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Autore: dontletmeboo    19/06/2013    48 recensioni
Pregherei gentilmente di NON copiare questa storia, come già sta succedendo.
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“69 Days in Love -  Come far innamorare una celebrità in 69 giorni”
Ma se Julie prendesse troppo sul serio questo articolo?
Se al suo lavoro si mischiassero per sbaglio anche dei sentimenti?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter Twelve
Sorry.

 


Strinsi tra le mani la stoffa blu, portandola poi fin sopra la testa.

«Non un'altra volta» protestò Ally, sbuffando e facendosi cadere sul letto, ormai senza pazienza.
Soffocai una risata, senza però muovermi di un millimetro.
«Spero soffocherai lì sotto» tentò, ma rimasi impassibile, sotto le coperte.
In effetti facevo fatica a respirare, ma questa non era una buona ragione per uscire dal letto e tornare alla mia vita di sempre «Julie» si sedette accanto a me «devi alzarti e scoprirti, ora» mi ordinò, ma il suo tono severo andò perso appena mi accarezzò dolcemente i capelli attraverso le coperte.
«No» dissi appena, notando la mia voce leggermente strozzata.
Ally rise, sedendosi sopra di me e facendomi trattenere un urlo di dolore. «Pesi» mugugnai, con gli occhi chiusi e la bocca asciutta 
«mi vuoi rompere una costola?»
«Possibile» disse.
Tentai di spostarla, senza ottenere i risultati sperati; mi obbligò così a spostare il lenzuolo da sopra gli occhi e con la testa appoggiata al cuscino, osservai Ally, seduta sulla mia pancia.
«Non sei felice di poter respirare?» mi chiese e sorrisi, rimanendo nascosta il più possibile.
Finalmente si alzò e si limitò a sedersi accanto a me, «mi vuoi dire perché non vuoi alzarti?» silenzio «è per tuo padre?» la sua voce si affievolì.
Scossi la testa, chiudendo gli occhi e tirandomi ancora una volta la stoffa fin sopra il naso.
«Julie!» mi rimproverò, e con un gesto veloce mi scoprì il viso «allora che cos’è successo?»
Sbuffai «due giorni fa ho fatto un sogno,» cominciai e, vedendola annuire, mi imposi di continuare «così ieri, al concerto, ho-» alzai lo sguardo, mettendomi a fissare il soffitto e aspettando qualche minuto per finire la frase; mugugnai qualcosa e «Harry.»
Ally aggrottò la fronte «che hai detto?»
Sbuffai «Ho -farfugliai ancora- Harry.»
Questa volta fu lei a sbuffare «non ho capito un cazzo, Julie. Ieri al concerto-?» lasciò la frase in sospeso, attendendo un mio continuo.
«Ho baciato Harry» dissi, tutto ad un fiato, tornando sotto le coperte.
Un silenzio imbarazzante piombò tra di noi e per un attimo ebbi paura che Ally se ne fosse andata, troppo stufa di stare lì con me.
Feci capolino con la testa e, dopo aver notato il suo sguardo puntato su di me, ritornai a nascondermi; «non mi guardare così» dissi, lasciando un po’ di saliva sul letto e scoppiando poi a ridere.
«Non capisco perché tu voglia stare qui, allora. Vai da lui, no?» mi chiese, ancora leggermente confusa.
Scossi la testa, per poi togliermi le ciocche di capelli che mi erano entrate in bocca; «non respiro» saltai seduta, prendendo una boccata d’aria e solo poco dopo risposi alla sua domanda «diciamo che-» appoggiai le spalle al muro e mi rannicchiai su me stessa, con le gambe appoggiate al petto «-non ha ricambiato» abbassai lo sguardo.
Notai gli occhi di Ally spalancarsi «si è spostato?» chiese, allibita e io annuii «ok, è gay.»
Alzai lo sguardo e scoppiai a ridere, per poi scuotere la testa piano «no, semplicemente non è interessato da me» alzai le spalle.
«Capisco» rispose Al; alzai un sopracciglio, guardandola storto «che c’è?» mi chiese.
Allargai le braccia «sei la mia migliore amica, dovresti consolarmi» portai il labbro inferiore in fuori, tentando di farle un po’ pena.
Riuscii solo a scatenare ancora risate da parte sua, e «perché dovrei?»
Gli sventolai le mani davanti al viso «Terra chiama Ally. Un ragazzo mi ha rifiutata.»
Si, suonava decisamente male.
Un ragazzo ti ha rifiutata.
Rifiutata. Voce del verbo rifiutare, scostare con fermezza ciò che viene offerto.
Cacciai dalla testa la lezione di grammatica del mio subconscio e tornai allo sguardo accusatorio di Ally.
«Ma era per un articolo, tu non volevi veramente baciarlo, giusto?» cominciò, sedendosi meglio sul letto, incrociando le gambe «Harry non ti interessa veramente, l’hai detto tu. Quindi non ti dispiace che lui ti abbia respinta, dico bene?» rise.
La stronza me l'aveva chiesto apposta?
Rimasi lì impalata, con la bocca leggermente aperta, a fissare Ally davanti a me; solo pochi istanti dopo, mi ricordai di dover respirare.
Sbattei le palpebre qualche volta, cercando di articolare un pensiero e una frase di senso compiuto, ma senza ottenere buoni risultati.
«Io» riuscii solo a dire.
«Si, tu» mi provocò nuovamente la bionda.
Sbuffai, incrociando le braccia davanti al petto e chiedendo mentalmente scusa a Jess e Rosy per averle schiacciate «Io-» ripetei, un’altra volta.
Lei annuì, scoppiando a ridere e cadendo all’indietro sulla schiena; poco dopo si alzò e mi puntò il dito contro «ti piace» urlò «lo sapevo!»
Spalancai gli occhi, mettendomi in ginocchio e abbandonando il caldo che si era formato sotto le coperte del letto «no» l’ammonii immediatamente, ma la mia voce tremante e le guance che cominciarono ad arrossarsi mi tradirono.
«Eccome se ti piace» mi accusò, così mi arresi, sedendomi di nuovo composta, senza fare a meno di tirarle qualche calcio.
Appena finì di ridere si asciugò le guance dalle lacrime.
«Ti sei divertita?» le chiesi, ironica.
Lei annuì «tantissimo» tirò su con il naso «vieni qui» allargò le braccia, aspettando un abbraccio.
«Perché?» chiesi, confusa.
Alzò le spalle «perché il ragazzo dal quale sei stata rifiutata, ti piace, no?» si fermò con le braccia allargate.
Rimasi immobile per qualche istante, guardandomi intorno titubante; poco dopo mi avvicinai a lei gattonando e accettai l’abbraccio, facendomi piccola, avvolta dalle sue braccia.
«Vedrai che sarà solo confuso e che scriverai uno splendido articolo per la prima pagina» mi disse, con le labbra appoggiate sulla mia fronte.
Mi irrigidii leggermente ripensando all’articolo, poi scossi la testa, appoggiata al suo petto, «guarda che non mi piace» precisai, ancora.
«Julie» mi chiamò.
«Mh?»
Sorrise «stai zitta.»
 
 
 

Harry. 

Appoggiai la schiena al muro, portando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi continuai a girarmi tra le mani il diario nuovo che mi aveva regalato una settimana prima Julie.
Misi il tappo della penna in bocca, pensando ad un verso da poter aggiungere alla nuova canzone che stavo componendo; sbuffai e, senza idee, misi nel cassetto il quadernetto.
Rimasi lì, immobile, a fissare nel vuoto e quando la porta della mia camera si aprì, sobbalzai, quasi spaventato.
«Posso?»
Sorrisi, annuendo.
Louis si avvicinò a me, sedendosi sul bordo del letto.
«Tutto bene?» mi chiese, guardandomi.
Annuii «benissimo» precisai.
Soffocò una risata «se non ti conoscessi così bene, credere alla stronzata che hai appena detto» commentò.
Mi grattai la testa, imbarazzato, «sono un po’ confuso» ammisi e Louis annuì, in attesa che continuassi «prima Julie sembra interessata a me, poi a Niall e infine mi bacia» sbuffai «non ci sto capendo più nulla.»
Louis sorrise «andiamo, Harry. Anche Niall sa che le interessi tu» disse e automaticamente mi irrigidii «il punto è un altro» mi guardò, attendendo un commento.
«Ovvero?» chiesi.
Alzò le spalle «se piace a te.»
Mi bloccai, cominciando a scuotere la testa «no» dissi appena «non è il tipo di ragazza che di solito mi interessa» risi.
Lui alzò le spalle «appunto» si alzò, lasciandomi una pacca sulla spalla «di solito» ripeté le mie parole.
«Louis» lo chiamai, prima che uscisse dalla camera «cosa vuoi dire?»
Aprì la porta «che se fossi in te, cercherei di conoscerla un po’ di più» e uscì.
 
* * *
 
Suonai alla sua porta di casa più volte, sperando di non dover tornare indietro senza aver fatto quello che dovevo.
Era già tanto se avevo trovato le forze, la voglia e il coraggio di presentarmi lì come se nulla fosse, dopo quello che era successo al concerto del giorno prima.
«Chi scassa i coglioni a quest’ora?» sentii, da dietro la porta, una voce stanca e assonnata.
Risi, «Julie sono le otto di sera e ti ho svegliata?» chiesi, aspettando una risposta.
Un attimo di silenzio «Harry?»
«Non è che potresti aprirmi? Volevo chiederti una cosa» mi massacrai le mani, tirando via qualche pellicina dalle dita.
Nessuna risposta. «Julie?» la chiamai, attirando di nuovo la sua attenzione «sei ancora lì?»
Poco dopo sentii dei rumori strani provenienti dall’interno del suo appartamento.
«Porco cazzo è Harry» la sentii urlare e mi tappai una con una mano la bocca, «vaffanculo sono in pigiama» continuò a parlare da sola «puzzo e ho bisogno di un bagno. Ora» la immaginai camminare avanti e indietro per casa mentre parlava da sola «se arrotolo i pantaloni sembro più sexy magari -un’altra pausa- no, troppo mongola. Merda ho messo troppo profumo» starnutì «no, il raffreddore no. Mi prude il culo, io non apro.»
Tossii «Julie, guarda che ti sento. Sono ancora qui e-» la porta si spalancò.
Julie apparve sulla soglia di casa con il pigiama addosso, la parte destra dei pantaloni ancora poco arrotolata fino al polpaccio, un paio di ciabatte rosa, il viso struccato e i capelli malamente legati in una coda alta.
«Non ero io che parlavo» si giustificò immediatamente «era-» si bloccò, e indicò dietro di sè «il gatto» incrociò le braccia davanti al petto e si appoggiò alla porta.
Scoppiai a riderle in faccia «si, il gatto» annuii.
«Si comporta così perché tutta questa negatività lo influenza molto» annuì convinta, lasciandosi sfuggire un sorriso.
Mi grattai la testa imbarazzato e «Ciao» le sorrisi.
«Ascolta, se dobbiamo parlare di ieri volevo che-» non fece in tempo a finire la frase che la bloccai con un gesto secco della mano.
«No» dissi appena «ti voglio portare in un posto» le dissi tutto ad un fiato, trovando il coraggio che mi serviva per farlo e per non voltarmi e scappare via.
Sembrò sorpresa, poi titubante, «dove?» alla fine chiese.
Scossi la testa «questo lo vedrai» risi «il tuo pigiama è davvero carino, ma non credo che tu voglia uscire in queste condizioni» le dissi.
Scoppiò a ridere, annuendo, «va bene» aprì la porta un po’ di più «entra, qualche minuto e sono pronta.»
 
 

 
Julie. 

Mi misi un paio di pantaloncini a vita alta e una maglietta presa a caso da sotto il letto.
«Sono pronta» andai in salotto, dove trovai Harry seduto sul divano, con il mio computer sulle sue gambe.
Alzò lo sguardo «era acceso» disse «vedo che ti piace davvero scrivere» riportò gli occhi sullo schermo del portatile bianco e mosse il dito indice sul mouse.
Spalancai gli occhi «fermo» lo ammonii subito e mi morsi il labbro.
«Scusa» chiuse il computer «ero solo curioso» alzò le spalle, giustificandosi.
«Cos’hai letto?» diventai rossa in viso e sentii le guance pizzicarmi dall’imbarazzo, immaginandole di un colore più scuro del normale.
«Niente» mi sorrise e mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo.
Rise «avevi detto di essere pronta» mi squadrò, soffermandosi sull’asciugamano che portavo in testa in stile turbante, e che mi ero dimenticata di avere.
Mi guardai intorno, sciogliendolo e facendo ricadere i capelli bagnati sulle spalle «mi sono dovuta fare una doccia» alzai le spalle, cominciando a pettinare con le dita qualche ciocca.
Annuì «ecco perché ci hai messo -guardò l’orologio che portava al polso- un’ora e mezza» mi sorrise senza mostrare i denti.
Spalancai la bocca, «scusami, mi ero dimenticata del tempo e-» tornati imbarazzata, fermando la frase a metà.
«E ti sei messa a cantare in doccia, lo so» rise, alzandosi dal divano.
Mi tappai la bocca con una mano «dio, mi hai sentito?» risi appena annuì «scusami» mi guardai intorno, cercando la borsa e trovandola poco dopo.
«Invece canti bene» scherzò, «andiamo?»
Annuii, prendo le chiavi di casa e provando un piccolo brivido appena una ciocca di capelli, bagnata, finì nello scollo della maglietta.
 
 
«Ti ammalerai, dovevi asciugarti i capelli» disse, guardandomi per un attimo, per poi tornare a fissare la strada davanti a sé.
«Si papà, hai ragione» scherzai e poco dopo dovetti interrompere il silenzio che si era formato tra di noi e che stava diventando sempre più insopportabile e imbarazzante. «Mi dici dove stiamo andando?»
Scosse la testa.
Passò qualche minuto in cui la musica alla radio era l’unica cosa che mi impediva di sentirmi ancora più in soggezione.
Sbuffai, «almeno mi dici, perché ci stiamo andando?»
Lo vidi irrigidirsi con la coda dell’occhio, e automaticamente strinse le mani sul volante, fermandosi al semaforo diventato subito rosso in pochi secondi.
Alzò le spalle «mi annoiavo oggi» mentì.
Annuii «poteva farti compagnia il mio gatto» dissi appena l’auto ripartì. Feci un respiro profondo, pronta a parlargli della sera prima, «Harry, io-» mi bloccai un’altra volta.
«Siamo arrivati» esordì, quasi urlando.
Parcheggiò sul marciapiede e scoppiai a ridere appena scese dalla macchina e mi aprì la mia portiera con fare da cavaliere.
«Ammettilo Harry» dissi e lui mi guardò con sguardo confuso, chiudendo la macchina e riponendo le chiavi nella tasca dei suoi jeans neri «ti sei drogato.»
Rise, scuotendo la testa lentamente «volevo solo essere gentile» si giustificò.
Alzai le spalle e annuii «si, ti sei drogato.»
 
* * *
 
«Dimmi che posso aprire gli occhi o torno a casa e uccido il mio gatto.»
Lo sentii ridere e per l’ennesima volta ebbi la tentazione di togliere la mano dagli occhi e guardare dove stavo mettendo i piedi, «giuro che se inciampo un’altra volta nei miei stessi piedi ti meno,» dissi «con il gatto.»
«Sei tanto affezionata al tuo gatto, lo nomini ogni otto secondi» mi fece notare.
In effetti aveva ragione «si chiama Picenino» fu la prima cosa che mi venne in mente.
Harry non fece in tempo a farmi ulteriori domande sul mio gatto che urlò «apri gli occhi» e mi fece sobbalzare.
Spostai la mano dagli occhi, sbattendoli leggermente tentando di abituarmi alla luce che per vari minuti mi era mancata.
Risi «Primrose Hill?» chiesi, entusiasta.
Harry mise le mani in tasca e scrollò le spalle, «ci sei mai venuta? Quando voglio scrivere canzoni vengo qui, e se non c’è molta gente mi sento ispirato» commentò.
Qualcos’altro per l’articolo c’è.
Rabbrividii solo al quel pensiero «non ho mai visitato Londra anche dopo tre anni» ammisi, spostando il mio sguardo al cielo che cominciava a diventare più scuro.
Harry mi prese alla sprovvista, «vieni» disse, cominciando ad avviarsi su per la collina.
Risi «chi arriva ultimo paga da bere» urlai, cominciando a correre come una disperata, sentendo i capelli, ormai asciutti, spostarsi con il vento dietro le spalle.
«Non è giusto» mi ammonì, rincorrendomi a fatica.
La salita sembrava non finire più e, con il fiatone, mi voltai indietro a vedere se Harry era per caso caduto a terra, rotolato giù o morto sul colpo.
«Dove s-» mi bloccai, vedendolo accelerare e poco dopo mi sorpassò. «Brutto bastardo» urlai, rallentando e sentendo male ai piedi «non è leale» gli puntai il dito contro, mentre continuava a correre.
«Cos’è, sei stanca?» si voltò, continuando a correre più piano, all’indietro e portando fuori il labbro inferiore.
Lo fissai con uno sguardo da omicida, prendendo a correre un po’ più piano dell’inizio «dovevi farmi vincere» urlai, sentendo il cuore martellarmi nel petto, come se volesse scappare.
«E perché avrei dovuto?» detto questo si rivoltò, arrivando in cima alla collina.
 
Pochi minuti dopo lo raggiunsi.
«Stronzo» gli lanciai addosso una scarpa, che poco prima mi ero tolta.
Rise, buttandosi a terra e chiudendo gli occhi, anche lui con il fiatone.
«E’ stata tua l’idea di correre, e mi devi da bere» si alzò sui gomiti e mi sedetti accanto a lui, incrociando le gambe.
Sbuffai «il caso ha voluto che dimenticassi i soldi a casa» alzai le mani.
Rise, scuotendo la testa, senza ribattere un’altra volta.
«Dio, è bellissimo» commentai, guardando davanti a me Londra, da in cima alla collina.
«Già» lo sentii dire, ma non mi voltai a guardarlo.
Tornò il silenzio.
Fatti forza, mangia una banana, colora di giallo un cocomero e parlargli del bacio. Ce la puoi fare, Julie.
Aveva ragione, ce la potevo fare, ma di banane e cocomeri nessuna traccia, neanche si un fruttivendolo.
Non ti fa ridere la parola cocomero?
Sbuffai, ignorando la vocina sottile che continuava ad insidiarsi nella mia testa, feci un bel respiro e dissi la prima cosa che mi venne in mente. «Perché mi hai voluto portare qui? Non hai paura che i qualche fotografo ci veda insieme?» chiesi, con un tono un po’ troppo acido 
«non vorrei che ti credano pazzo perchè esci con una come me.»
Spalancò gli occhi, sedendosi composto.
«Scusa» dissi subito, abbassando lo sguardo. Non fece in tempo a rispondere che «scusa anche per ieri sera Harry. Non avrei dovuto -mi bloccai, arrossendo- fare quello che ho fatto» mi limitai a dire «ero solo felice di essere venuta al concerto, non volevo metterti in imbarazzo. Capisco che non sei affatto interessato a me» cominciai a straparlare «non che tu mi interessi è, era solo per dire. Il punto è che ero presa dall’entusiasmo, e poi si è inserito anche il sogno fatto la notte prima, avevo un mal di testa terribile e-» venni fermata.
«Julie» rise «calmati, è tutto a posto» tentò di farmi smettere di parlare.
«E’ ovvio che non ti interesso, dai» alzai le mani al cielo, come se ormai stessi parlando da sola o con il mio gatto «chi si interesserebbe ad una come me -una risata isterica- ma comunque non mi importa, anzi. Ma che cazzo sto dicendo? Quando sono nervosa comincio a dire cose senza senso, scusa.»
«L’avevo capito» rise.
Che minchia fa? Sfotte pure?
Annuii «scusa.»
«Hai mai notato che non fai altro che scusarti?»
Spalancai gli occhi. Non ci avevo mai fatto caso, «Dio è vero, scusa» arricciai il naso «scusa la smetto» sbattei un pugno a terra, lo guardai con un sorriso da ebete stampato sulle labbra e «scusa» ripetei un’altra volta.
Scoppiò a ridere, sdraiandosi sulla schiena e fissando il panorama davanti a noi, mentre le ultime persone che poco prima erano nelle vicinanze cominciavano a prendere i loro teli e tornare a casa.
«Non c’è bisogno che ti scusi» mi confortò.
Mi sdraiai a mia volta, cercando di mantenere le distanze, imbarazzata.
Scossi la testa, «non avrei dovuto» mi imposi di non ricominciare a parlare senza smettere.
«Facciamo che ci dimentichiamo tutto quanto?» si voltò a guardarmi e fui costretta a cambiare direzione del mio sguardo per non incrociare i suoi occhi, fin troppo vicini ai miei.
Annuii «Va bene» lo vidi poi portare le braccia dietro il collo e chiudere gli occhi.
Sospirai di sollievo.
 
Cominciai poi a pensare al discorso fatto con Ally quella stessa mattina.
No che Harry non mi piaceva, nemmeno un po’.
In quel momento ero lì con lui solo per scrivere un buon articolo e fare carriera come giornalista. Nient’altro.
Non ero interessata ad Harry.
Ok, forse una briciola.
Di muffin, o cannelloni al sugo.
Dolce o salato?
I dilemmi che ti rovinano la vita sono proprio questi.
Tornai seria, abbandonando quei pensieri, «Harry» lo chiamai.
«Mh?»
Voltai lo sguardo, teneva gli occhi chiusi, così mi permisi di guardarlo per qualche secondo, ridendo quando notai i suoi capelli ricci sparsi sulla fronte e schiacciati sul prato.
«Dimmi» aprì gli occhi e spalancai la bocca quando sorrise, consapevole che lo stessi guardando come un’ebete.
Scossi la testa e, ridendo, tornai ad appoggiarmi a terra. «Sai cos’è la cosa più divertente di tutta questa storia?»
«Quale?» mi chiese, confuso.
 
«Che io non ho un gatto.»

 




  
 
 

  
 
 






Wee don't know wheere to goo...

Ormai mi avete già ucciso, non ha senso chiedervelo di nuovo.
So di aver ritardato moltissimo, ma mi ero presa una pausa dallo scrivere e spero di non rifarlo, anche se non c'è nulla di sicuro.
Pensavo che con l'estate, senza la scuola tra le palle, avrei potuto scrivere più spesso; mi sbagliavo, anzi, praticamente non sono mai a casa e quando ci sono non faccio altro che dormire come una mongoplettica.
Quindi: scusatemi, davvero.
Anche per il capitolo merdoso, ma ormai a questo siete abituate c:
Spero non abbiate abbandonato questa storia, o mi dispererò...ma me lo sono meritato u.u

Ok, passiamo alla storia in generale: un grazie enorme a 
@hjsdjmples / hjsdjmples per il meraviglioso banner che mi ha fatto c:
Rigurado al capitolo, ci tengo a salutare una persona: CIAO CHIARA barra CLARE.
AHAHAH so che stai leggendo e le devo i crediti per il nome del suo gatto: 'picenino.'
E' l'unico nome che mi è venuto in mente AHAHAH :') 

La smetto.
E' un capitolo un po' di passaggio, per questo non mi piace..spero di continuare presto.
Spero.
Credo.
Prego.

Un'ultima cosa c:
Ho cambiato nome -sto aspettando la conferma dell'admn di efp in realtà- e, sia qui che su twitter, non sarò più con questo nickname.
Basta, mi dissolvo.
Un bacio,


Come ho detto ottantaquattro(?) volte, mi trovate su:


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