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Autore: Beby_Be    24/06/2013    6 recensioni
Dopo aver combattuto con onore l'ultima battaglia, Naruto torna a Konoha e alle responsabilità imposta dalla sua posizione. Il Maggiore Naruto Uzumaki ha promesso a un compagno in punto di morte che si sarebbe preso cura della sua cuginetta Hinata.
Ma quando il destino, tutto a un tratto, mette sulla sua strada la dolce Hinata ecco che la vita che credeva di avere davanti acquista un nuovo sapore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie, Contesto generale/vago
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Capitolo 3

 

Il giorno dopo, Hinata andò su tutte le furie quando scoprì che lo zio Ko aveva già portato fuori la carrozza scoperta. Fu così che costretta a modificare i suoi piani e, invece di recarsi a Konoha per consultare i tutori, decise di andare a piedi al cottage per vedere Kurenai-chan. Era comunque una buona idea discutere con lei della situazione.

L’amica l’accolse con gioia e la condusse nel giardino senza inutili formalità. Il cottage era stato mantenuto in buone condizioni durante la sua assenza e il giardinetto del retro era pieno di colori e di profumi. Si accomodarono sotto un albero di melo.

«Adesso, Hinata, spiegami che cosa ti turba.»

Lei le riferì in breve gli avvenimenti e concluse affermando:

«Una cosa è certa. Io non potrei mai vivere con mio zio e la sua famiglia. Devo vedere i miei tutori e andarmene al più presto.»

Kurenai fu, come sempre, molto diretta. «Non hai altri posti dove andare.»

«Non potrei rimanere qui con te?»

L’amica sorrise, «Mi farebbe un enorme piacere, ma, come vedi, non c’è spazio. Inoltre i tuoi tutori non darebbero mai il loro consenso.»

«Parlerò con loro domani. Devono essere d’accordo! Mi rifiuto di rimanere con i Hyuga!»

Si alzò e prese a camminare nervosamente per il giardino, sotto lo sguardo preoccupato di miss Kurenai.

«Se fossi in te» le consigliò, «aspetterei un momento prima di affrontare la questione con Sir. Sarutobi e il generale Danzo. Saranno più disposti ad ascoltarti se ti esprimerai con calma, dimostrando che sei ragionevole. Si devono convincere che, perlomeno, hai provato a vivere con i tuoi parenti.»

«Kurenai-chan, temo che non saranno mai disposti ad ascoltarmi con obbiettività. Sono ormai vecchi e stanchi, non hanno idea di che farsene di me. Perché mio padre mi ha affibbiato tutori simili?»

Sebbene fosse d’accordo, Kurenai preferì non esprimerti in proposito. «Forse è ancora presto per giudicare» dichiarò. «Non conosci ancora bene gli Hyuga. A volte le persone hanno reazioni spropositate, quando subiscono una grave delusione.»

«Sono diventati padroni di Villa Hyuga! Che altro vogliono?» gridò Hinata.

«Non tutti la considerano, come te, una grande fortuna. E tu devi smetterla di pensarci tanto: la tenuta non è più affar tuo. Devi accettare questo dato di fatto e concentrarti invece su cosa intendi fare della tua vita.»

« È vero. Posso soltanto tenere conto della nuova situazione.» dopo una pausa, aggiunse in tono volutamente più allegro: «Hai ragione come sempre, cara Kurenai; è meglio aspettare e cercare di essere paziente. So di non potere fare nulla senza consenso dei tutori. La cifra mensile che mi accordano e davvero ridicola.»

«Avresti dovuto chiedere di aumentarla, con la morte di tuo padre.»

«Lo so, ma quando c’era Neji, ero autorizzata a prevalere fondi della tenuta, e così facevo. Non avrei mai pensato che...» si interruppe un istante, poi riprese: «Forse ero soltanto pigra. Avrei dovuto occuparmi da tempo della faccenda. Quei due vecchi mi considerano ancora una bambina, per giunta femmina! Sarebbe bello avere un uomo di fiducia in grado di rappresentarmi, qualcuno che susciti rispetto...».

«E l’amico di tuo fratello, che ti ha scritto una lettera?»

«Lord Uzumaki?»

«Ti ha offerto aiuto e sembrava sincero. Perché non gli scrivi ancora? Mi pare esattamente il tipo d’uomo che il generale e Sir. Sarutobi sarebbero disposti ad ascoltare.»

«Già, hai ragione» ammise. «Mi domando se si trovi ancora a Konoha. Kurenai sei un genio! Gli scriverò stasera e gli domanderò di venire a farmi visita.»

 

Quando scese le scale la mattina dopo, Hinata si ricordò delle parole dell’amica. Lo zio Ko sembrava essersi ripreso dal dispiacere del giorno prima e la salutò con un sorriso benevolo. L’accompagnò di persona in sala da pranzo, dove la moglie era già a tavola per la colazione. Tokuma e Hinaka, invece, non si vedevano ancora.

«Mia cara Hina-chan» esordì la zia quando si sedette, «chissà cosa avrete pensato di noi! Temo che non ci siamo comportati molto bene. Ci perdonerete?»

«Certo» mormorò a disagio lei.

Lo zio si schiarì la voce, «Ieri è stata una giornata dura. Non mi avete preso sul serio, vero?» Hinata scosse la testa senza dire nulla e lui continuò ridendo: «Certo che no! L’ho detto anche a Tokuma: Hina-chan è troppo intelligente per lasciarsi sconvolgere da un piccolo sfogo. Era preoccupato per voi».

«Che caro ragazzo» commentò con affetto la signora Hyuga. «Sapete, Hina-chan, quando sono stanca a volte non ragiono bene. Credetemi, potete rimanere nelle vostre stanze finché volete. Non mi sognerei neppure di sottrarvele.»

«Siete molto gentile, Mrs Hyuga» rispose. «Ma ho intenzione di consultare i miei tutori riguardo al mio futuro. Io e miss Kurenai stiamo considerando l’idea di vivere insieme.»

«Volete abitare con un’istitutrice?» esclamò lo zio.

«Come vi ho spiegato, Kurenai è un’amica.»

«Sarà pure una bravissima amica, ma non rappresenta la compagnia ideale per una giovane di buona famiglia. Non riesco neppure a immaginare che i vostri tutori possano dichiararsi d’accordo.»

«Certo che no! È un idea insensata!» si affrettò a confermare la moglie. «Ragazza mia, vi rendete conto di cosa significherebbe? L’ostracismo sociale! Non se ne parla neppure! Dovete rimanere con noi. In fondo, noi siamo la vostra famiglia, la sola che vi è rimasta.»

«Grazie, ma preferisco consultarmi prima con i tutori.» Hinata era determinata.

Ko insistette: «Mia cara, discutere di affari con due anziani gentiluomini non si confà a una signorina. Lasciate che tratti io con loro.»

«Grazie, zio, ma il vostro intervento non è necessario. Li conosco da quando ero piccola.» e, modificando un po’ la realtà, aggiunse: «in ogni caso, c’è già una persona disposta ad aiutarmi qualora si rendesse necessario»

«Si? E chi è?»

«Un grande amico di Neji, Lord Uzumaki. Gli ho già scritto.» Non specificò che la missiva non era stata ancora spedita ma si trovava nell’atrio, pronta per essere consegnata all’ufficio postale.

Lo zio la scrutò pensieroso. «Comunque i vostri tutori mi hanno ricevuto ieri, con grande cordialità.»

«Sembravano anzi inclini a vedere con favore i progetti di vostro zio» spiegò Kami con un sorriso soddisfatto.

Hinata sentì una vampata di collera, ma domandò con freddezza: «Quali progetti, zio?»

«La mia idea, come ho appena specificato in linea con i desideri dei vostri tutori, e quella che rimaniate qui nel prossimo futuro, e poi si vedrà...»

Lei si alzò da tavola. «Siete stato gentile a pensare a me, ma preferisco decidere io stessa della mia vita, insieme a loro. Quando li avete visti?»

«Ieri mia cara. Considerando corretto presentarmi. Ho portato con me Tokuma e abbiamo trascorso una piacevole mezz’ora sia con Sir. Sarutobi sia con il generare Danzo.»

«Trovo curioso che non mi abbiate neppure invitata, sir. Questo colloquio avrebbe riguardato sicuramente più me che vostro figlio.»

«Ci risiamo, Hina-chan! Vi renderete mai conto che non è conveniente per una signorina dimostrare tanta indipendenza? Ormai non siete più sola al mondo: io e zia Kami siamo qui per occuparci di voi.»

«O intendete forse dire del mio patrimonio? Scusatemi, ma ho l’impressione che vi dimostriate molto più premurosi da quando avete scoperto i termini dell’eredità.»

Ko Hyuga le rivolse un debole sorriso. «Non vi sbagliate, ma che c’è di male? Possedete una somma notevole. Preferireste ritrovarvi allo sbando in un mondo egoista e senza pietà?»

Kami le prese una mano, «Noi intendiamo soltanto provvedere al vostro bene, Hina-chan. Poverina, non avete nessun altro al mondo.»

«Mi sottovalutate, signora» ribatté lei sottraendo la mano. «Sono anni che mi occupo di me stessa e di questa tenuta. Non ho bisogno di protezione e la cosa che più desidero al mondo è sentirmi libera di decidere il mio futuro.»

Lo zio scosse la testa. «Il Sir. Sarutobi, in effetti, mi ha detto che siete ostinata e che fate in modo vostro da troppo tempo. Spero proprio che vi convincerà ad accettare la nostra proposta. Andate a parlare con lui, vi prego. Non vi dirà cose molto diverse.»

Hinata provò un brivido di inquietudine, «Certo, la mentalità di Sir. Sarutobi è piuttosto antica» ammise disperata, «ma mi ha sempre voluto bene. Non riesco a credere che mi voglia costringere a una scelta che mi renderebbe infelice. Andrò a trovarlo oggi stesso e parlerò anche con il generale.»

 

 

Hinata richiese la carrozza scoperta, si cambiò in fretta d’abito e, senza perdere un minuto, partì in direzione del centro. Il ritardo le era già costato fin troppo. Non potevano ignorarla così. Per lei era impensabile rimanere con gli Hyuga.

Appena giunta in città, ebbe qualche difficoltà a farsi ricevere dal Sir. Sarutobi; il suo domestico, infatti, le spiegò che non stava bene. Ma lei lo conosceva anche troppo: appena si profilava un problema di qualunque genere, si rifugiava nella malattia. Insistette dunque per vederlo.

«Non capisco perché mi abbiate disturbato, Hinata. Che problema c’è?» le domandò stizzito Sir. Sarutobi.

Lei comunico la sua intenzione di lasciare Villa Hyuga e andare a vivere altrove insieme a miss Kurenai.

«Come diavolo vi è passata per la testa una simile assurdità?»

«Non...non credo che io e mio zio convivremmo felicemente.»

«Che sciocchezze! Mr. Hyuga mi sembra un’ottima persona e suo figlio è un piacevolissimo giovanotto.»

«Vi prego, credetemi! Io e mio zio non siamo d’accordo su nulla. Mi rifiuto rimanere a Villa Hyuga con loro.»

«Vi rifiutate? Cosa intendete dire, signorina? Non credo che vi sarà possibile.»

«Ma io...»

«Non aggiungete altro, Hinata! Il problema è che avete fatto troppo a lungo ti testa vostra. Ho sempre pensato che occupavi della gestione di Villa Hyuga vi avrebbe fatto male. Non è un lavoro da donne!»

Lei si sentì profondamente offesa. «Non ho scelto io di occuparmene, sir. Quando mio padre era ammalato e Neji era via, non c’era nessun altro in grado di farlo» ribatté con veemenza. Sir. Sarutobi le lanciò un’ occhiata severa e lei tentò di calmarsi. «Ma avete ragione. Mi sento ferita vedendo mio zio appropriarsi della tenuta che pensavo sarebbe toccata a Neji. Quindi non sarebbe più saggio andare altrove?»

«Niente storie! È ora che impariate un briciolo di umiltà. Una ragazzetta come voi dovrebbe essere felice di affidare gli affari di famiglia a qualcun altro! Voi dovreste pensare alla moda e alle feste da ballo!»

«Ma a me non interessano!» sbottò di nuovo, accalorandosi.

«E invece dovrebbero. E sarebbe anche ora di iniziare a pensare al matrimonio. Se vostro padre vi avesse insegnato a prendere in maggiore considerazione l’argomento, non ci ritroveremmo nel pasticcio in cui siamo. Tuttavia, vostro zio ha avuto un’idea interessante in proposito, ma ne riparleremo a tempo debito.»

«Quale idea avrebbe suggerito? E con che diritto? Vi prego, lasciatemi andare via da Villa Hyuga...»

«Basta così, Hinata. Ho già preso una decisione. Io e il generale siamo due vecchi scapoli, è vero, ma comprendiamo il punto di vista di vostro zio. I Hyuga hanno due figli e capiscono i giovani, inoltre si sono già affezionati a voi. Sono convinto che vi possano dedicare il tipo di attenzione di cui ha bisogno una ragazza della vostra età.»

«Vorreste almeno aumentare la mia somma mensile?» chiese infine, disperata.

Lui appoggiò allo schienale, si portò una mano alla fronte e, con l’altra, suonò il campanello. «No, non se ne parla. Vi prego, mi fa male la testa.» Indirizzò un vago cenno alla sua pupilla. «Tornate un’altra volta, Hinata, quando vi sentirete più ragionevole. Intanto siate grata a vostro zio. Umino, vi prego, accompagnate fuori miss Hyuga, poi tornate subito da me. Mi devo sdraiare, non sto affatto bene!»

Uscita in strada, Hinata si sentiva adirata e soprattutto preoccupata. Suo zio era riuscito a conquistarsi le simpatie di uno dei tutori, ma, si disse, il generale Danzo non altrettanto facile da convincere. Partì quindi alla volta della casa sua, ma all’arrivo l’attendeva una delusione ancora più grave: il generale era partito quella mattina stessa per il villaggio della Roccia, dove si sarebbe intrattenuto per parecchie settimane. Cadde nella disperazione. Forse zio Ko era al corrente della partenza, ma non le aveva detto nulla. Il ritardo nel venire al centro della città le stava costando caro.

Rientrando a Villa Hyuga, però, ritrovò un po’ di calma e di risolutezza. Forse ci sarebbe voluto più tempo del previsto, ma era determinata a ottenere, prima o poi, il permesso di andarsene. Sir. Sarutobi era sempre stato ipocondriaco e non amava affrontare le difficoltà. Sarebbe tornata da lui non appena le fosse parso opportuno; non poteva rifiutarsi in eterno di considerare la situazione con obbiettività. E il villaggio della Roccia non si trovava certo al capo del mondo; avrebbe scritto subito al generale Danzo.

Ma l’estate finì, giunse l’autunno e già si scorgevano i primi segni di inverno. Hinata non aveva ancora trovato una via di fuga.

 

 

 

Tre mesi dopo.

 

 

In una cupa giornata di fine ottobre, Hinata stava alla finestra del suo salotto privato a osservare accigliata il giardino. Anch’esso denunciava la trascuratezza che caratterizzava ormai l’intera tenuta. Chiuse gli occhi e colpì leggermente il vetro con il pugno chiuso. Non doveva abbandonarsi allo sconforto ma per quanto tempo sarebbe stata ancora in grado di resistere? In vita sua, non si era mai sentita tanto triste, tanto sola. La possibilità di andarsene si faceva sentire sempre più remota, e ormai il piano dello zio, a cui aveva accennato Sir. Sarutobi, si stava facendo evidente: avrebbe dovuto sposare Tokuma, risolvendo in un colpo solo il problema della sua situazione e quello del patrimonio degli Hyuga, che sarebbe così tornato nelle casse di Villa Hyuga. La semplice idea le faceva orrore. Ma, sebbene per lei fosse inconcepibile, gli altri abitanti della casa sembravano ormai darlo per scontato.

La invogliavano a trascorrere tempo con lui, ad accogliere di buon grado le offerte di aiuto, i suoi tentativi di seduzione. All’inizio, era vero, aveva accettato la sua compagnia, ma ben presto si era accorta che la comprensione, l’affetto che le dimostrava erano solo apparenti. In realtà era una persona fredda, che perseguiva soltanto i propri interessi personali. Una volta capite le intenzioni dei Hyuga, Hinata fece di tutto per evitarlo. Non era però facile: Tokuma era molto vanitoso e gli pareva impossibile che lei non fosse soggiogata dal suo fascino.

Per un certo periodo aveva continuato a corteggiarla, prendendola in giro per la sua ritrosia. Ma negli ultimi tempi aveva capito che il rifiuto era reale e, senza lasciarsi scoraggiare, aveva cambiato tattica. Era diventato più insistente e, allo stesso tempo, faceva meno sforzi per mascherare il suo vero carattere. Avendo scoperto che il miglior sistema per stargli alla larga era rimanere il più lungo possibile nel suo appartamento, lei scendeva solo all’ora dei pasti. Ma tutto ciò non faceva che aggravare il suo isolamento.

Hinata sentì bussare alla porta, poi il battente si aprì. Tokuma entrò nella camera e lei lo guardò con freddezza. Come sempre era abbigliato in maniera appropriata, nello stile più adatto all’occasione. In quel momento indossava un’impeccabile tenuta da gentiluomo di campagna, con i calzoni scamosciati, gli stivali lucidi e una camicia. Un ciuffo gli ricadeva ad arte su un sopracciglio e sfoggiava un sorriso brillante.

Lei sussultò ricordando all’improvviso suo cugino che faceva ingresso in quella stessa stanza, solo un anno prima. Il contesto era terribile. Neji era appena tornato da una cavalcata, e i capelli neri e lunghi, arruffati dal vento, circondavano il suo viso ridente. Gli stivali e i calzoni erano chiazzati di fango, e Hinata lo aveva rimproverato per essere entrato in casa in quelle condizioni. Lui aveva reagito ridendo, e, alla fine, era esplosa anche lei in una fragorosa risata... Quante volte avevano riso insieme...

Perché non era qui per aiutarla? Neji era morto in battaglia, e lei era rimasta sola ad affrontare le conseguenze della sua scomparsa, comprese le sgradite attenzioni del cugino Tokuma.

Ritrovò l’autocontrollo e disse in tono glaciale: «Quante volte ve lo devo ripetere, Tokuma? Queste stanze sono mie e voi non siete il benvenuto. Vi prego di andarvene.»

«Siete la ragazza più scorbutica che abbia mai incontrato Hina-chan» rispose senza perdere il buonumore. «Un autentico istrice. Dove altro potrei parlare con voi in privato, se non qui? Su, siate carina con me! Morivo dalla voglia di vedervi.»

Hinata si irrigidì mentre lui si avvicinava. «Ve l’ho spiegato, mi piace stare da sola.»

«Non è gentile da parte vostra, Hina-chan.»

Lei non rispose e tornò a guardare dalla finestra. Tokuma andò alle spalle e le cinse la vita con un braccio. «Che cosa ho che non va, dolcezza?»

Hinata si divincolò e lo respinse. «Smettetela adesso! Non mi piacciono simili effusioni e non mi piacete voi!»

Tokuma aggrottò la fronte. «Vorrei tanto capire che cosa vi passa per la testa, Hina-chan. Perché mi trattate male? Avete per caso un altro uomo? In questo caso, non so proprio dove abbiate potuto conoscerlo.» la squadrò da capo a piedi, poi scosse la testa. «No, giurerei che non avete nessuno. Eppure c’è qualcosa...»

«Tokuma, statemi lontano!»

Lui sorrise. «Sembrate tanto feroce, come un animaletto selvatico. La tentazione di addomesticarvi è quasi irresistibile. Non avete bisogno di lottare contro di me, io sto dalla vostra parte. Sarei vostro amico, se solo me lo concedeste.»

«Un amico mi aiuterebbe ad andarmene di qui!»

«Vi porterò via non appena me lo chiederete: basta che mi sposiate.»

«E’ una soluzione che non prendo in esame neppure per un istante. Adesso, per favore, uscite dalla mia camera e lasciatemi in pace.»

Il cugino la guardò pensieroso. «Avete coraggio e vi ammiro per questo. Ma prima o poi dovrete cedere. A parte quella vecchia signora al villaggio. Non avete amici, per quanto io sappia. E, con tutto il vostro patrimonio, non disponete di molti contanti. Come credete di cavarvela? Non riporrei troppe speranze nei vostri tutori: non hanno intenzione di lasciarvi andare via. Dovrebbero intanto trovarvi un altro posto, e Sir. Sarutobi non ha nessuna voglia di affrontare grattacapi. Inoltre, stimano me e mio padre. No, Hina-chan, guardate in faccia la realtà. Alla fine dovrete cedere. Perché allora non lo fate subito? Sareste molto più felice.»

«Scordatevelo! Io sono combattiva quanto mio cugino Neji, pur essendo una donna. Non mi lascerò sconfiggere da esseri spregevoli come voi e vostro padre.»

«Povera illusa!» Tokuma ridacchiò. «Ma sono capace di aspettare. Non vedo l’ora di combattere. Non sarete la prima donna che riesco ad ammansire.»

«Ve ne andate o devo chiamare i domestici?»

Gli occhi chiari di Tokuma brillavano di divertimento. «Me ne vado, bellezza. Ma voglio qualcosa in cambio...» Senza preavviso, la strinse a sé con un braccio e le tirò con crudeltà i capelli per costringerla ad alzare il viso. La baciò con forza sulla bocca, poi la respinse, sbattendola contro la finestra. Dal suo volto era scomparsa ogni pretesa di buonumore.

«Mia cara Hina-chan, dovete imparare un paio di cose su di me. Non mi piace affatto che una stupida femmina mi definisca un essere spregevole. Rischia di rendermi violento. Non fatelo più.» Detto ciò si voltò e uscì, lasciandola scossa e tremante.

Per qualche minuto rimase ferma a guardare sconvolta nel vuoto. Nulla di simile le era mai capitato in vita sua. Gli uomini che aveva frequentato fino ad allora erano forse disattenti e si dimenticavano troppo spesso che lei apparteneva al gentil sesso, ma nessuno l’aveva mai umiliata. In un certo senso, era molto innocente per la sua età. A sedici anni era stata costretta ad abbandonare la normale vita sociale per dedicarsi al padre, che era diventato sempre più solitario. Nei pochi contatti con il mondo esterno, aveva volontariamente represso la propria femminilità, preferendo trattare con gli uomini da pari a pari. Con quel gesto, però, Tokuma l’aveva resa consapevole della propria vulnerabilità di donna. E nella sua armatura di coraggio si era insinuata la paura.

Per la prima volta considerò con obbiettività la situazione. Lo zio Ko aveva chiaramente espresso il desiderio, anzi la volontà, di darla in sposa a suo figlio. Non poteva dimenticare la spietata rapidità con cui aveva agito: non appena scoperto che il patrimonio di famiglia sarebbe restato nelle mani di Hinata, aveva convinto i tutori a farla rimanere a Villa Hyuga, sotto le sue cure. E già al primo colloquio aveva portato con sé Tokuma, con il suo fascino e le sue buone maniere, per suscitare una buona impressione. Padre e figlio speravano che la solitudine la spingesse a cedere al corteggiamento. Ma se il piano non avesse funzionato. Avrebbero escogitato un sistema di persuasione più diretto, meno scrupoloso.

E a chi avrebbe potuto chiedere aiuto?

Era sempre più abbattuta, la paura si mescolò a sentimenti di rabbia e frustrazione, non solo nei confronti dei vivi, ma anche, cosa ancor peggiore, nei confronti dei morti. Aveva il suo amato cugino e suo padre, e ancora soffriva per la loro perdita, ma l’avevano lasciata sola al mondo, senza nessuno disposto a difenderla da Ko Hyuga e da suo figlio. Nuvole di risentimento iniziarono a oscurare la memoria delle due persone a cui aveva più voluto bene al mondo. Le sfuggì un gemito di dolore. Doveva uscire di casa! Sarebbe andata da Kurenai. Insieme dovevano trovare il modo per salvarla dalla catastrofe!

 

 

Era una giornata fredda e grigia e il vento faceva volare le foglie. Mentre Hinata camminava a grandi passi verso il cottage di miss Kurenai, il clima pareva in sintonia con il suo umore. La sensazione di subire un’ingiustizia si faceva sempre più acuta. Aveva soltanto ventun anni, ma il peso del mondo minacciava di schiacciarla. I suoi tutori erano del tutto inutili! Perché mai suo padre non li aveva sostituiti con uomini più giovani, come lei gli aveva chiesto? Magari l’avvocato o l’amministratore. Quei due vecchi gentiluomini non erano adatti ad affrontare un intrigante calcolatore come Ko Hyuga, né quel verme di suo figlio! Nel nome del cielo, dove poteva trovare di cui aveva tanto bisogno?

Quando arrivò vicino al templio, un improvviso soffio le gonfiò il mantello e minacciò di portarle via il cappellino. Brontolando tra sé, cerco disperatamente di trattenerlo e andò a urtare contro quello che le parve un muro. Per il contraccolpo, cadde all’indietro e si sedette a terra

«Scusatemi, miss! Vi siete fatta male? No, non muovetevi, fatemi prima controllare che sia tutto a posto.» Un uomo alto si accovacciò al suo fianco e iniziò a tastarle le gambe. Era davvero troppo!

«Non mi toccate, sir!» reagì con ferocia.

Ma lo sconosciuto ignorò la protesta e, afferrandole le braccia , la rimise in piedi. «Lasciate che vi accompagni a casa, signora. Non starò tranquillo finché non sarò sicuro che state bene.»

Non appena Hinata ritrovò l’equilibrio, scostò le braccia e lo fissò adirata. Notò che era un viso interessante, non proprio bello, ma attraente. In quel preciso momento esprimeva soltanto preoccupazione, ma nella bocca e nella mascella si leggevano una disposizione alla disciplina e alla fermezza, mentre le leggere rughe attorno agli occhi di un blu intenso dimostravano l’amore per gli scherzi e le risate.

Ma lei si limitò a ribattere, in preda all’ira: «Vi ho già detto che sto bene, grazie! E adesso vorreste gentilmente togliervi dai piedi?»

Senza concedergli un altro sguardo, gli voltò le spalle e se ne andò, ripulendosi il mantello dalle foglie e dal fango. Ma il destino non era dalla sua parte: il cappello fu colpito da un altro soffio di vento e volò via.

Il gentiluomo scatto in avanti con agilità e, dopo un breve inseguimento, lo afferrò. Poi tornò sui suoi passi e glielo offrì con un inchino. Nei suoi occhi brillò un lampo di divertimento.

«Scusate di nuovo la mia invadenza, ma vi posso aiutare?»

Lei annodò con rabbia i nastri del mantello, poi agguantò il cappellino. Era quasi in lacrime: cadendo, si era fatta male più di quanto volesse ammettere a se stessa. E adesso quest’uomo si permetteva di prenderla in giro!

«Io...io...» le dita tremavano.

«Permettetemi.» lui riprese il cappello, glielo mise in testa e glielo legò sotto il mento con gesti abili e impersonali. «E adesso vi accompagnerò dove state andando» annunciò prendendola sottobraccio. Lei provò una sensazione indifesa femminile che la turbò. Avrebbe desiderato appoggiarsi a quell’estraneo. Quanto le sarebbe piaciuto affidare alle sue spalle il peso di tutte le proprie preoccupazioni! Subito, però, si irrigidì: non poteva permettersi di cedere alla debolezza.

Di nuovo lo respinse e, in tono ostile, rispose: «Vi ringrazio ma non ho più bisogno del vostro aiuto. Addio». Partì a passo di marcia, ma, una volta giunta al cancello del cottage di Kurenai gli lanciò un’ultima occhiata.

Lo sconosciuto era rimasto a guardarla, forse per accurarsi che arrivasse sana e salva a destinazione.

Che ficcanaso!

Le rivolse un educato cenno del capo, che lei deliberatamente ignorò, entrando in casa.

 

Fine capitolo tre..

 

 

 

 

Ciaoooooo, grazie a tutti di nuovo per aver letto il nuovo capitolo!

Sto finalmente riuscendo a capire come funziona l' HTML. Sono un imbranata totale! Perdonate la mia inefficienza. .-.

Nel prossimo ci sarà l’entrata di un altro personaggio. Molto importante per la storia.

Diciamo che per la fanfiction l’ho fatta resuscitare. :P

Immagino che tutti avete capito chi è il ragazzo che incontra Hinata alla fine. Se no, lo scoprirete presto (ma immagino che non siate completamente sciocchi :P)

 

Volevo ringraziare di nuovo chi ha messo la fan fiction nelle preferite, nelle seguite e nelle ricordate.

 

Per chi ha commentato:

A Sky_Storm: Si, anche io mi sarei aspettata un Hinata docile e carina. Ma pensa a quello che ha affrontato. Per forza è diventata così “indipendente”. E poi è più grande e quindi più determinata e forte. Credo che si vedrà il suo vero carattere andando avanti con la storia, quindi spero che seguirai questa fanfiction ancora a lungo.  Si anche io detesto questi “parenti”. Li farò morire tra atroci sofferenze (?). nah scherzo..

 

A Vaius: MA come devo fare con te?! Ahah non credo che ci saranno scene di sangue. Forse più in là si spiegherà nei dettagli la guerra. Ma per il momento non c’è guerra. Grazie, comunque, per averla ancora commentata e che ti sia piaciuta così tanto. Grazie *-*

A iaele santin: Si il cugino è uno St***o! Ma non è finita qui! Grazie per aver commentato ancora! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto!


Spero che continuerete a leggere, e scoprire che fine farà Hinata.

E cosa sarà successo a Naruto???


Grazie a tutti di cuore..

Baci Beatrix

  
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