Quella
mattina non era la solita mattina, Jo lo capì dal modo in
cui Sally puliva il bancone.
E
da come la salutò.
-Bensvegliata,
signorina!- Disse con un sorriso luminosissimo.
-Ci
sono novità?- Chiese diretta, prendendo una brioche. Erano
le nove del lunedì mattina, e si sentiva stanchissima.
-Arriva
un gruppo oggi! Si fermano da noi per qualche settimana!
-Wow-
disse senza troppo entusiasmo. Poi recepì cosa significava.
-Quindi
vado a fare l’uomo del magazzino?
-Esatto,
Jo. Soldi in arrivo per te.
Era
decisamente una buona notizia.
E
poi rompeva un po’ la monotonia della routine.
-E
a proposito, come sei messa a soldi?
-Mi
mancano 800 pounds per comprare il biglietto aereo e per assicurarmi
qualche giorno in appartamento. Non so di là quanto costino,
ma conto di arrangiarmi.-
Un
giorno avrebbe ringraziato Sally come quella donna meritava. Le doveva
tutto. Le doveva quindici dei suoi ventanni. Le doveva il fatto di
avere un tetto sotto cui dormire e un pasto caldo. E anche il lavro,
anche se come barista non prendeva uj granchè. Ma era
già molto.
Sally
lasciò lo straccio e prese a guardarla negli occhi.
–Si fermano più di qualche giorno, Jo. Devi essere
brava.-
-Certo!-mugugnò
con la brioche in bocca- è facile! Cappellino, abiti larghi.
Voce da uomo. Non capiranno mai!-
-Non
devono capirlo. Il facchino è un lavoro da uomo, non devono
avere dubbi. Tu limitati a portare i caffè e a spostare i
cavi o chessoiocosadevifare. Non parlarci, sentirebbero la voce da
ragazza. E tieni tutto pulito.
-Posso
comunque dormire in studio, no?-
-Si,
non penso ci siano problemi. Vieni a lavorare qui comunque durante il
giorno.
-Giusto.
Quanto
lavoro.
Però
le servivano quei soldi.
-Meglio
che vada a cambiarmi, allora.
-Bravissima.
Per pranzo saranno qui. E per quell’ora per me ti chiamerai
Joe, e ti presenterò alla troupe come il mio nipote
sedicenne. Mi
raccomando.
-Ma
certo. Grazie Sally.
La
baciò sulla guancia e uscì dal bar, verso lo
studio di registrazione. Non le aveva neanche chiesto come si
chiamavano.
-Hii-iiii
Esclamò
qualcuno entrando nel bar, ed era un qualcuno con un borsone in mano.
Jo
lanciò un occhiata veloce allo specchio dietro il bancone
per controllare che fosse tutto okay.
Capelli
raccolti sotto il cappello da baseball, visiera quasi sugli occhi.
Felpona e pantaloni della tuta che qualcuno doveva aver dimenticato li
qualche anno prima.
Scarpe
del fratello di Sal. Perfetto,
pensò.
-Ehiiii,
Liiiaaam-
Sorrise
Sal di fronte a lei. Un gruppo di quattro-cinque persone era entrato
rumorosamente nel locale, semi deserto come sempre a
quell’ora, e la donna stava entrando nella nota fase del
oh-my-gosh-sei-il-mio-ospite-preferito.
-How’r
you?
Disse
quel Liam. Jo teneva gli occhi bassi come da copione ma le
sembrò dalla voce e dal fare che si trattasse di qualcuno di
giovane.
-Da
quanto tempo! Felicissima di avervi qui ragazzi.
-You
know, il tour è stato devastante, ora per qualche tempo non
voglio più sentire parlare di alzataccie… Voglio
dormire e
basta.
Intanto
altri individui si erano avvicinati e appoggiati al banco.
Sal riempì
quattro calici di birra e glieli passò, chiedendo intanto se
già stavano preparando qualcosa di nuovo.
-Sì,
pensavamo di iniziare a scrivere il secondo album.- Rispose qualcuno
più in là, una voce più profonda.
-Ma
è magniiii-fico-sorridette Sal- la sala di registrazione
l’avete già vista, no? I vostri alloggi son qua
sopra, si entra da quella scala,e cco.
-Ehi,
cos’è questo cosetto?- Esclamò il
ragazzo di fianco a lei, Liam.
-Ah
sì, questo è uno dei membri dello staff! Sapete,
darà una mano coi lavori in studio… E’
solo un ragazzino ma se la dovrebbe cavare. E’mio nipote Joel.
-Ciao,
Joel! Non mi guardi in faccia?
-Scusi,
signore- rispose Jo, tenendo lo sguardo basso e sentendosi in
imbarazzo-Io…lei… lei mi mette un po’
in soggezione.
Di
solito quegli egocentrici cedevano subito a dei pseudocomplimenti.
Infatti
funzionò. Liam scoppiò a ridere.
-Mi
piace! Dai, sopporteremo questo coso. Mi dai un’altra birra?
Jo
sorridette tra se e sé. Andata.