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Autore: sfiorisci    19/06/2013    14 recensioni
Sakura è una ragazza timida che vive da sola in un piccolo villaggio.
Un giorno, dopo averci pensato a lungo, lei, il suo migliore amico Red e un altro ragazzo di nome Shin partono per conoscere meglio il mondo.
Viaggiando di villaggio in villaggio verranno a conoscenza di fatti strani, di terribili avventi, che sembrano operano di una maga cattiva: una profezia e l'incontro di altri ragazzi li porterà a svelare un grande mistero.
Più andranno avanti nel viaggio, più i ragazzi si renderanno conto che non è solo il caso che li ha fatti incontrare e che qualcosa, nell'ombra di un vecchio castello, trama proprio contro di loro.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 – L’inizio del viaggio

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« Sakura! Sakura! » si sentì chiamare. La ragazza aprì gli occhi e si alzò dal letto. Non stava dormendo, si stava semplicemente godendo il tepore del mattino, consapevole del fatto che si sarebbe dovuta alzare all’alba.
« Arrivo Red, un attimo! » disse.
Andò in bagno, si lavò il viso, i denti e si legò i lunghi capelli castani con un nastro rosa, poi tornò in camera sua.
Lungo il corridoio si fermò davanti ad una stanza dalla porta spalancata: il letto era  rifatto con lenzuola bianche, il pavimento lucido e un fiore fresco si trovava dentro in un vaso sopra al comodino.
“È come l’avevi lasciata tu, mamma”  pensò Sakura.
Ogni giorno, dopo la morte della madre, si era presa cura di quella che una volta era la sua camera da letto, anche se da quel momento in poi non avrebbe più potuto farlo. Sospirò malinconicamente e arrivò nella sua stanza, aprì l’armadio e rifletté su cosa avrebbe potuto mettersi: non aveva mai avuto tanti vestiti perché la sua non era una famiglia ricca, ma a lei non dispiaceva molto.
Alla fine scelse un paio di pantaloncini rosa e una canottiera bianca; il resto lo ripose con cura all’interno di una borsone che stava sopra ad una vecchia sedia.
« Allora Sakura, quanto ci metti? Il sole si sta alzando… » disse Red con tono impaziente.
« Red, se vuoi puoi entrare » gli rispose lei. Sentì la porta aprirsi, dei passi che correvano verso la sua stanza ed infine vide comparire il suo migliore amico. Era vestito con dei pantaloni marroni che gli arrivavano al ginocchio, maglietta rossa e una giacca con le maniche tirate su dello stesso colore. I capelli erano come al solito: marroni con quelle sfumature rossicce e poco pettinati.
Era per quei pochi ciuffi rossi che la gente, al villaggio, lo chiamava Red.
Ormai quasi nessuno, tranne forse Sakura qualche volta, lo chiamava con il suo vero nome, che era Hisaki.
A lui Red piaceva, perché il rosso era anche il suo colore preferito e diceva che lo rispecchiava, combattivo com’era.
« Ti manca ancora molto? Vorrei partire ora, ho visto che anche Shin è già pronto, ci aspetta di sotto, manchi solo tu » parlava picchiettando il piede per terra e chi lo conosceva bene poteva cogliere nella sua voce l’impazienza, ma anche la voglia di avventura.
« Non mi manca molto… ma deve per forza venire anche Shin con noi? » chiese Sakura mentre prendeva i medicinali dal bagno.
Fin da piccola sognava di poter fare la dottoressa, era una lavoro che amava, stare a contatto con la gente, poter salvare gli altri… lei non avrebbe fatto soffrire dei ragazzi dicendogli quello che le era stato detto alla morte di sua madre. Si rifiutava di credere che ci fossero malattie incurabili.
« Ne abbiamo già parlato, lui non è così male come sembra, solo che tu non lo conosci. » le rispose lui.
« Se lo dici tu, allora mi fido. Sono pronta, possiamo andare » annunciò mentre chiudeva la borsa.
Per un attimo lui non si mosse: Sakura gli stava davanti, riusciva anche a specchiarsi in quei suoi occhi marrone scuro.
Non ricordava un tempo in cui loro due non fossero amici o che non si conoscessero: erano praticamente nati insieme, infatti tutti li consideravano un po’ come fratello e sorella, lui così solare, pieno di vita, avventuriero e giusto; lei timida, pacata, silenziosa e altruista.
Molti pensarono che fu il destino a farli diventare migliori amici, si completavano a vicenda.
« Partiamo per questa avventura, allora » Sakura si mise la borsa a tracolla e uscì seguendo Red.
Non si voltò a vedere la sua vecchia casa, sapeva che avrebbe pianto. Come aprì la porta un’ondata gelida la invase: era davvero freddo, così decise di mettersi una giacca. Scese in fretta le scalette di pietra all’esterno della casa.
Ad aspettarli c’era Shin, vestito come al solito: pantaloni giallo chiaro, maglietta dello stesso colore e giacca di pelle marrone. Lui era il classico Don Giovanni, tutte le ragazze si innamoravano di lui. Shin era alto, ben piantato, capelli color oro, pelle caramello e occhi marroni miele. Il suo sorriso poi era meraviglioso: i suoi denti bianchi sembravano resi più lucenti dalla pelle scura.
« Ciao Sakura » la salutò quando la vide scendere. Lei gli fece un cenno col capo: non gli andava a genio Shin, gli piaceva giocare col cuore delle ragazze, le prendeva e le lasciava come se fossero burattini nelle sue mani, non esseri umani.
« Forza, che è già tardi, andiamo, voglio arrivare a questo villaggio entro mezzogiorno. » disse Red indicando un punto su una vecchia mappa e mostrandola ai suoi due amici.
Sakura si girò per vedere il villaggio che si allontanava: la sua casa, il torrente in cui faceva il bucato, le colline che si vedevano dalla sua finestra, il piccolo parco giochi in cui stava sempre con Red… le dispiaceva lasciare tutto questo, ma sapeva che prima o poi sarebbe successo, sarebbe stato inevitabile. Era giunto il suo momento di crescere, il suo momento di partire, il suo momento di diventare un persona nuova, una persona migliore
Continuò a guardare il suo villaggio fino a quando la strada curvò e gli alberi lo coprirono, come un sipario che viene calato dopo la fine di uno spettacolo.
 
« Uffa, fermiamoci, non ce la faccio più! » era almeno la millesima volta che Shin lo ripeteva e ormai sia Sakura che Red si erano scocciati di ascoltarlo; anche se Sakura (non lo avrebbe mai ammesso pubblicamente) era d’accordo con lui: avevano camminato per tutto il giorno e alle prime striature rossastre del cielo non si erano ancora fermati.
« Non è colpa mia se ti sei voluto fermare troppo tempo a pranzo… ora ne paghi le conseguenze. » gli disse Red mentre scrutava la mappa.
« Dovremmo essere nei pressi di un villaggio… » continuò guardando la mappa «Dovrebbe essere da queste parti…» tutti quei condizionali mettevano paura a Sakura: nonostante si fidasse ciecamente del suo migliore amico, era molto stanca anche lei e non sapere con precisione dove stava andando non la rincuorava di certo. Fortunatamente poco dopo scorsero una porta, l’ingresso del villaggio.
« Eccolo! Cosa vi dicevo? » esclamò Red pieno di entusiasmo. I tre ragazzi entrarono nel villaggio e si misero in cerca di una locanda in cui passare la notte.
« Mi scusi, signore, saprebbe indicarci una locanda in questo villaggio? » chiese Sakura molto educatamente.
« Certo, ragazzi, vi ci porto subito » rispose l’anziano signore alzandosi dalla panchina su cui stava seduto. Fecero un po’ di strada in silenzio, senza parlare, dopotutto erano molto stanchi e non vedevano l’ora di riposarsi.
Arrivarono davanti ad un edificio piuttosto malconcio, con delle crepe che percorrevano i muri e con dell’edera che si arrampicava fino al soffitto.
« Questa è l’osteria della signora Yasashii » disse il vecchietto indicando l’edificio ai ragazzi.
« Ora la vedete così perché c’è stato da poco un terremoto, ma prima era splendida e rigogliosa… inoltre la padrona di casa e suo marito sono sempre molto gentili con gli ospiti, specialmente con chi viene da lontano ».
« Grazie molte, signore, ci è stato utilissimo » lo ringraziò di nuovo Sakura.
Lei era la più gentile fra i tre, ed era quella che ringraziava e che parlava con la gente, perché aveva un modo di fare delicato e molto dolce, che faceva sentire il suo interlocutore sempre in pace.
Entrarono da una piccola porticina e subito notarono che si trovavano nell’ingresso: una piccola stanza piena di tavolini bassi e cuscini con sopra ogni sorta di oggetto: piantine della città, ritratti dei paesaggi, bastoncini profumati, candele e qualche dedica di qualche vecchio viaggiatore. Dalla parte opposta alla porta c’era un piccolo tavolo pieno di scartoffie dietro al quale era seduta una signora magra dagli occhi vispi. Sorrideva ai visitatori e li invitava a venire verso di lei.
« Benvenuti viandanti, spero che questo posto sia di vostro gradimento. Se cercate un luogo per rifocillarvi e passare la notte al caldo, vi offriremo tutto ciò che ci è possibile offrirvi » parlava in modo formale, ma i ragazzi si sentirono un po’ a disagio, perché non erano molto abituati.
« Grazie mille, signora, volevamo tre camere per passare la notte e una cena per questa sera » le rispose Sakura sperando di non sembrare troppo informale. La signora si rabbuiò di colpo.
« Come avrete potuto notare un terremoto ha recato dei gravi danni alla nostra osteria, per cui sono rimaste poche camere agibili e solo una di queste è libera » disse la signora con aria di profonda scusa.
« Non si preoccupi, per me e per i miei amici andrà benissimo » disse Sakura per non deluderla. La signora li accompagnò nella camera e gli diede le chiavi, poi disse loro:
« La cena verrà servita fra poco, dirò a mio marito di cucinare per voi qualcosa di speciale… e fate pure come se foste a casa vostra! » disse chiudendosi la porta alle spalle e lasciando i ragazzi da soli.
« Allora, qui abbiamo un letto un divano e una poltrona… come facciamo? » chiese Hisaki.
« Io dormo sul letto » sentenziò Shin.
« Io non ho problemi, posso dormire dove volete » disse tranquilla Sakura, che però avrebbe avuto tanta voglia di dormire sul letto.
« Allora faremo così: io starò sulla poltrona, Sakura sul divano e Shin sul letto, va bene? » tutti annuirono e, silenziosamente, aprirono le loro borse e sistemarono le loro cose. Sakura si fece un bagno caldo per rilassarsi, mentre Shin e Hisaki si cambiarono solamente d’abito.
Scesero tutti insieme per la cena e mangiarono tutto con gusto: il cibo era davvero ottimo. Dopo cena fecero i complimenti al cuoco, il marito della signora Yasashii. Ad un certo punto sentirono qualcosa, come dei gridi e delle porte che sbattevano e, allarmati, chiesero cosa stesse succedendo.
« È lei » disse il signor Yasashii stringendo i pugni.
« Lei chi? » chiese curioso Red.
« La Strega Bianca, sta vendendo a controllare il villaggio… deve essere per la profezia, effettivamente oggi c’è la luna piena » disse guardando un piccolo calendario lunare appeso alla parete.
« Quale profezia? » chiese di nuovo Red, avido di conoscere.
Il buon uomo sgranò gli occhi e allargò le mani, quasi come non potesse credere a ciò che aveva sentito.
« Davvero voi non conoscete la profezia? ».
 
Intanto, in una casa antica…
 
“Una, due, tre” silenzio “Una, due, tre” di nuovo il silenzio. “Una, due…”
« Milady, cosa sta facendo? » chiese un ragazzo dai capelli biondi.
La ragazza seduta sulle scale gli lanciò un’occhiata truce, evidentemente non gradiva molto le domande. Dopo poco che lo fissava tornò a guardare il soffitto.
Il ragazzo sospirò: era davvero difficile lavorare in quelle condizioni.
La sua padrona era una ragazza bellissima, ma guardandola qualsiasi persona le avrebbe dato l’età di una dodicenne: i capelli biondi lunghi, quasi argentei,  erano racchiusi in due trecce tenute da un piccolo elastico, il viso chiaramente da bambina era segnato da un dolore enorme, ma gli occhi erano la cosa che più di tutte inquietava in lei; erano neri e spenti, sembravano senza vita.
Se era vero che gli occhi erano lo specchio dell’anima allora forse lei non aveva un’anima.
Per tutto il tempo che era stato a servizio della sua padrona si chiedeva se lei avesse un’anima, quando morirono i genitori lei non pianse, quando fu costretta a vivere in quella casa con la maledizione a cui era legata, non disse niente, inoltre si comportava come se nulla potesse distruggerla o ferirla anche lontanamente.
Non mostrava pietà per niente e per nessuno, gli unici sentimenti che trasparivano da lei erano la noia, l’apatia e, di tanto in tanto, il dolore fisico.
Un grido lacerò l’aria: la ragazza era caduta a terra e si teneva con le mani la testa, come se qualcuno le stesse parlando dentro.
« Milady, cosa vi succede? State bene? » per tutta risposta lei continuò ad urlare.
Si ricordò della prima volta che le era successo.
Lui era stato preso dal panico e non si ricordava più cosa gli era stato detto di fare, aveva gridato con lei, non riusciva a mantenere la calma… aveva quasi rischiato di ucciderla, quel giorno.
Ma ora era accaduto tante di quelle volte che passato lo spavento iniziale, faceva tutto meccanicamente, così la prese in braccio: il suo piccolo corpo si adagiava perfettamente fra le braccia muscolose di lui.
Mentre salivano le scale e lei urlava di dolore lui si chiese ancora una volta perché non riusciva a provare emozioni, era sempre stato così o solo dopo aver lavorato in quella casa?
Forse il fatto di pensare che lei non aveva un’anima aveva fatto diventare senza anima anche lui?
Arrivarono nella camera della ragazza e la mise sul letto, poi prese una siringa con uno strano liquido dentro.
Sospirò e si preparò a quello che ogni volta faceva controvoglia.
« Spero che un giorno potrai guarire » disse lui con voce bassa, poi le iniettò il contenuto della siringa in un braccio, lei smise di urlare e scivolò in un sonno privo di sogni. Lui buttò via la siringa e si accasciò piangendo ai piedi del suo letto. Ora si ricordò che lui l’anima l’aveva e questo gli procurò un dolore ancora più grande.
  

  

 

Salve a tutti, sono tornata con una nuova storia, sempre di genere fantasy.
Questo è solo il primo capitolo, per cui è normale che abbiate ancora le idee confuse sulla storia.
Spero di non aver commesso errori, l'ho ricontrollato molte volte, ma sono ancora in cerca di una beta, casomai li avessi fatti, avvertitemi.


_WhiteRose_

   
 
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