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Autore: ZKaoru69    25/06/2013    0 recensioni
Italia, XV secolo. Il giovane pittore Leo ha due importanti commissioni da finire entro la settimana: una Sacra Conversazione per il convento dei frati e il ritratto di Madonna Caterina, moglie del mercante di stoffe Ubaldo Brozzi. Questo secondo incarico lo ossessiona: già due tavole sono state ricoperte dalle grazie della donna, ma nessuna delle due versioni lo soddisfa minimamente.
Forse i mercanti giunti da poco dalle Fiandre hanno la soluzione per lui...
{Prima classificata al contest “Citazione necessaria” indetto da Gaea}
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
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Prima giornataLunedì



La mattina Leo si diresse con i cartoni sottobraccio al Conventone, amareggiato ma risoluto: almeno un lavoro lo doveva pur portare a termine.

Fra' Bartolomeo lo aspettava davanti all'ingresso laterale della piccola chiesa, a cui si accedeva dal convento. Il portone principale che dava sulla piazza era chiuso, e nessuno poteva entrare nella cappella se non l'abate, Leo e fra' Bartolomeo.

«Buongiorno, messer Leo!», lo salutò calorosamente il frate porgendogli un boccale colmo di birra fresca. «Avete già messo qualcosa sotto i denti?»

Il pittore accettò volentieri la bevanda che il frate gli porgeva, gustando il sapore fresco che gli lavava via la polvere della strada dalla gola. «Mio cognato è fornaio, fratello. Se c'è una cosa che non mi manca è il pane, Deo gratias

«E il pane è tutto ciò che occorre al corpo dell'uomo», replicò saggiamente l'altro. «Eppure», soggiunse notando le occhiaie sul viso del giovane, «il vostro spirito mi sembra fiaccato. C'è qualcosa che vi turba, messere?»

Leo sospirò, abbassando gli occhi dal volto rubicondo del suo interlocutore.

«Una donna...» Il frate lo guardò in modo penetrante, immaginandosi il peggio. «... che non riesco a ritrarre», terminò con un sorriso.

«Oh beh, la bellezza è effimera, giovanotto. Sbrigatevi a dipingere la sua prima che sfiorisca», commentò acido l'ecclesiastico, arrabbiato per essersi fatto prendere in giro, mentre gli apriva la porta della chiesetta.

Leo era stato incaricato di dipingere una nicchia laterale con un affresco raffigurante una Sacra Conversazione, a cui dovevano partecipare, oltre alla Madonna col Bambino, San Giovanni Battista, San Gerolamo, San Tommaso e Santa Scolastica. Gli inginocchiatoi e l'altare della cappella erano stati spostati per consentire al pittore la massima libertà di movimento. Leo appoggiò la sua borsa e il boccale vuoto su un tavolino predisposto appositamente per lui, poi stese sul freddo pavimento in pietra il cartone, dove era disegnata l'immagine.

«Messer Leo, complimenti! È un disegno meraviglioso!»

«Accetterò commenti solo a lavoro ultimato», rispose il pittore, ma era chiaro che l'apprezzamento del frate gli aveva fatto piacere.

«Come farete a trasferirlo sul muro?»

Leo sorrise al frate che si era già seduto su una panca a guardarlo lavorare, come aveva fatto fin dal primo giorno. L'abate del convento aveva reputato necessario, per ispirare al meglio il pittore, affiancargli un frate che mentre lavorava lo istruisse sui più grandi misteri della fede. Fortunatamente, si era fatto avanti fra' Bartolomeo, uomo istruito e colto, ma anche curioso e intelligente. Le loro conversazioni avevano trattato poco e niente la teologia e più l'arte di dipingere. Leo, che non aveva mai voluto allievi, aveva compreso la bellezza dell'insegnare, e l'attenzione di fra' Bartolomeo, che ammirava il suo lavoro, gratificava il suo ego.

«L'arriccio tra gli strati di un affresco è il primo e il più grezzo. Si applica direttamente sui mattoni e serve a lisciare la parete.» Leo passò una mano sul muro, come per controllare la sua stessa affermazione. «Una volta asciutto, si prende il cartone, sul quale è disegnato il dipinto», disse come a fornire una didascalia alle sue azioni, «e si appoggia sulla parete. Se osservate bene, fra' Bartolomeo, le linee sono percorse da piccoli forellini.» Il frate si era alzato e gli era andato vicino, per osservare meglio le operazioni. Leo con lo sguardo lo invitò a sorreggere il cartone. L'altro accettò con piacere, come se in quel modo potesse ritenere di aver contribuito in prima persona alla realizzazione di un'opera così bella. Il pittore si diresse verso il tavolino e tornò con una piccola spugna sporca di quella che sembrava terra rossa. «E, stando ben attenti a non spostare il cartone, si passa lo spolvero su tutta la figura.» Leo eseguì l'azione velocemente ma con cura. Il frate guardò con dispiacere non molto celato il disegno ora rovinato. «Adesso, si toglie il cartone con attenzione, e...»

«Incredibile!», esclamò il frate. La parete era effettivamente disegnata. Al centro, la Madonna col Bambino inclinava dolcemente la testa verso San Giovanni Battista e Santa Scolastica, sul lato sinistro. A destra, San Tommaso d'Aquino e San Gerolamo, con leone al seguito, sembravano intervenire nel dialogo della Vergine, il cui trono era sorretto da sei angeli, tre da ogni lato. Sullo sfondo, si intravvedevano un'abside e un colonnato.

«Ora bisogna solo dipingere.» Leo osservò attentamente il dipinto, titubante. Cercava di attribuire la sua indecisione al fatto che non sapeva da quale parte cominciare; in realtà aveva paura di sbagliare tutto.

«Messere, non preparate i colori?» chiese il frate, indicandogli i mortai sul tavolo. Leo non dette segno di avere sentito.

«Chi è più amato tra San Giovanni Battista e San Gerolamo?»

«San Giovanni Battista, presumo», ripose fra' Bartolomeo, perplesso. «Perchè me lo chiedete?»

Il pittore non rispose ancora, e si diresse verso il tavolo. Ora sapeva da dove cominciare. Prese il boccale e lo porse al frate.

«Andreste a riempirmelo nuovamente, fratello? Sento la gola secca.»

Fra' Bartolomeo si limitò a un breve cenno della testa. Comprendeva che il pittore non volesse svelare la composizione dei colori, ma tanta premura lo infastidiva. Ciò nonostante, prese il boccale e uscì dalla cappella.


* * *


«Prima del colore, bisogna passare il tonachino, che è molto più fine dell'arriccio. La tempera si stende quando il tonachino è ancora bagnato, così quando si asciuga conserva dentro di sé il colore.»

Fra' Bartolomeo non sembrava aver gradito molto di essere stato mandato via, ma per Leo era stato necessario. Oltre al segreto delle ricette, il pittore aveva bisogno di concentrazione. Doveva decidere esattamente cosa dipingere e preparare le dosi di tonachino e colore il più esatte possibile, per evitare sprechi.

«Passate un intonaco sopra? Ma in questo modo coprirà la traccia!» Il frate non riuscì a trattenere il commento e Leo, fortunatamente non visto, non riuscì a trattenere un sorriso al pensiero che il suo compagno stava facendo solo il finto offeso.

«È sufficiente la trasparenza» gli spiegò, mettendosi a stendere il tonachino con attenzione. Fra' Bartolomeo capì che il lavoro a cui era intento richiedeva tutta la sua concentrazione, e si accontentò di quella risposta laconica. Passò il resto della giornata in silenzio, sorseggiando la birra originariamente destinata all'ospite.

Quando ebbe finito, Leo guardò con sorpresa il frate, ancora seduto sulla sua panca.

«Siete ancora qua? Eravate così silenzioso che immaginavo ve ne foste andato. Mi dispiace che siate rimasto ad annoiarvi.»

«È stato molto istruttivo, invece. Non avevo mai visto dipingere, e non avevo idea della fatica che comportasse. Se non vi disturbo, messer Leo, desidererei osservarvi anche i prossimi giorni.»

«Nessun disturbo, fra' Bartolomeo. È un onore per me» gli rispose, raccattando pennelli e ciotole. «Per oggi ho terminato, a domani.» Dopo averlo salutato se ne andò via quasi di corsa.

Fra' Bartolomeo rimase solo con San Gerolamo dipinto sulla parete. Rimirò il manto rosso che, asciugandosi, prendeva una sfumatura leggermente diversa e molto più adatta al Santo. Sorrise, pensando al talento straordinario del giovane, e pregò il Signore che gli levasse ogni turbamento dal cuore.


* * *


Leo tornò in fretta nella sua bottega e rimise velocemente in ordine i suoi strumenti, poi prese davanti a sé il ritratto di Madonna Caterina. Posò la tavola in legno davanti a lui, analizzandola criticamente per acorgervi ogni difetto. Tuttavia la tempera era asciutta, e non poteva rimediare. Si accasciò disperato su una sedia, la testa tra le mani. Si sforzò di riconoscere gli aspetti buoni della situazione. Innanzitutto, aveva dipinto bene San Gerolamo: ciò significava che non avrebbe deposto il pennello, a costo di rinunciare all'incarico affidatogli da Messer Ubaldo. La tavola davanti a lui poteva anche essere apprezzata da Madonna Caterina, nonostante tutto; quindi decise che l'avrebbe conservata, anziché gettarla nel fuoco come era stato il suo primo proposito. Infine, sua sorella aveva ragione: durante le ultime sedute di posa le aveva fatto abbastanza schizzi per farle un nuovo ritratto. Si alzò, rasserenato. Non tutto era perduto. Tirò fuori i bozzetti di Madonna Caterina e si mise al lavoro su un nuovo ritratto.

   
 
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