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Autore: londra555    20/06/2013    26 recensioni
Santana vorrebbe solo allontanarsi da quello che rimane della sua vita. Vorrebbe semplicemente passare qualche giorno tranquillo in un hotel di provincia.
Invece scoprirà cosa significa trovarsi nel posto giusto ma al momento sbagliato.
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Kurt Hummel, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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In bianco e nero

 

Santana non era sicura di quanto tempo fosse rimasta in piedi davanti a quella foto vecchia e scolorita. Fissava gli occhi di quella donna immortalata in quell'immagine e ripeteva mentalmente il suo nome, o almeno quello che pensava fosse il suo nome, come recitava la piccola targhetta d'ottone.

Sobbalzò quando sentì la porta della hall aprirsi e si voltò giusto in tempo per vedere l'uomo che l'aveva accolta e che le aveva dato le chiavi della sua abitazione.

-Posso aiutarla, signorina Lopez?

Santana lo guardò per qualche secondo. Poteva aiutarla davvero? Probabilmente sì, perché, l'unica cosa che voleva in quel momento era qualche informazione in più sulla donna della foto.

-Sì, mi chiedevo...

Fece una pausa mordendosi il labbro e lanciando una rapida occhiata alla hall, polverosa, piena di mobili scuri e decorazioni dorate. Scosse la testa dandosi mentalmente della stupida. Va bene, la sua vita era ormai un disastro, ma mai si sarebbe fatta trascinare dall'atmosfera malinconica di quel posto. Del resto perché doveva interessarsi alla donna di quella foto?

-E' incuriosita dalle foto?

La domanda la fece ritornare alla realtà. Come se, quell'anziano impiegato, fosse riuscito a capire ciò che stesse pensando. Sbuffò con supponenza cercando di riprendere il controllo di quella discussione prima che le sfuggisse di mano definitivamente. Ma l'uomo non sembrò farci caso, anzi, non la guardava nemmeno. Sembrava che fissasse un punto indefinito mentre i suoi ricordi danzavano nell'aria. E, Santana, riuscì quasi a vederli prendere forma davanti a lei, irrazionalmente rabbrividì.

-Sono tutte degli anni ruggenti! Quando questo posto era un paradiso! E c'era musica e ospiti sempre! Sa quante feste sono state celebrate oltre questa porta? - l'uomo indico una doppia porta alla sua destra.

Santana seguì il suo gesto accorgendosi effettivamente che, oltre l'ingresso, doveva esserci un'altra sala. Il vecchio sospirò.

-Sono anni che non viene nemmeno aperto agli ospiti!

Santana guardò con la coda dell'occhio la foto della donna che tanto l'attirava e l'affascinava. C'era qualcosa di male a fare qualche domanda? Quel vecchio sembrava davvero aver voglia di parlare.

-Sa che qui è stato celebrato il matrimonio del secolo? - chiese improvvisamente l'uomo guardandola negli occhi con un sorriso raggiante – Lei era splendida e lui un pianista superbo!

Santana scosse la testa piano, a malincuore doveva ammettere di essere affascinata dalle parole che l'uomo pronunciava. Era come se stesse dipingendo il passato di quel luogo, regalandogli colori più vivi. Seguì il suo gesto automatico per portare gli occhialini che erano scivolati sulla punta del naso, nella giusta posizione.

-Vuole vedere la grande sala?

Santana si fermò con la risposta sulle labbra, dovette fermarsi perché era quasi certa che avrebbe risposto sì. E non voleva. Perché non voleva vedere niente. Non voleva sapere niente di quel luogo. Era solo uno stupido albergo che, un tempo, era stato famoso ma che ora era poco più di un guscio vuoto. Come la sua vita.

E lei non voleva averci niente a che fare. Aveva sufficienti problemi a convivere con quello che era rimasto della sua vita, non voleva stupide storie di uno stupido passato che non poteva tornare, voleva solo allontanarsi il più possibile da Los Angeles, dai suoi ex amici, dalla sua ex fidanzata, dalla sua inutile ex vita. Non aveva bisogno di questo, non aveva bisogno di favole e racconti. Aveva bisogno di uscire fuori, prendere aria e trovare un buon posto dove bere qualcosa. Per tutta la notte. Per poi trascinarsi dentro la sua stanza in uno stato tale da riuscire a non pensare a quanto quel luogo riuscisse ad inquietarla.

-No! - sbottò facendo sobbalzare il vecchio, per un secondo provò una fitta di dispiacere ma non addolcì il tono mentre concludeva – Sto uscendo.

Detto ciò girò sui tacchi e, senza voltarsi indietro uscì all'aria aperta e si fermò un attimo appena raggiunse il marciapiede. Chiuse gli occhi inspirando profondamente. L'odore di salsedine era forte e persistente, come in tutti i luoghi di mare. Ma c'era anche un leggero retrogusto meno piacevole causato dallo smog. Strinse i denti e iniziò a camminare. Si diresse a sinistra. Era una cosa che faceva sempre quando non sapeva dove andare o semplicemente camminava senza meta, lei girava sempre alla sua sinistra. Sempre. Senza eccezioni.

Così iniziò a camminare piano, studiando le strade tutte ampie e piene di negozietti di souvenir a basso costo per famiglie. Studiava i colori, un po' opachi, quasi come se tutto fosse coperto da una lieve patina causata dal passare tempo. E studiava la gente, soprattutto anziani che approfittavano degli sconti di un luogo turistico in bassa stagione.

Ma non trovò quello che cercava: un buon locale dove bere qualcosa. A dire il vero si sarebbe accontentata di qualunque cosa, a quel punto. Anche di un pessimo locale. Anche di una bettola scura.

Si fermò ancora guardandosi intorno e socchiuse gli occhi quando una vecchia insegna attirò la sua attenzione. Attraversò la strada senza guardare e senza neppure voltarsi quando un automobilista suonò il clacson in segno di protesta per aver dovuto inchiodare di colpo per evitare di investirla. Ma Santana non si scompose nemmeno, camminò decisa sino a raggiungere un locale. Tutto, lì intorno, sembrava aver vissuto tempi migliori ma, quello, superava di gran lunga ciò che aveva visto fino a quel momento. Lasciò che il suo sguardo percorresse le travi di legno inchiodate alla porta d'ingresso e guardò la parete di mattoni rossi che appariva così fuori posto. Poi, di nuovo, lesse la vecchia insegna.

Cotton Club.

Era certa di aver già sentito quel nome. Ma dove? Lei non era mai stata lì e, inoltre, quel posto sembrava essere stato chiuso prima che lei nascesse. Socchiuse gli occhi ed inclinò il capo, come se volesse concentrarsi su quello che aveva davanti. Come se la risposta fosse a un passo da lei. Come se bastasse solo allungare una mano per sfiorarla.

-Si ferma tanta gente a guardarlo!

Quella voce, apparsa quasi dal nulla, la fece voltare di scatto. Davanti a lei un giovane uomo con un sorriso sicuro di se e un'espressione da conquistatore incallito, la guardava, o meglio, la squadrava lentamente.

Il primo impulso di Santana fu quello di dirgli, poco gentilmente, di tornare da dove fosse venuto. Ma non fece nemmeno in tempo perché lui prese posto al suo fianco e sollevò lo sguardo verso l'insegna.

-Era un club notturno degli anni venti – disse indicando l'insegna – Cotton Club.

-Interessante – sbuffò ironicamente Santana.

Lui sembrò non cogliere l'ironia.

-Molti si fermano a guardarla. Aveva lo stesso nome del più famoso club di New York.

-Immagino.

Questa volta l'uomo sembrò leggere il lieve sarcasmo nella voce di Santana e si voltò a guardarla ma non sembrava infastidito, anzi, il suo sorriso appariva intatto.

-Puoi non crederci ma questo posto era meglio di quello di New York! C'era un gran pianista e venivano a sentirlo suonare da ogni parte del Paese. E poi c'era lei... - fece una pausa spostando lo sguardo - … pare che fosse bellissima, che avesse una voce splendida e che si muovesse sul palco come se fosse solo spirito...

-A vederti non sembri un poeta... ed invece guarda qui! - lo interruppe Santana sempre più infastidita.

Lui rise passando una mano sui corti capelli neri e guardandola.

-Non mi credi?

-Non sei troppo giovane per sapere tanti particolari di questo posto?

-Mio nonno me ne parlava sempre, lavorava qui – iniziò a spiegare – Sai, il Cotton era famoso in piena epoca del proibizionismo ma mi ha raccontato che c'era una porticina nascosta dietro il locale che portava a delle scale che scendevano nella cantina. E lì c'era il vero bar! La polizia non l'ha mai trovato!

Santana lo squadrò con aria scettica. Poi decise di lasciar perdere l'ennesimo commento pungente che non sembrava avere effetto su di lui.

-Parlando di questo – disse invece – Sapresti suggerirmi dove andare a bere qualcosa?

-Posso offrirti un drink? - domandò lui speranzoso.

-No. Vado sola.

-In questo caso, no, non ho nessun posto da suggerirti.

Santana sollevò gli occhi al cielo e si voltò. Decise che, per quella giornata, ne aveva avuto abbastanza di quel posto. Sarebbe tornata in albergo, avrebbe fatto la doccia che ancora l'attendeva da quando era arrivata lì e poi avrebbe chiesto al vecchio della reception un posto dove andare a bere. O avrebbe chiesto che le venisse portata una bottiglia in camera.

-Se cambi idea puoi chiedere di David Puckerman! E' il mio nome! Mio nonno si chiamava Noah, Noah Puckerman! Il miglior barman di tutto il Maine! Qui si ricordano ancora tutti di lui!

Santana non rispose. Non si voltò. Non sollevò nemmeno una mano per salutare. Semplicemente camminò decisa verso l'albergo.

Ne aveva abbastanza di quel posto. La mattina seguente sarebbe ripartita. Poco importava se aveva prenotato tutta la settimana.

 

 

Raggiunse la sua stanza e chiuse la porta con un sonoro sbuffo. Passò lo sguardo sugli asciugamani puliti che riposavano sul letto e ringraziò mentalmente almeno l'efficienza del personale. Era l'unica nota positiva e, sinceramente, non era molto, ma era pur sempre qualcosa. Prese l'asciugamano e si voltò quasi come se qualcosa avesse attirato il suo sguardo. La pesante porta dell'armadio non era chiusa del tutto. Il pensiero di Santana corse immediatamente a ciò che aveva visto poco prima. O forse a ciò che aveva pensato di aver visto. Scosse la testa ridendo di se stessa per l'ennesima volta. Quel posto non faceva per lei. Forse non era stata per niente una buona idea arrivare sin lì. Così si avvicinò all'armadio e lo chiuse con un colpo secco prima di prendere l'asciugamano e dirigersi nel bagno, si infilò sotto la doccia e, mentre l'acqua calda l'accarezzava, prese quella che reputava la miglior decisione della sua vita: la mattina dopo sarebbe ripartita per andare via da lì. Avrebbe raggiunto New York e si sarebbe dedicata a far sparire tutti i suoi risparmi in una settimana di shopping disperato.

Aveva un sorriso soddisfatto mentre si asciugava i capelli e un ghigno divertito mentre indossava uno stretto abito nero. Perché aveva deciso che quella sera, anche se quel Puckerman non le era stato per niente d'aiuto, sarebbe uscita e si sarebbe divertita. Avrebbe trovato il miglior locale di quella noiosa cittadina. A costo di dover tornare indietro nel tempo!

Diede un'ultima occhiata alla sua immagine riflessa nello specchio ed annuì soddisfatta. Appariva esattamente come voleva: sicura di se e bellissima. Anche se la sua vita si era sgretolata in praticamente ogni suo aspetto e si sentiva a miglia di distanza da quella sicurezza che voleva ostentare.

Chiuse gli occhi per fermare il corso dei suoi pensieri prima che tornasse, per l'ennesima volta, a ciò che aveva perso. Quando li riaprì socchiuse lievemente le palpebre quando si accorse che la porta dell'armadio era nuovamente aperta. Per un attimo non seppe come reagire ma poi, razionalmente, si rese conto che era evidente che la chiusura non funzionasse bene. Così percorse a grandi passi la distanza che la separava e spalancò la porta con un movimento secco.

Non lo voleva fare. Quella era la verità. Nella sua mente voleva solo controllare perché mai non rimanesse chiusa. Ma fu più forte di lei. I suoi occhi corsero immediatamente all'interno dell'armadio.

Quella piccola e luccicante maniglia era ancora lì.

Santana si morse il labbro inferiore e si guardò intorno, come se avesse paura che qualcuno potesse guardarla comportarsi da idiota. Dopo essersi assicurata che, effettivamente, era sola nella sua stanza, decise di fare l'ultima cosa che, chiunque avrebbe fatto. Allungò la mano con un movimento rapido e sicuro, la strinse intorno alla maniglia rotonda che era fredda nel suo palmo, e spinse come se davvero si trattasse di una porta. Fece solo due passi e si guardò intorno.

Naturalmente scoppiò a ridere.

Rise per la sua assoluta e ridicola stupidità.

Cosa si aspettava? La verità è che lei stessa non ne aveva idea. Ma, naturalmente, si trovava ancora nella sua stanza dell'hotel Providence. E non poteva essere altrimenti!

Prese un respiro profondo e rimase interdetta. Era come se l'aria fosse più profumata. Inspirò ancora con maggior vigore e chiuse gli occhi. Era il profumo della salsedine che arrivava dalla finestra socchiusa. Ma era come se fosse più puro, come se mancasse quel lieve retrogusto di smog che aveva notato quando era uscita all'aperto. Pensò che, probabilmente, doveva esserci meno traffico a quell'ora.

Si voltò verso la porta della stanza e l'aprì senza guardarsi intorno. Se l'avesse fatto, probabilmente, avrebbe notato un piccolo baule in pelle scura al lato di quello che doveva essere il suo letto e che, evidentemente non le apparteneva.

Ma Santana era stata attirata fuori dalla musica che proveniva, leggera, dal pian terreno. Mise entrambi i piedi nel corridoio che l'avrebbe portata alle scale e si fermò di colpo. Il tappeto che lo copriva era di un rosso acceso, come se fosse stato appena messo. Per un attimo pensò di inchinarsi per passarci sopra le dita perché era certa che l'avrebbe trovato morbido e delicato al tatto. Ma rinunciò immediatamente, pensando a quanto quel gesto sarebbe sembrato stupido se qualche impiegato fosse passato proprio in quel momento.

Così proseguì diretta verso le scale e mise piede sul primo gradino. Di nuovo si fermò di colpo. Voltò il busto e guardò l'ascensore che, solo poche ore prima le era sembrato una trappola mortale. Socchiuse gli occhi mentre si avvicinava e toccò la rete metallica nera che chiudeva la cabina. Era perfetta. La tirò per aprirla e guardò il legno all'interno. Sembrava luminoso, sembrava lucido. Sembrava, semplicemente, nuovo.

Come avevano fatto a mettere tutto in perfetto ordine in così poco tempo?

Santana si voltò verso le scale di nuovo, nonostante l'avessero pulito, non sarebbe mai salita su quella macchina infernale chiamata impropriamente ascensore. Scese le scale con fin troppa foga e si fermò non appena raggiunse la hall, con la bocca spalancata per lo stupore.

Quella sala era piena di gente e musica. E anche la doppia porta che il vecchio le aveva mostrato poco prima era aperta rivelando una grande sala con tavoli rotondi e sedie in ferro battuto e un grande bancone di un bar che occupava la parete più lontana.

Inconsciamente lo sguardo di Santana corse dove, sapeva c'era la foto in bianco e nero di quella donna, quella Brittany Pierce. Si accorse immediatamente che non c'era più. Né lei né le altre foto.

Solo allora si concentrò sulla gente che affollava le sale. C'erano molti uomini, vestiti elegantemente. Tutti indossavano cravatta e completi scuri. Santana si accorse immediatamente che sembravano apparsi da qualche film di gangstar, tutti impeccabili, con le sigarette tra le dita e i capelli lucidi e schiacciati da troppo gel. Santana camminò piano tra loro accorgendosi anche che vi erano diverse donne tutte con complesse acconciature o con capelli corti e collane di perle lunghe che avvolgevano il collo.

Santana sentì troppi sguardi su di lei mentre cercava di raggiungere il bancone del bar ma li ignorò. Guardò il grammofono che suonava quando gli passò al lato e quasi scoppiò a ridere. Perché era evidente quello che fosse successo: l'albergo aveva organizzato una festa a tema. Tutti erano vestiti come se fossero nel pieno degli anni venti, anche la musica, anche se non era esperta di jazz, doveva essere più o meno dello stesso periodo. E, naturalmente, molti la guardavano perché era l'unica anacronisticamente vestita. Raggiunse il bancone del bar pensando che avrebbe protestato con il vecchio della reception non appena l'avesse visto. Avrebbe almeno potuto avvisarla di quella ridicola festa!

Ma c'era una cosa positiva in tutto ciò: non sarebbe dovuta andare lontano per ottenere da bere.

Mosse la mano attirando l'attenzione del barman che si avvicinò con un sorriso da conquistatore incallito che la fece vacillare per un attimo, era quasi certa ce le ricordasse qualcuno, ma, allo stesso tempo, era anche certa che non aveva mai visto quell'uomo in vita sua.

-Cosa posso servirle? - chiese elegantemente l'uomo.

-Una birra – sbottò lei immediatamente.

Lui sembrò aver ricevuto uno schiaffo. Aprì la bocca e poi scoppiò a ridere.

-Mi piaci! - le disse poi si voltò e le mise davanti un grosso bicchiere di limonata.

Santana lo guardò interdetta per un attimo ma non riuscì a dire niente prima che si allontanasse.

-Sei una donna eccentrica. E lo dico io che ne ho viste molte!

La voce la fece voltare e dimenticare per un attimo la sua birra.

-Di cosa parli? - domandò passando lo sguardo su un uomo elegantissimo, dalla pelle chiara e gli occhi azzurri.

-Hai il vestito più particolare che ho visto in molto tempo – spiegò con tranquillità – E uno strano senso dell'umorismo! In pochi fanno battute sull'alcol in questo periodo.

-E tu saresti?

-Hummel, Kurt Hummel – rispose immediatamente allungando la mano.

-Santana Lopez – tagliò corto lei.

-E' la prima volta che ti vedo da queste parti.

-Sono arrivata oggi, un paio di giorni fa ho prenotato per una settimana.

Lui sembrò stupito.

-Sei riuscita a trovare una stanza? In questo periodo?

-Non mi sembra che ci fosse la fila per questa catapecchia!

Santana bevve un sorso di limonata, trovandola incredibilmente buona, mentre Kurt la guardava sconvolto.

-Catapecchia? L'hotel Providence?

Santana fece un gesto supponente con la mano. Ovvio che quel posto fosse una catapecchia. Non sarebbe bastata una stupida festa per farle cambiare idea. Poi guardò Kurt che continuava a fissarla indignato e le venne da ridere mentre un'idea si faceva largo nella sua mente.

-Kurt, che giorno è oggi?

-Il 28 settembre – rispose lui sempre più stranito.

-Di che anno? - insistette con un ghigno divertito lei.

-Del 1925, naturalmente!

Santana scoppiò a ridere e si passò una mano sul volto. Come aveva fatto a non capirlo subito? Tutto era troppo ben curato. Quella non era solo una festa a tema. Quello era uno di quegli stupidi giochi di ruolo che erano tanto di moda. Ricordava ancora quando aveva accompagnato il fratello di Elisabeth a quella ricostruzione di una battaglia della guerra d'indipendenza. Quando era stato “ucciso” si era rifiutato di alzarsi per ore, sinché tutto non fosse finito.

Perciò decise di dargli corda. Perché naturalmente era l'unica cosa che poteva fare.

-Giusto! - disse allegra – Ti prego di scusarmi ho avuto una giornataccia.

-Ti fermerai per il matrimonio? - chiese Kurt decisamente più rilassato – Io sono il testimone dello sposo. E anche il suo agente!

-No, non credo. Penso proprio che partirò domani mattina. Questo posto non fa per me!

-Vai via senza passare per il Cotton club?

Santana sollevò un sopracciglio. Quella gente era davvero fissata con queste cose. Pensò se fosse il caso di rispondergli a tono ma lasciò perdere. In fondo fingere di essere un'altra persona, a volte, poteva essere divertente.

-Non credo.

-E' un vero peccato! Aspetta – Kurt si voltò verso il bancone e si rivolse al barman – Noah, un'altra limonata per la signorina.

Santana si accorse che effettivamente il suo bicchiere era vuoto ed anche che il barman si chiamava Noah, e lei era quasi certa di aver già sentito quel nome in quella giornata.

-Ecco a te – disse posando un bicchiere colmo davanti e prendendo quello vuoto – Noah Puckerman, ogni amica di Kurt è anche amica mia – concluse facendole l'occhiolino.

Santana socchiuse gli occhi guardandolo mentre si presentava a sua volta. Ma solo per un istante prima che lui si voltasse per tornare a lavoro.

-Dovresti rimanere davvero – la voce di Kurt la riportò alla realtà – Blaine Anderson è il miglior pianista di tutta la costa est.

-Blaine Anderson?

-Sì, immagino tu abbia sentito parlare di lui. E' lui lo sposo – Kurt sembrava divertito dall'espressione confusa di Santana, come se non fosse possibile che non sapesse chi fosse.

-Mai sentito.

-Davvero?

Kurt aggrottò le sopracciglia. Poi si illuminò.

-Ma immagino tu conosca la sua futura sposa! Lavorano insieme da tempo ormai. Lei canta e balla sul palco come se fosse solo spirito.

Santana iniziava a sentirsi strana. Era come se il suo cervello stesse cercando di unire tutte quelle informazioni per capire cosa stesse succedendo davvero. Ed i suoi occhi, stranamente non si staccavano da una donna che le dava le spalle. Era poco distante da loro. Poteva vedere solo le spalle leggermente scoperte e il lungo collo messo in evidenza da una cascata di capelli biondi perfettamente acconciati. Si voltò appena ed il cuore di Santana iniziò a battere più forte, come se avesse capito per primo ciò che i suoi occhi avevano visto.

La voce di Kurt era solo un ronzio in sottofondo.

E poi quella donna si voltò e Santana ne incrociò gli occhi. Occhi color ghiaccio, esattamente come aveva immaginato anche attraverso il bianco e nero di quella vecchia foto.

-Davvero non conosci nemmeno Brittany Pierce? - la voce di Kurt la raggiunse in quel momento,

Quel nome era l'ultimo che si aspettava di sentire. Perché davanti a lei c'era davvero Brittany Pierce. Non poteva sbagliare. Nella sua mente era rimasta impressa a fuoco quella foto.

Solo che non poteva esserlo.

Così scappò.

Corse attraverso la sala sentendo quegli occhi di ghiaccio su di se. Salì le scale di corsa e raggiunse la sua stanza. Si buttò sulla porta dell'armadio e l'aprì notando immediatamente la stessa maniglia di metallo all'interno. La strinse e tirò facendo solo due passi.

 

 

 

 

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Secondo capitolo! La prima cosa che vorrei dirvi è grazie per come è stata accolta questa storia! Vi vorrei ringraziare uno per uno perché mi avete lasciato tantissime recensioni e tantissimi hanno già messo la storia tra preferiti seguiti e ricordati! Grazie davvero per la fiducia! Speriamo bene!!

Immagino che da questo capitolo si capisca definitivamente come si sviluppa e qual'è il fulcro! Non so se fosse ciò che vi aspettavate!

Grazie ancora a tutti.

A presto.

 

 

  
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