Xfile 001: arrivo a Hogwarts.
Come
molti bambini della sua età, anche la povera piccola Bia ricevette la lettera
di convocazione firmata dal preside Albus Silente e controfirmata dalla sua
amante vicepreside Minerva McGranitt. Tutto sembrava regolare. Ma era solo
l’inizio; Bia si recò a comprare il materiale necessario per il suo primo anno
nella prestigiosa scuola di Hogwarts, e forse un piccolo sospetto circa la
natura dell’anno che avrebbe passato lo poteva avere nella bottega di
Olivander. Chi è Olivander: è uno stuzzicadenti Samurai con precedenti penali
che si spaccia per commerciante di bacchette magiche pur di perseguire nelle
sue malate attività. Quelli che gli avventori del suo negozio scambiano per
occhi glaciali sono in realtà occhi di vetro. Si vocifera che Olivander per
spostarsi usi un radar. Ma stiamo andando fuori tema.
Olivander
fece provare alla povera piccola Bia vari tipi di bacchette: una composta da
peli di unicorno e legno di betulla, una di corde di cuore di drago e faggio,
una di piume di fenice e agrifoglio, ma niente da fare. Per quella bambina
nessuna di quelle bacchette sembrava andar bene. Olivander decise di provare
alcune bacchette inventate durante un delirio causato dall’assunzione di
funghetti allucinogeni, che aveva scambiato mesi prima per un uovo piuttosto
grosso, probabilmente di struzzo. Le mise in mano verghe che vantavano
materiali come scarti dell’Ikea, di Concetta Mobili (Casoria), canne rollate
male, rimasugli di LP di Adriano Pappalardo, peli di Elio di Elio e le Storie
Tese, corde da impiccagione e sapone di piedi di vitello dai piedi di balsa.
Una
sola bacchetta riuscì a rimanere nella mani di Bia senza farsi esplodere: era
composta da peli di yak e ciò che rimaneva di una libreria Billy. Olivander
fece notare alla bambina com’era bella, così impiallacciata bianca, ma ritenne
opportuno trascurare l’insignificante dettaglio che quella non era una bacchetta
magica, ma una bacchetta e stop. E probabilmente era per quella ragione che non
si era fatta esplodere come le altre più sagge colleghe.
Altro
ammonimento la piccola Bia poteva coglierlo al negozio di animali: l’onesta
commessa riuscì a rifilarle un sacco di cemento da cantiere spacciandolo per
gatto ipoattivo.
La
piccola Bia, armata di un ex-Billy e di un sacco di cemento di nome Fulmine, s’imbarcò
soddisfatta sul treno per la sua nuova scuola, e quella sera varcava entusiasta
le porte di Hogwarts.
Fu
messa in fila con altri bambini come lei, che aspettavano il turno per sapere
dal Cappello Parlante in quale delle quattro cosche sarebbero stati smistati.
Alcuni bambini finivano a Grifondoro, che era il gruppo più caciarone, e che
nella Sala Grande (così si chiamava il salone dove si trovavano) festeggiava
ogni nuovo membro con una scarica di mitra contro la rivale Serpeverde, che
rispondeva con rutti e con lancio di bombe Molotov. Dall’altra parte della sala
c’erano i ragazzi di Corvonero, barricati dietro montagne di sacchetti di
sabbia, guardavano il gaio duetto dei più esplosivi colleghi, e ogni tanto si
dilettavano a lanciare bottiglie di Coca-Cola con dentro pacchetti interi di
Mentos. In un angolo osservavano il tutto i ragazzi Tassorosso, che non
prendevano parte alla lotta ma rifornivano di artiglieria le altre tre Case in
cambio di compiti svolti.
Il
Cappello Parlante, che vantava un diploma magistrale e ben due esami dati alla
triennale di pedagogia, decideva in che Casa smistare i nuovi arrivati in base
alle loro attitudini, o più spesso in base a quali colori sociali s’intonassero
le ginocchia del nuovo maghetto.
Quando
fu il turno di Bia, la sala trattenne il fiato. I Grifondoro erano indietro di
5 matricole rispetto ai Serpeverde, mentre i Corvonero non ne avevano avuta
nemmeno una e si preparavano all’assalto dei Tassorosso sperando di rapire
qualche bambino ed educarlo nei valori della loro casa.
La
vicepreside calò il Cappello sul capino di Bia, e questi sembrò rifletterci un
po’ su. Certo, non era il caso di dare risposte affrettate, ma forse i presenti
avrebbero gradito andare a letto presto, dopo una giornata di viaggio; fu verso
le tre del mattino che il Cappello esclamò tutto contento:
-VERMEFUNGO!-
In
sala purtroppo non c’era più nessuno.
La
notizia arrivò il mattino dopo al tavolo della colazione dei professori, mentre
il Cappello Parlante, in mancanza di mani, mangiava direttamente dal piatto il
suo latte con i cornflakes ed esponeva loro la sua decisione.
-Non
c’era nessuna Casa adatta.- disse –Così ne ho creata una nuova! Che bravo che
sono!!- cominciò a ridere, si strozzò con i cornflakes e morì.
Senza
cappello non si poteva mandare la povera piccola Bia in un’altra casa, così
nacque la casa del Vermefungo. Colori sociali: Rosa e marrone. Una vera
cafonata.
Il
consiglio degli insegnanti convocò immediatamente la povera piccola Bia per
comunicarle il suo nuovo ruolo: matricola, prefetto, rappresentante, bidella,
donna delle pulizie, potenziale cacciatore-capitano-portiere-battitore-tifoso-allenatore
della squadra di Quiddich nonché unico membro attivo della Casa di Vermefungo.
Bisognava
adesso affrontare il problema di dove mandare a dormire la nuova arrivata,
visto che Serpeverde non ne voleva sapere di accoglierla, i Grifondoro si erano
fatti esplodere in un attacco kamikaze contro la loro stessa sede e adesso
bisognava ricostruirla, e i Corvonero ospitavano già i Tassorosso, i quali avevano
lasciato le chiavi della casa dentro la stessa casa ed erano già due notti che
i fabbri lavoravano attorno alla serratura che, in quanto magica, soffriva il
solletico e si spostava in continuazione per non farsi toccare.
Minerva
McGranitt, che insegnava trasfigurazione, credette di aver trovato la soluzione
al problema; convocò la piccola Bia nel suo studio e le disse:
-Povera
piccola Bia, abbiamo deciso che siccome non troviamo un posto per farti
dormire, ti trasformerò ogni notte in un sasso!
-Non
è vero! Non è vero! Scappa Bia!!- gridò disperata una voce da sotto alla
scrivania della professoressa, ma questa tirò un calcio al qualcosa e con un
rantolo la voce venne meno.
-Il
mattino ti ritrasformerò in una bimba, sei contenta, sì?- concluse la McGranitt
con un bel sorriso. La povera piccola Bia non sospettò di niente, e prima che
potesse esprimere un parere, fu trasformata in un sasso dalla vicepreside.
Il
mattino dopo, i professori affissero in tutto l’istituto dei manifesti nei
quali si avvisavano gli studenti che le lezioni sarebbero cominciate con una
settimana di ritardo perché, essendoci una Casa in più, bisognava rifare tutto
l’orario, definire nuovi giorni liberi, riposizionare le festività, le
assemblee studentesche, gli scioperi contro la Gelmini, le settimane bianche,
la settimana dell’occupazione, la settimana dell’attività alternativa, la
settimana libera per la trasmissione del Festival di Sanremo, la giornata
dell’arte, i MacP e le feste delle matricole. Tutto per una fottutissima
sbronza del Cappello Parlante, pace all’anima sua. Non potendosela prendere col
defunto perché pare brutto, i professori giurarono odio eterno alla povera
piccola Bia.
Poi
c’era da riorganizzare il torneo di Quiddich, che adesso doveva comprendere 5
case, con uno stravolgimento di tutto il calendario che i prefetti e i
rappresentanti di classe avevano accuratamente studiato allo scopo di
approfittare di ogni singolo ponte e di ogni singolo evento che giustificasse
una saltata generale. I ragazzi compilarono il nuovo orario senza chiedersi
come potesse una sola persona giocare contro una squadra e senza farsi venire
in mente che Bia magari non aveva nessunissima intenzione di farlo; per non
reputare quella spremitura di meningi come un’inutile perdita di tempo,
decisero che la matricola avrebbe giocato a Quiddich con loro, volente o
nolente.
Passò
un mese. Era cominciato il torneo di Quiddich, la festa delle matricole era
stata sospesa dopo che i soliti facinorosi avevano portato dei gavettoni di
acqua e farina sulla pista da ballo, le lezioni si svolgevano regolarmente dopo
624,58periodico modifiche all’orario.
Solo
che non si trovava più la povera piccola Bia.
I
professori cominciarono ad arrabbiarsi per queste ripetute assenze, e
toglievano punti alla Casa di Vermefungo per punizione. Le partite di Quiddich
venivano rinviate all’infinito perché non solo la squadra rosa-marrone non si
presentava, ma nemmeno arrivava qualcuno ad annunciare il suo ritiro. A conti
fatti, per rispettare il calendario iniziale, si sarebbe stati costretti a far
disputare al Vermefungo 8 partite al giorno.
Ad
Halloween, nel bel mezzo di un collegio docenti il cui tema del giorno era:
“nuovi metodi di tortura per studenti assenteisti”, Minerva McGranitt si
ricordò improvvisamente di cosa poteva aver causato l’assenza di Bia! Si era
dimenticata di ritrasformarla in una bimba il giorno dopo la sua prima mutazione
in sasso.
I
professori, preso atto di ciò, dopo pranzo e dopo il caffettino andarono
nell’ufficio della vicepreside a cercare il sasso incriminato; dopo due ore e
mezzo di ricerche la McGranitt si ricordò che la settimana prima aveva lanciato
tutti i sassi presenti nella sua stanza al preside Silente che cantava ubriaco
alla luna. I professori andarono fuori e persero le successive due settimane a
cercare Sasso-Bia. Peccato che ad Hogwarts qualcuno anni prima avesse avuto
l’idea geniale di mettere vialetti di sassi, cosa che rese la ricerca
estremamente perniciosa.
Dopo
essere riusciti a scovare 5 pepite, 2 palle da baseball, 4 Rattata selvatici, 12
supersantos, 8 bambini trasformati in cimici puzzolenti dal gioioso professor
Piton (egli tentò maldestramente di giustificarsi dicendo che aveva finito
l’inchiostro per metter loro una normale nota), e 3 ordigni inesplosi risalenti
all’ultimo conflitto mondiale, fu la sbadata professoressa Cooman, che di mestiere
prevedeva la morte altrui, a inciampare in un sasso che poi si rivelò esser
proprio la povera piccola Bia!
Tornata
una bimba, ella volle per prima cosa ritrovare il gatto Fulmine, e fu molto
commossa dal fatto che l’animale fosse rimasto fedelmente ad aspettarla lì dove
l’aveva lasciato, nel bagno intasato del pianoterra.
I
professori preferirono cercare un posticino per far alloggiare la nuova
arrivata, senza dover ricorrere a magie estreme. Il nuovo quartier generale per
la Casa del Vermefungo fu scelto accuratamente tra tutti gli ambienti malsani
della scuola: dopo aver scartato il sottoletto del guardiacaccia, la cuccia di
Fuffy (il simpatico Cerbero del preside), la Foresta Proibita, il camino dello
studio della vicepreside, era stato selezionato il sottoscala del sottoscala
della scala che portava alla cripta dove si insegnava Pozioni. Un posto un po’
di passaggio, ma chi tardi arriva male alloggia.
In
quel sottoscala la povera piccola Bia cercò di aprire un lettino pieghevole, ma
purtroppo non c’era abbastanza spazio così dovette ripiegare su un sacco.
Proprio un sacco, di quelli per il caffè, steso per terra e con un lenzuolino
sopra. Meno male che nei freddi inverni avrebbe potuto stare al caldo
stringendo a sé il gattone Fulmine, anche se ultimamente le dava qualche
preoccupazione perché si ostinava a non mangiare, eppure non dimagriva neanche
un po’.
Nella
Sala Grande si aggiunse un tavolo per la neonata Casa, un banchetto singolo,
messo faccia al muro vicino alla porta dei bagni, con la sedia con una gamba
sbilenca e una piegata e il buchino per l’inchiostro pieno di gomme da
masticare. Appeso con una puntina c’era lo stemma della casa, disegnato dalla
gentile mano di un gorilla amazzonico su un foglio A4 che sul retro recava
delle scommesse sportive. L’araldico stemma consisteva in un verme rosa avvolto
a un palo della luce marrone, che come lampadina aveva un fungo. Dopo colazione
Bia tornò nel suo sottoscala, che era stato decorato con le insegne rosa e
marroni della Casa e in alto, fissato alla scala con dello scotch, c’era un
pezzo di cartone:
VERMEFUNGO |
Ora
che finalmente aveva una sede, poteva dedicarsi a studiare il mondo della magia
come tutti i bambini della sua età. Credeva.