Capitolo 17
L’angelo
delle nevi
-Rose, Rose, svegliati, dobbiamo
andare! – Rose si destò
stropicciandosi gli occhi, e subito se ne pentì. Il freddo
la investì con una
folata gelida che le congelò le ossa. Si strinse le braccia
intorno al corpo,
ma a parte un dolce tepore che le attraversò per un attimo
le membra, l’azione
non servì a nulla.
Si alzò e si
infilò due maglioni di lana, pantaloni pesanti
e un paio di stivali da montagna. Uscì dalla tenda. Fuori c’erano
Scorpius e Albus, intenti ad
accendere un fuoco con la magia e a scaldare la colazione.
-Ehi – la salutò
Scorp, buio in volto. Rose sorrise
amaramente. Il suo Angelo non aveva ancora digerito il torto subito da
Al. Per
questo erano partiti immediatamente per il Monte Bianco, in Italia,
dove Fen
aveva localizzato Diana. Fen non era potuto venire, era andato con gli
Auror al
fronte della guerra con i Demoni, che si stava trasformando in una vera
e
propria carneficina per i maghi.
Inoltre, i Demoni si stavano
avvicinando sempre di più a Hogwarts.
Per questo dovevano trovare Diana al più presto e
convincerla ad aiutare Scorp
nella guerra. Erano tre giorni che stavano cercando Diana su quella
montagna, e
dovevano sbrigarsi.
-Allora, ci siamo Al? –
chiese Rose, avvicinandosi al fuoco
per scaldarsi. Scorpius si voltò verso Albus e gli
lanciò un’occhiataccia del
tipo “vedi di non sbagliare oppure ti butto
giù”. Albus deglutì rumorosamente e
corse a prendere il suo ciondolo.
Rose guardò
giù, fuori dallo spuntone di roccia dove si
erano accampati. Quell’enorme distesa di roccia e gelo era al
contempo spaventosa
e affascinante. Ma l’idea di venir scaraventato di sotto da
un Angelo in preda
a un attacco d’ira… bè, doveva per di
più essere spaventoso.
Intanto Al aveva incominciato la
solita tiritera: prendeva
il suo ciondolo (una specie di giglio che, da quanto Rose aveva capito,
era il
simbolo dei Venerabili) e lo impregnava della sua magia. Recitava
un’antica
formula in una lingua alla rossa incomprensibile e il ciondolo indicava
la
strada.
La magia di Albus era color nocciola,
il colore degli occhi
di Lily. Rose sorrideva ogni volta alla sua vista: sapeva che Albus
avrebbe
fatto di tutto per la sua sorellina.
Rose sapeva che saper fare magie
senza bacchetta era una
caratteristica degli Angeli, ma che potevano sviluppare anche Custodi e
Venerabili. Poi, quando si assumeva una certa dimestichezza con la
magia
“manuale” (così definita da Domenique)
questa assumeva il colore degli occhi
della persona cui si teneva di più.
Per Scorpius era stato automatico, e
la sua magia era color
azzurro cielo (cosa per cui Rose arrossiva sempre). Per Albus era stata
una
passeggiata imparare, e la sua magia era color nocciola. Ma per lei no.
Se aveva un “talento
naturale” per l’arte della guerra, era
negata per la magia “manuale”. Era un disastro. Ma
conosceva il colore della
sua magia. Grigio. La sua magia era grigia, con screziature azzurre.
Gli occhi di Scorpius.
Ok, sapeva di essere come una specie
di medicina per il
biondo. Glielo aveva confessato lui stesso, una sera.
“Davvero, Rose, tu sei la
mia unica salvezza. Tutti mi disprezzano per il mio cognome, tu sei
stata
l’unica che, nonostante gli iniziali pregiudizi, ha saputo
guardare oltre e ha
trovato il vero me. Promettimi di non lasciarmi mai, Rosy.”
Anche per lei era lo stesso. Insomma,
Scorpius era dolce, il
suo migliore amico, il centro dell’universo per lei
ma… negli ultimi tempi
qualcosa era cambiato.
Ogni volta che lo vedeva sentiva il
bisogno di sorridere e
il clima farsi più tranquillo, come se la sua sola presenza
le suscitasse una
sorta di calma totale. Non capiva il perché di quelle
sensazioni, miseriaccia!
Strinse forte la tracolla della borsa
dove custodiva la rosa
che le aveva regalato il biondo.
-Rose! Rose, attenta! Dietro di te!
– l’urlo di Albus la
riscosse dai suoi pensieri. Si voltò di scatto e
rabbrividì. A circa una
quindicina di metri da lei c’era un orso dagli occhi pieni
d’ira, la bocca
ringhiante e bavosa.
Ma cosa ci faceva lì?
Quella era un’altitudine spropositata
per un orso, era innaturale. E un’altra cosa innaturale era
il colore della
pelliccia dell’animale, di
un bianco
panna-azzurro immacolato.
L’orso corse verso di lei.
Rose cercò frenetica la bacchetta
nelle pieghe della giacca, senza trovarla. In preda al terrore,
tentò di evocare
uno scudo con le mani, ma questi risultò debolissimo. La
membrana
grigio-azzurra tremolò, per poi svanire.
Rose gridò e Scorpius si
parò davanti a lei, evocando uno
scudo e contemporaneamente lanciando una fiammata azzurra contro il
muso
dell’orso, retto sulle zampe anteriori.
Inaspettatamente, l’orso
agitò il muso, semplicemente
infastidito, e scagliò una zampata contro lo scudo, che si
increspò.
Rose e Scorpius imprecarono, mentre
il Serpeverde biondo
tentava di rafforzare lo scudo. Rose corse indietro verso il cugino,
intento a
lanciare sfere color nocciola contro l’orso, invano.
-Al! – gridò la
rossa – ma cosa sta succedendo?! Perché
l’orso è immune alla magia? – Albus
alzò le spalle.
-Non ne ho la più pallida
idea, Rose! Forse un incantesimo
molto antico… - proprio in quel momento, l’orso
spalancò la bocca, da cui
fuoriuscì un fumo verde che investì i tre
ragazzi.
Rose cominciò a sentirsi
stordita, come se tutt’a un tratto
avesse perso i cinque sensi. Cadde nella neve.
E poi, fu buio.
Scorpius vedeva nero.
All’improvviso vide formarsi la figura
di sua madre nella sua mente, circondata da un alone azzurro. Una luce
in mezzo
al buio. Le corse incontro.
-Mamma! Mamma! – la donna
si voltò, sorridendo con dolcezza.
Allargò le braccia e Scorpius la abbracciò forte,
con le lacrime agli occhi,
venendo inondato da un calma e da una pace mai provate prima, diverse
da quelle
che gli provocava Rose.
-Piccolo mio… -
sussurrò Astoria, svanendo a poco a poco.
Scorpius si ritrovò a piangere, in ginocchio e al buio,
abbracciando il nulla.
Urlò.
Albus si svegliò di botto,
mettendosi a sedere e guardandosi
intorno. Scorpius e Rose erano sdraiati accanto a lui, immersi in un
sonno
profondo.
Si trovavano in una grotta,
agghindata come una casa. C’era di
tutto: due letti, un divano, una tv, angolo cottura e un tavolo con un
paio di
sedie.
Là dentro faceva anche
piuttosto caldo. Albus si sfilò il
maglione che aveva e rimase con una semplice maglietta dei Tornados. Si
alzò e
cominciò a ispezionare la grotta, cercando di capire come
diavolo erano finiti
lì. All’improvviso un tintinnio a lui molto
familiare lo fece voltare.
C’era una ragazza, a pochi
passi da lui, con accanto l’orso
che li aveva aggrediti. Era… bellissima, sì, ma
strana.
Aveva lunghi capelli corvini che le
arrivavano fino a metà
schiena, incorniciandole il viso dai tratti delicati. Occhi che
parevano
macchie d’inchiostro spiccavano sul volto bianco e pallido.
Quegli stessi occhi
che lampeggiavano di dolore, frustrazione e desiderio mai appagato.
Indossava un corpetto di cuoio che
lasciava scoperta la
pancia piatta e un paio di pantaloni a tre quarti neri. Calzava stivali
bassi neri.
Albus la riconobbe
all’istante. O meglio, non l’aveva mai
vista, ma sapeva, in qualche modo, che quella era Diana. Dopotutto,
solo un
Angelo avrebbe potuto quella bellezza mozzafiato. Ma c’era
un'altra cosa.
Lui sentiva di conoscerla. Era come
se la conoscesse da
tanto tempo e quello fosse solo un incontro avvenuto dopo tanto tempo
di
distanza. E si sentiva a casa, davanti a quella ragazza che lo scrutava
con
occhi severi e avidi di vendetta.
Albus si inginocchiò,
com’era da regola per i Venerabili
davanti a un Angelo anziano. Diana sembrò riconoscere il
gesto e sgranò gli
occhi, mentre il sangue le coloriva le guance.
-Chi siete voi, e come avete osato
profanare la mia casa? –
il suo tono era severo e ghiacciava il sangue nelle vene. Albus
deglutì
rumorosamente e tenne lo sguardo fisso a terra.
-Il mio nome è Albus
Severus Potter, signorina. Il mio amico
lì svenuto risponde al nome di Scorpius Malfoy, ed
è un Angelo, proprio come
lei, suppongo. Il suo nome è Diana, non è vero?
L’Angelo rimase un attimo
immobile, poi creò una spada dal
nulla e la puntò alla gola di Albus, mentre l’orso
rimaneva in disparte.
-E cosa vuole un Angelo da me? E come
mai tu e l’altra
ragazza l’avete accompagnato? – chiese, mentre il
suo tono si faceva via via
sempre più irato e alto.
-C’è una guerra,
e abbiamo bisogno del suo aiuto. In quanto
a me e mia cugina Rose, siamo rispettivamente il Venerabile e la
Custode di
Scorpius – rispose Albus, con voce tremante.
Il moro avvertì la lama
vibrare, mentre Diana scoppiava in
una risata amara.
-E così i Demoni sono
tornati eh? E da quanto ho capito e
percepito dalle vostre aure – Diana ritirò la lama
e incominciò a giocarci,
rigirandosela tra le mani – il tuo amico è un
Angelo potente, ma piuttosto
giovane e inesperto. Lo stesso vale per la sua Custode, anche se sento
che
sarebbe disposta a fare di tutto per proteggere il suo Angelo. E a
causa della
vostra inesperienza volete il mio aiuto…
-Tu sai leggere le aure? –
chiese Albus, alzando uno sguardo
un attimo e guardando con ammirazione Diana. Quest’ultima
ripuntò la spada
contro di lui e il moro tornò con gli occhi smeraldo verso
il pavimento.
-Certo. E so che tu sei un
Venerabile, e che muoio dalla
voglia di farti a pezzi! – urlò, disegnando un
taglio superficiale ma doloroso
sul petto di Albus, che gemette.
-Che… - ansimò
il moro – che cosa ti ho fatto? – Diana
ghignò
amaramente.
-Fen non ti ha spiegato proprio nulla
eh? I Venerabili
nascono grazie alla rincarnazione degli spiriti dei loro predecessori.
In passato,
lo spirito di Simon e degli altri si poteva dividere al massimo in tre
persone,
e solo gli Angeli più potenti o importanti potevano contare
sull’assistenza di
un Venerabile. E oggi, che gli Angeli sono diventati sempre
più rari, può esistere
un solo Venerabile al mondo. E se tu sei qui… - Diana non
completò la frase, ma
Albus aveva capito benissimo.
-Se sono qui significa che il tuo
Venerabile è morto – il viso
di Diana si contrasse in una smorfia di puro dolore. Vedere quella
creatura
meravigliosa soffrire era quanto di più Albus potesse
sopportare, perciò
distolse lo sguardo.
-Per quanto l’accertamento
della morte del mio Venerabile
Luis, che credevo prigioniero dei Demoni ma ancora vivo, mi addolori,
rifletterò
sulla tua richiesta. Dammi solo un po’ di tempo.
-Ma non c’è
tempo! – esclamò Albus – i
Demoni… - si bloccò
quando Diana gli scoccò un’occhiataccia
– okay, va bene, prenditi tutto il
tempo che vuoi – acconsentì.
Diana annuì e si
allontanò, scomparendo nelle tenebre della
grotta.
Diana era certa che li avrebbe
aiutati. Come si fa a negare
aiuto alla persona che si ama?
Sapeva di non amare Albus, ma di
amare Luis. Purtroppo però,
c’erano tanti attributi fisici che li accomunavano. Gli occhi
verdi, i capelli
neri, il fisico mingherlino.
Sicuramente Albus aveva anche lo
stesso carattere di Luis:
riservato, silenzioso, ma ambizioso e a volte un po’ maligno.
“Li aiuterò. Ma
devo togliermelo dalla testa. Non è lui che
amo, ma la spirito che si è rincarnato in lui.”
Albus sbuffò sonoramente,
mentre attendeva il risveglio di
Scorpius e Rose e la risposta di Diana.
Oddio
quell’Angelo… era talmente bella. Con quegli neri
come
la pece che nascondevano un passato inconfessabile.. ma dopotutto ad
Albus l'ignoto era
sempre piaciuto.
La ferita bruciò. Albus
pronunciò un veloce incantesimo di
guarigione e passò la mano sopra il taglio.
Sorrise quando, intorno alla sua
mano, si formò un alone
nero come la notte.
Allora,
c’è da dire
che Diana è il mio personaggio preferito. Basta sapere che
le ho dato il nome
che preferisco di più al mondo. Comunque, questo capitolo
(recensite) è un
piccolo regalo che vi faccio perché starò assente
una settimana. Mare,
aspettami!
Spero che vi
sia
piaciuto. Non l’ho riletto, mi scuso se ci sono errori.
Un bacio,
Nihal Potter
P.S. un
avviso anche a
tutti quelli che seguono “Il giglio nero” che
purtroppo non ho fatto in tempo
ad aggiornare L