sei impazzito?»

«Perché dovrei?» chiese lui, inarcando divertito un sopracciglio.

«Sono un terremoto su due gambe, vuoi forse suicidarti?»

La sua espressione era così seria e preoccupata che Lupin non riuscì a trattenere una risata.

«Ti guido io» tentò di convincerla, stranito egli stesso di tanta audacia, «e se ti vedo cadere, giuro solennemente di riafferrarti al volo senza che nessuno se ne accorga minimamente».

«E come pensi di fare?» rispose divertita. «Mi coprirai con la tenda del soggiorno?»

«Potrebbe essere una soluzione interessante».

«Una soluzione altrettanto interessante sarebbe quella di non ballare e di riempire questi due vuoti e abbandonati bicchieri, non ti pare?»

«Un altro bicchiere di Whisky, Tonks, e sarai troppo ubriaca per ricordarti di non voler ballare con me».

«Un altro bicchiere di Whisky, Remus» ribatté maliziosa, «e sarò troppo ubriaca per potertelo impedire».



I motivetti di Alceus e Aulos, evidentemente stimolati dalla loro partecipazione, presero a farsi sempre più allegri e veloci, e presto, molti dei licantropi seduti s'alzarono a far compagnia a Calima e Lupin. L'aria tutt'attorno a loro trasudava spensieratezza e festosità, in un turbine di brio ed elettricità che Lupin non avrebbe mai immaginato potesse esistere in una terra insidiosa come quella di Jura.

«Cosa ti è successo, oggi? Sulla riva del Harrier, intendo».

Lei deglutì, strinse fra loro le labbra e si sforzò di sorridere.

«Nulla» rispose con un tono per niente convincente. «Suvvia, Bizét, è festa! È tutta qui la tua vitalità?».

Intrecciò le sue dita fra quelle di Lupin, e con movimenti ritmati delle anche, iniziò a saltellare come una cavalletta dalle energie infinite.

Gli occhi di Lupin continuavano a scrutare fra le ombre del suo viso, ma di strano, in lei, non c'era davvero nulla.

°°°°°°°




«Sei ridicolo anche mentre balli».

La voce divertita di Rouge gli arrivò all'orecchio come un delicato sussurro, tanto era diventata assordante la musica.

«Me ne sarei reso conto anche senza il tuo spregevole e inopportuno commento, Rouge» ribatté con un sorriso.

«Ho bisogno di te» taglio corto la donna.

Lupin inarcò perplesso un sopracciglio.

«Adesso».

°°°°°°°





Con un gemito di fatica, Tonks gettò ai propri piedi il pesante borsone dentro il quale – con un provvidenziale Incantesimo Restringente – era riuscita comprimere tutta la caterva di abiti sgualciti da settimane abbandonati nei posti più impensati del suo piccolo appartamento. Scostò la frangia bagnata con un gesto seccato e controllò il numero affisso al muro fatiscente dell'edificio ad Hogsmeade, dove sarebbe stata costretta a restare nei mesi successivi. Lanciò un'occhiata prudente alle proprie spalle, accertandosi di essere davvero l'unica sciocca a vagare per le vie del villaggio sotto quell'inaspettato diluvio, e si accorse in breve di provare già nostalgia per lo squallido cassonetto davanti a casa (davanti al quale – era matematico – le si strappava quotidianamente il sacchetto dell'immondizia), per il suo scomodo divano con le molle sgangherate e per la sua cucina perennemente in stato catastrofico.

Della tendina di lustrini rosa shocking, del suo buffo pouf verde e del suo bizzarro e peloso tappetto verde, no.

Li aveva infilati nel borsone a forza, cosa credevate?

Ebbe un attimo di ripensamento, nel quale si chiese se non fosse stato più semplice dare le dimissioni e buttarsi dalla cima del Tower Bridge, ma in seguito, ricordandosi che sarebbe caduta nelle acque del Tamigi, si disse che sarebbe sicuramente sopravvissuta, e in un modo o nell'altro, Robards l'avrebbe rispedita lì ugualmente.

Santa Tosca, dove sei finita?

Non riuscendo, quindi, a trovare soluzione migliore se non quella di entrare – perlomeno sarebbe stata all'asciutto – bussò con uno sbuffo irritato e attese pazientemente.

«Parola d'ordine» disse una voce maschile dall'interno.

Tonks trasalì. Parola d'ordine? Da quando c'era una parola d'ordine?

«Ehm...» tentò speranzosa, grattandosi nervosamente un orecchio e cercando di formulare una frase che non potesse in alcun modo far scattare gli Auror sull'attenti: essere assalita in quanto presunta Mangiamorte non era sicuramente il modo migliore di dettare le basi per questa nuova – indesiderata – convivenza. «Robards deve avervi sicuramente avvertito del mio arrivo» continuò con maggiore decisione. «Sono Tonks. L'addetta agli archivi» specificò funerea.

«Parola d'ordine» ripeté la voce.

Tonks alzò gli occhi al cielo.

«Robards non mi ha detto nessuna parola d'ordine. Il mio arrivo era previsto per stanotte, comunque».

«Se non siete dotata di una parola d'ordine, siete pregata di allontanarvi immediatamente dall'edificio, o saremo costretti ad ottemperare l'ordine di arresto» recitò in tono intimidatorio la voce.

«Mi stia a sentire» riprese irritata Tonks. «Piove, fa freddo, sono indolenzita per il viaggio, ho sonno, ho fame, non sono qui di mia spontanea volontà ed è un pessimo, pessimo periodo. Stavo giusto prendendo in considerazione l'ipotesi di buttarmi dal Tower Bridge, perciò se non ha intenzione di aprire questa dannata porta nei prossimi cinque minuti, l'avverto che sarò io ad ottemperare quest'insana decisionedi suicidio».

«Archie, cuore di pietra, non tormentare la signorina» grugnì una seconda voce. «Agente Tonks, degli archivi?» domandò.

«Sì» rispose veemente.

«Qual'è il simpatico epitaffio partorito dalla geniale mente di Philbert Proudfoot e attribuito all'illustrissimo capo degli Auror Galwain Robards?» domandò la voce con lo stesso tono usato dai tanti conduttori dei quiz che sua nonna era solita guardare davanti al piccolo televisore in bianco e nero che custodiva in soggiorno. Tonks strinse le labbra per non ridere.

«Galwain 'Riportorecchio' Robards» ridacchiò.

«Hai sentito, Archie? La ragazza ha tutte le carte in regola».

Dopo gli schiocchi metallici di un numero di catenacci che a Tonks sembrarono non dovessero finire mai, la porta si aprì. Alla luce soffusa del corridoio sgombro, potè vedere due dei tre maghi con cui avrebbe dovuto trascorrere i giorni successivi.

L'uomo che le aveva aperto la porta le arrivava a malapena alla spalla. Aveva crespi capelli rossicci e i suoi grandi occhi nocciola la scrutavano ridenti. Gli afferrò la mano destra e declamò, con un rozzo inchino: «Ben arrivata, madamoiselle. Non speravamo in una così deliziosa compagnia». Sollevò lo sguardo di su lei, che evidentemente doveva avere un'espressione piuttosto stranita e scoppiò a ridere. «Philibert Proudfoot» si presentò, «ma per le signorine solo Phil».

«Tonks» rispose lei con un sorriso storto, «solo Tonks, per signorine e non».

«Agente Tonks» declamò solennemente il mago alle spalle di Proudfoot. Era un uomo alto, dai capelli brizzolati, le spalle rigide e il viso incredibilmente geometrico; l'idea complessiva era quella di un duro dei film d'azione, ma Tonks si ravvide dal dire una cosa del genere. «Io sono l'Auror Archibald Dawlish, suo diretto superiore fino a prova contraria» decretò con voce piatta.

«Archie, per i colleghi?» azzardò Tonks con un mezzo sorriso.

Proudfoot soffocò una risata.

«No» sentenziò con lo stesso tono apatico. «Per lei, agente, io sarò solo 'signore'. Pretendo che mi dia del 'lei' e che rispetti ogni ordine provenga dalla mia persona, sono stato chiaro?».

Piuttosto sconcertata, Tonks annuì.

«Molto bene» concluse freddamente Dawlish. «Agente Proudfoot, la prego di accompagnare l'agente Tonks alle stanze a lei assegnate».

Girò sui tacchi e marciò altero lungo il corridoio, entrando in una porta sulla sinistra e svanendo dalla vista della giovane strega.

«Merlino» sussurrò Tonks, sconvolta. «Devo davvero resistere fino a giugno con Mister Ghiacciolone?»

Proudfoot ridacchiò. «Non è poi così male se non trascorri con lui più di trenta secondi» ironizzò. «Ma che ci fai ancora sotto la pioggia? Non credo che la polmonite sia la maniera più salutare di disertare l'incarico». Afferrò il borsone di Tonks come se fosse pieno di piume e le fece cenno di seguirlo all'interno.

«Seguimi» le disse. «Ti presento al vecchio Charles».


°°°°°°°




«Rouge, dannazione, vuoi spiegarmi dove-?».

«Taci e muovi le gambe».

Seguire la scia di Rouge attraverso l'intricata boscaglia di Tupin si rivelava sempre più semplice: gli agili movimenti con cui i licantropi attraversavano le insidie della terra di Jura gli risultavano automatici, naturali, in qualche modo. Iniziò a interrogarsi se fosse il caso di preoccuparsi per questo repentino cambiamento.

«Siamo qui» disse Rouge nel buio.

«Rouge, ti spiacerebbe dirmi-?»

Fu interrotto da un sfrigolio improvviso alla sua destra.

Illuminati da una danzante fiammella azzurrina, gli occhi scuri e indagatori del vecchio Chilone lo fissavano circospetti.

°°°°°°°





Ho scritto il capitolo mentro cercavo di riprendermi da capodanno, potrei delirare nel corso delle note seguenti. Lettori avvisati, in percentuale minima salvati. (Che vi dicevo? Deliro). (Si può dire 'deliro'?).


*Esbat:

Se siete interessati all'argomento vi consiglio di cercare notizie per conto vostro: le mie sono scadenti e sicuramente imprecise (non è il caso di fidarsi troppo di Wikipedia...).

Per farla breve, gli Esbat sono rituali pagani dedicati alla Luna. In realtà, se ben ho capito, sono dodici e non quattro (cause di forza maggiore: dodici rituali erano troppi da descrivere; già questo mi è venuto fuori piuttosto scialbo) e sono certa che nessun Fenrir Greyback ne abbia mai aggiunta una. Vi chiedo di sopportare l'ennesima licenza poetica... volete?

Spero proprio che i nuovi personaggi che introdurrò dal prossimo capitolo siano di vostro gradimento come lo sono stati per me; non sono riuscita a trovare nessun sito che mi aiutasse a trovare i nomi dei tre Auror con cui Tonks è stata di stanza a Hogsmeade. Perciò ho fatto di testa mia: vi presento il vecchio Chilone, Alceus, Aulos, Archibald Dalwish, Philibert Proudfoot e (un onirico) Charles Savage. Tiè. Ve li sparo uno dopo l'altro, sotto a chi tocca, buon anno e figli maschi *Trick sta delirando, urge camomilla terapeutica*.


SakiJune: Sono IC? Imbecille Cronica?^^ (è la testa che va da sola, non sono io a parlare). Oki, riacquisto un po' di contegno. Parlare di Peter è stato veramente dura, è così difficile 'farlo muovere'. How. Un Sev 'grillo parlante'. Avrei bisogno anch'io di un aiuto coscienza del genere.^^ Anche a me piace parecchio la teoria 'evansiana' (oki, dopo questa è assodato che sto ancora male), da 'tutti pazzi per Lily'. Adoro le Remus/Lily. Ma come si dice... leggere una Remus/Tonks, non ha prezzo. Nel prossimo capitolo, giuro che mi scuserò per queste sciocchezze. Giuro.


Kikkina90: spero solo che l'ispirazione arrivi in fretta, perché ne ho tanto, tanto bisogno per riprendere in mano i libri di scuola. Che stupidaggine, tanto non lo farò per forza d'inerzia. Un ratticida, dici? Uhm... lo terrò a mente per il futuro.


Pucchyko_Girl: mi ci è voluta solo mezza giornata per leggere la recensione, se la prossima volta vuoi scrivere un altro mezzo chilometro, fai pure!^^ (è umorismo da capodanno, ripeto: UMORISMO DA CAPODANNO!). A quanto pare, sembra davvero che l'idea generale di Lily Evans sia quella della «bella». È così classico e masticato da far sta male, ma sta di fatto che è così, e anche a me piace così. Be', magari non è proprio di una Lily/Mezzomondo di cui stiamo parlando, ma l'importante è che il concetto sia chiaro. (non ho chiarito proprio un bel niente, ripensandoci, ma fa lo stesso). «Sc...» (Aspe', com'era?) «Shecshi?». Sì, «shecshi». Uh. Mi segno anche questa.^^ Anch'io, mannaggia, volevo un linciaggio in piena regola, con tanto di morsi alle orecchie e intromissioni di Mike Tyson di tanto in tanto (ma che battute simpatiche che sparo, oggi. Qualcuno mi sopprima, per cortesia). Grazie mille per il contatto, ti aggiungo non appena msn avrà intenzione di partire e giuro solennemente che NON sarà TROPPO molesta.^^


Un bacione gigantesco a tutti quanti, e GRAZIE MILLE!


Trick si fa una camomilla e va' davvero in catalessi.

-364 giorni al 2009, per fortuna.

(È il 2008, questo che viene, vero?)



   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Trick