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Autore: Rowan936    23/06/2013    6 recensioni
Due maghi innamorati.
Un antico maleficio.
Un padre legato alle tradizioni.
Un figlio che lotta per amore.
Due ragazzi in una grande città, senza memoria di quello che è il loro passato insieme.
Riusciranno a ritrovarsi?
Potranno due semplici maghi abbattere dei pregiudizi nati secoli prima?
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DAL PRIMO CAPITOLO:
«Ehi, chi è quel biondino che ti fissa? È carino!» esclamò Ally e Hermione si voltò verso il ragazzo a cui l’amica alludeva, con scarso interesse.
Quando incrociò lo sguardo di lui ebbe una fitta alla testa e per un attimo vide tutto nero.
In quell'attimo sentì la voce di un bambino dire: «Io sono Malfoy. Draco Malfoy.» con il sottofondo dello sferragliare di un treno, vide una chioma bionda bagnata dalla neve e due occhi color del ghiaccio fissarla con… amore?
Poi tornò alla realtà.
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(Non tiene conto degli eventi dal sesto libro in poi)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Lucius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Remember Us'
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Capitolo 8: Di orgoglio, amicizia, scuse e false promesse
 


Draco si chiuse la porta alle spalle, sospirando.
Sporca Mezzosangue.
Perché l’aveva chiamata così?
Non aveva idea di cosa significasse quell’appellativo, sapeva solo di aver sentito la rabbia e l’umiliazione montare, portandogli alla bocca parole senza senso ma dal sapore aspro.
Dopo averle pronunciate, si era fermato a cercare di capire cosa significassero, ma era stato distratto dalla reazione di Hermione: il suo sguardo si era fatto vitreo, poi era scivolata a terra, mormorando frasi incomprensibili e iniziando a singhiozzare, dapprima piano, poi sempre più forte. Alla fine, si era ritrovato a reggerle la testa mentre lei fissava immagini che lui non poteva vedere.
L’aveva fatto tremendamente preoccupare.
Quando poi aveva ripreso conoscenza, sembrava quasi disgustata da lui.
« Non chiamarmi mai più così. »
Gli aveva già impartito quell’ordine.
Non ricordava esattamente quando, tuttavia era sicuro di averla già chiamata così e che lei gli avesse intimato di non farlo più. A quanto pare, non l’aveva ascoltata. Tipico. Non sia mai che Draco dia retta a qualcuno. Sembrava conoscerlo tanto bene, eppure a quanto pare non era a conoscenza di quel piccolo particolare. Che cosa pensava di ottenere presentandosi davanti a casa sua per ordinargli cosa fare? Certo non l’avrebbe ascoltata.
« Non ha senso rischiare di morire così. »
Allora perché continuava a sentire la sua voce rimbombargli nella mente, accusandolo di essere uno stupido, di non saper apprezzare nulla, né godersi la vita?
No, non l’avrebbe ascoltata.
Non poteva ascoltarla.
Se aveva deciso di sfogare tutto quello che non gli piaceva della sua vita in quelle corse aveva i suoi motivi, non poteva essere una ragazza qualunque a farlo vacillare. Anche perché “un Malfoy non vacilla mai”.
Quella ragazza aveva la dannatissima capacità di farlo sentire scoperto, indifeso. Penetrava la sua corazza senza difficoltà, con parole semplici e qualche sorriso.
« So delle corse clandestine! » aveva detto, anzi, quasi urlato. Con poche parole, era riuscita a farlo sentire vulnerabile, una foglia secca in balia del vento autunnale.
All’inizio, aveva mentito, cercando di fuggire. In fondo, era sempre stato piuttosto codardo. Le uniche occasioni in cui riusciva a sfoderare un po’ di coraggio era quando qualcuno faceva del male alle persone a cui voleva bene. Ma, a volte, anche in quelle occasioni la paura prendeva il sopravvento.
Perché cos’era, Draco, se non un ragazzo impaurito? Cos’era, se non un sedicenne in balia della corrente impetuosa che era la sua vita? Rischiava continuamente di affogare nei suoi problemi, gli sembrava che le urla dei suoi genitori gli perforassero il cervello, mentre un grande senso di vuoto gli opprimeva il petto. L’unico metodo che aveva trovato per alleviare, almeno per qualche minuto, quelle sofferenze, erano le corse clandestine.
Quando saliva in macchina o in moto e iniziava una gara che poteva rivelarsi mortale, non aveva paura. Mentre quando i suoi genitori litigavano si rintanava in camera come il peggiore dei codardi e si metteva le cuffie alle orecchie per non sentire, lì c’erano solo lui e il suo mezzo, gli avversari erano meno importanti. Perché quella era una gara che combatteva contro se stesso. Perché rischiare di perdere qualcosa a cui non era affatto affezionato, la vita, mentre per la prima volta si sentiva protagonista assoluto non gli sembrava male.
E ora, lei voleva rovinare questo già di per sé precario equilibrio.
Perché doveva preoccuparsi per lui?
Era palese che Draco provasse qualcosa di profondo per lei, ma non poteva permettersi di perdere la sua unica valvola di sfogo. Sarebbe scoppiato, se non avesse più potuto gareggiare.
E non avrebbe più gareggiato se si fosse affezionato davvero a qualcuno, se avesse avuto la certezza di far soffrire qualcuno con la sua morte.
Gli venne in mente Blaise, quel ragazzo che gli aveva subito ispirato simpatia e che aveva la sensazione di conoscere piuttosto bene, nonostante lo avesse appena conosciuto. Com’era accaduto con Hermione, in un certo senso.
Si ritrovò a riflettere sul perché gli succedessero tante cose strane ultimamente. Prima l’arrivo di Hermione, accompagnata dalle strane visioni che lo assalivano a sorpresa, poi Blaise, Potter, infine, quegli uomini vestiti di nero.
Riaprì furiosamente la porta di casa, precipitandosi a prendere il casco della moto.
La sua vita stava andando a rotoli e tutto per colpa di una stupida ragazza con i capelli ricci.
 

۩

 
Ron si guardava intorno, a disagio.
Quella cosa con Astoria stava tirando un po’ troppo per le lunghe.
Nonostante avessero già provato a cercare Hermione e Malfoy nella Londra babbana, non erano riusciti a concludere nulla, com’era prevedibile, d’altronde. Come accidenti potevano sperare di trovare due ragazzi in una grande città come quella?
Non voleva arrendersi, rivoleva Hermione con sé, ma iniziava a pensare che quel piano non avesse alcuna possibilità di riuscire. Astoria, purtroppo, non era dello stesso avviso.
Quella ragazza era testarda, accidenti, forse anche più della stessa Hermione. Entrambe, quando si mettevano in testa una cosa, diventavano cieche e sorde.
La Serpeverde era però subdola, calcolatrice, riusciva a trarre a proprio vantaggio ogni situazione. Non sembrava mai a disagio, era sempre così fiera e altera mentre guardava il mondo dall’alto in basso, neanche fosse stata un gradino più su degli altri. E, forse, lo era davvero. Gli sembrava il tipo di ragazza che, se avesse voluto, avrebbe potuto avere il mondo ai propri piedi. Ma non lo voleva, al momento voleva solo Malfoy. Era la sua ossessione, lo considerava il ragazzo perfetto per lei, a quanto aveva capito.
« È un Purosangue proveniente da una delle famiglie più influenti di tutto il Mondo Magico, è ricco sfondato – non che io sia da meno – e molto, molto bello. Ha tutto. È perfetto. E sarà mio. » gli aveva detto una volta, durante uno dei loro incontri. Astoria non si faceva problemi a raccontargli quello che provava per Draco, forse perché non vi era nulla di romantico. Ron, che aveva sempre vissuto l’amore come una versione più evoluta dell’amicizia, non riusciva a scorgere sentimento nelle parole o negli occhi della Serpeverde. Non era un ragazzo sensibile, ma nemmeno stupido. Quello che animava quella ragazza, era solo desiderio.
Quanto si poteva imparare a conoscere una persona attraverso qualche chiacchierata? Molto, a quanto sembrava. Forse, rifletté Ron, iniziava a conoscere meglio Astoria di quanto non conoscesse la stessa Hermione. Avevano passato tanti anni insieme, all’inizio ciò che li univa era un profondo affetto per Harry, ma col tempo tra loro era nata una solida amicizia. Be’, solida per modo di dire, visto che erano un continuo litigare e allontanarsi. Forse, era stato proprio uno dei loro litigi a far sì che Hermione e Malfoy si avvicinassero.
« Come mai così puntuale? »
La voce di Astoria lo riscosse dai suoi pensieri.
In tutta risposta, si strinse nelle spalle, arrossendo leggermente. Non gli sembrava il caso di spiegarle come, vagando per i corridoi mentre rifletteva su come scusarsi con Harry, le gambe lo avessero portato lì e il suo profumo l’avesse tranquillizzato all’istante. Era un aroma familiare, ormai, quasi quanto il suo stesso odore.
 

۩

 
Blaise era uscito non appena Harry si era calmato.
Le mura dell’albergo lo opprimevano: non aveva a disposizione tutto lo spazio che invece c’era a Hogwarts, quindi era come se gli fosse mancato l’ossigeno.
Per fortuna, poteva sempre uscire per una passeggiata.
Si diresse in uno dei tanti parchi, le mani in tasca e gli occhi indagatori che scrutavano la folla alla ricerca di qualche individuo che somigliasse a un Mangiamorte. Dopo quello che gli aveva rivelato Piton, non riusciva a stare tranquillo.
Tempo qualche minuto e incrociò uno sguardo familiare in mezzo alla folla anonima. Ally. Era avvinghiata a un ragazzo, che sospettava essere il famoso Tod.
Fece per tirare dritto, quando notò il ragazzo staccarsi bruscamente dalla bionda, per poi dire qualcosa e lasciarla lì, da sola, con un’espressione delusa e ferita in viso.
Sospirò, indeciso sul da farsi, per poi avvicinarsi con un sorriso incoraggiante stampato sulle labbra.
« Ehi, Ally. » la salutò.
La ragazza si voltò, gli occhi lucidi, per poi sorridergli. Sembrava felice di vederlo.
« Blaise. » disse « Come mai qui? »
« Passavo per caso… Facciamo un giro? » propose, tendendole il braccio con fare giocosamente galante.
Ally lanciò uno sguardo al punto in cui Tod si era allontanato, per poi accettare, sinceramente contenta di avere un amico pronto a distrarla.
 

۩

 
Harry si mise a sedere di scatto quando udì dei passi nella stanza di fianco.
Doveva essere Piton. Oppure qualcun altro.
Rimase immobile, quasi timoroso che un semplice respiro potesse far scoppiare la bolla di silenzio in cui era momentaneamente rinchiuso, quando sentì un rumore strano provenire dalla stanza accanto. Sembrava… un singhiozzo trattenuto? No, doveva essersi sbagliato. Ma Piton sapeva che lui era in casa?
Rimase immobile per un po’, ma, non udendo più nulla, decise di andare a controllare. Si alzò e, camminando in punta di piedi, si avviò verso la porta che separava la stanza del professore dal corridoio.
Si sentiva come quando da bambino fingeva di essere qualcun altro per sfuggire alla tristezza della vita con i suoi zii. Una volta aveva finto di essere un investigatore, si era messo a cercare degli indizi per svelare un mistero immaginario tra i giocattoli di Dudley. Quando lo aveva scoperto se l’era vista brutta, ma quei momenti di divertimento valevano quelle sottospecie di punizioni che il cugino gli avrebbe inflitto comunque.
Avvicinò l’occhio alla fessura da cui poteva spiare la stanza. Piton aveva ingenuamente lasciato la porta socchiusa.
Il professore sembrava irrequieto, camminava avanti e indietro con le braccia dietro la schiena. Harry sussultò nel notare una lacrima rigargli il volto.
« L’ha chiamata Mezzosangue… anche lui… » lo sentì sussurrare.
A chi si riferiva?
Se Harry avesse avuto un minimo di buon senso, si sarebbe voltato e sarebbe tornato di corsa in camera, fingendo di non aver visto niente. Ma è del Bambino Sopravvissuto che stiamo parlando, quello che non riusciva a stare lontano dai guai nemmeno volendo, quindi rimase lì, attonito, ad osservare il suo professore di Pozioni borbottare frasi senza senso mentre tentava di trasformare la disperazione in rabbia.
Passò qualche minuto, poi Harry decise di fare qualcosa. Si allontanò dalla fessura e, prima di avere il tempo di cambiare idea, bussò.
Aspettò un invito ad entrare, che non arrivò.
« Professore, lo so che è lì dentro. Posso entrare? » disse allora.
La replica acida di Piton non tardò ad arrivare.
« Se non ti rispondo, Potter, evidentemente non gradisco la tua presenza. Vattene. »
« Temo di dover insistere. » rispose il ragazzo, deciso a non mollare. Odiava Piton e proprio per questo voleva saperne di più su di lui. Aveva la sensazione che gli nascondesse qualcosa, che ci fosse qualcos’altro dietro all’odio e al disprezzo che gli dimostrava quotidianamente. E poi, pensò, se piangere di per sé è brutto, piangere in solitudine è anche peggio.
« Ripeto: vattene, Potter. »
Harry non lo ascoltò e aprì la porta.
Si fissò i piedi, per dare il tempo all’uomo di ricomporsi nel caso avesse avuto ancora qualche traccia di pianto sul volto, e si sedette sul letto.
« Si può sapere cosa vuoi, Potter? » domandò il professore, in tono evidentemente scocciato.
« Volevo compagnia… » mormorò Harry, accampando la prima scusa che gli venisse in mente, per quanto banale.
« Trovo difficile pensare che tu voglia proprio la mia compagnia, quando potresti essere da Weasley o dalla Granger. O, al limite, da Blaise. »
Harry si strinse nelle spalle.
« Blaise è uscito, Hermione… Non so, non ho voglia di fingere che tutto quello che abbiamo condiviso non sia mai avvenuto. E Ron… Lasciamo perdere. Mi odia. »
« Non è l’unico, Potter. »
A quel punto il ragazzo si decise ad alzare lo sguardo, constatando che il volto di Piton fosse impenetrabile come al solito, la bocca leggermente piegata in una smorfia di disprezzo.
« Professore… Che rapporto aveva con mia madre? » azzardò, rammentando il ricordo che aveva trovato nel Pensatoio l’anno prima, durante le lezioni di Occlumanzia.
« Non ho intenzione di stare qui a parlare con te, Potter. Esci dalla mia stanza. »
Per un istante, Harry fu tentato di lasciar perdere e andarsene, ma la curiosità ebbe il sopravvento, così ignorò deliberatamente la scintilla poco rassicurante nello sguardo del professore e non si mosse.
« Per favore. Non pensa che abbia diritto di saperlo? » domandò, cercando di far leva sull’improbabile buon cuore del mago. Non che pensasse che battesse seriamente un cuore nel suo petto.
« Eravamo amici. Ora sparisci, Potter. » rispose Piton, sedendosi su una poltroncina vicino alla finestra.
« Com’era? Mia madre. »
Harry non aveva intenzione di demordere. Non poteva, aveva bisogno di sapere.
« Sicuramente più educata di te, Potter. Sei tutto tuo padre. » ringhiò il professore, pur sapendo di mentire a se stesso.
In tutti quegli anni, il ragazzo aveva dimostrato di somigliare molto più alla madre, eccezion fatta per l’aspetto fisico. Silente aveva ragione: la sua natura profonda era molto simile a quella di Lily. Anche se la sua maleducazione era certamente tipica dei Potter. Si ritrovò a fissare quegli occhi verdi in cui da ragazzo si era specchiato tante volte, cercando di impedirsi di associare il giovane mago che aveva di fronte alla sua Lily, anziché a James come aveva sempre voluto fare.
« Non posso saperlo. Sirius mi parlava di papà, così come Remus, ma nessuno ha mai speso più di due parole per la mamma. Vorrei tanto sapere qualcosa di più su di lei. »
Piton si sentì toccato da quelle parole, ma non voleva cedere, non poteva.
Il suo passato con Lily era quanto di più caro avesse, nonostante gli provocasse sempre spiacevoli fitte al petto, non era disposto a condividerlo con qualcuno. Era un dolore soltanto suo.
« Fuori di qui, Potter. » ripeté per l’ennesima volta.
Harry sospirò, sembrava rassegnato.
« Va bene. Ma prima o poi me ne parlerà? »
No. Certo che no. Perché si sarebbe dovuto mettere a conversare amabilmente con il figlio di James Potter, perché avrebbe dovuto condividere il ricordo di Lily con lui? Non voleva farlo, non ne aveva nessuna intenzione.
« Vedremo. » si ritrovò tuttavia a rispondere.
Vide il ragazzo sorridere, prima di uscire, mentre si chiudeva la porta alle spalle.
Fu quasi tentato di ricambiare.
 

۩

 
Hermione si chiuse la porta di casa alle spalle, arrabbiata con se stessa e con Draco. Non era riuscita a convincerlo a smetterla con quelle assurde corse e lui l’aveva chiamata “Mezzosangue”.
« È un insulto spregevole per quelli che sono Nati Babbani. Una come me. »
Allora, gli uomini che qualche giorno prima li avevano attaccati erano maghi. Non sapeva in che senso con esattezza, ma usavano quei bastoncini strani, da cui scaturivano raggi luminosi, grazie a delle strane parole. Come quel “Confringo” che aveva suggerito a Draco.
Impedì alla sua mente di focalizzarsi nuovamente sul ragazzo, cercando di continuare ad analizzare la situazione.
Il prof si era riferito ai suoi vicini come “Babbani”. E quegli uomini erano maghi. Il prof era un mago, a quanto aveva visto. E anche Blaise e Harry. Draco invece sapeva usare quegli strani bastoncini, mentre lei ricordava le formule. Erano forse maghi anche loro? Magari, loro erano maghi a metà, dovevano mettere insieme le loro forze per formarne uno completo, che sapesse sia usare i bastoncini che le formule. Ma non aveva troppo senso, le formule bastava studiarle… Forse era lei la mezza maga, mentre Draco no. Non l’aveva forse chiamata “Mezzosangue”? Forse era questo che significava.
« È un insulto spregevole per quelli che sono Nati Babbani. »
Nati Babbani.
Nata tra i Babbani.
Babbani, come i suoi vicini. Quindi, che non usavano le bacchette e non conoscevano le formule. Quindi non-maghi.
Ma se lei era nata tra i Babbani – quindi dai suoi genitori – ed era quindi una “mezza-maga” o Mezzosangue per questo motivo, allora perché Draco, che aveva genitori normali come lei, non lo era? Non poteva esserlo, altrimenti non l’avrebbe chiamata così in senso dispregiativo. Non avrebbe avuto senso.
Ma allora cosa la rendeva diversa da lui?
Anche se, a pensarci bene, non aveva mai visto i genitori di Draco, non poteva sapere se fossero maghi anche loro. Ma il ragazzo sembrava confuso quanto lei dopo aver visto cos’erano in grado di fare due bastoncini, quindi era improbabile che avesse sempre vissuto a contatto con dei “maghi”.
In ogni caso, Harry, Blaise, il prof e Draco erano maghi, mentre lei una specie di meticcia, probabilmente. E Cam? E Ally?
No, loro non ne sapevano nulla, non avevano niente a che fare con tutta quella storia. Almeno, così sperava.
 
Emise un gemito di frustrazione e si alzò dal divano per recuperare il telefono e comporre velocemente il numero del suo migliore amico.
Mentre sentiva gli squilli, si lanciò a peso morto sul bracciolo, con il risultato di trovarsi a testa in giù e con la schiena arcuata, in una posizione piuttosto scomoda, ma che le permetteva di vedere la casa da una diversa prospettiva. Forse era proprio quello che doveva fare: vedere tutto da una diversa prospettiva. Ma non trovava altro modo per dare un minimo di senso a tutta quella storia con maghi, bastoncini strani e parole dal suono latino… Certo, non le quadrava troppo la questione della mezza-maga. Come poteva essere a metà? Cosa c’entrava il fatto di essere nata in mezzo ai cosiddetti “Babbani”? Una maga è una maga… No? Ma cos’era esattamente una maga? E poi…
« Pronto? » la voce di Cam interruppe il flusso dei suoi pensieri e Hermione gliene fu molto grata.
« Cam? Sono Hermione. Puoi venire a casa mia? Ho bisogno di rilassarmi. »
« Va bene, arrivo subito. »
Hermione sorrise, chiudendo la telefonata.
Adorava il suo migliore amico: non chiedeva mai spiegazioni, si limitava a starle vicino quando più ne aveva bisogno.
Tempo qualche minuto, e Cam suonò al campanello, presentandosi con una vaschetta di gelato in mano e un sorriso smagliante in volto.
« Servizio relax a domicilio. Buongiorno, signorina Granger, mi fa accomodare? »
Hermione si fece da parte e gli indicò il divano.
« Prendo due cucchiai e arrivo. Cerca qualcosa da guardare in tv, intanto. »
Tornata dalla cucina, si sedette accanto a Cam. Iniziarono a mangiare il gelato alla nocciola che aveva portato il ragazzo – era il loro preferito – guardando quei cartoni animati stupidi per bambini, ma utilissimi per farsi due risate con un amico e scordare problemi inerenti a maghi, babbani e altre diavolerie.
Ingurgitando gelato da una vaschetta insieme al suo migliore amico, Hermione smise finalmente di pensare a tutto quello che le era successo.
 

۩

 
Draco camminava avanti e indietro in un quartiere deserto della città di Londra, la moto parcheggiata poco più in là e il casco buttato a terra.
Aveva preso la moto per andare a farsi un giro e cancellare quella fastidiosa sensazione facilmente classificabile come “senso di colpa” con la velocità che gli inebriava i sensi. Se avesse incrociato qualche poliziotto si sarebbe sicuramente beccato una multa, ma ormai sapeva quali strade prendere per non incontrare nessuno di poco opportuno.
A un certo punto, però, quella morsa allo stomaco si era fatta più insistente e il viso ferito di Hermione aveva iniziato a materializzarsi tra i suoi pensieri in continuazione. A volte era come l’aveva vista davanti a casa sua, altre però era una bambina di circa dodici anni, con lo stesso sguardo ferito che aveva scorto sul suo volto di sedicenne. E anche la fitta al petto che quella visione gli provocava era la medesima.
Quando aveva rischiato di andare fuori strada, aveva deciso di fermarsi in un vicolo, a sfogare la sua frustrazione tirando calci a tutto ciò che gli capitava a tiro, come dei vecchi scatoloni contenenti dei vestiti che qualcuno aveva abbandonato accanto ai bidoni dell’immondizia.
Si sentiva solo, in balia di se stesso, preda a sensazioni contrastanti che rischiavano di soffocarlo con la loro irruenza.
Una parte di lui voleva salire sulla moto e correre da Hermione per scusarsi, anche in ginocchio se necessario, così da poter nuovamente vedere il sorriso che le illuminava così spesso il volto.
Tuttavia, la parte più orgogliosa del suo essere gli impediva di umiliarsi a quel modo e gli ripeteva che sarebbe stata lei a tornare, a scusarsi, a spingerlo a fare la pace.
Solo che non ne era così sicuro e non poteva sopportare l’idea di allontanarla ancora di più. Purtroppo, un’umiliazione del genere gli sarebbe risultata altrettanto insopportabile.
 

۩

 
Hermione accompagnò Cam alla porta.
« Grazie della compagnia e grazie anche per non aver fatto domande. » disse.
Lui si passò una mano tra i capelli castani, gli occhi verdi che sorridevano insieme alle labbra.
« Figurati. Ci vediamo domani a scuola, ok? »
La ragazza annuì.
Rimase sulla porta a fissare la schiena del ragazzo allontanarsi e quando quello si voltò per chiudere il cancello lo salutò con la mano. Continuò a fissarlo finché non ebbe svoltato l’angolo e a quel punto fece per tornare dentro, cercando di prepararsi ad affrontare una lunga serata di riflessioni che non sarebbe riuscita in alcun modo a frenare, quando vide la sagoma di un ragazzo in moto avvicinarsi al suo cancello. Non sarebbe riuscita a confonderlo nemmeno volendo, così rimase ad osservalo mentre si sfilava il casco, scuotendo la testa per ravvivare i capelli biondi e infilava in tasca le chiavi del motorino, avvicinandosi al cancello, in attesa che la ragazza gli aprisse.
Hermione si avvicinò a passi lenti, trovandosi ben presto di fronte a Draco, con solo un cancello a separarli. Delle sbarre che simboleggiavano la prigione in cui il loro orgoglio li rinchiudeva.  
« Che cosa vuoi? » domandò, sforzandosi di mantenere un tono neutro e il volto impassibile.
Draco abbassò lo sguardo.
« Chiederti scusa. » mormorò.
« Come? »
Hermione era sinceramente stupita: non credeva che l’avrebbe fatto: non sembrava affatto pentito quando lei gli aveva intimato di non farlo più, anzi, sembrava volerla sfidare a troncare definitivamente con lui.
« Voglio chiederti scusa. » ripeté il ragazzo, in tono più sicuro « Non avrei dovuto chiamarti così. Non so bene cosa significhi, ma so per certo che si tratta di un insulto. Mi dispiace. Perdonami. »
La ragazza cercò di fare la preziosa, iniziò a frugare nel suo cervello alla ricerca di una frase subdola per tenerlo un po’ sulla corda, ma non era da lei un comportamento del genere, non ci sarebbe riuscita, così aprì il cancello e lo abbracciò.
Le sue scuse erano sincere, lo sapeva. Se lo sentiva nel petto ed era certa che non fosse solo una di quelle menzogne che rifilano i cuori innamorati per non causare sofferenze.
« Ti perdono… Però promettimi una cosa. » aggiunse, staccandosi leggermente da lui, che la guardava con sguardo rassegnato, come se avesse già capito cosa stesse per chiedergli.
« Dimmi. » la invitò, in tono incolore.
« Promettimi che non parteciperai più a quelle corse. Promettilo. »
Draco abbassò lo sguardo e annuì.
« Promesso. » mormorò, pur sapendo di mentire.
Solitamente era molto bravo a dire bugie, ma in quel momento non gli riusciva per niente, complice la sensazione che lei lo capisse talmente bene da riuscire a scoprirlo con un semplice sguardo.
Hermione, infatti, aveva capito benissimo che stesse mentendo, ma aveva comunque ripreso ad abbracciarlo. Sapeva che non avrebbe ceduto così facilmente, ma un tentativo non costava nulla.
« Draco, entra. Forse inizio a capirci qualcosa di tutta la storia dei maghi di cui parlavano il prof, Harry e Blaise. » disse a un certo punto.
Lo sguardo di Draco si fece serio e annuì, facendosi accompagnare in casa. Sarebbe stata una lunga serata, gli argomenti che dovevano affrontare non erano certo leggeri. Ma Hermione era sicura che parlarne con qualcuno l’avrebbe aiutata di più che arrovellarsi il cervello fino al punto di dover chiamare urgentemente Cam per farsi distrarre. Magari sarebbero anche riusciti a venirne a capo, chissà.
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
 
Perdonatemi questo ennesimo ritardo ç_ç
Non so più come scusarmi con voi, davvero.
Questa storia mi sta molto a cuore, avevo delineato la trama qualche tempo fa e ancora mi ronza in testa, ma si tratta di pensieri sconclusionati, non so se mi spiego. Sono tanti tasselli che dovrei collegare con l’ispirazione, che non vuole saperne di farmi visita ç_ç Ultimamente mi sento molto ispirata dal fandom di Dragon Ball e quello di Harry Potter mi ispira molto meno. Con la mia raccolta di drabble sulla famiglia Malfoy faccio molta meno fatica perché si tratta di storie cortissime, ma con “Remember Us” ho parecchie difficoltà a riuscire a scrivere dei capitoli decenti. Se poi al calo d’ispirazione aggiungiamo mia mamma che ha deciso di farmi stare al computer per al massimo un’ora al giorno, siamo a posto. Non posso nemmeno chiudermi in camera per un paio d’ore e arrovellarmi il cervello per far uscire qualcosa di decente ç_ç
Insomma, perdonatemi, non è un periodo facile, ma mi metterò d’impegno per non abbandonare la storia, per rispetto nei confronti di chi l’ha seguita, chi continuerà a farlo, ma anche di me stessa.
Mi sto impegnando per ritrovare l’ispirazione, sto anche provando a partecipare a dei contest nella speranza che mi si accenda qualche lampadina, speriamo bene.
 
Ora, dopo questo sproloquio orrendo, non ho molto da dire su questo nuovo capitolo, se non che ho intenzione di donare un po’ più d’introspezione agli OC, che sono più piatti di un foglio di carta. A fine capitolo doveva esserci – secondo lo schema che mi ero preparata – un piccolo paragrafo introspettivo su Bellatrix e il suo desiderio di vendetta, ma non mi usciva niente di decente, quindi ho lasciato perdere.  
Spero di non avervi deluso con questo aggiornamento e scusate ancora il ritardo.
Concludo questo orrendo angolo autrice – mi sto rendendo conto che nella maggior parte di questi spazi a fine capitolo mi scuso con voi lettori per il ritardo nell’aggiornare ._. – ringraziando tutti coloro che ricordano/seguono/preferiscono questa long e in particolare chi ha recensito lo scorso capitolo: justSay, Erica25, Streghetta_31,mrs_Malfoy_
 
A presto, spero di riuscire ad aggiornare tra un paio di settimane questa volta.
 

Rowan 

  
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