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Autore: Beauty    18/06/2013    7 recensioni
Nel mondo delle favole, tutto ha sempre seguito un preciso ordine. I buoni vincono, i cattivi perdono, e tutti, alla fine, hanno il loro lieto fine. Ma le cose stanno per cambiare.
Quando un brutale omicidio sconvolge l'ordine del Regno delle Favole, governato dalla perfida Regina Cattiva, ad indagare viene chiamato, dalla vita reale, il capitano Hadleigh, e con lui giungono le sue figlie, Anya ed Elizabeth. Attraverso le fiabe che noi tutti conosciamo, "Cenerentola", "Biancaneve", "La Bella e la Bestia"..., le due ragazze si ritroveranno ad affrontare una realtà senza più regole e ordine, in cui niente è come sembra e anche le favole più belle possono trasformarsi nel peggiore degli incubi...
Inizia così un viaggio che le porterà a scoprire loro stesse e il Vero Amore, sulle tracce della leggendaria "Pietra del Male" che, se nelle mani sbagliate, può avere conseguenze devastanti...
Il lieto fine sarà ancora possibile? Riusciranno Anya ed Elizabeth, e gli altri personaggi delle favole, ad avere il loro "e vissero per sempre felici e contenti"?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Boogieman, part II

 
Il silenzio si fece velocemente innaturale.
Anya si sollevò a fatica in ginocchio con l’intenzione di rimettersi in piedi, ma prima di poterlo fare Vincent le volò addosso, afferrandola per il collo e sollevandola da terra.   La ragazza emise un gemito soffocato, più per la sorpresa che per il dolore, prima che il Primo Ministro la immobilizzasse spingendola contro un tronco d’albero.
- Tu, stupida ragazzina incosciente!
Anya sgranò gli occhi: il volto dell’uomo era vicinissimo al suo. Vincent la guardava come se volesse ucciderla.
- Tu non puoi neanche immaginare cosa sarebbe potuto succedere! Cosa volevi fare, farci ammazzare tutti e due?!
Anya boccheggiò, a malapena comprendendo ciò che stava dicendo. Fece saettare lo sguardo ora alla radura ora al volto dell’uomo, quasi senza accorgersi di avere ancora la sua mano intorno alla gola.
Vincent emise un ringhio di frustrazione; stava per riprendere a urlarle contro, quando si accorse dei tagli. Si allontanò un poco da lei, guardandola con attenzione: quella ragazza era piena di graffi.
La corta sottana che le arrivava alla vita e i pantaloni da uomo erano squarciati qua e là da lunghi tagli nella stoffa, attraverso i quali si scorgeva la pelle sanguinante. Sul volto, appena sotto lo zigomo sinistro, c’erano altri tre graffi. Vincent li guardò con attenzione: non erano poi molto profondi, e sicuramente non sarebbe rimasta alcuna cicatrice…ma sanguinavano.
Le lasciò andare la gola, voltandole le spalle e recuperando la torcia accesa da terra.
Anya schiuse la labbra come per dire qualcosa, ma dalla sua gola non uscì nulla.
- Torniamo indietro - disse Vincent con voce incolore.- Per stanotte non ci darà più fastidio, ma è meglio ritornare all’accampamento. Muoviti, vedi di stare al passo.
 

***

 
Alcuni deboli gemiti provenivano da oltre la porta della cella. Una guardia passò di fronte ad essa, gettandovi dentro una distratta e annoiata occhiata attraverso le sbarre della finestrella. Un altro soldato se ne stava di guardia in piedi sul posto, l’elmo nero calato sul capo quasi a nasconderle il volto e la lancia piantata dritta al suo fianco.
I gemiti si fecero appena più forti, e più frequenti.
La sentinella gettò un’occhiata d’intesa alla guardia.
- Ma questa da noie anche quando dorme?- s’informò.
- Credo che stia sognando - bisbigliò l’altro soldato di rimando.
La sentinella fece uno sbuffo divertito.
- Fossi in te, entrerei lì dentro e le darei un calcio. Le passerebbe la voglia di fare tutto questo rumore.
- La Regina ha proibito qualsiasi forma di violenza su di lei - replicò la guardia.- Ha detto che si tratta di una pedina troppo preziosa per poter essere danneggiata in alcun modo…
La sentinella sbuffò, contrariata, voltandosi per riprendere il suo giro di ronda. Sorpassò la cella, gettando un’ultima occhiata a Lady Marian, addormentata sul pagliericcio umido.
 
- Ti piacciono i dolci, vero?
- Sì, molto…
Non fidarti di lei! Vieni via, non darle ascolto!
La voce che la sta ammonendo è carica di preoccupazione, ma lei non l’ascolta. Le sembra familiare, la conosce, ma non sa dire chi sia. E poi, quella signora è così gentile…
Vieni via! Per favore, non ascoltarla!
- Ecco qui! Ti piace la torta di mele?
- Grazie…
No! Ti prego…
Fa freddo. E’ buio. La luce filtra attraverso le ante dell’armadio. Fa freddo, è buio, e lei sta così stretta. Vorrebbe uscire, ma non può. Sta succedendo qualcosa di brutto là fuori, e forse nascosta in quel luogo non è nemmeno al sicuro…
Ti prego…No...! Per favore, non fidarti di lei!
La voce continua a implorarla, ma ora non la sente più. Non sta gridando, o meglio sta gridando solo nella sua testa, non è più nelle sue orecchie, quella voce senza nome è un brutto ricordo, ora, un ricordo doloroso che ritorna come il più reale degli incubi.
Non fidarti di lei!
Fa freddo. E’ buio. Tutto è confuso, lei è stretta schiacciata fra i vestiti della mamma. Che sta succedendo là fuori? Dov’è la mamma? Perché papà sta gridando di nascondersi? Dove sono tutti?
Ha sentito il guaito del suo cagnolino. Sta male, lo sente quando sta male. Sta soffrendo, qualcuno gli sta facendo del male. Vorrebbe piangere, vorrebbe uscire da lì, ma non può farlo.
Sa che qualcosa di brutto sta succedendo là fuori. Non lo vede, ma lo sente.
Non fidarti di lei!
Sente le urla, un tonfo, la mamma che grida e piange, poi però anche il suo pianto cessa all’improvviso. Lei deve stare nascosta, qualunque cosa succeda non uscire da qui!, le ha detto papà prima di chiudere l’armadio, ma dov’è ora papà? Perché non lo sente gridare più? E perché non sente più la mamma, e il suo cagnolino, e quella voce che è tanto familiare ma che non riesce a ricordare?
Non fidarti di lei! E’ cattiva!
Ora c’è solo silenzio. Così silenzio che riesce anche a sentire il suo respiro. Come si può sentire il respiro? Ma se lo sente vuol dire che è viva…quando sei morto il tuo respiro non lo senti più…
E poi, l’armadio si spalanca…
 
Lady Marian si svegliò di soprassalto, lanciando un grido che le morì immediatamente sulle labbra non appena si rese conto di trovarsi nel solito luogo. La sua cella nei sotterranei del castello. Prigioniera della Regina Cattiva. Non che fosse molto rincuorante, ma senza dubbio meglio di…
Lady Marian sospirò, mettendosi a sedere sul pagliericcio e abbandonando il dorso contro la parete umida alle sue spalle. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo e cercando di regolarizzare il proprio respiro.
Come si può sentire il respiro? Ma se lo sente vuol dire che è viva…
Da non molto tempo erano ricominciati. I sogni. Quei sogni tremendi a cui non aveva mai saputo dare un significato e che l’avevano sempre tormentata, sin da quando ne aveva memoria.
Ovvero molto poco.
Lady Marian sospirò, riaprendo gli occhi e riacquistando un poco di calma e concentrazione. L’aveva confessato solo a poche persone – il suo amico Cacciatore, il Primo Ministro…e l’uomo che amava, naturalmente. Chissà dov’era lui, in quel momento? Erano già tre anni che non lo rivedeva…era vivo o morto? –, le quali non avevano potuto fare altro se non aiutarla e confortarla quando si risvegliava da uno dei suoi incubi, ma a poco era servito. Una volta, ricordò, il Primo Ministro – viscido traditore! – le aveva suggerito che forse i suoi sogni erano in realtà dei ricordi.
- Potrebbe anche essere…- aveva soggiunto il Cacciatore.- Se non ricordi chi sei, se non rimembri nulla del tuo passato…allora potrebbe essere che i tuoi sogni ti stiano dicendo qualcosa riguardo a esso…
Beh, pensò Lady Marian, se i suoi sogni erano il suo passato, allora doveva essere un passato veramente molto brutto.
Non aveva altri ricordi che risalissero a prima dei suoi otto anni, quando era stata accolta al castello della Regina Cattiva, diventandone col tempo la sua dama di compagnia. All’epoca la Regina si fidava di lei, e lei si fidava della Regina…prima che scoprisse quale essere spregevole fosse in realtà e quali fossero i suoi piani, e decidesse di unirsi alla ribellione. La sua vicinanza alla sovrana e ai suoi segreti aveva fatto di lei un membro prezioso dei ribelli, ma alla fine non era servito a risparmiarle l’accusa di alto tradimento e la prigione.
E tutto per colpa del Primo Ministro.
Lady Marian rise amaramente ricordando di quando l’aveva abbracciata fingendo sollievo quella notte in cui aveva fatto tardi, di come l’aveva presentata al Cacciatore e all’uomo di cui si sarebbe innamorata elencando loro tutte le sue qualità, di quando correva al suo letto la notte quando si risvegliava dai suoi incubi.
Falso. Tutto falso.
Alla fine il Primo Ministro li aveva traditi tutti, aveva fatto incarcerare lei e molto probabilmente anche il Cacciatore, e sicuramente doveva essersi vendicato anche su di lui.
Già, lui…Lady Marian non sapeva più nulla di lui, da tre anni, ormai. Non sapeva dove fosse, se stesse bene, ma non osava neppure pensare che non fosse più in vita. L’aveva sognato spesso, lì in cella, e quei sogni erano stati piacevoli.
Invece, da qualche tempo, gli incubi erano ricominciati. Forse il Cacciatore aveva avuto ragione, forse quelli erano davvero ricordi sopiti del suo passato…ma erano tremendamente confusi. A volte le voci erano familiari, altre volte non lo erano per niente, e c’erano sempre urla, buio…e paura. Tanta paura.
Lady Marian non aveva idea di cosa volessero dirle quei sogni…ma era meglio che lei si sbrigasse a decifrarli, se voleva uscire inerme da quella storia. La Salvatrice era tornata, e questo voleva dire che la Luna di Sangue era vicina…il suo amico Cacciatore era là fuori, chissà dove…
E lei non aveva dimenticato le parole della Regina.
Lady Marian voltò lentamente il capo, puntando lo sguardo sulla parete opposta.
La scritta era ancora lì, incisa nella pietra.
 

Senza cuore è la Regina,

solo il Vero Amore salverà la prima bambina.

 
Ogni volta che la leggeva, Lady Marian avvertiva un brivido lungo la colonna vertebrale. Che voleva dire?
 

***

 
Il fuoco scoppiettava mandando alcune scintille qua e là. Anya continuò a guardarlo, piegando le ginocchia e abbracciandosi le gambe. Si scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, scoccando un’occhiata di sottecchi a Vincent. Lo vide strappare un lembo del proprio mantello, quindi slacciare dalla cintura di pelle una fiaschetta di cuoio.
L’uomo fece una smorfia infastidita e contrariata, aprendo la fiaschetta e versandone il contenuto sul pezzo di stoffa. Era un liquido scuro, rossastro, e il suo odore ricordò molto ad Anya il vino rosso.
Vincent si morse l’interno della guancia.
- Stai ferma.
Anya lo guardò, sconcertata; prima che potesse replicare o chiedere spiegazioni, Vincent le accostò il panno impregnato di vino allo zigomo, premendolo contro la pelle. Il bruciore dell’alcool a contatto con le ferite sanguinanti fu lancinante, e Anya lanciò un grido di dolore, allontanandosi di scatto.
Quella reazione lo fece innervosire non poco.
- Vuoi che s’infettino?!- ringhiò.
- Ma cavolo mi hai fatto male…!
Il Primo Ministro le tirò addosso il panno, colpendola all’addome.
- E allora fallo da sola!- borbottò, voltandosi appena dall’altra parte.
Anya digrignò i denti, aggrottando le sopracciglia; prese malamente il panno fra le mani e con esso colpì Vincent a una spalla. Il Primo Ministro le diede una spinta, con poca forza, ma tale da farle perdere l’equilibrio della posizione seduta e inclinarsi di lato.
L’uomo sbuffò, tornando a fissare il fuoco.
- Stupida ragazzina…!- borbottò.
Anya si risollevò, tornando in posizione seduta; appoggiò malamente il dorso contro il tronco della quercia alle sue spalle, rigirandosi il panno fra le mani. Scoccò un’ultima occhiata a Vincent, quindi accostò lentamente il pezzo di stoffa allo zigomo. Emise un sibilo di dolore quando il bruciore si ripeté, ma se non altro ora, con una maggiore delicatezza, era un poco più attenuato.
Anya continuò a tamponare delicatamente il sangue, alzando lo sguardo al cielo. Il sole stava tramontando, fra non più di dieci minuti sarebbe stato completamente buio, pensò.
La colse un assalto di angoscia.
- Sta per fare buio…- mormorò.- Quella…quella cosa…ritornerà?- chiese, temendo non poco la risposta. Vincent sospirò, gettando un altro legnetto nel fuoco.
- No - dichiarò infine.- Per stanotte ci lascerà in pace, ma tornerà. Dovremo prestare attenzione, in futuro, specialmente la notte. Lui può muoversi solo con il buio.
- Chi era?- Anya voltò il capo in direzione di Vincent.
Il Primo Ministro non la guardò, rispondendole con una piccola risatina senza alcuna traccia di allegria.
- Chi era?- sibilò.- Faresti meglio a chiedermi che cosa era…
Anya prese a fissarsi le ginocchia, continuando a tamponarsi il viso; il bruciore era quasi scomparso.
- Sì, avevo intuito che non fosse esattamente un essere umano…- borbottò.- Comunque, che accidenti era, si può sapere?
- L’Uomo Nero.
Anya si sentì percorrere da un brivido, anche se non sapeva esattamente a che cosa fosse dovuto. Forse al fatto di essersi appena trovata faccia a faccia con una creatura che mai avrebbe pensato esistesse davvero e il cui solo nome era già tutto un programma. O forse perché Vincent l’aveva dichiarato con un tono così duro e piatto allo stesso tempo, come se stesse parlando di una cosa sì poco piacevole, ma anche estremamente scontata, che l’aveva lasciata quasi sconvolta.
Forse un mix di entrambe le cose.
- L’Uomo…l’Uomo Nero?- boccheggiò.
- Tendi spesso a ripetere quello che dicono gli altri?- borbottò Vincent.
Anya si zittì; ora il bruciore era cessato, e sicuramente le ferite erano disinfettate. Lasciò cadere il panno di lato, ripromettendosi di scoprire che accidenti di liquore Vincent ci avesse versato sopra.
Tornò a fissare il fuoco, ripensando a quanto era successo. I graffi sul volto non erano gli unici, ricordò: quella creatura l’aveva colpita anche in altre parti del corpo, squarciandole gli abiti e la pelle. Tutto con la sola forza delle unghie.
Anya avvertì un tuffo al cuore; mio Dio, quell’essere aveva unghie affilate come artigli! Per non parlare dei denti…e degli occhi…
E Vincent avrebbe detto che sarebbe tornato con il buio.
- Ma ora è ferito - disse all’improvviso; Vincent si voltò per la prima volta a guardarla, leggermente sorpreso. Anya ricambiò lo sguardo, incerta.
- L’hai…l’hai colpito, no?- insistette.- L’hai colpito con una freccia…e poi, il fuoco…
- Non cantare vittoria troppo presto - l’ammonì Vincent, con voce piatta.- Non servono le frecce per ferirlo, con l’Uomo Nero è tutto inutile. Il fuoco forse può averlo indebolito, ma di certo non si lascerà abbattere per così poco. Ora è solo più debole, ma non appena si sarà rigenerato tornerà.
- Avevi detto che la luce gli fa male…- osservò Anya.
- E’ vero, ma di certo una fiammella non è sufficiente - spiegò Vincent; alla ragazza parve quasi che il suo volto si fosse disteso, che le parlasse più volentieri.
O perlomeno, meno malvolentieri di quanto non facesse prima.
- Non sarà certo una torcia accesa a ucciderlo…sempre che possa effettivamente venire ucciso…
- Lui non…non può morire?- chiese Anya con un filo di voce.
Vincent ravvivò brevemente il fuoco con un rametto.
- No - mormorò infine.- No, non può morire. Può essere ferito, indebolito, e anche imprigionato, ma di certo non può morire.
- Com’è possibile?- protestò la ragazza.- Non esiste un uomo che non possa morire, è assolutamente…
- Mi pareva di aver chiarito che non si tratta di un uomo - ringhiò Vincent, innervosito.
- E allora che cos’è, di grazia?!
Vincent distolse lo sguardo, visibilmente irritato. Anya sospettò che lo infastidisse dover rispondere a tutte quelle domande, ma non le importava. Era appena stata aggredita da un’ombra famelica e umanoide che si era rivelata essere nientemeno che l’Uomo Nero, e anche se l’aveva scampata per un pelo, riteneva di essere uscita da quell’incontro non esattamente gradevole piuttosto malconcia.
Aveva il diritto di sapere con chi aveva a che fare. Specialmente ora che si trovava in una dimensione parallela decisamente fuori controllo e aveva perso Elizabeth. Se quell’essere fosse tornato, allora forse nemmeno sua sorella sarebbe stata al sicuro.
E poco importava se Vincent la considerava una ragazzina petulante. Le avevano detto anche di peggio.
- L’Uomo Nero…lui…non è niente - mormorò infine il Primo Ministro.- Non è un uomo, né un animale, e nemmeno un oggetto inanimato come gli alberi o le rocce. E’ solo un’ombra, una maledetta ombra che, tuttavia, è anche una delle cose più temute di questo mondo…
- Ma come può esistere?- Anya si sporse un poco in avanti per poterlo guardare meglio.- Se è solo un’ombra, com’è possibile che…
- E’ la paura, che lo genera - l’interruppe Vincent.- L’Uomo Nero è nato grazie alla paura, vive della paura e si nutre di essa. Per questo non può morire. Può essere allontanato o sconfitto per un breve tempo, quando riesci a vincere il tuo timore. Ma non scomparirà mai del tutto, non morirà mai…non finché al mondo ci sarà la paura.
Anya era ammutolita; improvvisamente, si sentì inerme, indifesa. Fragile. Come se fosse stata una bambola di porcellana e fosse bastato un solo movimento brusco per far traballare lo scaffale su cui era sistemata e farla cadere a terra, lasciando che s’infrangesse in mille pezzi.
Odiava quella sensazione.
- Da qualche parte, in qualunque mondo, ci sarà sempre qualcuno che avrà paura - proseguì Vincent, con una calma che alla ragazza pareva assurda e innaturale. Diamine, si rendeva conto che le stava descrivendo un mostro?!.- Paura dell’oscurità, paura della morte…è la paura che lo attira, e la paura è sempre più forte quando calano le tenebre. Quella cantilena che hai udito…la cantavamo noi bambini per cercare di tenerlo lontano, ma con il passare dei secoli è divenuta il suo marchio, tanto che sono le stesse persone che ha portato via a cantarla, e ogni volta che la senti vuol dire che lui sta arrivando…
- Ma che fine hanno fatto le persone che ha preso?- insistette Anya; si rese conto che il suo tono di voce aveva assunto una tonalità isterica.- Dio, erano dei bambini a cantarla…Che fine hanno fatto?
- Questo nessuno lo sa. Nessuno che sia mai stato portato via dall’Uomo Nero è mai tornato per raccontarlo. Comunque, il fatto che tu abbia udito delle voci di bambini non deve risultarti insolito. L’Uomo Nero ha sempre prediletto i bambini. Sono le sue prede preferite, perché sono ancora piccoli e più facili da intimorire. Prima che fosse imprigionato, era fuori controllo: entrava nelle loro stanze di notte, si nascondeva sotto ai loro letti o dietro i tinelli, spesso li attirava imitando le voci dei genitori o entrando in un giocattolo. Poi, riuscirono a fermarlo, ma ora è di nuovo libero…E’ un mostro, a tutti gli effetti.
Anya era senza parole; quasi stentava a credere a ciò che le stava dicendo Vincent, le pareva impossibile che un essere del genere fosse sempre esistito…e che avrebbe benissimo potuto entrare in camera sua e di Liz quando erano bambine, e portarle via.
E’ un mostro, a tutti gli effetti.
Quasi si vergognava ad ammetterlo, ma non si era mai preoccupata dell’Uomo Nero. Non le era mai passato per la testa che qualcuno o qualcosa si potesse nascondere sotto al suo letto o dentro l’armadio. E nemmeno a Liz, ne era certa. Sebbene sua sorella avesse da sempre avuto una fantasia ben più fervida della sua, Anya era sicura che non si fosse mai preoccupata dell’eventualità che ci fosse un mostro da qualche parte.
Anya! Non costringermi a metterti in punizione! Anya!
Bambina cattiva!
Non aveva mai temuto di poter un giorno aprire le ante dell’armadio, o sollevare la coperta e guardare sotto al letto e trovarci l’Uomo Nero, o che un mostro potesse entrare in casa.
Perché il mostro era già in casa.
E non le serviva nascondersi da qualche parte e attendere il buio per fare del male a lei e a Elizabeth.
Le bastava semplicemente attraversare il corridoio…
Vincent si alzò di scatto, e Anya fu quasi sollevata quando quel gesto riuscì a distoglierla da quei cupi pensieri. Benché, se qualcuno gliel’avesse chiesto, non l’avrebbe confessato mai, l’aver sentito la voce di sua madre dopo tanto tempo l’aveva scossa parecchio.
- Hai fame?
Anya lo guardò, sorpresa: non tanto per il fatto che fino a una sera prima non si era mai curato di questo particolare, quanto piuttosto perché lei stessa se ne era completamente dimenticata. Da quanto non mangiava? Un paio di giorni? Ricordò che durante tutto il cammino di quella giornata aveva sentito più volte il suo stomaco brontolare, ma in quel momento, complice anche lo spavento preso a causa dell’Uomo Nero, quello stesso stomaco sembrava essere chiuso in una morsa.
Vincent non attese risposta; con ulteriore stupore della ragazza, estrasse da una tasca del mantello una mela rossa, porgendogliela con fare sbrigativo.
- Tieni. Mi servi in forze per domani, se svenissi per la fame mi rallenteresti e basta.
Che gentiluomo!, ironizzò Anya. Guardò la mela che il Primo Ministro le porgeva: era grande, straordinariamente lucida e rossa. Molto rossa.
Il Primo Ministro scoprì un ghigno beffardo.
- Cosa c’è? Forse preferisci la testa di un coniglio?
Anya serrò le labbra a fessura, innervosita, e gli strappò la mela di mano.
- Grazie…- borbottò; continuò a guardare quella mela, tracciandone i contorni con le dita.
Il Primo Ministro ravvivò nuovamente il fuoco.
- Non sono riuscito a procurarmi di meglio, per oggi ti dovrai accontentare - aggiunse; le scoccò un’occhiata di sottecchi: la ragazza teneva lo sguardo fisso sul frutto, rigirandoselo fra le mani. Tutta la sua espressione lasciava trapelare diffidenza e ostilità.
Vincent scoprì un altro ghigno.
- Che c’è?- la beffeggiò.- Madamigella forse non gradisce?
Anya strinse il frutto fra le mani, continuando a fissarlo. Era solo una mela, in fondo. E aveva anche un aspetto invitante. Ma era rossa. Troppo rossa.
Sollevò lo sguardo sull’uomo.
- E’ avvelenata?- ringhiò.
Forse non era una divoratrice di libri come Liz; forse non credeva nelle favole; forse in quel luogo era la meno esperta e sapeva meno di sua sorella come muoversi. Ma non era così ignorante in materia, le favole più famose le conosceva e da bambina aveva visto i film della Walt Disney.
E non era poi così sprovveduta. I concetti generali li sapeva, e aveva sempre avuto una sorta di sesto senso per le fregature.
Il Primo Ministro rimase a guardarla per qualche istante, stavolta sinceramente e palesemente stupefatto. Con grande sconcerto della ragazza, le scoppiò a ridere in faccia.
- Avvelenata?!- rise Vincent.- E che senso avrebbe ucciderti adesso? Come farei ad arrivare alla Pietra, me lo spieghi?!
Anya distolse lo sguardo, arrossendo vistosamente; si sentì infinitamente idiota.
Il Primo Ministro smise di ridere, ma mantenne il ghigno di beffa di poco prima, avvicinandosi a lei.
Le strappò la mela di mano.
- Mi spiace per te, ma hai perso l’occasione.
Anya lo guardò, attonita: il Primo Ministro diede un morso alla mela, per poi gettarla lontano da sé.
- E ora è meglio se chiudi la bocca e con essa anche gli occhi. Domani si riparte all’alba.
Ad Anya il suo tono di voce parve molto sbrigativo, come se volesse risolvere una questione il più presto possibile. Sollevò nuovamente lo sguardo al cielo: ormai il sole era quasi calato. La notte era vicina.
- Tu dormi; io resto di guardia.
Anya lo vide allontanarsi da lei a passo svelto, quindi Vincent si sedette all’altro capo della radura, il più lontano da lei. Sollevò il cappuccio del mantello, voltandole le spalle.
- D’accordo…- mormorò la ragazza, sconcertata, distendendosi sull’erba. - Solo, potresti dirmi quando inizia il mio turno?
- Non c’è nessun turno. Ho detto di dormire, qui ci penso io.
- Ma…
- Vuoi stare zitta?!- ringhiò Vincent, senza guardarla.
Anya lo osservò per un lungo istante, chiedendosi perché mai avesse sollevato il cappuccio e ora le desse le spalle.
Il buio era quasi calato.
- Okay…- acconsentì lei, dubbiosa, stendendosi completamente.
Lasciò trascorrere qualche istante di silenzio, prima di parlare di nuovo.
- Comunque, io mi chiamo Anya Hadleigh - disse, ricordandosi di non essersi mai presentata.
- Si suppone che m’interessi?
Anya aggrottò le sopracciglia, innervosita.
Stronzo!
Si voltò dall’altra parte, raggomitolandosi su se stessa, ben decisa a non parlargli più per tutta la notte e di provare a dormire almeno un po’, per quanto glielo consentiva l’erba umida e le rocce spigolose sotto di lei.
Vincent si calò ancora di più il cappuccio sul capo, stringendosi nel mantello. Ora era completamente buio, e lui l’aveva scampata per un pelo. Non avrebbe dovuto importargli che una stupida ragazzina che, peraltro, sarebbe morta molto presto, vedesse le tracce di una cosa che non esisteva più.
Ma non voleva ugualmente. Non voleva che lei lo guardasse negli occhi.
Sospirò; prima avrebbero trovato la Pietra, prima le avrebbe potuto strappare il cuore, e prima le avrebbe strappato il cuore, meglio sarebbe stato per tutti quanti.
Per il momento, lei pareva fidarsi di lui e della sua parola, e questo voleva dire meno intralci e pesi morti. Ma non significava che non fosse stata ingenua a donargli così facilmente la sua fiducia.
Le aveva detto che non avrebbe avuto senso avvelenarla adesso, ed era la verità.
Non le aveva giurato che non l’avrebbe mai uccisa…
 

***

 
- Ma si può sapere chi siete?! Che volete da me?!
Gaston continuava a sbraitare da almeno un’ora, ma nessuno di quegli uomini si degnava di rispondergli o di dargli spiegazioni. L’avevano tirato malamente fuori dall’acqua, legato, imbavagliato, spintonato fino a quel casolare abbandonato dove l’avevano spinto su una seggiola e immobilizzato.
Erano tre uomini, tutti vestiti con divisa nera, stivali di pelle e mantello, quasi fossero usciti da uno di quei pallosi film in costume. Uno di loro, presumibilmente il capo, aveva il volto sfregiato da una cicatrice ancora recente che gli attraversava tutta la parte sinistra del volto.
- Che cosa volete?! Dove sono finito?!- ansimò rabbiosamente Gaston.
- Silenzio!- tuonò il capitano Navarre.- Da questo momento in avanti sei nel territorio di Sua Maestà la Regina Cattiva!
Il volto di Gaston si distese in una risata nervosa.
- Ma cos’è, uno scherzo?!- fece.- La Regina Cattiva? Ma siete fatti, o…
- Ho detto silenzio!- urlò Navarre, sfoderando la spada. Gaston sentì il proprio cuore mancare un battito quando il capitano gli puntò la lama affilata sotto al mento, all’altezza della gola.
Iniziò a sudare, ansimando, il cuore che batteva a mille. Non era uno scherzo, per niente, realizzò.
Navarre inclinò il capo di lato, squadrandolo con attenzione.
- No. Quest’uomo non ha niente a che fare con quelle due - dichiarò.- Che ne facciamo di lui?- chiese, rivolto ai suoi scagnozzi.
- Uccidetelo, capitano!- disse uno dei soldati.
- No!- implorò Gaston, sull’orlo delle lacrime.- No, vi prego, no…
- Zitto, o ti trapasso da parte a parte!- minacciò Navarre.
- Uccidetelo…- ripeté il soldato.- Non ci serve. Abbiamo già abbastanza prigionieri, questo di sicuro non…
- Capitano - lo interruppe l’altro soldato.- Capitano, io avrei una soluzione migliore…
Navarre lo guardò, senza abbassare la lama.
Il soldato squadrò attentamente Gaston, quindi si schiarì la voce.
- Guardatelo, capitano - disse infine.- E’ alto, ben piazzato, sembra forte e sano. Con l’addestramento adeguato, potrebbe divenire un’ottima recluta.
- Stai suggerendo di farlo diventare uno dei nostri?- la voce di Navarre era carica di scetticismo.
- Ci occorre un nuovo soldato - spiegò l’altro.- La biondina ha ucciso Boris, Xavier è ferito e quell’uomo ha strangolato Claude. Un uomo in più gioverebbe a tutti.
Navarre si umettò le labbra, riflettendo sulla proposta. Squadrò Gaston: effettivamente, aveva il fisico adatto per un soldato, anche se non pareva essere troppo intelligente. Beh, poco male. L’importante era che fosse bravo e celere nell’eseguire gli ordini.
- Molto bene - dichiarò, ritraendo la spada.- Come vi chiamate, giovane?
- Gaston…- soffiò l’altro, più frastornato che mai.
- Gaston? Gaston. Molto bene, Gaston, a voi la scelta: potete decidere di morire qui, oppure unirvi a noi al servizio della Regina. Cosa scegliete?
Gaston deglutì, incredulo, confuso, frastornato, impaurito come mai lo era stato.
E avrei una scelta?!
- Allora?- incalzò Navarre.
- Accetto.
 

***

 
Cenerentola posò velocemente una ciotola d’acqua sul pavimento, afferrando alcune pezze e immergendone una fino a impregnarla completamente. Elizabeth s’inginocchio di fianco al corpo immobile del Cacciatore.
- Ecco, tieni!- Cenerentola le porse la pezza bagnata.- Tampona la ferita, io penserò a rinfrescargli la fronte…
Elizabeth annuì, afferrando la pezza impregnata di acqua calda e tornando a fissare il punto in cui l’uomo era stato ferito. Dopo che aveva perso i sensi nella foresta, lei e Cenerentola erano riuscite a trasportarlo fino al villaggio, infilandosi nella prima casa la cui porta avevano trovato aperta. Lei si era occupata di distenderlo sul pavimento, mentre la bionda aveva preso a rovistare in ogni luogo alla ricerca di ciò che le occorreva. Le aveva raccomandato di non toccare assolutamente coperte, bicchieri, posate, e qualunque altra cosa potesse essere giunta a contatto con il respiro delle persone. Era probabile che il colera fosse ancora in agguato, le aveva spiegato.
Elizabeth sollevò attentamente un lembo della casacca dell’uomo, squarciata all’altezza del fianco dal colpo di spada ricevuto. Un taglio piuttosto profondo, anche se non così tanto da danneggiare gli organi interni, divideva la pelle e la carne di almeno dieci centimetri, spargendo un sacco di sangue.
Già, il sangue…se quello poteva veramente essere definito sangue.
Elizabeth lo osservò attentamente, ritrovandone similitudini anche sul taglio poco profondo e ormai in via di guarigione sulla gamba di Cenerentola. Il sangue del normale color rosso scuro si mischiava a una sostanza altrettanto liquida e vischiosa, di uno strano e innaturale nero pece. Elizabeth si era sporcata le dita con essa quando aveva deposto il Cacciatore sul pavimento: era appiccicosa proprio come il sangue, ma quel nero non era normale.
Pareva quasi inchiostro, più che sangue.
- Che fai lì impalata?!- la riscosse Cenerentola, posando un’altra pezza bagnata sulla fronte del Cacciatore. - Forza, che aspetti? Bisogna lavare via il sangue!
Elizabeth si riprese, annuendo, e ubbidì. Tamponò con la pezza prima le parti intorno alla ferita, quindi passò al taglio vero e proprio. A quel punto, il Cacciatore sussultò. Elizabeth ritrasse istintivamente la mano; l’uomo continuava a tenere gli occhi chiusi, ma quando Cenerentola gli tamponò le tempie emise un mugolio e voltò il capo di lato. Le palpebre iniziarono a muoversi.
- Si sta svegliando…- sussurrò Cenerentola.- Com’è quella ferita?
- Profonda, anche se non sembra grave. Ma credo che gli occorra qualche punto - osservò Elizabeth.
- Qualche…punto?- Cenerentola inarcò un sopracciglio, confusa.
- Ehm…voglio dire…credo che dovremmo ricucirla…- precisò la ragazza, dandosi mentalmente della stupida. Ancora non aveva assimilato bene il concetto che in quel luogo la gente parlava, si comportava, e magari anche pensava in maniera diversa dalla sua; era ovvio che Cenerentola non capisse a cosa si stava riferendo. Dal modo in cui guardava i suoi abiti, Elizabeth aveva dedotto che ancora non si capacitasse che lei indossasse dei jeans, o pantaloni secondo la bionda. Senza contare che aveva già fatto la cavolata di raccontarle tutta la sua storia…
Cenerentola tamponò ancora un poco la fronte dell’uomo. Il Cacciatore mugolò nuovamente, aprendo gli occhi. Sbatté più volte le palpebre, cercando di mettere a fuoco le immagini di fronte a sé.
- Oh, siete sveglio!- esclamò Cenerentola, con un sorriso d’incoraggiamento.- Come vi sentite?
Il Cacciatore non rispose, portandosi una mano alla fronte. Guardò lentamente le due ragazze, mettendone a fuoco i volti. La prima cosa che notò fu che dovevano avere all’incirca la stessa età: una era bionda, con i capelli lunghi, molto magra ma con un viso estremamente grazioso, ed era vestita di stracci; l’altra aveva i capelli color castano scuro, lunghi, aveva il viso ovale e sembrava meno denutrita della bionda, e indossava degli abiti maschili.
Il Cacciatore riconobbe entrambe come le ragazze che aveva salvato nella Foresta Incantata; spostò lo sguardo sulla brunetta: aveva un’aria molto familiare, doveva averla già vista da qualche parte…
All’improvviso, i pochi e sbiaditi ricordi della precedente luna piena ritornarono nella sua mente, e rivide la stessa ragazza che ora stava di fronte a lui gridare e cercare di sfuggire al mostro che era diventato.
Si sollevò da terra con tanta foga da lasciarle entrambe stupefatte.
- Per tutti gli dei…!- esclamò, guardando Elizabeth.- State bene? Siete ferita?
- Ehm…questo forse dovrei chiedertelo io…- mormorò la ragazza, perplessa, indicando la ferita all’altezza del fianco.
Il Cacciatore abbassò lo sguardo, frastornato.
- Ma che…?
Improvvisamente, il dolore che fino a un attimo prima non aveva avvertito parve manifestarsi in tutta la sua forza, portandolo a emettere un gemito soffocato e a portarsi una mano al fianco. Cenerentola lo afferrò per le spalle, facendogli poggiare il dorso contro le pietre che circondavano il focolare.
- State giù!- lo ammonì.- State fermo, la ferita è ancora aperta e avete perso un sacco di sangue…
- Voi state bene?- s’informò il Cacciatore, guardando entrambe.- Quando ho visto cosa stavano per farvi i soldati della Regina, io…
- Lo sappiamo, e ve ne siamo infinitamente grate. Ma lo saremo ancora di più se ora voi starete fermo e mi lascerete ricucire quella ferita - disse Cenerentola; si alzò da terra dirigendosi verso una cassettiera poco distante, iniziando a rovistarvi all’interno.
Elizabeth si avvicinò al Cacciatore, scostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, un po’ a disagio.
- Grazie…- soffiò.- Per averci salvate…
- Di nulla…- il Cacciatore fece un debole sorriso.- Voi come vi chiamate?
- Io sono Elizabeth, e lei è…
- …Cenerentola - concluse la bionda, ritornando con ago e filo in mano. Elizabeth la guardò: l’aveva sentita pronunciare il suo nome solo un paio di volte, e in entrambi i casi lo aveva accompagnato ora con un sorriso amaro ora con una smorfia infastidita.
Cenerentola s’inginocchiò accanto al Cacciatore, infilando il filo nella cruna dell’ago.
- Non muovetevi. Cercherò di essere il più delicata possibile…
La bionda infilò la punta dell’ago nella pelle, iniziando a ricucire la ferita. Il Cacciatore fece una smorfia di dolore, ma presto questo si attenuò.
- Cosa volevano i soldati della Regina da voi?
- Semplicemente ucciderci - rispose Cenerentola, senza distogliere lo sguardo da ciò che stava facendo.
- Chi sei? Da dove vieni?- domandò Elizabeth.
- Sono un cacciatore. Ero prigioniero della Regina, ma sono riuscito a fuggire…
- Prigioniero?- fece eco Cenerentola.- E perché mai?
Il Cacciatore distolse lo sguardo, evitando di rispondere. Si vergognava già abbastanza di ciò che era diventato e di cosa aveva fatto; se quelle due ragazze l’avessero scoperto, probabilmente l’avrebbero allontanato. E lui non poteva andarsene, non ora che aveva trovato una delle due prescelte, quella che avrebbe con ogni probabilità potuto essere la Salvatrice.
Anche se, se davvero aveva intenzione di continuare a proteggerla, avrebbe innanzitutto dovuto provvedere a proteggerla da lui stesso. Non avrebbe potuto tenerle nascosto il suo segreto molto a lungo.
Il Cacciatore era consapevole che, scappando dalle prigioni della Regina, si era soltanto risparmiato le catene e tante frustate. Ma non era scampato alla maledizione della luna piena. Al prossimo plenilunio si sarebbe trasformato, in ogni caso. Ma non sarebbe più stato sotto il controllo della Regina Cattiva…o almeno così sperava.
In ogni caso, il problema era tutt’altro che risolto: se anche la Regina non avesse più potuto controllarlo, la prossima luna piena lui si sarebbe trasformato in ogni caso. E sarebbe stato fuori controllo. Avrebbe potuto fare del male a qualcuno. Avrebbe potuto uccidere di nuovo.
Non poteva rischiare di mettere in pericolo delle persone, specialmente quella ragazza che lo stava curando in quel momento e una possibile Salvatrice. La cosa più giusta e prudente da fare sarebbe stato andarsene in quel momento, ma non poteva farlo. L’Oscurità si avvicinava; la Luna di Sangue era ormai prossima; e le cose nel Regno delle Favole avevano cominciato, sebbene impercettibilmente, a peggiorare. Bastava guardare quel villaggio distrutto dai saccheggi.
Aveva un dovere verso la ribellione, verso il suo mondo e verso la Salvatrice, e l’avrebbe portato a termine. Non poteva permettere che la Regina riportasse in vita i Grimm, o che usasse Lady Marian per chissà quale oscuro piano, o che uccidesse la prescelta; se una cosa del genere fosse accaduta, allora ciò avrebbe decretato la fine del mondo che conosceva. Non poteva lasciare che avvenisse.
Doveva proteggere la Salvatrice, aiutarla a portare a termine la sua missione.
Doveva trovare un modo per fermare la sua maledizione. Qualunque sortilegio poteva essere spezzato, lo sapeva. Anche la maledizione della luna piena poteva essere annullata…doveva solo capire come.
Chiuse gli occhi, sperando che le due ragazze attribuissero questo gesto al dolore causato dalla ferita, e prese una decisione. Sarebbe rimasto insieme alla Salvatrice…quanto alla maledizione, gliel’avrebbe detto quando sarebbe stato il momento, e nel frattempo avrebbe cercato una cura.
Ma per ora, sarebbe rimasto.
 

***

 
In genere gli sarebbe bastato schioccare le dita per materializzarsi nel preciso luogo in cui desiderava andare, ma quel giorno aveva deciso di fare un’eccezione e di prendere un po’ di sana aria fresca facendo una breve passeggiata nella Foresta Incantata.
Inutile dire che il suo obiettivo era stato raggiunto e aveva notato dei cambiamenti oltremodo interessanti.
L’energia magica e disgustosamente benigna sprigionata da quel luogo si era notevolmente attenuata; gli alberi erano molto più scuri di quando li aveva visti l’ultima volta; non aveva avvertito alcuna presenza che riconducesse alle fatine del bosco.
Erano piccoli cambiamenti, ma restavano comunque dei notevoli passi avanti.
Che fossero maledetti i Grimm, quanto adorava i piani ben riusciti!
Tremotino spostò con una mano un ramo sporgente in modo da poter vedere meglio: esattamente come ricordava, le coordinate erano corrette. E proprio di fronte a lui, in quella radura sperduta ma non così tanto da non poter essere raggiunta da tutti i bambini smarritisi nel bosco, sorgeva ciò che stava cercando.
Tremotino si dissolse in una nuvola di fumo nero, ricomparendo proprio di fronte alla porta della casetta. Subito un nauseante profumo dolciastro di caramelle e dolciumi lo raggiunse, e il mago oscuro fece una smorfia disgustata. Non aveva mai amato i dolci, quindi era ovvio che una casetta fatta interamente di marzapane, con le finestre di miele, l’erba di zucchero filato, il tetto di cioccolato da cui colava glassa e caramello, il tutto contornato da liquirizie e dolciumi di ogni genere in grado di far marcire i denti anche a un Orco sdentato, non lo attirasse poi così molto. Anzi, Tremotino non si sarebbe mai avvicinato a una struttura tanto pacchiana e grottesca, se non avesse avuto degli affari da sbrigare.
Bussò alla porta di liquirizia per non smentire la sua fama di gentiluomo, ma non si fece scrupolo a entrare senza aver ricevuto alcuna risposta. D’altronde, lui non aveva mai avuto bisogno di chiedere il permesso a qualcuno, per ottenere ciò che voleva.
L’interno era, come previsto, anch’esso ricolmo di leccornie di ogni genere, sebbene fosse molto più cupo rispetto a come appariva da fuori; tuttavia, Tremotino non si stupì affatto, rimanendo anzi sorpreso per quanto l’ambiente non fosse cambiato in tutti quegli anni.
- E’ permesso?- gracchiò, con un ghigno stampato sulle labbra.- C’è nessuno in casa?
Nessuno rispose; non che si fosse aspettato il contrario.
- So che il mio arrivo non era atteso, Strega Cieca, ma ho pensato comunque di farti una visitina…
Ancora silenzio; Tremotino incrociò le braccia al petto con fare annoiato.
Improvvisamente, la porta alle sue spalle si chiuse di colpo; un secondo dopo, anche le imposte alle finestre si sbarrarono da sole come per magia, una dopo l’altra, precipitando l’interno ancora più nell’oscurità. Questa, tuttavia, venne immediatamente interrotta da un fuoco che sia accese da solo nel caminetto contro la parete.
Tremotino sogghignò.
- Andiamo, non crederai davvero di impressionarmi con questi trucchetti da quattro soldi? Nel caso te lo sia dimenticato, non sono un bambino smarrito nella foresta. Davvero mi credi così sprovveduto, Strega Cieca?
- Questa non è più la dimora della Strega Cieca da molto tempo, ormai!
Tremotino sollevò lo sguardo nella direzione da cui era provenuta la voce. Dalla semioscurità emerse lentamente la figura di una donna, alta, snella e formosa, con lunghi e folti capelli castani che le ricadevano sulle spalle fino alla vita, labbra carnose e grandi e penetranti occhi scuri. Indossava un elegante vestito nero lungo fino a terra, che le lasciava le spalle scoperte e aveva un poco di strascico, mentre il bustino era ricamato con ghirigori argentati.
La donna sorrise, incrociando le braccia al petto.
- Comunque, devo dire che sono felice di rincontrarti dopo tutto questo tempo, Tremotino.
Il mago oscuro ricambiò il sorriso, salutandola con un inchino.
- Anche per me è un piacere rivederti, Gretel.
 
 
 
Angolo Autrice: Con che coraggio aggiorna questa storia?!, starete pensando. E avete ragione. So che dopo il disastro tecnologico di pochi giorni fa dovrei aggiornare Once Upon a Time in Storybrooke, ma il prossimo capitolo di questa arriva domenica, I promise! Ci tenevo ad aggiornare ancora questa perché 1, ho lasciato il capitolo a metà, 2 ero in ritardo pazzesco con il precedente e volevo rifarmi. Anyway scusatemi se non ho risposto a tutte le recensioni ma ora vado di fretta perché mi aspettano al lavoro, recupererò al più presto. Ci tengo solo a fare un in bocca al lupo a Sylphs e a NevilleLuna che domani iniziano l’esame di maturità e assicurare a LadyAndromeda che recensirò il nuovo capitolo della long non appena avrò un po’ di fiato, dal momento che sono sotto esami universitari anch’io. Per la cronaca, stamattina ho fatto un esame e presa dalla follia ho scritto questo capitolo mentre attendevo il mio turno, e poi a casa, in tutto solo tre ore di lavoro…quindi, se ci sono porcherie, perdonatemi!
Ringrazio chi ha recensito e chi legge silenziosamente. Avevo promesso che avrei inserito delle immagini, lo so, ma come vi ho detto vado di fretta e oggi è stata una giornata pesante, prometto che mi rifarò con il prossimo, e di nuovo, scusate le mancanze e gli eventuali obbrobri. Comunque, ringrazio tutti quelli che mi hanno dato consigli in merito a Cenerentola e Tremotino, nel prossimo capitolo passerò a ringraziarvi uno per uno.
Informazione: il prossimo capitolo vedrà Elizabeth, Cenerentola e il Cacciatore, Tremotino e Gretel, Hadleigh e Jones, e forse inserirò anche un pochino di Anya/PM. Ah, il prossimo capitolo s’intitolerà Hooked…e con questo ho detto tutto ;).
Ciao, un bacio,
Beauty

  
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