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Autore: cup of tea    24/06/2013    1 recensioni
[Endgame!Klaine]
Blaine Devon Anderson, promettente neolaureato in medicina, ha di fronte a sé una brillante carriera ma si è sempre sentito una persona particolarmente sola. Dopo aver incontrato quello che sente essere l’amore della sua vita, scopre che strane circostanze e inquietanti personaggi armati di agende e cappelli eleganti tramano per tenerlo lontano da Kurt e impedire il loro rapporto.
Cosa devi fare quando il destino ti è contro?
FF liberamente tratta dal film "I Guardiani del Destino" (The Adjustment Bureau) basato a sua volta su un racconto di Philip K. Dick, "Squadra riparazioni".
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Love is our resistance
Capitolo 10




The Adjustment Bureau, 13 marzo. Ore: 8.30 circa

La porta di un ufficio si aprì all’improvviso e ne uscì una ragazzina bionda e allarmata. Con in mano la Mappa delle Decisioni di Anderson, corse lungo il corridoio ed entrò senza bussare nell’ufficio del suo superiore.

“Becky, dobbiamo decisamente lavorare sulla tua irruenza.”

“Ma signora Sylvester, abbiamo un problema!” Replicò lei, porgendole la Mappa. “Anderson sta facendo un tentativo con le Porte! E’ sceso nel substrato!”

“Come?!”

“E’ così, ha un cappello!”

“Chiama subito il funzionario delle nozze. E raduna i Guardiani, abbiamo un matrimonio da salvare.”

 

***


Central Park, 13 marzo. Ore 8.50

Il sole del mattino splendeva tiepido sugli invitati al matrimonio.

Central Park era la location perfetta, il sogno di Kurt fin da quando era solo un bimbo di sette anni che giocava a far sposare i suoi peluches.

Un gazebo adornato di tulle bianco, file di panchine alle cui estremità erano fissati ricchi bouquet di fiori chiari, una piccola orchestra d’archi, amici e parenti frementi dall’aspettativa… Kurt osservava tutto da qualche metro di distanza, mentre Adam gli chiedeva di dargli un’ultima sistemata al papillon e lui con mente assente glielo aggiustava. Rachel era lì con loro, a dare le ultime direttive a Burt, che avrebbe dovuto accompagnare Kurt all’altare, e alle damigelle – Brittany allegra come un cucciolo che fa le feste e Santana disgustata dal lilla dell’abitino di seta che Kurt aveva scelto per loro.

“Il matrimonio inizia fra cinque minuti, è tutto chiaro?” Stava dicendo Rachel. “Brittany, mi raccomando, gli sposi sono Kurt e Adam, non il giudice e la signora anziana che suona l’arpa.”

 “Rachel, darle dell’anziana è bullismo, non ti lascerò rovinare questo giovane amore appena sbocciato.” Ribatté severa la biondina. “Brittany, tesoro, non c’è nessun giovane amore appena sbocciato. Siamo qui per evitare che Porcellana scappi, ricordi?” La incoraggiò Santana, guardandola fissa negli occhi per essere sicura che avesse capito. Adam alzò la testa nella loro direzione solo in quel momento, e Rachel intervenne per evitare problemi. “Non starla ad ascoltare, Adam; ieri abbiamo visto Se scappi ti sposo ed è rimasta suggestionata - non è così, Santana?” Rachel le tirò una gomitata nel fianco e Santana rispose con un larghissimo finto sorriso a denti stretti. “E’ così.”

Adam sorrise incerto e tornò a guardare Kurt. “Ci siamo.” Gli disse prendendogli una mano. “Devo andare sull’altare, adesso.” Gli baciò la punta del naso. “Ci vediamo fra poco, ok? Ti aspetto lì.” Disse infine, nella voce una nota di insicurezza celata dalla piccola battuta.

Kurt fissava ancora gli invitati. Tutto quello che era successo intorno a lui fino a quel momento gli era parso ovattato e lontano, di poca importanza se paragonato al vuoto tremendo che si era aperto al centro del suo petto. Non era la cosa giusta, non lo era, non lo era.

“Kurt?”

Si sentì richiamare alla realtà. “Sì?”

“Ti aspetto lì.” Si sentì ripetere.

“Io… ho bisogno d’aria.”

“Ma siamo all’aperto…”

“Due minuti, ok? Ci sarò, te lo prometto, ma dammi due minuti.” Assicurò ad Adam, con occhi quasi imploranti. Guardò poi Rachel, che annuì sorridendogli comprensiva. Non ebbe il coraggio di guardare gli altri.

Kurt si allontanò in fretta, consapevole di aver appena creato nell’atmosfera una tensione dal potere distruttivo.

Ma cosa doveva fare? Corse lungo il vialetto sterrato fino al laghetto delle paperelle, dove si fermò appoggiato dalla staccionata del ponte che lo sovrastava. Si asciugò le lacrime – spuntate chissà quando -  prima che potessero bagnare il colletto della camicia, ignorando il fatto che la camicia bagnata sarebbe comunque passata inosservata in confronto alle punte delle scarpe nere ormai bianche di polvere del vialetto.

***

Substrato, 13 marzo. Ore 8.55

Corri, apri le Porte, evita i passanti, non guardare chi ha un cappello.

Dopo un po’ che lo facevi, diventava quasi automatico.

Blaine era ormai arrivato sulla West End Avenue e la prossima sarebbe stata la Porta del punto informazioni in mezzo a Central Park. E poi accadde.

“Anderson, si fermi. Questa cosa non può farla!”

Lo avevano trovato, ma lui non si fermò. Il piano di togliere il cappello a qualsiasi Guardiano avesse provato a fermarlo non era applicabile, perché erano in cinque – e questo voleva dire che avrebbe dovuto togliere cinque cappelli contemporaneamente, e allo stesso tempo evitare che lo prendessero. Puntò quindi sulla velocità e sulla fortuna. Girò il pomello della porta del ristorante e, invece di puntare al punto informazioni com’era in programma, decise all’ultimo di mirare a un altro ingresso, uno che Puck non aveva considerato.

Era uno schifo, ma per Kurt questo e altro.

Il bagno chimico nei pressi del lago delle paperelle.

***


Central Park, ore 9 circa

Adam guardò impaziente l’orologio, per poi puntare gli occhi contro le ultime panchine in fondo, sperando di vederci Kurt a braccetto con suo padre. Niente.

Cercò Rachel – in piedi con Brittany e Santana sull’altro lato dell’altare - con lo sguardo, e lei comprese al volo la sua implorazione muta. La vide alzare gli occhi al cielo e poi scomparire velocemente dietro le due ragazze e poi correre verso il punto dove si era diretto Kurt. Tutto questo sui tacchi.

Rachel trovò Burt dove lo aveva lasciato, che aspettava il ritorno di Kurt. Non sembrava preoccupato, anzi, sulla sua fronte rilassata si poteva leggere quanto bene conoscesse suo figlio e quanto sapesse che quella situazione sarebbe giunta, prima o poi.

“Burt, abbiamo bisogno di aiuto. Intrattieni gli ospiti, racconta qualche aneddoto, inventa qualcosa. Io vado a cercare Kurt.”

“D’accordo, faccio quello che posso. Ma non so quanto riuscirò a tenerli buoni.” In cuor suo, Burt sperava che suo figlio riuscisse a comprendere che quella fuga era un segno evidente che il suo cuore sapeva benissimo cosa voleva – e soprattutto cosa non voleva. Adam era un caro ragazzo, ma non era quello giusto: lo sapeva Burt, che non aveva visto alcun luccichio negli occhi del figlio quando gli aveva detto che si sarebbe sposato, e sperava che ora lo sapesse anche Kurt.

Rachel arrivò affannata sul ponte dove trovò Kurt, in piedi e appoggiato alla staccionata. Appena la vide, lui scoppiò di nuovo in lacrime – o forse non aveva mai smesso di farlo.

“Non posso farlo, Rachel, non posso.” Disse, lasciandosi accogliere dalle braccia minute dell’amica.

Rachel rimase in silenzio, lasciando che le carezze materne sulla schiena dell’amico parlassero per lei.

“Ma Adam? Non se lo merita! Devo farlo per lui, sì, non se lo merita.”

A quel punto Rachel non riuscì a trattenersi. “Kurt, per favore. Non ti sposerai solo perché senti di dover qualcosa a qualcuno, perché altrimenti te lo impedirò io. E stai molto attento alla furia di Rachel Barbra Berry.”

“Dovresti stare attento, ha ragione.”

Kurt sentì mancargli un battito. Quella voce. Quella voce. Alzò la testa dalla spalla di Rachel e si girò, lentamente.

“Vi lascio soli.” Disse lei, lanciando uno sguardo alla “Stai attento anche tu” a Blaine, ma non riuscendo a trattenere un sorriso.

“Dove vai?” Le chiese spaventato Kurt.

“Qualcuno deve offrire una bella performance gratuita a tutti quegli invitati… almeno non saranno venuti qui inutilmente.” Lo baciò poi su una guancia, arrampicandosi sul suo braccio. E infine li lasciò, speranzosa.

Rimasero in silenzio a fissarsi per un momento infinito. Kurt con il cuore che ancora batteva a mille, Blaine con il fiato corto per la corsa e per l’ansia.

Fu lui il primo a parlare, anche perché di tempo da perdere non ne avevano. I Guardiani a quel punto erano sicuramente già nei paraggi.

“Kurt, non lo devi sposare.” Gli si avvicinò.

“Puzzi di urina stantia.” Disse tagliente Kurt.

Blaine lo ignorò. “Mi dispiace, lo so cosa pensi di me, ma ho sbagliato, mi dispiace, dico davvero.”

“No, tu non sai niente.” Si scansò da lui.

“Kurt, ascoltami, lo so che ti ho fatto del male. Io non volevo lasciarti, ma ho dovuto!”

“Blaine, avanti! Mi hai lasciato senza una spiegazione, in un momento terribile, avevo solo bisogno di te, e tu mi
hai abbandonato lì. Adesso che cosa speri di fare?!” La voce di Kurt era aggressiva e bagnata di lacrime, e aveva raggiunto note altissime che incrinarono il cuore di Blaine.

“Ascoltami, ti prego. So che sembra terribile, ma c’è una spiegazione!” Mentre parlava intravide un Guardiano uscire da dietro un albero alle spalle di Kurt – ormai li riconosceva anche a distanza. “Vieni, con me, per favore, ti spiegherò tutto, ma adesso non c’è tempo.”

“No, io non vengo da nessuna parte con te!”

Il Guardiano era ormai alla distanza di un braccio e Blaine, assecondando un impulso che fino a quel momento aveva represso, tirò un pugno sul naso all’uomo, che cadde a terra intontito. Il fight club della Dalton, in fondo, era servito a qualcosa…

“Oh mio Dio, Blaine che cosa hai fatto?!” Urlò Kurt, inorridito.

“Non preoccuparti per questo, lui è con loro!” Ormai era in lacrime anche lui, per la frustrazione, la rabbia, e per lo sguardo terrorizzato di Kurt – che ormai lo credeva anche un criminale oltre che uno spezza cuori.
In preda alla disperazione, per far capire a Kurt cosa stava accadendo, frugò velocemente nelle tasche del Guardiano e ne tirò fuori una di quelle agende nere che nascondevano le Mappe delle Decisioni. Ormai non gli importava più del patto che aveva fatto con la Beiste. Non aveva niente da perdere: se non si fosse spiegato, Kurt non lo avrebbe più voluto al suo fianco. Questo valeva il rischio di essere resettato.

“Ascoltami, ti prego. Guardami!” Lo afferrò per le braccia e lo fissò negli occhi spaventati. “Io lo so che mi ami. Questo dice che mi ami.”Indicò la Mappa. “E che io amo te, e che non possiamo stare insieme, per via del Piano.”

“Blaine, cos-”

“Kurt, io ti amo, conta solo questo, voglio passare la mia vita con te, anche solo per poco.”

A quelle parole, Kurt si sentì spiazzato.

***

“Signora Sylvester, lui gli ha detto di noi.”

“Chiama la squadra interventi, occorre un reset immediato.”

***

“Perché ti stanno inseguendo?” fu l’unica cosa che riuscì a dire. Non aveva capito niente di tutto quello che stava succedendo, solo che Blaine era in pericolo e questo era abbastanza per farsi passare momentaneamente la rabbia.

“Loro… vogliono resettarmi.”

“Cosa vuol dire? Che cosa dici?!”

“Io ti amo, Kurt. Ti mostro una cosa. Meriti di sapere.” Kurt lo vide sistemarsi il cappello e si sentì afferrare delicatamente una mano. Tutto ciò non aveva senso…

“No, io non ci entro, là dentro.” Disse, quando capì che lo stava portando verso il bagno chimico.

“Fidati di me.”

Rassegnato all’idea che quello fosse l’unico modo per capirci qualcosa, Kurt annuì. Nonostante tutto il male che gli aveva fatto, non riusciva a non fidarsi di Blaine, almeno non quando la situazione sembrava essere letteralmente di vitale importanza.

Sollevato, Blaine girò la maniglia della porta. La attraversarono, ma invece di trovarsi nello spazio angusto e puzzolente che Kurt si aspettava, si trovarono nello stadio degli Yankees.

Ci mancava un pelo che svenisse.

“Va bene, muoviamoci. C’è una Porta lì.” Gli intimò il ragazzo che non era più sicuro di conoscere. E non era sicuro nemmeno che fossero i propri i piedi che stavano correndo, eppure era al fianco di Blaine e lo stava seguendo tenendogli una mano.

Attraversarono un’altra Porta e questa volta sbucarono sulla Sixth Avenue. Ad ogni passaggio, Kurt esclamava: “Oh mio Dio!”, in continuazione, come una cantilena, al punto che Blaine aveva smesso di rispondergli. Aveva capito che era solo il suo modo di gestire la situazione.  

Entrarono poi in un negozio, ma finirono su un prato, con la Statua della Libertà che aleggiava su di loro.

A quel punto, Kurt si fermò. Immobile, non voleva andare da nessun altra parte.

“Blaine! Come abbiamo fatto?! Ti prego, devi dirmi che succede… o io divento matto…”

Lui l’afferrò per le braccia, prima che potesse avere un mancamento. “Va bene, ascolta. Queste Porte le usano quelli che ci inseguono.”

“Chi sono?!” Urlò.

“Io-io non so come chiamarli! Bruciacervelli, Guardiani, non lo so. Ma loro vogliono allontanarti da me!”

“Perché a loro importa di noi?!”

“Ti hanno fatto perdere la voce, Kurt. Quello per cui lavori da una vita non si avvererà, se stai con me. Per questo ti ho lasciato, quel giorno!”

“Non riesco a capire…” le lacrime ripresero a pungergli gli occhi. “Perché vogliono separarci?!”

“Il Piano… il loro Piano. Ma non possono vincere… E se trovassi chi l’ha scritto?” La domanda era più rivolta a sé stesso che a Kurt, ma quella che espresse subito dopo non lasciava scampo. Un aut-aut in piena regola. “Ok, posso passare la prossima Porta da solo - non vedrai mai più me, né la gente che ci insegue. O puoi venire con me. Non so cosa troveremo, ma so che staremo insieme, che è l’unica cosa che voglio al mondo.”

Cosa fare? Abbandonarsi completamente a chi ti ha già ferito? O tornare alle tue nozze, dove un ragazzo fantastico e assolutamente normale ti sta ancora a spettando?

Fiato corto, occhi spalancati e brividi lungo la schiena.

“Io vengo con te.”
 

 
 
La tavola di cup of tea
Eccomi di ritorno nel regno nei vivi!… Scusate l’attesa, l’università è una piaga!
Ok, beh, questo capitolo è tardato ad arrivare e a dir la verità non è nemmeno betato, ma volevo postarvelo comunque, perché avevte aspettato abbastanza. Se trovate errori di qualsiasi tipo, avvertitemi, ma perdonatemi gli strafalcioni e abbiate pietà per una povera studentessa ancora in piena sessione estiva. A proposito, in bocca al lupo a tutti gli universitari e ai maturandi!
Comunque appena sarà betato lo sistemerò come si deve!
Bene, siamo quasi giunti alla resa dei conti e solo un capitolo ci separa dall’epilogo… come andrà a finire? A lunedì prossimo, promesso!
   
 
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