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Autore: L A I L A    25/06/2013    16 recensioni
Mentre discutevano di quanto le cheerleader potessero essere fastidiose, l' S3 di Elizabeth cominciò a squillare diffondendo Changes per per la parte sottostante le tribune.
[...]
- Tupac... -
Era come se avessero ricevuto una coperta di pile in una giornata fredda, come se fossero entrati sotto il getto caldo della doccia dopo una giornata stressante, come se avessero mangiato patatine fritte dopo giorni di minestrone.
Ellie, soprannominata così da Jamie, chiuse la telefonata, dicendo che era la madre ma, vedendo le facce deluse dei compagni, mise Changes in riproduzione.
Cantarono insieme quelle rime, emozionati, innamorati, bloccati in un vortice di sensazioni contrastanti. Inebriante condizione da cui non avrebbero mai voluto uscire. Altro che erba, era quella per loro la vera droga.
Genere: Avventura, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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J A K E

Bella famiglia. Bella casa. Bella situazione economica.
Sembra quasi il resoconto di una vita perfetta per un ragazzo della sua età, ma a lui non sembra essere così.
Sono sette figli. Sette. Tantissimi al giorno d' oggi.
Vivono in una villetta a schiera in un quartiere residenziale, conosciuti da tutti, amati da molti.
Jake, in tutto questo, ha avuto la sfortuna di nascere per primo, il più grande di quelli che sono diventati troppi fratelli e sorelle a cui badare.
La colpa era sempre la sua, qualsiasi cosa accadesse, ed era troppo buono per scaricare la responsabilità sui più piccoli.
In realtà, non va d' accordo praticamente con nessuno, all' interno della sua famiglia, a parte Charlie.
Lei è, probabilmente, la bambina più dolce e adorabile sulla faccia della Terra, con i suoi boccoli biondi e gli occhioni azzurri riuscirebbe a intenerire anche Bin Laden.
Gli altri, sono una massa di viziati. Così diversi da Jake. Pensano solo alle cose materiali, alla loro importanza all' interno del nucleo familiare e alle attenzioni che gli si riserva.
Quella mattina erano tutti a tavola a fare colazione, dieci persone, compresa la nonna, che mangiavano chiacchierando del più e del meno, come le famiglie delle pubblicità. Jake mordicchiava annoiato il pane tostato col burro e non ascoltava minimamente la conversazione che trattava sicuramente di qualche nuovo videogioco da installare nell' Home Theatre.

Si alzò per ultimo da tavola, lasciando pieno il suo bicchiere di succo di arancia rossa quando una voce lo chiamò.
- Jake -
Disse Papà allontanando la sedia dal tavolo e raggiungendolo sull' uscio.
- Ti dobbiamo parlare. -
Il ragazzo si limitò a rivolgere un cenno del capo al padre che lo invitò ad accomodarsi in sala, dove la mamma li aspettava seduta elegantemente sul divano di pelle lucida.
- Che succede? -
Chiese con sincera curiosità. Il padre prese posto sul bracciolo, accanto alla Mamma, e i due gli rivolsero uno sguardo strano, che non aveva mai visto.
La Mamma gli prese la mano e lo fece sedere lì vicino.
- Vedi tesoro, tanto tempo fa, quando io e tuo padre c' eravamo appena sposati, non riuscivamo ad avere dei figli. Eppure i medici dicevano che era tutto a posto e che si trattava solo di non pensarci eccessivamente e di aspettare un po'. 
La Mamma si bloccò, come se la sua battuta fosse finita e adesso toccasse a Papà. Jake era certo che avevano provato quella conversazione tante volte prima di decidersi a esporgliela. Tuttavia, era troppo preso a pensare ai suoi esercitandosi davanti allo specchio, in camera loro, per immaginare a cosa portasse quell' introduzione. Il suo cervello era troppo impegnato per fare un paio di calcoli e scoprire ciò che ai suoi genitori premeva tanto fargli sapere.
- Figliolo, noi lo volevamo davvero. Volevamo creare subito la nostra famiglia... -
Ancora non capiva, o forse non voleva capire, perchè nel suo cervello si susseguivano pensieri di ogni tipo. Frazioni della sua infanzia, ricordi annebbiati che si facevano più chiari tutto d' un tratto.
- Ti abbiamo adottato, Jake. -
Il ragazzo sentì come un esplosione, come se la casa fosse appena crollata e le macerie gli impedissero di respirare.
Guardò i genitori incapace di provare niente e poi qualcosa scoppiò veramente, in lui.
- Ora capisco. Capisco tutto. Voi non siete altro che due egoisti che pensano solo al proprio interesse. Ho i capelli biondi e gli occhi azzurri come voi. Una coincidenza, vero? Non credo proprio, era tutto calcolato, tutti dovevano complimentarsi con voi per la nascita del nuovo figlio. E chissà quante feste avrete fatto, quanti amici e parenti vi avranno stretto la mano! -
Si bloccò, gli occhi traboccanti d lacrime. Si era alzato, nel frattempo, indietreggiando per allontanarsi da quelle persone che da un momento all' altro, aveva iniziato a odiare.
- Per diciassette lunghi anni voi avete nascosto tutto questo, senza dirmi niente sulle mie origini. -
Stava urlando, adesso e i suoi fratelli, pronti per andare a scuola, erano venuti a vedere cosa succedeva insieme alla tata che taneva in braccio Charlie che, indicando il fratello, sussurrava: - Bako... -
Lo chiamava così da quando aveva cominciato a parlare, e a Jake piaceva veramente quel nome.
La piccola folla attirò l' attenzione del biondino che, girandosi verso i genitori adottivi disse:
- Mi fate schifo. -
Uscì dalla stanza e, dopo aver recuperato il pacchetto di Marlboro Gold e il cellulare lasciò l' abitazione.

Correva veloce per le strade del centro, le ruote dello skate sull' asfalto, ignorando ciò che accadeva intorno a lui. Raggiunse la scuola quando la campana della seconda ora era appena suonata e i compagni tornavano nelle classi per le lezioni successive.
Senza esitazioni, raggiunse il campo da football e, stando attento a non farsi vedere dal coach e da qualche compagno di squadra, s' infilò sotto le tribune degli spettatori, sedendosi su un blocco di cemento che, per quanto ne sapeva, era lì da sempre.
Aprì il pacchetto di sigarette, se ne infilò una in bocca e l' accese.
La nicotina cominciò a fare effetto e lui si calmò, nonostante le sue mani continuassero a tremare. Fece ancora qualche tiro, prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi a pensieri dolorosi.
 

 
 

Thomas e Devon camminavano per il cortile della scuola chiacchierando e ridendo al pensiero della faccia infuriata della cheerleader quando Thomas le ha detto quelle cose.
- E' stato memorabile, amico! -
Disse Devon cercando di trattenere l' ennesimo attacco di risate.
Arrivarono al campo da football mentre il coach Carson allenava alcuni giocatori per la partita che si sarebbe disputata la settimana successiva: un' amichevole contro una squadretta da quattro soldi del Michigan.
Thomas tirò Devon per un braccio dietro le tribune prima che l' allenatore potesse vederli e si giustificò dicendo:
- Se il coach mi vede qui sono morto. Ieri mi ha chiamato e gli ho detto che stavo male e che sarei mancato per qualche giorno, ma non credo che se la sia bevuta. -
L' amico gli fece segno d' aver capito, anche se la sua attenzione sembrava essere attirata da qualcosa oltre la spalla di Thomas.
Il ragazzo si girò e vide un suo coetaneo seduto con la testa tra le mani e una sigaretta in bocca, che riconobbe subito come Jake.
- Hei Jake! -
Thomas quasi urlò, ma per fortuna le cheerleader, con i loro urletti fastidiosi, coprirono il rumore. In compenso, Devon gli tirò una gomitata nelle costole per zittirlo.
Il ragazzo alzò la testa spaventato, mostrando un' espressione rassicurata quando vide che a chiamarlo era stato il suo compagno di squadra.
- Non si fuma in solitudine, bro! -
Disse Thomas e raggiunse l' amico che, conoscendo le sue intenzioni, tirò fuori il pacchetto e lo aprì offrendone una a lui e al ragazzo dalla maglietta nera che conosceva solo di vista.
- Che ti succede? -
Chiese Thomas notando l' espressione triste dell' amico.
- Sono stato adottato. -
Disse senza preamboli. Thomas rimase a bocca aperta per cinque secondi buoni e a Devon cadde la sigaretta per terra, seguita da un' imprecazione.
Anche lui sapeva che Jake proveniva da una famiglia benestante della città, e non si sarebbe mai immaginato una cosa del genere.
- Vieni qui bro. -
Disse Devon a braccia aperte. Il ragazzo lo abbracciò sentendosi confortato dal supporto di Devon, che lo stava consolando nonostante si conoscessero appena.
In seguito abbracciò anche Thomas, felice di aver trovato degli amici così speciali.
Finirono il pacchetto e, nel giro di un' ora, Jake aveva raccontato tutto ai compagni che avevano ascoltato la storia assorti, riconoscendo alcune tristi parti nella loro vita passata.
Adesso Jake si sentiva meglio, ma voleva assolutamente trovare i suoi genitori naturali, sempre che fossero ancora vivi.
Poco dopo arrivarono le ragazze che portarono un po' di gioia a quei maschi dall' aria depressa.
Jamie saluto Jake sbattendo delicatamente il pugno sul suo e lui le sorrise. Dopo aver fatto le dovute presentazioni (Elizabeth, Jake. Jake, Elizabeth) le ragazze si sedettero sul terreno secco e Jamie raccontò loro cos' era successo a scuola.
- Siamo arrivate in classe in orario e abbiamo preso posto negli ultimi banchi. Il prof. non ha alzato lo sguardo dal libro di letteratura per tutta la lezione e Elizabeth è riuscita ad arrivare fino alla cattedra senza barcollare, vero Ellie? -
La ragazza sorrise apertamente.
- Aspetta un secondo, perchè avrebbe dovuto barcollare? -
Chiese Jake sorridendo di rimando.
- Ero fatta come un unicorno che vomita arcobaleni. -
Tutti scoppiarono in una fragorosa risata che cercarono di contenere per la paura di essere scoperti.
Jamie tirò fuori cartine, filtri e tabacco e incaricò Thomas di insegnare a Elizabeth a girare una 'sigaretta artigianale' come le chiamava di tanto in tanto la zia.
Mentre discutevano di quanto le cheerleader potessero essere fastidiose, l' S3 di Elizabeth cominciò a squillare diffondendo Changes per per la parte sottostante le tribune.
Elizabeth prese il cellulare con tranquillità mentre i ragazzi e Jamie si giravano di scatto e sospiravano, quasi all' unisono:
- Tupac... -
Era come se avessero ricevuto una coperta di pile in una giornata fredda, come se fossero entrati sotto il getto caldo della doccia dopo una giornata stressante, come se avessero mangiato patatine fritte dopo giorni di minestrone.
Ellie, soprannominata così da Jamie, chiuse la telefonata, dicendo che era la madre ma, vedendo le facce deluse dei compagni, mise Changes in riproduzione.
Cantarono insieme quelle rime, emozionati, innamorati, bloccati in un vortice di sensazioni contrastanti. Inebriante condizione da cui non avrebbero mai voluto uscire. Altro che erba, era quella per loro la vera droga.

  
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