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Autore: kirlia    24/06/2013    3 recensioni
Nessuno si è mai chiesto come Franziska affrontò la morte di Manfred von Karma? 
E se avesse bisogno dell'aiuto di qualcuno per riprendersi dal dolore della perdita di un padre, anche se non è mai stato presente per lei? E se quel qualcuno fosse proprio herr Miles Edgeworth?
Dal capitolo 18: 
Sapevo che la presenza della nipotina avrebbe cambiato molte cose nella mia vita. Anzi, in effetti, stava già succedendo: mi sentivo meglio, quando ero con lei, non avvertivo il peso opprimente delle mie responsabilità e del mio cognome. Mi sentivo semplicemente me stessa. 
Spesso succedeva anche quando ero in presenza di lui, ma non volevo ammettere che mi tranquillizzasse. Lui mi destabilizzava.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franziska von Karma, Miles Edgeworth
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Perfect for Me'
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Capitolo 11 – Follow me

You can follow me
You can follow me
I will always keep you safe
Follow me
You can trust in me
I will always protect you, my love
Feel my love
Feel my love

Follow me.

 
{Miles Edgeworth}

Per quanto tentasse di stare tranquilla, Franziska era molto turbata, e anche leggermente imbarazzata. Sembrava essere confusa come se non sapesse come comportarsi o cosa dire. Era strano da parte sua, ma potevo capirla. In fondo aveva perso padre e sorella, tutto nel giro di una settimana circa.
In questi momenti mi rendevo conto di quanto ero sciocco a chiedermi perché odiasse l’America. Beh era scontato, visto che ogni volta che veniva qui le succedeva sempre qualcosa di non esattamente piacevole.
La prima volta aveva solo tredici anni, e ricordo ancora il terrore nei suoi occhi quando, riparandoci dietro ai banchi dell’accusa, avevamo evitato quegli spari.
La seconda volta era stato quando era venuta a battere Wright in tribunale, e forse a cercare me, che in quel momento ero confuso sulla vera essenza dell’essere un procuratore. In quel caso era stata battuta più volte, rovinando il suo perfetto record di vittorie, e… non potrò mai dimenticare quello sparo alla spalla destra, lo stesso che io avevo inavvertitamente fatto a suo padre. In quel momento il mio cuore aveva perso un battito. E se l’avessi persa? E se l’assassino non si fosse limitato a ferirla? Non ci volevo pensare.
Le sue lacrime all’aeroporto, il suo “Ti odio, herr Miles Edgeworth”. Tutti episodi infelici insomma.

Ma questo sarebbe di certo stato il più infelice di tutti se non riuscivo a tirarla fuori di lì. Non potevo abbandonarla, non ora che l’avevo quasi convinta a rimanere lì con me.
Dovevo sapere di più su quel caso, e dovevo farlo in fretta, il primo giorno di processo si avvicinava velocemente, e io non avevo nessun indizio per scagionarla, come avrei fatto? Non potevo affidarmi ciecamente a Wright. Anche se sapevo che era capace di trovare degli indizi, sapevo anche che spesso preferiva bluffare durante i processi, e io non potevo rischiare di perderla per la mancanza di un’informazione cruciale.
Ecco perché poco prima di arrivare al centro di detenzione ero passato solo per un attimo allo studio Wright&Co. e avevo ottenuto un oggetto che avevo imparato ad usare in un’occasione non esattamente legale della mia carriera.
Stringendo il magatama – credevo finalmente di aver capito che si chiamasse così – ero pronto a chiedere a Franziska di spiegarmi la situazione. Sapevo che sarebbe stato difficile: si sarebbe nascosta nel suo guscio come un granchio, e avrei dovuto estorcerle la verità con tutti i mezzi, ma andava fatto.
«Franziska, dobbiamo parlare delle circostanze del delitto.» cominciai, fissandola negli occhi cerulei e improvvisamente freddi e scostanti.
Speravo che la sua reazione fosse più “ma certo, parliamone subito!” ma era ovvio che non sarebbe stato così. Non era da lei, non era da von Karma.
Lei incrociò le braccia, segno che era irritata e anche un po’ sulla difensiva, e rispose semplicemente: «Non so di cosa tu stia parlando, herr Miles Edgeworth.»
Bene, quella sarebbe stata una lunga notte…
Improvvisamente ebbi un’idea. Forse potevo usare un punto debole di Frannie, forse potevo cambiare metodo. Soddisfatto da questa mia idea quindi, alzai la voce.
« Annika? Sie sind hungrig, nicht wahr? [Hai fame, per caso?]» chiesi, rivolgendomi alla bambina, che in quel momento correva in tondo inseguendo il suo cucciolo che a sua volta inseguiva una giovane guardia un po’ impaurita con un hot dog in mano. Uh, non mi ero accorto di tutto quel caos finché non avevo distolto lo sguardo da quello di Franziska, che strano.
La piccola si fermò improvvisamente, catturando finalmente il cane e stringendolo al petto mentre quello come un matto cercava ancora di prendere la guardia, che si era nel frattempo dileguata. Mi guardò per un attimo con i grandi occhi della stessa sfumatura della zia, e io, nell’attesa della sua risposta aggiunsi: « Ich denke, es ist Zeit für Sie Abendessen. [Credo che sia ora di cenare per te.]»
Lei mi sorrise e disse « Oh ja, herr Edgeworth. Mutter hat immer gesagt, dass von Karma auf perfekte essen hatten. Und dann auch Phoenix hungrig! [Oh si, signor Edgeworth. La mamma diceva sempre che i von Karma dovevano mangiare all'ora perfetta. E poi anche Phoenix ha fame!]»
A questa risposta guardai Franziska di sottecchi, cercando di capire che cosa pensasse della risposta che mi aveva dato Annika. Lei aveva un’espressione corrucciata, ma non credevo avesse capito quale fosse lo scopo di questo mio cambio d’argomento.
Ecco perché risposi ad alta voce e con un sorriso compiaciuto: « Oh, tut mir so leid Annika… Ich denke, dass man nicht auf perfekte essen, da Ihre liebe Tante Franziska will nicht zu helfen, sie kennen die Mörderin von deiner Mu… [Oh, mi dispiace tanto Annika... credo proprio che non potrai mangiare all'ora perfetta visto che la tua cara zia Franziska non vuole aiutarti a conoscere l'assassino di tua ma…]»
Non riuscii a completare la frase a causa della risposta improvvisa e scontrosa di mia “sorella”, che non sembrava voler turbare ancor più la nipotina.
«Okay, okay, ho capito. Chiedimi pure tutto quello che vuoi, ma velocemente. Poi esigo che tu porti Annika a casa e le prepari una cena perfetta. Hai capito? Perfetta.»
Ero stupito. Avevo capito che si era formato un legame tra Frannie e la bambina, ma non fino a questo punto. Sembrava realmente che le importasse di lei. La cosa mi fece sorridere genuinamente e per l’orgoglio. Forse il suo cuore di ghiaccio cominciava finalmente a sciogliersi…
Ovviamente lei interpretò in modo diverso il mio sorriso.
«Smettila di sorridere in quel modo così sciocco, herr Miles Edgeworth. Sappi che ti dirò solo lo stretto necessario.»
Se in quel momento avesse avuto la sua frusta credo proprio che non ne sarei uscito vivo. Beh, la mia è solo una metafora… non avevo cambiato idea sul fatto che lei non potesse essere un’assassina.
«Certamente. Vuoi raccontarmi cos’è successo stamattina, Frannie?» chiesi, guardandola negli occhi e sperando finalmente di sapere qualcosa di utile per scagionarla.
«Smettila di chiamarmi così, Miles Edgeworth! Non sono più una bambina.» rispose subito lei, tremendamente irritata. Poi con un sospiro e un’occhiata ad Annika, che nel frattempo si era seduta per terra e canticchiava sottovoce una filastrocca tedesca che mi sembrava di ricordare, continuò.
«Stamattina mia sorella Angelika è venuta nel mio ufficio. Dovevamo discutere di alcune… faccende. Mi ha chiesto di vedere dei documenti che avevo in archivio e io sono andata a prenderli, poi quando sono tornata lei era… beh lo sai.» Si mordicchiò il labbro nervosa, come se fosse di nuovo sul punto di piangere. E mi resi conto che era così visti i suoi occhi lucidi e arrossati.
Abbassai lo sguardo. Odiavo vederla piangere, era una cosa che proprio non sopportavo di vedere. Ma in questo caso consolarla era impossibile, solo il tempo avrebbe guarito la sua ferita. Il mio compito era garantirle quel tempo. Se fosse stata giudicata colpevole... No, non riuscivo nemmeno a immaginare la mia Frannie su quella sedia, la stessa dove suo padre era stato giustiziato.
Non era giusto. Non doveva succedere. Io non l’avrei permesso.
Ma avevo bisogno di saperne di più se volevo farcela.
«Ci deve essere qualche dettaglio in più, Franziska. Perché tua sorella era venuta, per esempio? Non vi eravate mai incontrate, non le importava di te, né a te di lei. Cosa voleva?»
La vidi improvvisamente irrigidirsi e mettersi ancor più sulla difensiva. Poi disse semplicemente: «Niente di importante.»
E fu allora che lo vidi. Migliaia di catene che si intrecciavano intorno a lei formando un groviglio intricato e quasi impossibile da sciogliere, bloccato da moltissimi di quegli psicocosi!
Il suo cuore conteneva un segreto che non avrebbe mai liberato, qualcosa di terribile? Cosa poteva nascondere la mia Frannie? Cos’era così grave da non poter essere rivelato a me, il suo “fratellino”?
Mentre rimuginavo su quell’oscuro segreto e sul modo di poterlo carpire, lei si riprese dall’agitazione dell’attimo prima.
«Cos’è quella faccia, Miles Edgeworth? Ti avevo detto che ti avrei rivelato solo lo stretto necessario. Quello che dovevamo discutere non ha alcun collegamento con il caso, quindi non è necessario che te lo riveli.»
Mi stavo innervosendo. Non capiva che volevo solo aiutarla?! Perché doveva comportarsi così con me? Magari poteva reagire in questo modo con Wright, con il procuratore Payne, con il mondo intero, ma doveva parlarne con me. Sapeva di potersi fidare, perché allora questo comportamento?
«Perché rifiuti il mio aiuto, Frannie? Non capisci che il motivo…» Mi bloccai. Qualcosa nella mia mente mi diceva che avevo appena ricordato qualcosa di importante. Ma cosa?
Rifiutare, aiuto, Frannie, motivo… Motivo!
Ricordai improvvisamente ciò che mi aveva detto Annika solo poco tempo prima:

«Du bist Miles Edgeworth? [Tu sei Miles Edgeworth?]»
«Ja, bin ich. Du kennst meinen Namen…? [Si, sono io. Conosci il mio nome…?]»
«Du bist der
Grund, warum ihre Mutter kam bis hierher. [Tu sei il motivo per il quale la mamma è venuta fino a qui.]»

«Il motivo… sono io il motivo» sussurrai tra me, cercando di capire il senso di quelle parole ma senza riuscirci.
Cosa aveva voluto dire Annika con quella frase? Non avevo avuto modo di chiederlo, né credevo in fondo che ne sapesse molto. Qualcosa mi diceva che l’atteggiamento di Angelika nei confronti della figlia era sempre stato piuttosto freddo e distaccato. Non c’era altro motivo per spiegare il pianto trattenuto della bambina o l’empatia che Franziska provava nei suoi confronti.
E se era così, dubitavo fortemente che la bambina si fosse immischiata nelle faccende che riguardavano gli adulti.
Ma allora cosa centravo io in tutto ciò?
Mentre facevo questo discorso mentale non mi ero reso conto che stavo continuando con i bisbigli, almeno finché Franziska non mi interruppe.
«Cosa stai farfugliando, sciocco? Parla in modo chiaro.»
Mi guardava ancora dall’altra parte del vetro con atteggiamento a metà fra l’aggressivo e il difensivo. L’avevo già detto che mi sembrava piuttosto confusa?
La fissai a mia volta senza lasciar trasparire nessuna emozione dal mio viso e dissi forte e chiaro: «Sono io il motivo, Franziska. Angelika era venuta per colpa mia.»
La vidi vacillare sulla sedia come se avesse perso l’equilibrio improvvisamente, mentre una delle catene attorno al suo cuore si allentava per poi improvvisamente scomparire, insieme al primo psicocoso che andava distrutto. Ero sulla buona strada.
I suoi occhi tremavano, come se stesse scoppiando a piangere mentre si mordicchiava subconsciamente le labbra. Sapevo che era un suo vizio, lo faceva quando qualcosa non andava come lei credeva.
La sua vocina era acuta, quasi come se non riuscisse a parlare, quando mi parlò cautamente.
«Tu non dovresti saperlo. Come l’hai scoperto, Miles?»
Bene, almeno era passata a chiamarmi col solo nome, era già un miglioramento. Voleva dire che le emozioni  avevano preso il sopravvento sulla sua maschera e che era più facile scoprire qualcosa da lei.
Rimasi in silenzio osservandola, mentre sembrava crollare, rivelando qualcosa.
«Io io… te l’avrei detto, lo sai! Ma come avresti reagito? Quello che ho fatto… è inaccettabile! Mia sorella si è accorta subito della modifica che avevo apportato al…» si interruppe con un singhiozzo.
Non capivo a cosa si riferisse, ma lei credeva che sapessi.
Di che cosa si trattava? Cosa aveva fatto Franziska di inaccettabile? Aveva paura di come avrei reagito sapendolo!
Ero pronto a rispondere in modo ambiguo sperando di estorcerle qualcosa senza che lei se ne rendesse conto, quando la stessa guardia di prima mi si avvicinò.
«Procuratore Edgeworth, signore? Il procuratore Payne ha espressamente indicato che l’orario di visita per l’imputata finiva alle 22…» sussurrò, quasi a non volermi disturbare, ma indicandomi l’orologio.
Proprio adesso che la soluzione sembrava così vicina! Proprio adesso dovevo andare via? Tentai di prendere tempo in qualche modo, ma la guardia stava già portando via Frannie, che nel frattempo singhiozzando diceva: «Mi dispiace, mi dispiace! Credevo di fare la cosa giusta… Non avrei dovuto…»
Rimasi in silenzio, ancora in cerca di qualche scusa per farla rimanere, qualche motivo per poter stare con lei  tutta la notte, per consolarla e farmi spiegare a cosa si riferisse.
Appena prima che chiudessero la porta, ebbi solo il tempo di dirle: «Manterrò la promessa! Ti libererò!»
E lei mi sorrise. Un sorriso caldo, sincero. Un sorriso da sciogliere il cuore…
In quel momento mi resi conto che avrei dato qualsiasi cosa per vedere quel sorriso ogni giorno sul suo viso, e avrei fatto di tutto per ottenerlo.

«Warum Tante Franziska kann nicht mit uns kommen, herr Edgeworth? [Perché la zia Franziska non può venire con noi, signor Edgeworth?]» chiese Annika, mentre scendevamo dalla mia auto rossa.
Dovevo restituire il Magatama a Wright. Non solo non avevo scoperto quasi niente con quell’oggetto, tranne che Franziska nascondeva un grande segreto, ma ero certo che lui lo sapeva usare sicuramente molto meglio di me. Sarebbe stato più utile a lui.
Ecco perché ci stavamo dirigendo di nuovo verso il suo studio legale, ma questa volta la bambina non aveva proprio voluto restare ad aspettare in macchina per un attimo, quindi adesso la sua piccola manina stringeva la mia mentre il suo cucciolo camminava tranquillo davanti a noi tenuto stretto da un bel guinzaglio rosa.
«Zunächst einmal können Sie rufen Sie mich einfach Miles. Und Frannie wird nach Hause kommen morgen mit uns… [Innanzitutto puoi chiamarmi semplicemente Miles. E Frannie tornerà a casa insieme a noi domani...]» le risposi con un sospiro. Speravo proprio che fosse  così.
Sentii subito Annika ridere sottovoce come se avessi detto qualcosa di divertente e mi girai verso di lei, ma quella subito si zittì e cercò di riprendere una posa seria e tranquilla. In certi momenti pensavo che quella bambina fosse persino più strana di Franziska… il che era quasi impossibile.
Bussai alla porta dell’ufficio, che era evidentemente chiuso, ma con le luci ancora accese all’interno.
«Was ist so lustig? [Cosa c'è da ridere?]» chiesi nel frattempo ad Annika, sorridendo incuriosito dal suo atteggiamento.
Non ebbi mai la risposta a quella domanda perché all’improvviso Pearl Fey aprì la porta dello studio e, dopo un sospiro trattenuto per la sorpresa e un sorriso compiaciuto, strillò: «Signor Nick! E’ appena arrivato il signor Eiwood ed ha portato sua figlia!»
Subito cercai di interromperla.
«Ma lei non è mia… figlia.» Ormai era troppo tardi.
Subito si affacciarono all’ingresso Maya Fey e Wright, curiosi di vedere la piccola. Lei nel frattempo si era nascosta dietro di me, ma continuava a stringermi la mano. Non credevo che fosse abituata ad avere tutte queste attenzioni in effetti.
«A quanto vedo l’hai trovata, Edgeworth» disse divertito il mio amico d’infanzia. Non sapevo cosa ci trovassero di divertente nel fatto che andassi in giro con una bambina. Beh, in effetti non era solito vedermi così, né io avevo molta esperienza con i bambini, ma loro esageravano.
«Volevo solo restituirti il tuo Magatama, Wright. Non mi è stato granché utile e…» stavo cercando di finire la mia frase di cortesia che mi avrebbe portato a dei saluti freddi e ad andarmene velocemente via di lì quando sentii qualcuno tirarmi per la manica della giacca.
I miei occhi grigi incontrarono quelli color dell’oceano della nipotina di Franziska quando lei mi disse: «Ich bin hungrig, Onkel Miles! [Ho fame, zio Miles!]»
Oh accidenti! Mi ero dimenticato di dover portare Annika a casa e prepararle una cena perfetta, così come aveva detto Frannie. Dovevo risolvere la cosa velocemente.
«Che cosa stai dicendo? Perché parli in modo strano?» le stava chiedendo nel frattempo Pearl, che le girava intorno curiosa.
Annika la guardò corrucciata e, con mia grande sorpresa rispose: «Ich non parrla strranou, ich bin tedeska!» Poi le fece una linguaccia, lasciando Pearl senza parole.
Non sapevo che Annika stesse cercando di imparare l’inglese… ma in effetti se Angelika assomigliava almeno un po’ a suo padre doveva essere scontato. Ricordavo che, quando ero arrivato a Berlino e avevo visto la piccola Franziska la prima volta, lei era già bilingue.
Mentre pensavo ancora a Frannie – la mia mente si soffermava stranamente spesso a pensare a lei ultimamente – Phoenix, cioè il cucciolo Phoenix, si era messo a uggiolare tristemente in un angolo.
A quei lamenti Pearl si avvicinò al cane e lo accarezzò.
«Cos’hai, piccolino?»
«Ihm hat Hunger auch… Ha fa… fami..?» cercava di interloquire Annika, ma non era ancora capace di esprimersi in una lingua tanto diversa dalla sua. Andai in suo aiuto.
«Annika voleva dire che ha fame, e che anche il cane è affamato, quindi sarebbe meglio per noi anda…» non riuscii a terminare la frase che Maya intervenì.
«Ohh ma io e Nick abbiamo ordinato valanghe di hamburger! Potete rimanere qui con noi, e secondo me ad Annie piacerà» applaudì con le mani convinta della sua idea e spalancando la porta per lasciarci passare.
Non ebbi nemmeno tempo per declinare l’invito, poiché lo spitz tedesco si fiondò letteralmente all’interno del locale, probabilmente per l’odore di hamburger, e Annika fu trascinata dentro da Pearl, che già le parlava spedita di non sapevo quale argomento che sicuramente la piccola non avrebbe capito.
Sospirai.
Aaah, mi dispiace Frannie, non potrò preparare ad Annika la cena perfetta che ti avevo promesso…


Angolo di Kirly: 
Avere la febbre mi porta a tanta ispirazione! :D 
Ecco qui il vostro aggiornamento, anche se forse potevo fare di meglio.... che ve ne pare? Cosa ne pensate voi?
Oh ho introdotto l'inglese tra le conoscenze di Annie perché ho pensato che forse esageravo con le frasi in tedesco. 
Che altro...? Penso che nel prossimo capitolo ci sarà il primo giorno di processo! 

Okay basta u.u Ringrazio Seris e Rurue per aver commentato il precedente capitolo e spero di risentirle presto :D

Un bacio! Kirlia <3
   
 
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