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Autore: ZKaoru69    24/06/2013    0 recensioni
Italia, XV secolo. Il giovane pittore Leo ha due importanti commissioni da finire entro la settimana: una Sacra Conversazione per il convento dei frati e il ritratto di Madonna Caterina, moglie del mercante di stoffe Ubaldo Brozzi. Questo secondo incarico lo ossessiona: già due tavole sono state ricoperte dalle grazie della donna, ma nessuna delle due versioni lo soddisfa minimamente.
Forse i mercanti giunti da poco dalle Fiandre hanno la soluzione per lui...
{Prima classificata al contest “Citazione necessaria” indetto da Gaea}
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
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Liscio come l'olio




Fare del proprio meglio.

Rifare.

Ritoccare impercettibilmente ancora questo ritocco.”


(Marguerite Yourcenar)





PrologoDomenica



«Sono un disastro, Vanna.»

La donna gli riempì di nuovo il boccale di vino scuro e restò in silenzio, attendendo che l'uomo seduto di fronte a lei continuasse, anche se immaginava bene il motivo della sua afflizione. Le faceva piacere che suo fratello venisse a sfogare la sua frustrazione da lei piuttosto che in luoghi pericolosi come le osterie, ma negli ultimi giorni queste serate di autocommiserazione erano divenute più frequenti. Troppo, per i gusti di suo marito, che non appena lo vedeva arrivare si affrettava in bottega, anche se era ancora presto per impastare. Guido le voleva troppo bene per non permetterle di aiutare suo fratello quando si trovava in difficoltà, ma anche la sua pazienza aveva un limite. E Leo stava tirando troppo la corda.

«Anche la seconda versione del ritratto di Madonna Caterina non va bene. Devo inventarmi qualcosa prima di venerdì o sono spacciato.»

«Almeno le hai fatto tanti schizzi da bastarti per altri dieci quadri», sospirò Vanna. «Ubaldo Brozzi potrebbe avere qualche riserva nell'acconsentire a far posare sua moglie a pochi giorni dalla consegna. Magari pensa già che siate amanti», lasciò cadere con intenzione. Leo si affrettò a smentire qualsiasi malizia la sorella potesse pensare.

«Quella donna mi ossessiona, ma solo perché non riesco a ritrarla», si giustificò. «Ho fatto male ad accettare quella commissione; non riuscirò a portarla a termine», gemette. «Quando dipingo mi sembra che vada tutto bene, ma appena distolgo un attimo lo sguardo... puff!, la magia è finita. Ed è troppo tardi per cambiare qualcosa; la tempera è già asciutta e il quadro diventerebbe più orribile di quanto già non sia.» Bevve un sorso di vino, poi si perse a guardare il liquido nero come se potesse leggerci dentro la risposta al suo problema. «Credevo di aver capito cosa avevo sbagliato la prima volta, ma non è ancora abbastanza. Rifarlo non è servito a nulla. Non è Madonna Caterina quella che ho dipinto.»

«E credi che Messer Brozzi se ne accorga?»

Leo alzò lo sguardo adirato verso la sorella.

«Non è quello il problema!» urlò, sbattendo un pugno sul tavolo. «In un ritratto deve emergere la personalità di chi rappresento; se non sono in grado di farlo, allora non sono un pittore!»

Vanna lo guardò per un istante più sorpresa che spaventata, come se non si aspettasse che suo fratello avrebbe mai osato alzare la voce contro di lei. Dall'altra stanza di levò il pianto di una bambina, e la donna si affrettò ad andare dalla figlia, non prima di aver scoccato un'occhiata di rimprovero a Leo. Lui osservò la sua figura mentre si muoveva. Aveva sposato un panettiere e aveva avuto cinque gravidanze in otto anni di matrimonio, ma nonostante si fosse leggermente appesantita avrebbe ancora potuto fargli da modella. Certo, non era più quella ragazza sbarazzina che aveva ritratto nei panni di Diana cacciatrice, né la giovane madre che aveva posato come Madonna col Bambino, ma avrebbe potuto interpretare una perfetta Giunone. Se gli fosse capitato di dover dipingere la scelta di Paride, le avrebbe chiesto ancora una volta il permesso di immortalarla. Del resto, aveva un pregio che la rendeva molto più brava di altre professioniste: taceva. Per contro, il fatto che non potessero andare a letto un po' gli dispiaceva. Soprattutto perchè lui sentiva l'impulso, eccome.

Vanna tornò nella stanza con Tinuccia in braccio.

«Guarda, è solo lo zio Leo che ha bevuto un po' troppo, non è nulla», le stava dicendo per calmarla. La bimba si strinse ancora di più al petto della madre.

«Non saluti lo zio Leo? Ti ho fatto arrabbiare così tanto?» Lui le si avvicinò facendo il broncio, nel tentativo di farla sorridere, ma Tinuccia si ritrasse al tocco della sua mano sulla guancia. «Siamo permalosette, stasera», commentò Leo acido, sedendosi di nuovo.

«Sei tu che l'hai svegliata, è perfettamente comprensibile che non ti voglia intorno», disse Vanna, slacciandosi il corpetto.

«A-allatti ancora?» Le parole gli uscirono di bocca senza che ci pensasse.

«Normalmente no, è già abbastanza grandina. Però quando è turbata le serve per calmarsi.» Leo non si accorse nemmeno del tono piccato della risposta, concentrato com'era sulle mani della sorella.

Non era cambiato nulla dai tempi della Madonna col Bambino o della Diana cacciatrice. Se ne vergognava, ma davanti a se stesso non poteva mentire: sua sorella non lo lasciava indifferente. Sua sorella, Dio del Cielo!

«E l'affresco per il Conventone?»

Leo cercò di concentrarsi sulle parole della sorella piuttosto che sui suoi seni.

«L'arriccio è steso e il cartone è finito. Fortunatamente mi ero portato avanti, nonostante fossi certo che oggi il ritratto sarebbe stato pronto. Per domenica la Sacra Conversazione sarà finita, cascasse il mondo.» Bevve un altro sorso, sconsolato. «Se anche l'affresco non va, non terrò mai più un pennello in mano.»

Osservò sua sorella, più attenta ad allattare Tinuccia che alla sua risposta. La sua presa era più salda e i suoi movimenti più sicuri, eppure vi era qualcosa in lei che gli ricordava quando posava per lui ai tempi della Madonna. Doveva essere la dolcezza dello sguardo, o il lieve sorriso che le increspava le labbra.

Vedendo che l'imbarazzo nel cavallo dei suoi pantaloni aumentava, mormorò un ringraziamento a mo' di saluto e uscì, lasciando Vanna completamente ignara della vera causa del suo turbamento attuale. Alla taverna avrebbe trovato qualcuna che per pochi danari l'avrebbe rimesso a posto.


   
 
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