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Autore: Lavandarose    20/06/2013    12 recensioni
Con uno scatto la ragazza si avventò su di lui con il pugnale sguainato in mano.
Lui si scostò solo di qualche centimetro e le prese il polso.
Con un movimento fluido la scaraventò contro il muro, puntellandole le braccia ai lati del suo corpo.Il pugnale cadde a terra.
Ora lei era sola e disarmata, tra le braccia del nemico, che la stava sovrastando di almeno trenta centimetri.
Sospirò e lo guardò negli occhi.
L’istante successivo le loro bocche si stavano baciando con rabbia, mordendosi, succhiandosi, lasciando che un’anima entrasse nell’altra.
Lei chiuse gli occhi e dopo un istante sentì un dolore lancinante alla spalla destra.
La stava marchiando, la stava marchiando maledizione!
Con le ultime forze che le rimanevano, cercò di spingere via quel magnifico corpo da lei, guardando che cosa le aveva fatto.
E il marchio era lì: una croce sulla spalla.
Urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Genere: Erotico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Nerea_V e alle nostre chiacchierate malandrine su twitter!

 

Lav's corner

Questa volta le note le metto all'inizio!:) Prima di tutto avviso che il capitolo è rosso, ma ve ne sarete accorti dal cambio di rating...u.u

Poi per la mia gioia, non so la vostra, ho avuto un'improvvisa ispirazione e ho deciso che questa storia andrà ancora avanti per alcuni capitoli, mi spiace! XD Quindi mettetevi l'animo in pace, Virginia ha ancora delle cose da fare...Non vi dico altro, diciamo che vi invito a leggere e dirmi che ne pensate di Gabriel. E di quel che fa...;)

Mi trovate, se volete, anche qui.

Bacini a tutti.

Lav

 

Virginia ignorò il segnale di pericolo che stava lampeggiando nella sua testa e si abbandonò alle sensazioni che il bacio di Gabriel le aveva provocato. Si distese sul letto, facendo segno all'angelo di avvicinarsi.

- Prendimi - disse solamente chiudendo gli occhi . Voleva diventare sua.

E se questo voleva dire dargli un figlio, diventare la sua concubina o quel che ne sapeva lei, bene, allora l'avrebbe fatto.

Gabriel la guardava immobile davanti a lei, stringendo le mani a pugno, combattuto tra il desiderio di lei e la voglia di non farle del male.

- Prendimi - gli ripeté la ragazza.

Lui si avvicinò al letto e si sedette vicino a lei. Poi la prese per un polso e l'attirò a sé con forza.

- Non voglio farti del male - la guardava negli occhi ed era serissimo.

- Gabriel, me lo stai ripetendo da quando questa storia è iniziata. E sì, ci sono state delle volte che ti avrei strangolato con le mie mani, lo confesso. Mi hai fatto male in alcuni momenti, soprattutto quando mi hai tenuto nascoste tante cose. E ora volete mandarmi via e cancellarmi i ricordi. Anche questo è farmi del male, visto che poi dimenticherò anche te -

Lo guardava dritto negli occhi anche lei, perdendosi nello sguardo dell'angelo. Era inutile mentire a se stessa: Gabriel era diventato il suo mondo, nel bene e nel male.

Allungò una mano a cercare quella di lui.

- Edward e Hoara stanno ancora discutendo del fatto di tenerti con noi o no - rispose lui a voce bassa, quasi distogliendo lo sguardo da lei.

- Questo che vuol dire? Che potrei ancora essere il vostro tramite per riprendere il Regno? -

- Non so più se ne valga la pena, sai? -

Lo guardò stupita: - Perché dici questo?Dopo tutto quello che state facendo per... -

- Appunto, forse stiamo facendo anche troppo - l'interruppe lui brusco - Non so più se valga la pena di continuare. Stiamo facendo del male a troppa gente -

La strinse a sé e continuò a parlarle nell'orecchio: - Abbiamo cercato tua madre e guarda cosa abbiamo fatto, te l'abbiamo fatta portare via, rinchiusa in un manicomio. Poi sei arrivata tu. Io ti seguivo da tempo, ti ho vista crescere, ho imparato a conoscerti, ho iniziato a volerti. L'unica cosa che non voglio è farti del male, anche a coso di rinunciare alla mia missione e al mio mondo. Forse non esiste più un mondo per noi, forse Edward e Hoara dovranno rimettersi a vivere come i fratelli che sono e cercare un luogo dove vivere assieme senza creare danni per nessun altro -

Gabriel tacque di botto, perso nei suoi pensieri. Virginia avvertiva il dolore nelle sue parole ed era combattuta tra i sentimenti che provava per lui e la voglia di riportare della normalità nella sua vita.

Poi decise di vivere fino in fondo, di provare a rischiare.

- Gabriel, tu non mi hai mai fatto consciamente del male. E io voglio aiutarti, voglio essere la tua Sacerdotessa. Anche per sempre, se tu mi vorrai -

Le ultime parole le aveva dette abbassando di molto la voce, quasi vergognosa. Il ragazzo, però, le aveva sentite benissimo e con un sorriso la strinse a sé andando a cercare quelle labbra che lo avevano fatto impazzire durante quelle notti nelle quali era entrato nella sua casa e l'aveva guardata dormire.

La baciò a lungo, prendendosi tutto il tempo per conoscere il suo sapore e le sue labbra.

Poi si scostò, quasi con rabbia, guardandola ancora negli occhi.

- Tu sai che io non ti farò mai del male, vero? -

- Non capisco perché tu me lo dica ancora, Gabriel. Lo so, l'ho sempre saputo, questo mi basta -

- E lo sai che ti desidero e voglio fare l'amore con te non perché voglio un regno, ma perché ti amo, vero? -

L'amava.

Allora anche lui l'amava. Virginia sorrise, confusa, mentre i sentimenti che da tempo aveva lasciato sopiti dentro di sé stavano finalmente prendendo il sopravvento.

Non disse nulla, non c'era più bisogno di parole. Gli prese il viso tra le mani e lo attirò a sé, di nuovo, per baciarlo ancora.

E ancora, per tutta la vita se necessario.

Perché era questo il suo destino: amare questo ragazzo e farsi portare anche all'Inferno da lui, nonostante fosse un angelo.

Continuarono a baciarsi mentre Gabriel la spingeva dolcemente sul letto e si posizionava su di lei.

Si tolsero i vestiti in maniera confusa, sbrigativa. Non volevano perdere altro tempo, volevano solo trovarsi e aversi. Virginia passava ripetutamente le mani sulla schiena di Gabriel.

E' mio, è mio, si ripeteva in una sorta di cantilena ipnotica che si ripeteva nel cervello.

Sentiva le mani di lui accarezzarle i fianchi con dolcezza e chiuse gli occhi. Gabriel le appoggiò le labbra sul collo e iniziò a succhiarle piano la pelle.

Virginia rovesciò la testa all'indietro, per godere meglio di quella carezza che il suo angelo continuava a darle.

Sempre con gli occhi chiusi scese con le mani dalla schiena alle natiche del ragazzo e lo attirò a sé.

A quel punto avevano perso entrambi il senso del tempo e la ragione, non vedevano l'uno che l'altra e si volevano.

Lui si sollevò leggermente da lei, per non pesarle troppo addosso e iniziò ad accarezzarla sul resto del corpo, soffermandosi sui suoi seni, gustando la sensazione che quella pelle morbida gli stava dando sotto le mani.

Scese ancora un po', andando a cercare con le labbra anche il resto di lei, per poterla possedere in ogni modo.

La ragazza sospirò quando sentì la bocca di lui chiudersi sulla sua intimità e artigliò le lenzuola presa da un impeto di passione.

- Gabriel - sussurrò mentre il ragazzo continuava a leccarla e stimolarla. Si sentiva completamente sua, voleva essere sua. Lo voleva.

Con questo vortice di pensieri confusi, Virginia continuò a godere della lingua dell'angelo, che la portò velocemente al punto di non ritorno. Gridò il suo nome mentre raggiungeva l'orgasmo donandosi all'uomo che amava.

Poi cercò di riportare il respiro alla normalità, mentre apriva gli occhi e lo vedeva steso vicino a lei.

Sorrise, sentendo le guance imporporarsi per l'eccitazione e ancora per un po' di vergogna. Poi seguendo l'istinto allungò la mano per andare ad accarezzare anche lui nel suo punto più intimo.

Lo sentì contrarre i muscoli della pancia e lasciarsi andare chiudendo gli occhi. Mentre continuava ad accarezzarlo lei lo guardò. Era bello, finalmente rilassato e non più in tensione come era abituata a vederlo. In quel momento lui riaprì gli occhi e le sorrise: gli rimaneva sempre un 'ombra nella sguardo, ma Virginia non ci diede troppo peso, pensando che molto probabilmente era lui a essere fatto così.

- Ho voglia di te - le sussurrò lui prendendola per i fianchi e distendendola sul letto. Poi si posizionò sopra di lei e la penetrò, sicuro di trovarla ancora bagnata per lui.

Entrò piano, cercando di non farle male in alcun modo. Erano finalmente una cosa cosa, due anime che si erano incontrate di nuovo dopo tanto tempo. Virginia seguiva i movimenti di Gabriel pensando che quella era la cosa più naturale del mondo.

In quel momento non stava pensando alle conseguenze del gesto, né se questo avrebbe comportato qualcosa per quando riguardava la profezia del Regno.

Non le importava. C'erano solo lui e lei, lì e ora, questo era sufficiente, questo le bastava. Lo abbracciò e iniziò a passargli piano le unghie sulla schiena. Lo sentiva sospirare e mugolare e immaginò che gli piacesse. Decise di continuare, cercando anche le sue labbra e perdendosi in un bacio appassionato.

- Virginia... - il suo nome sussurrato da quella voce la faceva impazzire, così come il ritmo dei due bacini che si muovevano all'unisono.

- Dimmi che sei mia, Virginia - la voce di lui le arrivava roca all'orecchio.

- Sono tua, sì -

- Ricordalo sempre-

Gabriel chiuse gli occhi e gettò la testa all'indietro, poi venne lasciandosi andare a un lungo suono gutturale. Poi si lasciò cadere su Virginia, che lo accolse tra le braccia e lo strinse a sé.

Rimasero in silenzio per un po', cullandosi l'uno con il respiro dell'altra.

Poi lui rotolò su un fianco, un po' per non pesarle addosso, un po' per poterla guardare negli occhi.

Era un silenzio che stava già dicendo tutto, parlavano solo i loro sguardi e le dita che si intrecciavano.

- Sei mia per sempre -

- Per sempre, sì -

- Ti amo, Virginia. Perdonami -

Lei sorrise. -Ti devo perdonare perché mi ami? -

- No, per quello che sto per fare. E' meglio così, credimi -

E velocemente le mise una mano sugli occhi. Virginia fece solo in tempo a vedere la tristezza negli occhi di lui. Poi tutto fu buio.

Si svegliò sudata e confusa in un letto.

Annaspò un po' con le mani per capire dove era, poi riconobbe a tentoni il suo letto. Dunque era in camera sua.

Raggiunse l'interruttore della luce del comodino e lo pigiò. Si guardò attorno: sì, era in camera sua, era tutto a posto.

Si frizionò le tempie con le mani, doveva aver fatto un brutto sogno. Ricordava confusamente qualcosa su un regno e su angeli in guerra.

Buttò distrattamente un occhio al libro urban fantasy che stava leggendo e che era riposto sul comodino. Forse si era fatta suggestionare da quel che aveva letto.

Eppure non era stata una serata pesante, almeno così le pareva di ricordare. Era uscita con degli amici, anche con Edward che poi l'aveva riportata a casa.

Guardò l'ora: mancavano cinque minuti a mezzanotte. Virginia si ributtò a dormire cercando di cancellare la confusione che aveva in testa, anche se non capiva perché.

Passò una domenica relativamente tranquilla, anche se a volte era ancora assalita da alcuni momenti di confusione. Le sembrava di aver dimenticato qualcosa di importante, qualcosa che non doveva essere dimenticato.

Il lunedì arrivò in ufficio piuttosto di cattivo umore: aveva deciso di chiedere a Edward se per caso sabato era successo qualcosa di particolare o se magari avevano bevuto un po' troppo e magari per questo stentava a ricordare la serata del sabato.

Ma una volta arrivata al suo ufficio ebbe la sgradevole sorpresa di trovarsi da sola.

-Dove è Edward? - chiese al collega della stanza vicina.

- Ha chiamato poco prima che arrivassi tu. Starà fuori per qualche tempo, problemi familiari pare -

Lei aggrottò la fronte e tornò alla sua scrivania. Prese il cellulare e chiamò Edward. Qualche secondo e poi partì la voce registrata che le diceva che il numero non era raggiungibile.

Sospirò e con un gesto di stizza chiuse la comunicazione. C'era qualcosa di sbagliato in quella storia, ma non riusciva a focalizzare cosa.

Poco male, se Edward vuole mi cercherà lui, pensò.

Ma il ragazzo non si fece sentire, anzi mandò altri messaggi per far sapere che i problemi familiari si erano accentuati e che lui non sarebbe stato reperibile non sapeva fino a quando.

Piano piano Virginia stava intanto tornando alla sua vita normale. Il senso di inquietudine che l'aveva accompagnata in quei giorni stava scemando e la sua vita stava riprendendo i contorni di prima. Aveva riprovato anche a chiamare Edward, ma non era mai riuscita a contattarlo e si stava sinceramente preoccupando per lui.

Riprese comunque a dormire tranquilla, ad uscire con le amiche, ad allenarsi in piscina. Insomma, pareva che l'incantesimo di Gabriel avesse avuto il suo effetto: lei non ricordava più nulla, né di lui né di Hoara o di chi era davvero Edward.

Il destino però arrivò a chiedere il conto qualche tempo dopo.

Erano passati quasi due mesi da quella notte nella quale Virginia era stata riportata al suo mondo senza ricordi degli angeli e della loro lotta.

Aveva ricominciato a svegliarsi di soprassalto durante la notte e si sentiva spesso mancare il respiro.

Era anche arrivato il caldo e la sua pressione ne stava risentendo: continuava ad avere attacchi di pressione bassa e spesso si doveva sedere per riposare un po'.

Quel giorno era arrivata in piscina, dove doveva allenarsi con Chiara, una delle sue più care amiche.

- Oi! - la salutò allegra questa, per poi rabbuiarsi quando la vide in volto - Virginia, stai bene? -

- No, direi di no - Era pallida e faceva fatica a respirare.

- Non credo sia una buona idea fare delle vasche oggi -

- Forse è meglio se torno a casa -

- Ti accompagno io. E domani ti accompagno dal medico -

- Ma io... -

- Dai, poche storie, hai bisogno di una cura ricostituente. Ogni anno di questo periodo soffri per la pressione bassa, ma stavolta mi sembra un po' più grave -

Era vero, Virginia stava male. Accettò di buon grado il passaggio a casa e fu ancora più grata all'amica quando la mattina dopo si presentò di buon ora per accompagnarla a fare la analisi del sangue.

- Sarà la tua solita anemia, Virgy. Vedrai che ti daranno una cura di carne di cavallo, tanto per cambiare! - le disse sorridendo mentre andavano a prendersi un caffè dopo il prelievo.

E la busta con le analisi arrivò qualche giorno dopo. Virginia la trovò alla sera rientrando dall'ufficio. L'aprì con calma, in fondo in quei giorni era stata un po' meglio. Scorse i valori, sembravano tutti a posto, anche i globuli bian...un momento, cosa era quell'asterisco?

Scese a controllare gli altri valori seguendo con il dito le varie righe e trovando altri asterischi. Poi si accorse che il suo dottore le aveva scritto in penna il suo numero di cellulare, pregandola di richiamarlo.

Allora c'era davvero qualcosa che non andava.

Con le mani tremanti aprì la borsa, prese il suo telefono e compose il numero del medico, che rispose dopo pochi squilli. Si qualificò e gli spiegò di avere appena visto i risultati delle analisi e di non capire quegli asterischi.

- Sì, signorina, preferivo dirglielo di persona, data la delicatezza della situazione -

Delicatezza? Situazione?

- Mi scusi, dottore non capisco. Ho qualcosa che non va? Devo fare ulteriori approfondimenti? -

- Li dovrà fare senza dubbio. Lei aspetta un bambino, signorina -

Il cellulare scivolò dalle mani di Virginia finendo dritto sul pavimento chiudendo così la conversazione. Qualche istante dopo anche lei era seduta vicino al telefono, con la testa tra le mani.

Incinta? Come era possibile? E di chi? Erano mesi che non aveva rapporti sessuali con qualcuno. Allora? Forse l'aveva abusata qualcuno? Ma chi? Quando? Quel sabato di cui non ricordava nulla? E perché Edward non c'era? Lui era l'unico che poteva dirle qualcosa. O era scappato perché c'entrava qualcosa?

Con la testa che le pulsava per le troppe domande senza risposta, Virginia prese il telefono e richiamò dalla memoria un numero.

- Chiara, ciao. Senti, ho avuto i risultati. No, puoi venire qui? Ho bisogno di parlarti subito. Sì, bene grazie. A dopo -

Si alzò e iniziò a pensare cosa dire alla sua amica. Come gliel'avrebbe giustificato visto che anche per lei era una cosa di difficile comprensione?

Si sedette sul divano cercando di pensare. Qualcosa dentro di lei si stava agitando e riusciva a focalizzare solo un paio di occhi neri. Quello stesso paio di occhi che la stavano guardando da lontano, da un altro mondo.

- Virginia - sussurrò Gabriel cercando di non farsi sentire dai fratelli, molto vicini a lui. Li guardò e poi con un battito di ali deciso scomparve.

Doveva andare da lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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