Entro in casa in punta di piedi, sperando di non fare rumore.
-Alessandro De Mora! Vieni qui!- mia nonna si mette ad urlare e ad imprecare ed il sorriso sul mio volto svanisce in pochi secondi.
-Sei in ritardo di quarantacinque minuti!- urla.
-Quarantacinque!- ripete, senza abbassare il tono di voce.
-Io avrei già dovuto essere a letto!- non so cosa dirle e mi metto a balbettare. Pessima mossa.
-Puoi spiegarmi che cosa diamine hai fatto? Avevamo accordato l'orario insieme! Dovevi comprare dei libri, che cosa diamine hai fatto?!- le sue domande continuano, in un orrendo vociare che mi infastidisce, ma io non ho voglia di parlarle: non so cosa dirle, quale scusa inventarmi e non ho la forza per creare una storia di senso compiuto. Mi limito a guardarla, lo sguardo stanco, e cammino verso camera mia. Cerca di sbarrarmi la strada, ma con scarsi tentativi. Continua ad urlare, la sento ma non la ascolto. Arrivo finalmente in camera mia, chiudo la porta a chiave ed affondo la testa nel cuscino, senza nemmeno togliermi gli occhiali. Mia nonna continua a battere le sue piccole mani sulla porta, ma la ignoro. Mi svesto e mi infilo sotto le coperte. Qualche minuto dopo sento mia nonna arrendersi ed andare a dormire, rassegnata e, forse, umiliata. So che non avrei dovuto farlo. Immediatamente mi pento, ma era l'unica cosa da fare. Ciò che ho fatto è stato da ingrati, sì, ma non potevo dirle che cos'era successo.
O sì?
Perché no, del resto?
Non era nulla di particolare, o sbaglio?
Mi pento subito della mia scelta taciturna e mi arrabbio con me stesso come non ho mai fatto prima.
Però, alla fine, ho tutto il diritto di essere arrabbiato con lei: è riuscita a far schizzare via la felicità dal mio corpo in pochi secondi, e il tempo passato con Ilaria sembra ora solo un ricordo lontano.
Quindi... siamo pari?
Non saprei.