Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: controcorrente    24/06/2013    1 recensioni
Soledad ed Ester. Due sorelle divise. Due vite separate da dieci anni di distanza, improvvisamente riunite per il capriccio della prima. Due donne profondamente diverse. Una provata da 3 grossi sacrifici, l'altra cresciuta con l'ansia del futuro. La loro riunione porterà a delle conseguenze impreviste che mai avrebbero pensato potessero accadere: L'ambientazione è storica ma spero che vi piaccia, indicativamente tra 700 ed 800.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Periodo regency/Inghilterra, L'Ottocento
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Eton 's College

Sentiva tutti gli sguardi attorno, pungolargli la schiena come un plotone da esecuzione. Erano passate almeno due settimane dalla sua scomparsa e quasi si sorprese quando il preside del collegio gli disse che non sarebbero stati presi dei provvedimenti contro di lui.
I mormorii degli studenti, tuttavia, erano un particolare che nemmeno la pressione che era stata esercitata sulla presidenza era riuscita a stroncare del tutto.
Ugualmente fece finta di nulla.
Aveva molti pensieri per la mente ed i fastidi che gli altri avevano per il semplice fatto che era ancora uno studente della scuola non rappresentavano affatto una sua preoccupazione.
-Mr Gillford- disse uno di loro.
L'americano aggrottò la fronte.
Erano i Crownwood, quei damerini che avevano partecipato a metterlo in quella spiacevole situazione. -Buongiorno, signori-fece, senza abbassare lo sguardo.
Il maggiore di loro lo fissò con derisione, unito al più piccolo dei tre...solo allora notò che il mezzano non era presente. -Ho saputo che ti hanno riammesso alla scuola. Chissà cosa hai fatto per corrompere il preside-insinuò il più piccolo, con un tono gonfio di disprezzo.
Cedric non vi badò.
Sapeva benissimo che avrebbe rovinato la sua posizione picchiandoli...per cui ignorò la cosa, per quanto fosse allettante la possibilità di procurar loro un qualche dolore fisico. -Niente che non sia avvenuto. Sapete, in fondo, quanto la storia abbia il brutto vizio di ripetersi- disse, con sicurezza.
-Come osate!-esclamò il minore...ma venne fermato dal più anziano.
L'altro ghignò.
-Io vi suggerirei di mantenere un comportamento consono al vostro rango. Potreste rovinare il vostro nome, alzando le mani su di me- disse- senza contare che potrebbero esserci delle conseguenze.-
I due si fermarono.
-Miei cari-disse lui- cosa succederebbe, se venissero fuori delle prove del vostro coinvolgimento nelle scommesse clandestine? Potrei cantare e, in quel caso, anche il vostro nome potrebbe essere infangato. Io vi suggerirei la prudenza.-
I due fremettero.
Il corridoio era affollato di studenti ed alcuni di loro li stavano osservando...ma non era insolito. Da quando era tornato, Cedric era sulla bocca di tutti...e fu questa improvvisa visibilità l'elemento decisivo che spinse i fratelli a fare marcia indietro.
L'americano sorrise sardonico e, a passo svelto, si incamminò verso l'aula. Per quanto seccante potesse essere quel ricatto, doveva ammettere che si stava prendendo una rivincita davvero piacevole.
L'unica cosa che ancora non era riuscito a determinare era l'entità delle conseguenze della proposta di Lady Mc Stone...ma a questo, decise di pensarci in un secondo momento.

 

 

Viola stava ricamando su una stoffa, sotto lo sguardo pensieroso di Madame Pertignac. La mano scivolava agile sul tessuto, muovendosi con destrezza. Gli occhi scuri seguivano il disegno, secondo una fantasia che sembrava vivere solo nella sua testa.  -Madre- disse questa, alzando il capo moro- qualcosa vi turba?-
Madeleine sussultò, prima di scuotere gentilmente il capo.  -Guardo solo la vostra bellezza, mia cara figliola. Ogni giorno fiorisce, diventando sempre più luminosa.-mormorò, con aria malinconica.
Viola arrossì, chinando con imbarazzo lo sguardo.
Riprese a ricamare nuovamente. -Madre- fece, d'un tratto- mio padre era un uomo buono?-
Madeleine si irrigidì.
Non aveva mai parlato molto dell'uomo che l'aveva spinta a lasciare le scene, compromettendo la sua carriera di cantante. L'unica cosa che si era concessa era stata quella di farne un ritratto approssimativo, assai lontano dal vero. -Perché me lo domandate?- chiese, con un fare guardingo che colpì la giovane.
-Vedete, voi siete oltremodo buona con me-mormorò la ragazza- in un modo che mi commuove costantemente. Non passa giorno in cui non mi senta felice di essere con voi e spesso mi chiedo come fosse il compagno di una donna tanto buona quale voi siete-
A quelle parole, dense di un affetto quasi viscerale, la Divina non seppe cosa dire. Se ne rimase lì, come imbambolata nei suoi pensieri e nei ricordi. -Mia cara- disse infine- sono una madre ben poco onorevole invero. Con le mie azioni, ho cercato di
darvi un po' di decoro, un dono davvero impossibile per una persona così priva di onore quale sono io.-
Viola la guardò.
-Vostro padre era un uomo che vostra madre non poteva avere ma che tuttavia ha amato. La pena di tutto questo è comunque immensa. Non posso darvi la possibilità di debuttare e tutto questo vi rende una sorta di paria anche se siete agiata.-fece Madeleine.
-Madre, per piacere, non dite questo. Anche se avete fatto una scelta tanto sconsiderata, è comunque vero che avete conosciuto il dorato mondo della musica ed è merito vostro se io so suonare degnamente...per me questo è il dono maggiore che voi poteste farmi.- disse.
La donna la guardò.
Malgrado tutto, l'animo buono di Viola le impediva forse di vedere il marcio di quell'esistenza, la delusione che per anni l'aveva straziata nel profondo...un ragionamento bello a udirsi ma ingenuo e la dama si chiese per quanto tempo la ragazzina avrebbe conservato un simile pensiero. Non sapeva la donna che la figlia aveva sviluppato quel genere di riflessione su basi ben più concrete...si rifiutava di farlo, come a voler dimenticare la delusione passata per merito delle convenienze e del decoro.
Viola osservò il turbamento che scuoteva l'animo della madre, con quella devastante sensibilità, quasi narcisistica, tipica degli artisti e non ebbe cuore di attendere oltre. Con una scusa, prese congedo da Madeleine...e la madre poté tirare un sospiro di sollievo. Non aveva avuto il coraggio di raccontare la storia della sua vita e nemmeno delle traversie che l'avevano condotta a quell'esilio dorato.
Più volte, invero, aveva fatto un tentativo per raccontarle tutto ma aveva desistito quasi subito. La verità era che non aveva niente da raccontarle che potesse in qualche maniera coprire la vergogna ed il dolore di quella vicenda.
I passi leggeri della figlia erano diretti in giardino, li udì scendere piano e con decisione...e sorrise per qualche momento. Ora che era sola, poteva guardare il suo salotto e pensare al futuro della sua creatura. Cosa ne sarebbe stato di lei e dei suoi sogni? Madeleine non lo sapeva...e questa ignoranza la faceva macerare dentro, senza possibilità di conforto alcuno.

 

Eton

Era tornato da alcuni giorni.
Giorni tesi e cupi, pregni di una strana e febbrile ansia difficilmente controllabile. Aveva tenuto a bada i damerini del collegio senza nemmeno sporcarsi le mani ed i professori non lo avevano vessato come al solito.
L'americano percorreva silenzioso i corridoi, a passo sciolto e insieme guardingo. Lady Mc Stone aveva fatto una proposta capestro ai  suoi occhi e, benché non avesse udito una risposta da parte dello zio, non dubitava che l'attesa avrebbe avuto presto una fine. Fu solo quando vide Bill, il responsabile del suo dormitorio, dirigersi verso di lui che si ritrovò costretto a tornare alla realtà, lontano da quel futuro tanto odioso ai suoi occhi. -Cosa volete?-chiese, ignorando ogni regola di etichetta. Era seduto sul muretto che dava nell'angolo ovest del collegio e non gli era sfuggito quel cenno d'avvicinarsi, assai bizzarro ai suoi occhi. Fino a poco tempo fa, quel colosso non si era mai degnato di prestargli attenzione...cosa era successo?
-Gillford- esordì questo- ho notato che le tue condizioni sono migliorate. Il Mastino ha svolto il suo compito, a quanto vedo.-
L'americano si passò una mano sui capelli.
-Cosa volete?-ripeté, studiandolo critico.
Bill si mise a sedere, poco distante da lui. - Chiedo scusa per la codardia dei miei fratelli. Il loro comportamento è stato disonorevole e sono rammaricato per la loro condotta.- fece, scatenando la risata dell'altro.
-Non sto scherzando. Proprio perché voi siete diverso da me, è altrettanto giusto che la mia condotta sia integerrima. Ho messo ogni mia risorsa fisica e mentale su questo punto e non accetto che i miei fratelli siano tanto negligenti, soprattutto il futuro erede del titolo.- disse, con aria seccata.
L'americano non rispose.
Non aveva mai avuto modo di parlare con quel tipo. Rispetto ai suoi fratelli, Bill era sempre stato un personaggio schivo e taciturno, molto bravo a boxare ed a tirar di scherma. -In ogni caso- continuò questi, ignorando il silenzio- voglio sapere cosa è successo durante la tua assenza. Il Mastino scozzese ci ha messo tutti sotto torchio ed ora che ti ha riaccompagnato qui, non posso non notare la tua stranezza.-
Cedric alzò il capo.
-Il Mastino è noto per la sua misantropia eppure tu ti sei guadagnato i suoi favori. Che rapporto intercorre tra te e quel tale? - disse, prendendosi un minuto per studiare le sue mosse. Non vedendo altro che freddezza, però, si vide costretto a trovare un altro modo per scuoterlo. - La scorsa volta, sei stato picchiato con estrema cura...me ne scuso di nuovo. Non era mia intenzione che succedesse una cosa del genere.-continuò.
-Non è un problema. Il punto è che ora so che le cose peggioreranno-rispose, passandosi una mano tra i capelli.
Bill aggrottò la fronte.
-Che intendi?-chiese.
-Sono stato soccorso da Lady Mc Stone ed ora sono costretto a sposare la sua sorellastra.-gli comunicò- Considerando com'è mio zio, pavento la sua reazione quando lo verrà a sapere. Per il momento, non gli dirò niente. Non sono così sciocco da raccontarglielo.
Bill rise sonoramente, vedendolo così restio. -Sarò franco. Credi veramente che una notizia simile non sia già arrivata alle orecchie di tuo zio? Le cattive notizie e i matrimoni sono le cose che si diffondono più velocemente di ogni altro argomento in questo ambiente...tienilo bene a mente.-disse, con un piglio derisorio.
Cedric non disse niente.
Udì solo il fruscio della stoffa di lui che si alzava, allontanandosi dal muretto a passo sciolto e deciso... poi il silenzio e l'americano si domandò cosa avesse spinto quel tale a dargli una simile confidenza ma nemmeno quella curiosità trovò soddisfazione. Così rimase solo e zitto, con tante domande e poche risposte, maledicendo l'ennesimo tiro mancino che la Sorte gli stava offrendo.

 


Soledad camminava nel giardino, percorrendo il viale di ortensie. Una scia azzurra che disegnava di gelo lo spazio intorno a lei. Uno scialle le circondava il busto, danzando al passo della gonna scura.
I suoi passi si delineavano nel selciato, con quel ritmo cadenzato che tradiva la sua zoppia. -Mio marito diceva che una passeggiata allontanava i cattivi pensieri e permetteva di pensare lucidamente...ma sbagliava- mormorò, rivolta alla silenziosa sagoma della sua cameriera.
Sarasa su avvolse maggiormente la stoffa del proprio mantello, badando a coprirsi la testa. -Oggi è una giornata molto umida, Lady Mc Stone. Forse è il tempo.-proferì, senza dare alcuna intonazione alla voce.
L'altra alzò il capo. Il venticello umido di quel mattino le accarezzava il volto, lasciando che qualche ciuffo scivolasse sul viso dai lineamenti perfetti. -Immagino che sia come dite- mormorò la dama- ugualmente non posso fare a meno di essere inquieta.-
Sarasa inarcò la fronte.
-La signorina Escobar ha chiesto di poter mangiare nella propria camera. Non ha voluto scendere e diserta di farsi vedere in giro- mormorò- spero che questo stato di cose abbia una breve durata oppure ne risentirà la salute.-
Lady Mc Stone liquidò la sua angoscia con un gesto della mano. -Ester non morirà per una cosa così infima. Se ha un dolore, deve imparare ad accettarlo. Deve capire che non esistono dolori che una donna non possa sopportare- disse apatica- noi siamo nate per questo.-
Sarasa non disse niente.
Il viottolo davanti a loro le sembrava umido e freddo, in perfetta consonanza con l'animo devastato di entrambe. La padrona non aggiunse nulla, limitandosi ad avanzare...e quella verità, condivisa dalle due donne, rimase nell'aria, come una nebbia sottile e fastidiosa, simile alla leggera foschia che penetrava ovunque.
L'indiana rabbrividì leggermente.
Quel corridoio fumoso le sembrava una perfetta metafora della vita che lei e la padrona conducevano da sempre...occorreva solo scoprire se in fondo c'era la luce o un'uscita. Per il momento, l'unica cosa concreta era quel bianco freddo e bagnato.

Cari lettori, ho fatto un po' di straordinari ma non fateci l'abitudine. Io non do promesse e domani farò un esame. In questo capitolo non succede quasi niente...è solo di passaggio. I rapporti cambieranno un po' ma non molto...o almeno credo. Ovviamente, ringrazio tutti coloro che mi hanno letto e recensito. Vi aspetto al prossimo capitolo e grazie.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: controcorrente