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Autore: Selfdestruction    24/06/2013    2 recensioni
"Con la pioggia che lavava via la mia vecchia vita e mi inumidiva le ossa con questa nuova morte, mi trascinavo, come il più classico dei fantasmi che si porta ancora dietro le catene dei rancori e dei rimpianti. Ero morto, ma dovevo avere ancora un cuore, perché avevo iniziato a seguirlo".
Frank si sveglia, ritrovandosi su un marciapiede di chissà quale città. Non ricorda nulla, non sa neppure il suo nome, sa solo di essere morto, morto la notte di Halloween. Quando si accorge dell'unica casa in fondo alla strada che ha ancora una luce accesa nel cuore della notte vi si avvicina. In quella stanza al primo piano troverà l'unica cosa che cambierà per sempre la sua sua vi... morte. Ma cosa c'è realmente dietro tutto questo? Perché nessuno sembra accorgersi della sua assenza? Qual è il mistero che nascondono i flash continui che gli annebbiano la mente quando meno se lo aspetta? Frank è mai stato vivo sul serio?
ps. ho cambiato il nome della storia, di solito li metto alla fine i titoli, ma questa volta sono stata costretta.
Era ASLEEP OR DEAD, ora è THIS MUST BE AN EMPTY DREAM.
Genere: Malinconico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Buondì! Ho promesso di aggiornare presto ed eccomi qui.
Volevo da sempre scrivere un capitolo così, non so perché.
Amo le situazioni che fanno male allo stomaco, quelle malinconiche
che ti fanno torturare le dita. Magari non sono all’altezza
di descrivere scene del genere, ma mi piace immaginarle bene nella mia testa. 
Come capirete da questo capitolo, Gerard soffre d’ansia,
attacchi di panico che lo portano all’autolesionismo, ma questo va un po’
al di là delle Frerard in cui sia Frank che Gee sono due disadattati, asociali e che
alla fine vivranno insieme per sempre una volta ritrovatisi.
Ho pianto un po’ a causa di questo capitolo, a certe tematiche sono molto
sensibile e poi scrivendolo ho sentito a ripetizione The Light Behind Your Eyes,
il che non ha aiutato, no, PER NIENTE. Vi consiglio però anche l’ascolto di una
delle colonne sonore di Inception, Time. Meravigliosa. 
http://www.youtube.com/watch?v=RxabLA7UQ9k
E soprattutto devo un particolare grazie a 
ha aiutato a tradurre il ritornello di TLBYE senza fare errori. 
Detto questo, a voi, piccole quattordici personcine bellissime (ve lo assicuro) che mi state
seguendo, sappiate sempre che vi voglio un gran bene e che prima o
poi quelle vaschette di gelato arriveranno!
Se volete lasciatemi scritto qualcosa in una recensione, giusto per farmi
capire che l’avete letto, se vi ha fatto schifo o se dovrei (sicuramente) migliorare qualcosa. 
Spero di aggiornare presto come questa volta, un bacio grande,
SD. 

 
5
 
YOU WILL ALWAYS BURN AS BRIGHT.



 
So long to all of my friends, 
Everyone of them met tragic ends, 
With every passing day, 
I’d be lying if I didn’t say, 
That I miss them all tonight 
And if they only knew, 
What I would say, 
 
If I could be with you tonight 
I would sing you to sleep, 
Never let them take the light behind your eyes 
One day, I’ll lose this fight 
As we fade in the dark, 
Just remember you will always burn as bright 
 
Be strong, and hold my hand
Time becomes for us, you’ll understand. 
We’ll say goodbye today, 
And we’re sorry how it ends this way 
If you promise not to cry, 
Then I'll tell you just what I would say. 
 
If I could be with you tonight, 
I would sing you to sleep, 
Never let them take the light behind your eyes. 
I’ll fail and lose this fight, 
Never fade in the dark 
Just remember that you will always burn as bright. 
 
The light behind your eyes… 
The light behind your 
 
Sometimes we must grow stronger 
And, you can’t be stronger in the dark. 
When I’m here, no longer, 
You must be stronger and 
 
If I could be with you tonight, 
I would sing you to sleep, 
Never let them take the light behind your eyes. 
I failed and lost this fight, 
Never fade in the dark, 
Just remember you will always burn as bright. 
 
The light behind your eyes… 
The light behind your eyes… 
The light behind your eyes… 
The light behind your eyes… 
 
The light behind your eyes… 
The light behind your eyes… 
The light behind your eyes… 
The light behind your eyes… 
The light behind your eyes… 
The light behind your eyes… 

 
La porta si era chiusa violentemente e il suono della chiave che girava nella serratura ha riempito il mio cervello privo di pensieri per un attimo. I miei occhi strabuzzati osservavano ogni movimento di quella disperata figura. 
Gerard aveva lanciato la tracolla nera sul letto, stanco. Aveva appoggiato le spalle alla porta della sua stanza serrata e si era lasciato cadere sul pavimento, strisciando la schiena contro la porta. Con una gamba distesa e l’altra accoccolata al petto, ho notato le lacrime bagnargli i suoi occhi tristi, ma nemmeno una era caduta a sfiorargli la guancia. Le teneva tutte li dentro, le lacrime. Chissà come faceva a soffocarle e a non lasciare che nemmeno una scivolasse via dal suo controllo. 
Mentre gli occhi di Gerard fissavano le sue ginocchia, le urla si facevano sempre più alte fuori dalla stanza. 
- Sta diventando pazzo!  - Una voce massiccia e dura proveniva dal piano di sotto. - Chissà cosa combina tutto il giorno, chissà dove va! E la gente che lo vede vagare come un malato mentale? A questo non pensi, Gracelle? Non pensi a cosa possa pensare la gente che lo vede delirare su qualcuno che non ha nemmeno mai visto?! 
Ho sentito passi svelti salire le scale. - È tuo figlio, smettila di parlare in questo modo, Steve!
Le parole dei due coniugi si accavallavano mentre il volto di Gerard si deformava a causa della sofferenza. Vedevo come le sue labbra morbide richiamavano le lacrime, come i suoi occhi volevano allagare quella stanza e non trattenere più nulla. La rabbia di Gerard nel non riuscire a controllare il suo stesso corpo lo spingeva a passarsi le mani per tutto il viso, nervoso, e poi tra i capelli. 
I suoi occhi erano troppo pieni, o sarebbe scoppiato e straripato come un fiume dopo un’alluvione o sarebbe annegato in se stesso con tutte quelle fottutissime lacrime. 
Qualcuno ha bussato piano alla porta, con dolcezza. - Gerard? Sono io - Ho visto la maniglia abbassarsi, ma la porta era chiusa a chiave. - Gerard, ti prego. Voglio solo parlarti - la sua voce era delicata, delicata come potrebbe esserlo solo quella di una madre amorevole verso suo figlio. Dall’altra parte della porta aveva sbuffato. - Non ascoltare tuo padre, è… frustrato. Solo frustrato perché non parli più con noi, perché non mangi mai a casa, perché non sappiamo neppure se mangi! Stai via tutto il giorno senza dirci dove vai o se esci con qualcuno. - Alle parole disperate della mamma, Gerard era scoppiato a piangere, singhiozzava silenziosamente, cercando di ingoiare le lacrime, ma erano troppe per trattenerle e uscivano sole, come acqua fuori dai margini di un fiume. Le sue spalle seguivano i suoi singhiozzi sommessi e ci avrei scommesso, dall’altra parte la madre doveva aver appoggiato la fronte sulla porta e doveva aver scelto di stare in silenzio, per ascoltare il pianto di quel suo figlio distrutto, a pezzi, rovesciato a terra come quelle tazze di caffè sulla sua scrivania colma di esasperazione. 
In quel momento ero inchiodato al suolo, con le spalle attaccate paurosamente alla parete, sotto la finestra. Non riuscivo a muovere neppure un muscolo, volevo arretrare, sparire, non guardare più quel ragazzo dagli occhi così tristi. Ero un intruso, non era giusto guardare la sua debolezza, vedere come cercava di fare di tutto pur di non far sentire e vedere le sue lacrime, mentre io le stavo contando una per una mentre uscivano dai suoi occhi e le osservavo mentre poi andavano a rigargli le guance, come graffi. Lo stavo guardando dentro, senza alcun diritto, senza che lui lo sapesse. Ma volevo così tanto fargli sapere che quei suoi occhi così pieni non meritavano tutte quelle lacrime dolorose. 
L’ho guardato mentre si chiudeva come un riccio, abbracciandosi le gambe in modo così stretto che avrebbe potuto spezzarsi. - Lasciami solo - ha detto a mezza voce, inghiottendo gran parte delle lacrime. 
- Gerard, io… Gerard, ti prego, lasciami entrare. Lasciami… voglio abbracciarti, Gerard, ti prego. Se solo ti potessi aprire con me, se solo parlassi con me, potremo risolvere insieme qualunque problema, potremo evitare tutte quelle sedute da quella psichiatra…
- Va’ via! - ha urlato all’improvviso, facendomi sobbalzare. Mi sono inginocchiato, accorciando leggermente l’infinita distanza che c’era tra me e lui. 
- Gerard… - sua madre si era lasciata andare un ultimo sussurro, per poi (sicuramente, lo sentivo, era una cosa da morti) sfiorare la porta con la punta delle dita, come se con quel gesto stesse scostando i capelli dal viso di suo figlio, e infine andarsene. Ho sentito i suoi passi svelti allontanarsi, doveva essere in lacrime. 
- Non lasciarmi solo - scuoteva forte la testa, come per scacciare via il dolore - Le persone sole si fanno del male, mamma. - Ha sussurrato tra le lacrime, lasciando scivolare la schiena sul pavimento e rannicchiandosi su se stesso in una posizione fetale. Non credevo di stare davvero assistendo ad una scena del genere. Non credevo di poter reggere una scena del genere. Il mio stomaco si stava spezzando, la mia mente era andata chissà dove. Riuscivo soltanto a vedere un’anima a pezzi, devastata, lacerata dentro, di fronte ai miei occhi. Avrei voluto tenerlo stretto tra le mie mani, anestetizzare i suoi dolori, curare le sue paranoie, combattere i suoi mostri, ma lui era lì disteso a terra, di nuovo solo come due anni prima, senza nessuno a dirgli che non era pazzo, che colui che stava cercando esisteva davvero, che ce l’aveva davanti agli occhi… ma che non poteva vederlo. Lui non poteva vedermi. Mi sentivo così impotente, così stupido e inutile! A che cazzo servivo, io se non a causare dolore? 
Le sue lacrime non si fermavano più e il mio cuore morto, sembrava più morto che mai. 
Dopo qualche attimo, ha raccolto la poca forza che aveva nelle braccia e si è trascinato fino al letto, per trafficare velocemente nella sua tracolla. Quando mi è passato vicino ho sentito il suo odore. La sua pelle odorava di fragilità e biancheria pulita, odorava di stanchezza e di mandorle. Sono stato a lungo a fissarlo, impotente, incapace di qualunque cosa. Ho visto le sue mani trovare e sfilare vari oggetti dalla tracolla e ho sentito i suoi singhiozzi farsi ancora più forti mentre si tirava su la manica della felpa e si apriva una ferita lungo tutto il braccio con la lametta appena tirata fuori. Ho sentito lo stomaco abbandonarmi, qualcosa nelle articolazioni mi spingeva a scattare dal posto in cui ero e fermare quelle sue mani frettolose, stanche, esasperate e abbracciarlo, spegnere il suo meccanismo di autodistruzione. La lama stava tagliando la sua pelle e i suoi singhiozzi mi risuonavano nel cervello, mi sbattevano contro le tempie con una tale ferocia che sarei potuto impazzire. 
Ma non ho detto nulla, sebbene sapevo non mi avrebbe sentito. Sono stato in silenzio, mentre lui si apriva una ferita sul braccio da cui far uscire tutto il suo dolore. Era seduto per terra, appoggiato al letto, quasi accanto a me. Lo strazio di quella scena non potrei descriverlo con nessuna parola, perché il non riuscire ad agire è qualcosa che uccide. Uccide osservare qualcuno farsi del male e non poter far nulla, non poterlo fermare. 
I minuti passavano, ma cosa contava il tempo in quel momento? Il suo braccio si era abbandonato sul pavimento, mentre il sangue scorreva e lasciava macchie ovunque. Speravo non si fosse fatto un taglio troppo profondo o l’avrei visto uccidersi sotto i miei occhi disperati. 
Con la testa guardava in alto e le lacrime gli sporcavano ancora il viso. Gattonando, piano, come se non volessi far rumore, ho lasciato per terra il suo diario e sono scivolato di fronte a lui, per guardare dritto in quei suoi occhi così tristi. - Smettila di piangere, Gerard, ti prego - ho sussurrato. I morti possono piangere? Possono non riuscire a dire le parole perché il respiro è soffocato dai tentativi di reprimere le lacrime? Ho allungato una mano verso il suo viso, istintivamente. Le mie dita volevano sfiorare le sue guance, raccogliere le sue lacrime, cucire il suo taglio sul braccio. - Ti prego - ma lui non poteva sentirmi, vedermi, toccarmi. Eravamo divisi dalla morte, oppure dalla vita. Avevamo un muro di fronte che non ci permetteva di ricordarci l’uno dell’altro. 
- Dove sei? - la sua voce era strozzata dai continui singhiozzi. Parlava al soffitto, cercava me, pur non ricordandosi che forma avesse la mia faccia o che suono avesse la mia voce. Non riusciva a ricordarsi di ricordarmi. La mia maledizione prevedeva che lui mi dimenticasse? Perché i Figli del Male avevano deciso di punirmi? Cosa avevo fatto? E Gerard perché non si ricordava di me? - Dove sei? - ha ripetuto, appoggiando il suo profilo sul lenzuolo.
Mentre le lacrime mi bagnavano gli occhi, ho sfiorato la sua guancia e ho asciugato le sue lacrime con i palmi delle dita. - Sono qui, Gerard. Guardami, sono qui, ti prego. Ritrovami nei tuoi ricordi. Non sono mai andato via - ho accorciato ancora di più la poca distanza che c’era tra noi e sono andato a mettermi accanto a lui, ma nella posizione opposta. Ho appoggiato la testa sulla sua spalla e ho potuto di nuovo sentire i suoi vestiti, il suo odore di mandorla e bucato. - Sono qui
Ho sentito ancora piccoli battiti provenire dal mio cuore. Due, tre battiti per poi fermarsi. Cosa mi stava succedendo? Ho sentito una nuova vita scorrermi sotto la pelle, ma rimanevo il morto di sempre. La presenza di Gerard mi faceva bene anche se non ero vivo. 
Ho voltato la testa, dando un’occhiata al suo braccio, prima non ero riuscito a vedere la profondità della sua ferita. Appena i miei occhi si sono focalizzati sul sangue che stava pian piano seccandosi sulla sua pelle fragile, la mia mente è tornata di nuovo bianca. Mi sono staccato dalla spalla di Gerard e sono arretrato, cadendo sui gomiti. Oh, ti prego, di nuovo! 
La scena davanti ai miei occhi era totalmente bianca e piano le prime figure stavano prendendo forma in quelle mie immagini sfocate. 
Il posto non era cambiato. La stanza era la stessa, solo che non c’erano le scritte sulle pareti e la porta era aperta. Gerard misurava la stanza a grandi passi, andava avanti e indietro irrequieto, muovendo gli occhi in tutte le direzioni. 
- Gerard, per favore, calmati. 
- Non ce la faccio - sussurrava, in modo debole. 
- Siediti, vicino a me. 
- Non capisci. Io odio sentirmi così! Non devo sentirmi così! Pensavo di non essere più… così. Credevo di averla superata, ma… non ce la faccio, Frankie - a quel punto ho visto i suoi occhi imploranti guardare i miei. - Perdonami
Ho sentito le mie gambe muoversi verso di lui e le mie mani posarsi sulle sue spalle e strattonarle piano. - Non ricordi la nostra promessa? Ce la faremo insieme
Per un attimo ho visto la luce nei suoi occhi tristi. La speranza in quello sguardo vuoto. E posso dire di aver visto il vero Gerard dietro un paio di pupille umide di lacrime. Ma come era comparsa quella luce, così era sparita, con la stessa velocità. 
A grandi passi ha lasciato la stanza mormorando tra sé, più volte - Non dovevi vedermi così. 
Ho sentito la mia mente elaborare qualcosa e mentre Gerard si dirigeva verso il bagno, ho afferrato un pennarello, l’ho infilato in tasca e l’ho seguito nel corridoio. 
L’ho trovato che aveva la schiena curva sul cassetto sotto il lavandino del bagno in me in mezzo alle sue lacrime, alla ricerca di una lametta con cui aprirsi un varco nella pelle da cui far passare tutte le sue preoccupazioni e i suoi dolori, tutte le sue sconfitte. 
- Gerard, Gerard! - mi sono visto mentre lo prendevo per un braccio e lo facevo voltare verso di me. - Guardami - ho sentito un sorriso flebile aprirsi sul mio viso. - Va tutto bene, non hai bisogno di questo per stare meglio, il dolore facciamolo venire su insieme, dagli occhi, dalle lacrime, dalle parole, non facciamolo passare attraverso la pelle, non così… - l’ho guardato con la speranza negli occhi, mentre notavo il suo sguardo diventare implorante come quello di un bambino. 
- Voglio solo stare bene, Frankie - ho visto la sua testa piegarsi di lato, dal dolore. 
Ho sfilato il pennarello dalla tasca e ho tirato su la manica della maglietta che indossava. Con il volto carico di speranza ho iniziato a scrivere lungo tutto il suo braccio, su cui potevo vedere le sue vecchie ferite cicatrizzate. Con lettere un po’ indecifrabili avevo scritto qualcosa che sapevo lui avrebbe capito. 
- Ci sono io - lesse ad alta voce.
- Adesso ci sono io - mi son sentito ripetere, con occhi seri e decisi. Ho guardato il suo viso mentre quella luce veniva di nuovo in superficie dai suoi occhi. Non gli avrei più permesso di farsi del male, non dopo che lui aveva curato tutti i miei di dolori, rendendoli anche un po’ suoi. - Non lascerò che ti portino via la luce che c’è dietro i tuoi occhi, Gerard. Se un giorno perderemo questa battaglia, allora la perderemo insieme. - L’ho accarezzato, con dolcezza, mentre le lacrime gli rigavano di nuovo il suo viso candido e incorniciato dai suoi capelli perennemente in disordine. 
- Io… Frank, io d-devo… - ha balbettato tra le lacrime, mentre ci inginocchiavamo sul pavimento. 
- Non devi, lo so - la mia voce era ridotta ad un sussurro, mentre osservavo le sue labbra farsi sempre più vicine. Le nostre labbra si erano incontrate a metà strada in una danza magnifica, lasciandosi esplodere in qualcosa di meraviglioso. Ho baciato le sue labbra morbide, mentre sentivo il suo dolore che si abbandonava in quel bacio. Ho continuato a baciarlo più volte su quello stesso punto in cui le sue labbra erano ancora più morbide e mi sono sentito a casa. Gerard era casa mia, il suo corpo era la mia colonna e le sue braccia le mie mura. Gerard era ciò che continuava il mio corpo spezzato. Facevamo parte entrambi della stessa tazza di ceramica rotta, eravamo due frantumi finiti chissà dove che erano riusciti a ritrovarsi e ad unirsi. Eravamo riusciti a ricomporre la tazza, la nostra tazza. Combaciavamo e non avevamo bisogno di colla per fissare i nostri corpi insieme come quei due pezzettini di ceramica. Noi avevamo l’amore, che, fidatevi, tiene unito più di come la gravità tiene unito l’uomo alla terra. L’amore era la gravità che ci teneva inchiodati allo stesso suolo. Insieme eravamo primavera
Mi sono staccato dalle sue labbra per baciare ogni lacrima presente sul suo viso, e ingoiandole non sentivo soltanto il sale di quel dolore che stava sanandosi, ma sentivo ciò che Gerard era dentro. Baciare le sue lacrime era come esplorargli i pensieri e il cuore. 
Ho baciato piano un angolo del suo occhio per poi ripercorrere con le labbra tutta la sua guancia e infine ritornare di nuovo sulle sue labbra in cui mi sono fatto spazio con dolcezza per sentire il sapore della sua bocca. 
Ho sentito poi il petto di Gerard premere contro il mio, spingendomi delicatamente verso il basso, fino a toccare il pavimento. Disteso per terra, sentivo il peso del suo corpo, leggero come una piuma, lasciarsi andare su di me. Tutto il dolore che gli stringeva le caviglie stava esplodendo e sentivo ogni nota della sua amarezza ogni volta che si faceva spazio con insistenza e passionalità nella mia bocca. Ho stretto una mano attorno ai suoi capelli e ho sussurrato il suo nome, stringendolo ancora di più al mio corpo. 
Si è staccato dalle mie labbra, per baciarmi l’angolo della bocca e guardarmi dall’alto negli occhi. - Frank - ha detto piano, passandomi una mano sul volto. 
Ho messo un dito nel colletto della sua maglietta e l’ho spinto di nuovo su di me. Le nostre labbra esplodevano di nuovo nei loro dolori più segreti, mentre le mani di Gerard passavano delicatamente sotto la mia camicia e analizzavano ogni centimetro della mia schiena con dita inesperte. Ho visto i miei occhi guardare ancora in quelli di Gerard, prima che tutto diventasse di nuovo maledettamente bianco. Maledettamente bianco! Tra tanti flash che la mia mente poteva rimandarmi aveva scelto proprio quello. Chissà dopo cos’era successo. Piccolo ragazzino pervertito che non sei altro, mi sono rimproverato ritornando piano alla realtà. Ero come sempre disteso sulla schiena e per un paio di secondi ho immaginato di nuovo il suo corpo sul mio, ma ho scostato subito l’immagine, ricordando cos’era successo poco prima del mio flash. Non era giusto pensare a lui in quel modo, non ora
Ho spostato il mio sguardo dal soffitto e mi sono voltato. 
Non era più seduto sul pavimento, ma dormiva piano nel suo letto, sopra le coperte e a pancia in giù, con la testa sul materasso. Il braccio ricadeva fuori e la sua mano sfiorava quasi il pavimento, proprio lì, dove in mezzo a quelle macchie di sangue c’era un flaconcino di gocce senza tappo, rovesciato a terra. Doveva essersi preso chissà quante gocce per riuscire ad addormentarsi. Ho sentito una stretta forte allo stomaco e ho creduto per un attimo di poter riavere indietro la mia anima soltanto guardandolo mentre dormiva. 
Mi sono trascinato fino al bordo del suo letto, mentre le immagini del mio ultimo flash continuavano a lampeggiarmi nella mente. Seduto sul pavimento, con la testa appoggiata al suo braccio che cadeva fuori dal letto, ho appoggiato una mano per terra, mentre con l’altra gli sfioravo le dita. La mia mano intanto si era appoggiata su qualcosa di solido e voltandomi ho visto un pennarello nero spuntare da sotto il letto di Gerard. Sono rimasto pietrificato per alcuni minuti, ricordandomi il flash. Poi senza pensarci ho raccolto il pennarello e, tolto il tappo, ho scritto una frase sul suo braccio sporco di sangue seccato. Non avrebbe sentito il mio tocco, ma la scritta l’avrebbe vista. Non mi avrebbe visto passare, ma avrebbe visto le mie impronte. 
Finita la mia opera ho rimesso il tappo sul pennarello. Un ‘ci sono io’ nero era di nuovo scritto sul suo braccio e in quel momento il mio cuore ha fatto quattro, poi cinque, sei battiti, tutti troppo frettolosi, per poi fermarsi di nuovo. Il mio cuore riprendeva i suoi battiti a singhiozzi, mi faceva tornare a vivere a puntate, così come a puntate riacquistavo la mia anima con i ricordi che mi donavano i miei continui flash. 
Seduto sul pavimento, ho appoggiato la schiena sul lato del materasso e ho fatto sfiorare le sue dita con le mie. 
- Mentirei se non ti dicessi che mi manchi tutte le notti, tutti i giorni all’alba. Se solo sapessi, se solo potessi sapere quello che vorrei dirti, Gerard.  Se solo potessi stare davvero al tuo fianco stanotte, canterei fino a farti addormentare. - Ho detto, fissando a lungo la parete piena di frasi di fronte a me. - Non lascerò mai che prendano la luce che c’è in fondo ai tuoi occhi. So che un giorno perderò questa battaglia, lo so. Ma quando scompariremo nell'oscurità, entrambi, ricordati che brillerai sempre così luminoso. Per quanto tu possa ora sentirmi, Gerard, sii forte, e stringi la mia mano. Stringila, Gerard, tienila stretta - dicendolo ho stretto le sue dita intorno alle mie - sii forte in questa oscurità, sii il più forte, sii forte perché io non posso più esserlo al tuo posto. E promettimi di non piangere, Gerard, promettimelo, perché farò di tutto per non lasciare che questa merda di vita prenda la tua luce così luminosa sul fondo dei tuoi occhi - una lacrima mi ha rigato la guancia, bruciando.  - Adesso ci sono io - ho sussurrato, guardando il muro di fronte a me, mentre sentivo le sue labbra lasciarsi sfuggire il mio nome in modo confuso, nel sonno. 
Quella è stata la prima di tutte le seguenti notti in cui sarei rimasto lì, accanto a lui, a proteggerlo mentre dormiva, a proteggere la luce che giaceva sul fondo di quei suoi occhi tristi. 
  
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