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Autore: ParalyzedArtwork    19/06/2013    1 recensioni
Dopo la famiglia Harmon, la casa fu intrisa da un grande via vai di gente, il piano di Vivien si stava attuando... Ma cosa accade se una coppia sconvolge le loro carte?
Ed il piccolo nipotino di Constance, come sarà diventato? Ed i fantasmi, cercano ancora vendetta?
Ed un collegamento con Asylum?
Buona lettura.
Genere: Erotico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Non-con, Violenza
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La casa era sprofondata nel buio, tutto era in silenzio tranne per quelle due ombre lì immobili di fronte alla porta. Una chioma rossa e dei capelli ben tagliati neri, mano nella mano, che guardavano fissi davanti a loro. “Perché non date mai ascolto a noi donne?” “Perché ci piace sentirti dire –Avevo ragione-“ Lei scosse il capo e si lasciò sfuggire un respiro di stanchezza. All’improvviso il vagito di un bambino riecheggiò nel salone ed appena avvertito ciò si mosse in direzione del rumore, lasciando scivolare via la mano di lui dalla sua. “E’ l’ora della pappa..”

”Potrei sapere questa vostra grande ansia verso la casa a cosa è dovuta?”  Il signor Marshall armeggiava frettolosamente con le chiavi del portone, cercando di capire quale fosse quella giusta per aprire la porta. Stava perdendo la pazienza e inizia ad evitare le parole di chi gli stava intorno, soprattutto se si trattava di domande come questa, a cui non sapeva cosa rispondere nemmeno se si sarebbe potuto concentrare. La Signora Jean fissava con preoccupazione suo marito, era un gran comico ma per il resto era un pasticcione. Finalmente la porta si aprì e l’uomo la spalancò con forza e tirò un sospiro di sollievo. “Allora?” La ragazza esigeva una risposta.  “Parleremo a cena di tutto, adesso meglio andare a prendere i bagagli.” Girandosi di scatto le sorrise e si avviò per primo a prendere i bagagli. In quel momento una chioma bionda raccolta con estrema precisione attraversò il giardino della Famiglia Marshall. La donna dimostrava di aver vissuto sulla propria pelle molti anni di vita ed esperienza ma qualcosa in lei, dovuto ai vari trattamenti probabilmente utilizzati, le dava un tocco giovinezza come se quegli ultimi anni non fossero trascorsi. Si avvicinò alla famiglia, con un vassoio tra le mani molto grande. “Buon giorno, voi dovreste essere la nuova famiglia.” “Si piacere. Mi chiamo Dominik Marshall e queste sono mia moglie, Jean e mia figlia Danielle. Lei?” “Oh, che bambina deliziosa. Piacere Costance, abito nella casa qui di fianco ed ho pensato di portarvi dei dolcetti di benvenuto. Posso?” Così dicendo si mosse verso l’interno della casa, piroettando su se stessa per ammirare ancora ed ancora una volta la casa. “Meravigliosa come sempre..” “Lei è di qui?” “Oh certamente no.  Provengo dalla Viginia, vecchio dominio nata e cresciuta lì. Mi trasferii qui per diventare una stella del cinema feci dei provini e quello che serviva ma la nudità era la grande moda del periodo il concetto di morale era stato scardinato  e a me non piaceva l’idea di vedere i miei verdi pascoli sui dei cartelloni pubblicitari alla merce di ogni donna uomo e bambino così accantonai il mio sogno e come fossi una farfalla lo chiusi in un vaso e lo posi su uno scaffale e poco dopo arrivò la mongoloide  e dovetti rinunciare a qualsiasi cosa…” Si era lasciata trascinare dai vecchi ricordi.. “Oh mi scusi..” “Non si preoccupi. Ha una figlia quindi?” “Avevo.. Ne ho avuti molti… Tutti morti..” Dicendo queste parole si scostò dall’ingresso e si avviò verso la cucina. “Presuppongo che non abbiate preso dei viveri per la cena?” Stava per parlare ma la donna la interruppe di colpo.. passando un dito sul mobile della casa “Cucino spesso in gran quantità, sarei lieta di poterla ospitare se non fosse per la mia casa decisamente di minor grandezza… Magari stringendoci..” “ Se vuole….” “Meravigliosa idea! Ceneremo in questo splendido salone! Mi occuperò di tutto io” Così dicendo sparì, lasciando il vassoio alla donna in piedi in uno stato di shock; che prese un biscotto e si diresse, alzando le spalle, verso la cucina.
Danielle era in camera sua, intenta a sistemare i suoi abiti, erano le sei di sera ma il sole era ancora alto ed il caldo si faceva sentire. All’improvviso si sentirono dei rumori dalla finestra, come se qualcuno stesse lanciando qualcosa. Si recò alla finestra ma non vide nulla, controllò più volte affacciandosi anche ed esaminando il giardino di casa; poco dopo essersi scostata da lì i rumori continuarono e dopo una decina di minuti, intollerante ed esausta, si diresse alla finestra. Appena l’aprì vide un ragazzo dai lunghi capelli mossi biondi e degli occhi quasi trasparenti, indossava una camicia blu a quadri con sotto una maglietta grigia e dei jeans. Era baciato dal sole. Era rimasta completamente folgorata da quella vista. Il ragazzo alzò lo sguardo, mise le braccia a pala sopra le sopracciglia ed iniziò ad urlare. “Ciao! Sono il figlio della vicina… Vi era venuta a trovare prima… Vuoi venire a prendere un gelato a casa mia?” la ragazza si sporse ed aguzzò gli occhi, il solo lo stava rendendo quasi trasparente. Urlò “Ehm..” a mezza voce, intravide un sorriso. “Magari..” ed adesso anche lei stava sorridendo. Il ragazzo alzò il pollice dicendo “Ti aspetto.” E dopo ciò si ritirò. Danielle lo salutò piano con la manina, era molto diffidente quella conversazione  fu come cercare di parlare la telefono quando uno dei due interlocutori si trova ad una festa, fastidioso. Guardò le cose sul letto e decise di andare, aprì la porta e scomparve giù per le scale; dietro di lei dalla porta della camera situata accanto la sua con un cigolio leggero si aprì, lentamente e delle palline lentamente uscirono dalla stanza della ragazza.
Scese le scale e si apprestò ad arrivare alla porta di casa. “Ah mamma, esco un secondo, vada dalla vicina, pare abbia un figlio e mi abbia invitato” “Parli di Rick?” La ragazza rimase spiazzata quando vide uscire dalla cucina una donna dai capelli biondi, che non assomigliava per niente a sua madre. “Sono sua madre. Vai pure non ti preoccupare” la donna cinse il suo volto con un sorriso inquietante. “Oh, Danielle. Lei è Costance la nostra nuova vicina, sta sera cenerà con noi, stavamo sistemando ogni cosa. Successo qualcosa, fiorellino?” la ragazza ancora allibita non fece in tempo a parlare che la donna la interruppe. “Nulla Rick gli ha chiesto di andare a prendere un gelato di là. E’ mio figlio, quello di cui parlavamo prima” aveva uno strano accento di vanità. “Splendido vai pure!”. La giovane ripresasi dallo shock accennò ad un sorriso ed uscì di casa.
”Spero possano fare amicizia, Danielle è sempre così sola.” Jean era intenta a tagliare l’insalata ed a testa bassa sospirava queste poche parole, scotendo la testa con fare malinconico. “Vedo che è molto premurosa verso sua figlia. Non al biasimo, loro sono i nostri gioielli più preziosi, tutto ciò che ci permette di sentirci ancora belli nel passare del tempo” si aggirava come un avvoltoio intorno alla donna, con la sua voce melodiosa e carica di sciagure. “Ma c’è qualcosa che la turba in quella ragazza, giusto?”
Danielle era arrivata alla staccionata vicina, si sentiva seguita ed era parecchio scossa dagli ultimi avvenimenti. Fissava la casa, e cercava di ricordare cosa fosse successo nello scantinato, ricordava delle ombre su di lei, qualcuno che l’accarezzava. Era tutto offuscato, chiuse gli occhi. “Gelato?” fece una voce da galantuomo. Aprì di scatto gli occhi e si ritrovò il ragazzo dai grandi occhi verdi davanti a lei, che la fissava maliziosamente mentre in mano aveva una coppa di gelato. “Ti ho spaventato, forse?” era un tono di voce quasi sarcastico, ma penetrante. I respiri le si fecero pesanti. “Io non ho paura.” Si fissarono negli occhi, lei più fredda che mai  “Comunque grazie, sei gentilissimo” Prese la coppa di gelato che il ragazzo teneva in mano, ormai aveva cambiato tono. “Vado dentro a prenderne una per me, se vuoi entra.” La cucina dell’abitazione era piccolina ed era una cucina alla “Home sweet home”, la ragazza si posò accanto al lavandino continuando a mangiare fissando la foto vicina di due ragazzi. “Sono tuoi fratelli?” il ragazzo fissò la foto crudele, mentre rimetteva a posto il gelato. “No, sono i suoi figli.” “Scusa..” Era scena tra i due una sensazione di cacciatore e preda. “…Non volevo.” “Non preoccuparti, io sono il figlio di suoi lontani parenti, mi ha cresciuto come fosse sua madre. Loro sono morti da tempo poi. Lei in un incidente, lui per pazzia.” “Pazzia?” “Si. La conosci vero?” posò il gelato e si girò ad evitare i suoi sguardi. “Avresti un po’ da d’acqua?” respirava affannosamente, come se fosse di nuovo nel terrore. “Certamente” Si avvicinò a lei lentamente, cingendole il corpo, era poco più alto della ragazza, aprì lo sportello sopra la sua testa e prese un bicchiere, e poi fece scorrere l’acqua dal rubinetto. “Ecco fatto” sussurrava quelle parole accanto al suo orecchio, respirava sopra il suo collo. Aveva ripreso a respirare affannosamente. “Grazie” Prese il bicchiere dalle sue mani, in totale imbarazzo si girò e cercò di scostarsi. Si sporse a destra, ma il suo corpo la bloccava. Rick aveva uno sguardo famelico, e si avvicinò piano al suo collo, passò la sua guancia sulla sua pelle candida respirando l’odore del suo sangue. Adesso aveva una mano sul polso della ragazza, per bloccarla e l’altra invece era posta sul suo fianco. “Lasciami.” Diceva affannosamente. Continuava a strofinarsi, lei cercò di liberarsi ma la sua presa era strettissima. Cercò di scansare la sua faccia con il volto, lui iniziò a leccarle l’orecchio. Non riusciva a respirare e soffocando disse “Lasciami.. Ti prego.” “Un secondo, non ti preoccupare sei al sicuro.” Fece scivolare la sua mano dal fianco all’interno della gonna, oltre le calze. Lei inizIò a mugolare, piccoli versetti, stringendosi a lui e fissando il soffitto, adesso era senza fiato, era come inebriata catturata da lui. Poi smise e continuò a strofinare la sua guancia sul suo collo. “Il tuo sangue spetta a me, ricordalo, finchè sarai qui nessuno ti toccherà.” “Perché?!” e lo scostò di botto, ormai la sua presa era nulla.”Eri tu nello scantinato.” Il ragazzo si lavò le mani, era silenzioso, con fare da professionista. “Forse, strano che ti ricordi. Hai paura della casa, tu hai capito subito, ma sei silenziosa. Hai imparato al centro di recupero, ma i tuoi genitori sono molto più ingenui no?” Si sentì la porta aprire. “Ragazzi venite a darci una mano per la cena?”

Sembravano una grande famigliola felice, tutti insieme a tavola. “Danielle, fiorellino, agli inizi del prossimo mese quando inizierà la scuola, verrà tua zia qui, io e mamma dovremmo partire per affari di lavoro.” “Se volete potete lasciarla tranquillamente da me” “Non si preoccupi Costance” “Nessun disturbo, è così gentile la ragazza e poi credo andrà molto d’accordo con Rick, giusto?” Aveva sempre un tono così malizioso. La fine della serata era arrivata ed appena la ragazza si alzò a togliere gli ultimi piatti, vide infondo al corridoio delle palline e delle ombre a seguire, aveva sentito per tutta la cena in un angioletto buio delle risate e si era girata più volte a controllare. Appena finito sarebbe andata a controllare ma doveva far in modo che il ragazzo non se ne accorgesse. “I salgo un secondo, o dimenticato il telefono sopra.” Si dileguò con una semplice scusa in direzione dello scantinato.
Erano rimasti in quattro a chiacchierare del più e del meno, lei se n’era andata da circa 10 minuti e Rick continuava a guardarsi intorno, ma non notava nulla di insolito. Ad un certo punto la luce del grande lampadario della sala da pranzo iniziò ad andare via, ad intermittenza, dei flash sempre più lunghi con strane visioni di uomini impiccati, incubi. Gli oggetti nella stanza iniziarono a cadere, e si vide un uomo con la tutina di lattice che avanzava da lontano. I due coniugi iniziarono ad urlare, mentre Costance andò all’interruttore della sala e lo bloccò. “Signora Harmond, non vede che sta terrorizzando i nuovi inquilini?” “Devono andarsene per il loro bene.” “Allora sta terrorizzando le persone sbagliate.” E detto ciò fece forza sull’interruttore, di colpo la luce tornò e tutto era sparito. Compreso Rick. “La luce a volte da problemi, poi riflette su tutti questi macabri quadri ed il vino” I due si fissarono e si ripresero subito. “Ha ragione, feci una lezione all’università sui fenomeni dati dalla luce e dal vino. Poi la stanchezza.”

Era scesa nello scantinato, teneva la mano salda sul corrimano, mentre nell’altra aveva trovato una torcia, che aveva trovato in salotto. Faceva dei passi lenti e fissava quel buio così nero, le gambe erano pesanti. Accese la torcia con le mani tremanti ed illuminò la cantina, nulla. Fecce un altro piccolo, lento passo, respirando a mozziconi, illuminò il fondo e vide un camice bianco con un bisturi, si bloccò era quasi alla fine della scala, diete più volte luce in quel punto e vide l’uomo avvicinarsi, indietreggiò ma sentì un risolino. Erano sue bambini rossi. Urlò in preda alla lacrime e scivolò. Poi la luce, era abbracciata ad un ragazzo biondo dagli occhi verdi e nello scantinato non c’era nessuno. “Non impari mai.” Le girava la testa, non riusciva a respirare. “Io voglio solo proteggerti.”





Nota dell'autore: E' molto che non aggiornavo questa storia, spero possa piacervi e possiate comuncicarmi resoconti ed aspettative della storia. Buona lettura. P.A.

   
 
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